TERZO DAL SOLE – SOGNI E SPERANZE DELL’ANIMALE UOMO ALLA RICERCA DELLA VITA 07: PARTE 02

CAPITOLO VII: PARTE 02 – STUDIARE IL CIELO

In Arabia…

Siamo alla fine del nono secolo dell’era cristiana. L’impero carolingio sta disgregandosi e i Normanni stanno per entrare dai loro confini. In mezzo a tutto questo caos, in Oriente ci troviamo di fronte a un rifiorire della cultura nei suoi molteplici aspetti, grazie ad un apporto di giovani menti.

A Bagdad, capitale dell’impero dei califfi abbasidi, era in quel momento, la città più evoluta al mondo. La sua nascita avvenne nel 762 ad opera del Califfo Al Mansur che fu il secondo califfo della dinastia abbaside. Egli regnò dal 754 al 775 ed è noto proprio per aver disposto la fondazione nel 762 di una nuova residenza e di un nuovo palazzo califfale (la cosiddetta “Città Rotonda“), presso l’antico villaggio preislamico persiano di Baghdad che sarà spesso chiamata in seguito Madīnat al-Salām (Città della Pace) e la destinò a diventare la nuova capitale califfale.

Qui nacquero e fiorirono la chimica, l’ingegneria e la medicina. Sorse anche un grande ospedale ed una università che fu chiamata “La Casa della Sapienza”. C’era anche un osservatorio astronomico e il direttore era Alì Ibn Isa disegnava i migliori astrolabi di quei tempi.

La ragione principale della grande conoscenza degli astronomi arabi è che possedevano le opere di Tolomeo, mentre in occidente ci si perdeva intorno alle fantasie filosofiche di Plinio, ma non è tutto perché in loro possesso c’era anche la scienza persiana e la matematica indiana e la loro stessa lingua diventò uno strumento di catalogazione scientifica.

Nell’880 crearono un nuovo sistema di numerazione che divenne praticamente adottato da quasi tutti i popoli. Per far capire meglio quanto fossero avanzati, pensiamo all’Al Gabr, un trattato scritto da Al Khwarizmi, da cui nascerà la parola “Algoritmo” e nel quale appare per la prima volta nella storia della civiltà la prima funzione trigonometrica moderna: il seno. Altri osservatori nasceranno a Tudmur e a Damasco e poiché tutto ciò che era reperibili nei testi, furono tradotti e solo grazie a questo giungeranno poi fino a noi.

La più grande mente vissuta a Bagdad in quei grandi momenti di gloria, fu Abu Abd Allah Muhammad al-Battani, nato nell’858 e morto nel 929. Fu conosciuto in Occidente come Albatenius e un cratere lunare ebbe l’onore di portare il suo nome. La sua opera maggiore s’intitola Al-Zij e cioè Il Ricamo che fu tradotta in latino nel 1125 e cento anni dopo in spagnolo. In questo modo astronomi e studiosi del calibro di Copernico, Brahe e Riccioli, ebbero l’opportunità di utilizzarla. Esiste anche una lussuosa edizione italiana curata da Carlo Alfonso Nallino e Giovanni Schiapparelli e che fu edita dall’Osservatorio di Brera tra il 1899 e il 1907.

La visione dell’universo di quell’epoca era rappresentata da una coppia di cerchi nello spazio: uno di questi è l’equatore celeste mentre l’altro rappresenta il percorso apparente del Sole sul piano dell’eclittica, questi due cerchi s’incontrano in due punti: gli equinozi mentre l’equatore “rotola” diciamo così, sull’eclittica senza mai fermarsi. La Terra, ovviamente con noi sopra, siamo esattamente al centro e il tutto è delimitato dalla sfera delle stelle fisse.

Così, dopo sei secoli di fermo quasi totale ecco che il cielo si riapre agli occhi dei curiosi e degli studiosi e altre scuole nasceranno prima a Samarcanda e poi in Spagna e grazie agli studi di questo popolo, l’occidente, dopo cent’anni in cui tradurranno tutti i testi che entreranno in loro possesso, e prima che l’espansione araba si arresti, avranno di nuovo solide basi scientifiche per poterlo studiare e capire.

In Egitto…

Nel campo dell’astronomia, risulta che gli Egizi furono notevoli osservatori del cosmo. Tracciarono carte del cielo, stabilirono elenchi di costellazioni e individuarono i pianeti. Le stelle venivano divise in due gruppi, le “indistruttibili“, perché fisse e permanenti, e le “infaticabili“, perché sempre in movimento: Giove, Saturno, Marte, Mercurio e Venere. Marte, da noi chiamato “il pianeta rosso“, per gli egizi era “Horo rosso“.

Le eclissi significavano “incontri del Sole con la Luna“. L’astronomia è fondamentale per la calendaristica: gli Egizi avevano elaborato un calendario annuale che serviva loro per il computo preventivo delle inondazioni del Nilo. Pare fosse già in uso dal 4241 a.C. nel Delta, nella regione della futura Menfi. Questo calendario comprendeva già 365 giorni ed era l’unico calendario veramente utile, conosciuto nell’antichità. L’anno era diviso in 12 mesi di 30 giorni ciascuno, con l’aggiunta di 5 giorni festivi a fine anno (in greco: giorni epagomeni).

Fu questo calendario che servì di base al “calendario giuliano” instaurato a Roma da Giulio Cesare nel 46 a.C., che fu adottato in tutto l’Occidente e fu sostituito soltanto nel 1582 d.C. da quello “gregoriano”.

L’anno egizio cominciava con il giorno in cui la stella Sirio appariva per la prima volta all’orizzonte orientale contemporaneamente allo spuntar del sole, secondo il nostro calendario il 19 luglio, data che coincideva con l’inizio dell’inondazione.

Le stagioni erano tre:

1. Akhet, la quale indicava il periodo dell’inondazione;

2. Peret, la stagione della germinazione;

3. Chemu, che indicava il periodo di siccità.

I sacerdoti egizi s’interessavano allo studio degli astri sia per motivi teologici che per motivi pratici. Le conoscenze astronomiche erano indispensabili per poter calcolare con precisione i giorni in cui compiere i riti sacri e celebrare le festività religiose.

Per misurare il tempo gli egizi seppero costruire degli strumenti molto precisi come le clessidre e gli orologi solari o ad acqua. Nel campo delle manifestazioni concrete sappiamo che monumenti come la grande piramide di Cheope sono orientati con una precisazione quasi perfetta.

A Babilonia…

In quello che viene detto il vecchio periodo babilonese cade il regno di Hammurabi. Durante questo periodo si ebbe l’ unificazione della Mesopotamia in un unico regno. A questo periodo è probabile che facciano riferimento poemi epici che descrivevano la creazione dell’universo da parte di Marduk. Uno di questi poemi, l’Enuma Elish, contiene del materiale astronomico con alcuni riferimenti alle fasi della Luna e a trentasei stelle impiegate per fornire date annuali.

A questo periodo appartengono anche una serie di osservazioni di Venere (Ishtar), le cosiddette tavolette di Venere di Ammi Saduqa, durante il regno del quale le osservazioni vennero eseguite (sebbene le copie che ci sono pervenute siano state scritte molto più tardi). Queste tavolette elencano le date di prima e ultima visibilità di Venere su un periodo di ventuno anni. Naturalmente queste osservazioni si caratterizzano per uno scarso grado di precisione.

Durante il periodo dal 1500 al 1100 a.C. circa, si ebbero i regni della Dinastia Kassita. A questo periodo risale probabilmente la compilazione della lunga lista di presagi che è conosciuta con il nome di “Enuma Anu Enlil”. In questa raccolta di presagi vennero incorporate anche le sopraddette tavolette di Venere di Ammi Saduqa.

Dalla metà del dodicesimo secolo fino alla metà dell’ottavo secolo a.C. si ebbero una serie di dinastie di poca importanza. A questo periodo si fa risalire la serie più antica dei cosiddetti astrolabi rettangolari. Verso la fine di quest’epoca gli scribi incominciarono a tenere un’accurata registrazione di eclissi, a cicli di diciotto anni.

Il regno di Nabonassar (747 – 733) ha una grande importanza per l’astronomia perché alcuni astronomi greci (diversi secoli dopo) attinsero a questo periodo una gran messe di dati astronomici in quanto presentavano un alto grado di precisione.

A partire dal 900 a.C. circa Babilonia venne sotto l’influenza militare e politica del regno di Assiria, regno situato a nord, lungo la valle del Tigri. Gli storici fanno riferimento a questo periodo (da circa il 900 a.C. fino all’inizio della Dinastia Caldea) con il termine di periodo assiro. L’influenza assira giunse al culmine nel 728 a.C. quando l’Assiria assunse il controllo diretto su Babilonia. Come spesso avviene, i conquistatori militari subirono l’influenza della cultura dei conquistati.

L’esempio più evidente di questa attitudine si ebbe con il re assiro Assurbanipal che fece realizzare una sterminata raccolta di testi babilonesi ed assiri sistemandoli in quella che divenne la Biblioteca di Ninive (scoperta da archeologi inglesi nel 1853). Assurbanipal fece anche, tra l’altro, ricostruire il tempio di Esangila in Babilonia.

In seguito, gli Assiri, lanciatisi in ambiziose campagne militari, subirono il collasso del loro impero con sorprendente rapidità.

La prima dinastia Caldea (detta anche neo-babilonese), venne stabilita nel 625 a.C. dal re Nabopolassar. Durante le dinastie caldee la cultura ebbe una rifioritura, con beneficio anche per l’astronomia. Da questo periodo datano i più antichi diari astronomici che ci sono pervenuti. Questa astronomia ebbe grande importanza perché a dati prodotti durante questo periodo attinsero in un periodo posteriore astronomi greci. Scrittori greci e romani usarono in seguito il termine di Caldei per indicare astronomi e astrologi di origine mesopotamica.

Nel 539 a.C. Babilonia fu conquistata da Ciro il Grande, il re dei Persiani. Una generazione dopo, nel 480 – 479 a.C., i Persiani furono sconfitti per mare e per terra dai Greci, e da allora ebbe inizio la decadenza del regno di Persia. Durante il periodo persiano si ebbero grandi progressi nell’astronomia babilonese. Il vecchio sistema di riferimento delle costellazioni zodiacali fu sostituito dall’introduzione dei segni zodiacali, come caselle di 30º di ampiezza.

Nel V secolo a.C. si ebbe anche l’adozione del ciclo calendariale di 19 anni che i Greci attribuirono poi all’ateniese Metone.

Nel 331 a.C. l’impero babilonese fu conquistato da Alessandro il Grande. Dopo la sua morte a Babilonia, nel 323 a.C. si ebbe un periodo di guerre per la successione. Da questa fase emersero due regni di grande importanza: il regno d’Egitto, sotto la dinastia macedone di Tolomeo I, regno che si protrasse dalla fine del IV secolo fino alla fine del I secolo a.C. L’ultimo sovrano macedone fu la regina Cleopatra.

Nel regno d’Egitto l’astronomia greca raggiunse la massima espressione. L’altro grande regno che emerse dopo la morte di Alessandro, regno che si estendeva dai confini d’Egitto ai confini dell’India (comprendente quindi anche la Persia e la Mesopotamia), fu quello del re Seleuco I, fondatore della dinastia Seleucide. Avendo posto la capitale nella nuova città di Seleucia, ciò segnò la definitiva decadenza di Babilonia. Mentre l’impero seleucide non seppe garantire la stessa coesione politica e sociale che riuscì invece all’impero d’Egitto, l’astronomia sviluppata nel regno seleucide fu egualmente importante quanto quella alessandrina. Fu escogitata una teoria planetaria matematica che consentiva un ottimo grado di precisione nelle previsioni. Il periodo seleucide fu importante anche per il grado notevole di contatti che si ebbero tra astronomi greci e seleucidi. La dinastia seleucide riuscì a sopravvivere in Siria fino al 64 a.C., quando cadde per la conquista romana.

In Grecia…

Quando, nel 600 a.C., Talete, il primo grande filosofo della storia occidentale, tornò da un suo viaggio in Egitto e Babilonia, divenne famoso per aver predetto un’eclisse verificatasi il 28 maggio 585 a.C. che avrebbe impressionato talmente i Medi e i Lidi, in guerra tra loro, da smettere di combattere.

È probabile però che il nostro non ne sapesse molto di astronomia perché, in quel periodo, l’astronomia si occupava  della misura del tempo: in effetti  il giorno solare, il mese lunare, l’anno siderale sono importanti per le attività pratiche, ma non sono correlate tra loro in quanto legate a fenomeni astronomici indipendenti. Le stagioni per la semina e il raccolto erano determinate dal “sorgere o tramontare” di certe costellazioni a una data latitudine.

Al tempo di Talete, Solone d’Atene, conosciuto come uno dei sette saggi, introdusse un calendario basato su un ciclo di due anni: uno con 13 mesi di 30 giorni, e uno con 12 mesi di 29 giorni; in media un anno di 309 giorni e un mese medio di 29 1/2 giorni.

Poi, verso il 500 a.C. Pitagora arrivò alla conclusione che la Terra era sferica, che l’orbita della Luna era inclinata rispetto all’equatore terrestre, che Venere era lo stesso astro primo ad apparire alla sera e ultimo a sparire il mattino. Poi, verso il 450 a.C. Enopide scoprì che il piano dell’eclittica forma un angolo di 24 gradi con l’equatore, valore accettato in Grecia finché non fu rimisurato da Eratostene. Enopide suggerì anche un calendario basato su un ciclo di 59 anni con 730 mesi. Ma fu invece adottato uno schema più semplice, con un ciclo di 8 anni e mesi aggiuntivi in tre degli otto anni.

Nello stesso periodo il pitagorico Filolao propose un calendario con un ciclo di 59 anni.

Metone nel 432 a.C. propone un ciclo di 19 anni, già usato in Mesopotamia. Introdusse anche il “Parapegma”, cioè calendario regolabile da tavolo a pietre mobili, che indicava il sorgere di determinate stelle. Alla stessa epoca, secondo Vitruvio, Democrito avrebbe compilato un catalogo di stelle.

L’inizio del IV sec. vede l’influenza di Platone, negativa per l’astronomia, poiché egli la nomina spesso ma non ne discute mai, anzi sembra ritenerla “argomento non degno”, nonostante questo atteggiamento improntato solo alle disquisizioni filosofiche e grazie al suo amico, Eudosso di Cnido fu in grado di elaborare in maniera più attendibile le sue speculazioni. Nacque così lo studio delle Sfere Omocentriche che fu in seguito perfezionato dando poi luogo al Sistema Eliocentrico elaborato da Aristarco da Samo. Fu quasi un miracolo che da questi presupposti si sviluppasse una metodologia scientifica che in effetti si sviluppò e che poté sopravvivere a dispetto di una molto ammirata filosofia dogmatica. Probabilmente i veri scienziati, stanchi di chiacchiere furono spinti a studiare i fenomeni naturali proprio per contestare le affermazioni fantasiose dei filosofi.

Teone di Smirne, nel I sec. d.C., scrisse che “era naturale e necessario che tutti i corpi celesti abbiano un moto regolare e uniforme“.

Eudosso di Cnido propose per primo un “modello” matematico grazie al quale i complicati moti apparenti degli astri risultavano dalla composizione di pochi moti circolari uniformi. Il modello non era nemmeno perfetto, ma purtroppo Aristotele non solo accettò la teoria, ma immaginò che le sfere celesti del modello avessero un’esistenza reale. L’accezione di Aristotele avrebbe recato danni per quasi 2000 anni. Nel 330 a.C. Autolico scrisse ad Atene un trattato di geometria sferica.

Dopo Autolico, ricerche e scoperte si spostarono ad Alessandria. Lì Euclide, Timocare e il suo allievo Aristillo (290 e 260 a.C.) registrarono lunghe osservazioni del cielo, con una precisione sorprendente e si può immaginare che proprio queste osservazioni indussero Aristarco a formulare la sua teoria eliocentrica. Egli aveva misurato, con qualche errore, la distanza del Sole e della Luna dalla Terra, e avendo trovato che il Sole era lontanissimo, ne aveva tratto la conclusione che esso doveva essere immensamente più grande e pesante della Terra. Resta la domanda di cosa spinse Timocare e Aristillo a eseguire misure tanto precise, per le quali essi dovettero usare qualche strumento simile alla diottra, uno strumento ottico, introdotto da Ipparco 100 anni più tardi.

Ipparco, il più grande astronomo dell’antichità (II sec. a.C.), adottò un metodo perfettamente moderno: eseguì osservazioni molto accurate (con la precisione di circa 3′), per poi analizzare il moto degli astri e giunse a formulare una teoria del movimento del Sole e della Luna; compilò un elenco di coordinate stellari e misurò il periodo della precessione degli equinozi, ma giudicò che i suoi dati non erano abbastanza completi per formulare una teoria adeguata del moto dei pianeti.

Contemporaneamente gli studi astronomici, o almeno lunghe registrazioni di osservazioni periodiche, furono continuati dai persiani. Archimede misurò l’angolo apparente del Sole, ed Eratostene misurò con precisione il diametro della Terra, l’angolo dell’eclittica e riformulò il calendario. Molto più tardi Tolomeo (II sec. d.C.) pubblicò le sue opere famosissime: “L’almagesto”, le tavole di dati, “La Geografia”, “Il Tetrabilos”,l’Ottica”, “Le Armoniche”, trattati sulla logica, sugli orologi solari, sulle proiezioni stereografiche. Purtroppo questo scienziato geniale lavorò in un’epoca in cui gli studi di astronomia si erano arrestati da più di 200 anni, ignorando molti procedimenti e conoscenze acquisiti in precedenza (la diottra, le coniche, la teoria eliocentrica, i procedimenti rigorosi di Ipparco). Per questo egli cita alcune coordinate stellari di Ipparco, senza considerare che il tempo le aveva rese inesatte.

Tolomeo non ebbe successori: quello che resta del periodo romano è assai triste…Ancora più sfortunatamente, i posteri, cioè gli arabi e l’Europa del tardo medioevo, fino al 1700, conservarono le opere di Tolomeo, giudicate le migliori dell’antichità, ma non le opere dei suoi predecessori.

Nell’Impero romano…

Roma non fu certamente la culla dell’astronomia. Lo studio della stessa apparve molto tardi, nel periodo repubblicano e quando la presero in considerazione fu solamente per scopi eminentemente pratico come il calendario, la navigazione e l’agricoltura. Poi, fortunatamente, questa situazione cambiò grazie all’ingresso della meridiana ma per poter avere delle vere e proprie conquiste scientifiche bisognerà aspettare l’epoca delle conquiste di Cesare Augusto anzi, da quanto risulta, fu lui stesso uno studioso di astronomia, aveva studiate le opere di Ipparco e, addirittura scritto un trattato intitolato “De Astris” che purtroppo andò perduto.

Un anno prima della sua morte (il 44 a.C) fece riformare il calendario, visto che fino a quel momento era in uso un anno lunare di 355 giorni che comprendeva dodici lunazioni. Si servì, per questa riforma, il cui tempo era stato diviso in dodici mesi di cui il primo era martius, del matematico alessandrino Sosigene che disegnò un anno solare di 365 e un quarto e ogni quattro anni veniva inserito un giorno in più facendolo diventare un anno bisestile. Questo calendario, detto Giuliano, rimase fino al 1852 subendo un ulteriore riforma da parte di Gregorio XIII. Plinio il vecchio, morto nel 79 d. C. a causa di un’eruzione del Vesuvio, aveva scritto precedentemente una “Naturalis Historia” dedicata all’imperatore Tito e diffondendo tra i romani l’astronomia greca. Forse l’unica pecca di quest’opera, peraltro molto divulgativa era il cedere il passo anche all’astrologia di cui perfino Cesare prese a occuparsi e che, in realtà, non possiede alcun riscontro scientifico di nessun genere.

Marco Vitruvio Pollone, famoso architetto romano, scrisse, nel decimo secolo d.C. il “De Architectura” dove sono descritti ampiamente gli strumenti per misurare il tempo. Vi sono molte meridiane ed anche le istruzioni per costruirle e Vetruvio descrive anche un orologio ad acqua molto semplice e pratico.

Anneo Seneca era il maestro di Nerone e scrisse ben sette libri sui fenomeni meteorologici, sull’atmosfera, i terremoti e dei corpi celesti diventando così lo scrittore che possedeva la maggiore cultura astronomica. Una sensibilità verso le scienze che andrà ben presto a dissolversi. C’è un passo notevole nel suo settimo libro, dove egli dichiara che le comete periodiche esistono e che la loro particolarità un giorno sarebbe stata riconosciuta. Fu profeta, anche se si dovette attendere 1700 anni perché Edmond Halley ne comprovasse l’esistenza e la periodicità. Iniziò così un periodo buio per l’astronomia vera e propria e gli unici testi similari furono quelli di Marco Manilio nel 45 d.C. e di Giunio Moderato nel 60 d.C. Fu il cristianesimo a salvarla dall’oblio perché nel terzo secolo d.C Plotinio di Alessandria divulgò l’opera di Platone e dei primi scrittori cristiani. Grazie a questo i Padri della Chiesa potè usarla contro gli astrologi. Uno di questi Padri fu Sant’Agostino affidandosi però a una obsoleta cultura greca per cui il cammino sarà ancora irto di difficoltà.

Nelle due Americhe…

Il 4 luglio del 1054 a.C. fu notata nel cielo un grande brillamento. Si trattava, ma all’epoca non lo sapevano, dell’esplosione di una supernova che darà poi origine alla Nebulosa del Granchio.

Furono scoperti alcuni antichi graffiti in alcuni insediamenti primitivi posti in Arizona che mostravano una falce di Luna crescente con accanto una stella estremamente luminosa, quasi certamente quella supernova che brillò per parecchi giorni. Grazie al lavoro degli archeologi sono stati trovati dei “Mounds” cioè dei cumuli di terra che risalgono alla cultura Adena, una cultura pre-colombiana nativa americana esistita dal 1000 a.C. Al 100 e successiva Hopewell, una cultura sviluppatasi nel Nord America all’incirca fra il 200 a.C. ed il 400 d.C.

Gli scienziati stanno verificando per poter supportare la conoscenza di questi fenomeni e gli studi, se pur primitivi, fatti su di essi e, in effetti, presso la città di Cahochia si può vedere quello che resta di un osservatorio per il Sole: un palo centrale con altri disposti in circolo in modo da poter osservare il Sole nei solstizi e negli equinozi, in pratica una sorta di primitiva Stonehenge.

Le culture dei Hohokam, che è una delle quattro maggiori tradizioni archeologiche preistoriche di quello che è oggi il Sud-ovest degli Stati Uniti. Le varianti ortografiche nell’uso attuale, ufficiale comprendono Hobokam, Huhugam e Huhukam, e degli Anasazi, che furono un popolo nativo del Nord America, vissuto tra il VII secolo e la fine del XIV, usavano le “Kivas” che erano case rotonde che venivano usate anche per gli allineamenti astronomici. Un antico villaggio Anasazi che si trova a Puerto Bonito, in Messico, ha la forma di una mezza sfera il cui diametro passa da Nord a Sud, mentre la curva del semicerchio è rivolta verso Est. Il levare del Sole è sempre un momento fondamentale per ogni popolo ovunque esso si trovi e il sorgere a Est delle stelle più brillanti come Aldebaran, Sirio e Rigel, sono stati alla base di riti religiosi di numerosi popoli.

I Sioux e i Crow, erano soliti praticare “la danza del Sole” e per il popolo Natchez la nostra stella era una divinità assoluta che governava anche la scena politica e quindi la loro stessa vita.

Nella Cintura di Orione gli indiani vedevano due canoe, mentre i Mohicani vedevano nelle tre stelle del carro tre cacciatori.

Il mondo sta cambiando, attraverso periodi fulgidi e oscuri, l’astronomia sta per diventare una scienza esatta e sarà ospite nelle corti e arriverà ad essere riconosciuta come tale oltre che per i precisi testi antichi, soprattutto arabi che verranno reperiti anche grazie ad uno strumento che avrà ancora oggi un’importanza fondamentale: il telescopio.

 (7/2 – continua)

Giovanni Mongini