FANTASCIENZA STORY 137

NEL BUCO NERO NESSUNO PUO’ SENTIRTI URLARE (1979) – PARTE 04

IL BUCO NERO (The Black Hole)

Nell’anno 2193 l’uomo ha superato le frontiere del Sistema Solare, le sue astronavi solcano lo spazio alla ricerca di forme di vita e per esplorare nuovi mondi, per cercare di svelare i misteri dell’Universo.

L’uomo è ancora solo nel cosmo: almeno questo ha riportato l’astronave Palomino nel suo lungo viaggio di ritorno verso la Terra. A bordo della piccola ma efficientissima astronave ci sono cinque componenti l’equipaggio che, per diciotto mesi, ha cercato inutilmente prove di vita su altri pianeti. Il dottor Alex Durant (Anthony Perkins, 1932 – 1992) è a capo della sezione scientifica e, assieme alla dottoressa Kate McCrae, (Yvette Mimieux) i due hanno classificato e catalogato tutto quello che era necessario o interessante studiare. Il pilota della Palomino è Dan Holland, (Robert Foster) un veterano dello spazio che, assieme al suo vice Charles Pizer (Joseph Bottoms), guida l’astronave attraverso le stelle. Un altro componente l’equipaggio è il giornalista scientifico Harry Booth (Ernest Borgnine, 1917 – 2012) e, ultimo, ma non ultimo, il robot “levitante” V.I.N.CENT. (Vitali Informazioni Necessarie CENTralizzate), una macchina tuttofare che risponde molto più familiarmente al nome di Vincent e che ha anche la straordinaria capacità di collegarsi alle facoltà ESP di Katie. La Palomino si avvicina prudentemente a un gigantesco Buco Nero, un vortice nel quale nemmeno la luce può penetrare.

Nella nostra galassia esiste un innumerevole numero di stelle di varie dimensioni e di varie età, la loro morte può avvenire in vari modi: possono esplodere, possono consumarsi lentamente per poi riaccendersi in un’ultima gigantesca vampata per poi spegnersi nuovamente, altre ancora possono contrarsi, ritirarsi in sé stesse e quando ciò avviene la sostanza di cui è costituito l’astro viene sottoposta a una pressione inimmaginabile ed essa si contrae al punto che la sua gravità e la sua massa aumentano in misura incommensurabile per cui attirano ogni cosa capiti nelle loro vicinanze persino, come si è detto, la luce. Si forma così quello che viene chiamato buco nero uno strappo nel tessuto dell’universo.

La Palomino avvista nei pressi del gigantesco fenomeno un’astronave, immobile nello spazio, in perfetto equilibrio tra le forze tangenziali e di gravitazione e scoprono trattarsi di una gigantesca e poderosa nave spaziale scomparsa vent’anni prima: la U.S.S. Cygnus. Con molta cautela si avvicinano all’astronave e scoprono che, nei pressi della stessa, la gravità è zero ma, imprudentemente, girandole attorno, escono dalla “zona franca” e rischiano di essere attirati verso il buco nero. Solo la veloce manovra di Dan li salva dall’irreparabile e pure con la Palomino danneggiata, egli riporta equipaggio e nave nei pressi della Cygnus.

All’improvviso la buia astronave si illumina e sale, da un lato della stessa, l’elevatore di aggancio che porta la nave spaziale nell’hangar interno della Cygnus. Dan ordina a Charles di restare a bordo mentre gli altri escono dalla paratia stagna ed entrano all’interno della nave spaziale che era un tempo comandata dal brillante e stravagante scienziato Hans Reinhardt e dal padre di Kate. Un raggio laser distrugge l’arma che Dan tiene in mano e colpisce Vincent senza conseguenze letali poi i quattro, attraverso una paratia che si apre davanti a loro, salgono su un veicolo ad aria che scorre in un lungo tubo trasparente al termine del quale una seconda paratia si apre davanti a loro. Un elevatore li porta all’interno di una immensa sala di comando irta di leve, comandi, pannelli e, seduti attorno agli stessi, delle figure ammantate che, in assoluto silenzio, manovrano l’astronave. Un gigantesco robot si avvicina a loro scendendo dall’alto e Vincent gli si avvicina rapidamente chiedendogli di identificarsi. Il titano di metallo rossiccio che, al posto degli occhi, ha una fessura da cui esce una luce sanguigna, per tutta risposta apre una delle sue quattro braccia munite di lame affilatissime e rotanti. Alex Durant osserva il tutto con occhio stupito ed affascinato al tempo stesso.

Alex: “Questo è il massimo dell’immaginabile, Harry. Una nave di robot e di computer con questo coso al comando…

Dalla penombra della sala una voce stentorea gli risponde:

Reinhardt: “Non proprio, Dottor Durant, Maximilian e i miei robot dirigono questa nave solo come desidero io!

Alex: “Come fa a sapere il mio nome?

Reinhardt: “Siete sotto osservazione fin da quando i nostri sensori vi hanno individuato… Suvvia Maximilian, calmati, non prendertela con i più piccini: è un simpatico piccolo robot, è indifeso. Miss McCrae, lei può avvicinarsi… Benvenuta a bordo della Cygnus.

La figura si è alzata dal pannello davanti al quale era seduta e appare così in piena luce.

Harry: “Hans Reinhardt!

Alex: “Incredibile…

Harry: “Lei ha sempre avuto un’attitudine speciale per gli ingressi teatrali, dottore.

Kate: “Dottor Reinhardt mio padre… mi dica, dov’è?

Reinhardt (Maximilian Schell): “Mia cara figliola mi dispiace deludere le sue speranze ma suo padre non è più con noi da molto, è morto. Un uomo ammirevole, una grave perdita personale per me, era un amico leale e fidato e lei è sua figlia… sì, gli stessi occhi, gli stessi occhi…

Dan: “E il resto dell’equipaggio?

Reinhardt: “Non sono rientrati alla base?

Dan: “No, dottore.

Reinhardt: “Peccato, un ottimo equipaggio!

Harry: “Cosa accadde quando la missione fu annullata, dottore?

Reinhardt: “Vuole farmi un’intervista signor Booth? Non ne rilascio da tanto tempo… ma se Lei vuole Le risponderò… (si rivolge ora a Vincent che sta arretrando davanti allo scienziato il quale, sceso dalla consolle, si avvicina agli astronauti)… Non avere paura, nessuno ti farà del male… La Cygnus si imbatté in un campo di meteoriti e subì gravi danni; devastati tutti i sistemi di comunicazione principali ed ausiliari: andavamo alla deriva. Ordinai all’equipaggio di abbandonare la nave, di tornare alla base secondo gli ordini. Forse è stato un atto di quelli che lei chiama “i miei gesti teatrali” signor Booth, ma io scelsi di restare a bordo e il suo caro padre decise di restare qui con me, degli altri non ne sapemmo più niente.

Alex: “Ha vissuto qui per questi vent’anni da solo?

Reinhardt: “Vent’anni?! Vent’anni terrestri. Ma non ho vissuto proprio da solo. Mi sono creato dei compagni, diciamo. Sembra gente d’altri tempi ma io sono un romantico.

In quel momento entra Charles scortato da dei robot-soldati e Dan ne approfitta per chiedere al dottore dei pezzi di ricambio per riparare la Palomino. Lo scienziato incarica Maximilian di dare loro tutto il sostegno necessario e resta con Harry, Kate ed Alex.

Harry: “Eppure non ha obbedito all’ordine di tornare alla Terra!

Reinhardt: “Proprio così, rifiutai quell’ordine. C’erano questioni più importanti: altri mondi ancora da esplorare, sogni di tutta una vita non realizzati…

Harry: “Comunque le autorità lo giudicherebbero un atto di insubordinazione.

Reinhardt: “Cosa avrebbe detto, signor Booth, se le autorità avessero richiamato Colombo appena prima che scoprisse il nuovo mondo? Lei neanche esisterebbe. Io sto per dimostrare che il fine giustifica i mezzi.

Dan, Charles e Vincent seguono Maximilian in un grande magazzino e dietro un banco trovano un modello più antiquato di Vincent ma estremamente malridotto né certamente gli giova la botta “tra capo e collo” che gli assesta Maximilian. Mentre Charles recupera i pezzi Dan si allontana con una scusa per esplorare la nave e Vincent cerca di parlare con il suo collega che trema tutto alla vista del gigantesco robot. Mentre Reinhardt mostra ad Alex e Kate il risultato dei suoi studi e cioè una nuova fonte di energia da lui chiamata Cygnum, Harry si è allontanato anche lui per esplorare la nave per conto suo.

Una paratia si apre davanti a lui per mostrargli una grande sala dalla cupola trasparente. Al di là di una vetrata Harry scorge una grande serra in cui crescono in abbondanza frutta e verdura e la temperatura di questo giardino è regolata da un essere assolutamente simile a quelli che aveva visto nella sala comandi. Harry gli si avvicina fino a guardare la copertura, simile a uno specchio scuro, che ha al posto del viso, a non meno di dieci centimetri di distanza ma il robot, ignorandolo totalmente, volta le spalle e si allontana dalla sala con uno strano passo zoppicante. Booth, stupito da questo fatto, corre dietro alla creatura fino al grande corridoio, ma la misteriosa figura è scomparsa… Un altro strano fatto stava accadendo a Dan che, trovatosi in una sala la cui volta ricorda molto da vicino una cattedrale, può assistere a una silenziosissima cerimonia funebre in cui sei robot incappucciati sollevano un corpo coperto da un velo scuro e lo infilano in un cilindro per poi proiettare lo stesso nello spazio con quella stessa aria solenne che viene riservata a una cerimonia funebre. Incontratisi a bordo della Palomino per iniziare le riparazioni, Harry Dan e Charlie commentano gli strani fatti senza poter dare loro una logica spiegazione. Intanto, nella sala di controllo Reinhardt con Alex e Kate osservano il buco nero dalla grande vetrata pressurizzata.

Alex: “Affascinante!

Kate: “Da lontano.

Reinhardt: “Le interessano i buchi neri?

Alex: “Come si fa a non essere affascinati dalla forza più micidiale dell’universo?

Kate: “Il lungo e buio tunnel verso il nulla…

Reinhardt: “O verso qualcosa. È proprio questa la domanda a cui dare risposta.

Alex: “Lei ha sfidato la potenza del buco nero con i suoi calcoli antigravitazionali, un risultato sorprendente!

Reinhardt: “Ne è convinto?

Alex: “Sì! Certo.

Reinhardt: “Grazie… Io credo dottor Durant che Lei sia un uomo che ambisce di raggiungere una propria grandezza ma non ha ancora trovato la strada giusta, esatto?

Alex: “Forse potrei trovarla qui se lei non ha fretta di mandarci via.

Reinhardt: “Vogliamo discuterne a tavola?

Il pranzo è veramente squisito e Reinhardt propone un brindisi per festeggiare i suoi ospiti a bordo della Cygnus.

Reinhardt: “Stasera, amici miei, stiamo per compiere un’impresa senza precedenti nell’esplorazione dello spazio. Se i dati delle mie sonde confermeranno al rientro tutti i miei dati computerizzati io andrò dove nessun altro uomo ha mai osato andare.

Alex: “Dentro al buco nero?

Reinhardt: “Dentro, attraverso ed oltre…

Harry: “Ma è una follia! Impossibile!

Reinhardt: “La parola impossibile, signor Booth, si trova soltanto nel dizionario degli stolti.

Intanto Vincent batte a un duello simulato a colpi di laser il campione dell’astronave STAR e il vecchio robot del magazzino assiste con palese piacere a un colpo di rimbalzo che colpisce STAR in modo da fargli saltare i fusibili. Poi prende da parte Vincent per confidargli un terribile segreto. Intanto, la fastosa cena prosegue.

Dan: “Le sue sonde sono arrivate solo fino all’orizzonte degli eventi, dottore, come pensa che la Cygnus possa evitare di essere schiacciata dalla forza che c’è dentro?

Alex: “Io immagino che il dottor Reinhardt abbia creato un campo di forza antigravitazionale capace di sopportare la sollecitazione.

Reinhardt: “Infatti, e so che lei dirà, Comandante Holland, che un errore di navigazione potrebbe essere fatale, ma so esattamente ciò che faccio. La rotta che ho scelto farà sì che la Cygnus attraverserà ad un angolo di valore ottimale, il vortice ci farà muovere ad una velocità incredibile e quella angolazione ci proietterà attraverso!

Grazie al vecchio robot “Old Bob” Vincent scopre che l’equipaggio della Cygnus non ha affatto lasciato l’astronave, ma è stato privato della volontà tramite dei raggi laser ed eseguono ciecamente tutti i lavori che Reinhardt impone loro. Scoperti da due guardie i due le distruggono a colpi di laser e si dirigono poi a bordo della Palomino dove raccontano tutto a Dan, Charles ed Harry.

La conversazione nella sala da pranzo sta per volgere al termine.

Alex: “Così, se ho capito bene, lei vuole che la Palomino possa testimoniare il suo viaggio.

Reinhardt: “Esatto! Mi servite. Andrò in un altro posto, in un altro tempo. Un posto dove, con fortuna, c’è la possibilità di trovare ciò che chiamiamo l’estrema conoscenza.

In quel momento cominciano ad arrivare nella mente di Kate i messaggi trasmessi da Vincent e cerca di avvertire Alex, il quale però è tutto preso dalla avventura di Reinhardt e solo con fatica la donna riesce a farsi ascoltare. Senza farsi vedere Alex toglie la maschera a uno dei robot per scoprire un volto dagli occhi spalancati, immobili, senza vita. Reinhardt ordina a Maximilian di portare Kate in laboratorio, Alex cerca di opporsi ma le lame di Maximilian lo uccidono.

Avvisati da Vincent, Dan prende con sé Old Bob e Vincent per andare a salvare Kate e ordina a Charles e ad Harry di salpare in caso di emergenza. Il salvataggio riesce ma i quattro vengono bloccati davanti all’ingresso dell’hangar della Palomino dalle guardie di Reinhardt.

Piombando loro alle spalle Charles riesce a salvare i suoi amici ma, mentre tornano indietro, scoprono che Harry si è chiuso dentro la nave e sta decollando. Appena scortala allontanarsi maldestramente dalla Cygnus, Reinhardt ordina a Maximilian di aprire il fuoco e spezzoni ardenti della Palomino cadono sulla Cygnus. Ai superstiti non resta che cercare di impossessarsi della sonda che però si trova quasi dalla parte opposta della nave e, inseguiti dai robot, cercano rifugio nella serra la cui cupola però viene infranta da un meteorite che assieme ad un gruppo di altri asteroidi (abbastanza mal fatti in verità visto che sono semitrasparenti) sta cadendo dentro al buco nero assieme alla Cygnus.

Salvatisi a stento i quattro attraversano la sottile passerella che sta sopra ai reattori nucleari giusto mentre un gigantesco meteorite ne sta percorrendo il tunnel. (Una scena assurda ma ben fatta). La pressione sta distorcendo i tralicci della Cygnus e Reinhardt ordina a Maximilian di approntargli la capsula ma il robot esce proprio mentre un gigantesco schermo cade addosso allo scienziato. Il rosso titano si accorge della disgrazia ma prosegue la sua missione mentre Reinhardt chiede aiuto ai suoi automi-robot che, ovviamente, non gli rispondono.

L’ultimo ostacolo per raggiungere la capsula è Maximilian e lo scontro con Vincent si risolve a favore di quest’ultimo che, senza complimenti, gli trapana lo stomaco ma un ennesimo colpo di laser colpisce Old Bob “uccidendolo” definitivamente.

Il “corpo” inerte di Maximilian viene scaraventato nello spazio verso il turbine del buco nero.

I superstiti salgono nella capsula ed avviano i motori mentre quello che restava della Cygnus viene trascinato nel vortice con Reinhardt a bordo. I motori della piccola capsula cercano di contrastare la forza immensa del vortice ma ogni tentativo è inutile ed anche loro vengono trascinati incontro al loro destino.

Immagini dovute al delirio di un inferno di fuoco? Con Reinhardt e Maximilian che diventano una cosa sola, guardiani di un inferno dantesco? Un corridoio di cristallo che sbuca in un altro universo… sogno, illusione, delirio?

Gli astronauti non lo sapranno mai, davanti a loro nuovi mondi, vicino a loro un sole e un pianeta, in un altro tempo, in un altro luogo…

Come quasi sempre succede, il prodotto finale, non è mai uguale a quello di partenza; così succede anche per The Black Hole: infatti i robot erano radicalmente diversi all’origine!

Prendiamo ad esempio il piccolo Vincent: dapprima doveva sembrare un piccolo mostriciattolo insettoide, con grandi occhi a mosca, con un lungo collo e una testa enorme… preferiamo il prodotto finito! E Maximilian? Un robot senza testa né gambe, fluttuante a mezz’aria! I primi progetti furono sviluppati da Peter Ellenshaw e Bob McCall (Walt Disney WED Division), ma Ron Miller (produttore) non era pienamente soddisfatto: la scelta di George McGinnis fu una vera manna. McGinnis aveva già lavorato con la Disney, progettando alcune delle più famose attrazione del parco Disney americano (aveva progettato le due Space Mountains), quindi Miller confidava che il suo lavoro sarebbe stato qualcosa di non particolarmente eccentrico, ma estremamente gradevole. Infatti il piccolo Vincent risulta simpatico grazie alla sua testa rientrante simile a quella di una tartaruga e a quei suoi grandi occhi, simili a quelli di un cartone animato; proprio i suoi occhi hanno richiesto una particolare progettazione: il loro movimento doveva essere fluido, naturale, non doveva certo sembrare una cosa imposta. Il primo progetto di realizzazione fu molto complesso: al computer si simularono i movimenti di due cerchi concentrici, ma i risultati non erano quelli sperati e poi, il procedimento era molto costoso e la dimensione degli occhi non era quella giusta. Così si ripiegò su un sistema più semplice, meno costoso e di effetto garantito. Anche il colore di Vincent sarebbe stato diverso, sennonché il bianco canonico rischiava di perdersi in mezzo al resto della coreografia, blu non poteva essere, dal momento che con la tecnica delle matte, il suo colore sarebbe stato assorbito, l’unica soluzione rimaneva quindi il colore metallizzato, argento per la precisione; per quanto riguarda la sua voce si è lasciata la scelta all’oscilloscopio, sarebbe stato quell’apparecchio a determinare la giusta intonazione della voce, non metallica come quelle dei soliti robot, una voce normale, come se fosse trasmessa per radio.

Old Bob era quasi uguale al piccolo Vincent, solo un po’ più ammaccato dal momento che doveva essere la vecchia versione del modello cui apparteneva Vincent; Old Bob era diverso, aveva i laser diversi, ma la sua presenza era determinante nel film: dava l’idea di saggio, se un saggio esiste fra i robot. Per la creazione di Maximilian ci furono molte opinioni discordi: da un lato Ellenshaw lo voleva rude, violento e di aspetto perfido, dall’altro McGinnis lo desiderava di aspetto malvagio, sì, ma anche con un’immagine discreta… In fondo la Disney non doveva certo creare mostri alla Alien! Furono costruiti cinque diversi modelli di Max, uno dopo l’altro, aggiungendo per ogni nuovo disegno, un particolare diverso, vediamone quindi le evoluzioni: all’inizio (Max aveva una forma triangolare, piatta, con tante braccia simili a chiavi a brugola) gli furono tolte le braccia, lasciandone due sole con terminazioni tuttofare; in seconda gli si affibbiarono delle gambe e un’armatura simili a quelle dei soldati imperiali di Star Wars; terza soluzione: via le gambe e via la testa; quarta prova: riappare la testa, le braccia si moltiplicano e le terminazioni inferiori diventano un globo; quinta, ultima e definitiva soluzione: le braccia si riducono a due, compaiono i neon che l’illuminano dentro e arriva il colore definitivo (dapprima verde e nero, rosso e nero, bianco e azzurro e nero e giallo oro).

Per evitare che i Sentries fossero troppo similari ai Cylon di Battlestar Galactica, i dirigenti di produzione della Disney, imposero ferree norme nella loro progettazione, quindi furono eliminati molti dettagli che in qualche modo potevano ricordarli: pannelli scuri sul volto e armature. Guardandoli bene, forse un po’ ci ricordiamo davvero dei Cylon, ma quello che conta, in fondo, è che il film sia piaciuto ai più. Il problema maggiore per i Sentries fu il movimento: dovevano farli muovere velocemente, ma tutti i loro spostamenti risultavano goffi e impacciati, d’altronde, da che mondo è mondo, un treppiede non si muove certo con la leggiadria di una ballerina! Dentro potevano starci degli uomini formato ridotto, ma non era nemmeno semplice far saltellare un uomo dentro un’armatura… Quindi l’idea di costruirne alcuni con tre piedi invece che due fu scartata, e McGinnis progettò una struttura alternativa per i Sentries; fino all’ultimo questi ultimi non trovarono pace, dal momento che i cambiamenti alla loro immagine erano all’ordine del giorno: tutte le mattine McGinnis li guardava, li toccava, decideva i cambiamenti e li riproggettava. Il pomeriggio tornava nuovamente da loro, aggiungeva dei particolari ai disegni e progettava nuovi cambiamenti. La sera, prima di andare a casa, guardava nuovamente i robot, li squadrava da capo a piedi e stracciava i disegni! In tre giorni il prodotto finale era pronto: armature scure striate di rosso, in fibra di vetro, ideale per vestire perfettamente il corpo dell’attore, di aspetto semplice ma convincente.

Certo è che tutti i robot e l’astronave sono costati una sommetta considerevole, solo per progettarli Ellenshaw e McCall hanno impiegato due anni, McGinnis cinque mesi e la troupe che li ha montati e smontati oltre due tre anni; alla produzione arrivarono richieste di fondi dopo soli sei mesi di progettazione, ma chi poteva negare qualcosa ai dolci occhi di Vincent?

Una delle scenografie più suggestive è senz’altro quella in cui i due protagonisti percorrono in volo il corridoio della Cygnus: qui è stata utilizzata ancora la tecnica del Blue Screen, indi si è passato a sovrapporre le due figure sul corridoio. Il corridoio comunque è stato realizzato a mano da Art Cruickshank usando pezzi di plastica e piccole travi metalliche, oltre a stuzzicadenti e trucioli di legno. Il buco nero è stato ricreato seguendo fedelmente i report dei grandi studiosi, poi per la sua realizzazione si utilizzò una vasca dal diametro grande poco meno di due metri con dell’acqua e un particolare composto chimico non schiumoso e incolore sul fondo, assieme a un piccolo congegno che permetteva la vorticosa rotazione dell’acqua. Al fine di girare delle scene realistiche, la telecamera fu posta proprio perpendicolarmente al centro della vasca e, cominciando la rotazione, fu fatta alzarsi ed abbassarsi in continuazione; in alcuni momenti la telecamera è scesa fino a toccare il fondo della vasca; per dare la colorazione, fu miscelato al composto una massiccia dose di polvere di tempera nera e, per l’illuminazione, si pensò a dei piccoli faretti spot sistemati tutt’intorno alla vasca, in modo da generare una luminosità non uniforme.

Non poteva certo bastare una ripresa sola, quindi per parecchi giorni, per tre volte al giorno, la vasca si riempiva, la telecamera filmava e la vasca si svuotava… Faticoso, sì, ma alla fine il risultato ha premiato Cruickshank, Ellenshaw e il loro staff.

(4– continua)

Giovanni Mongini