I MYSTERI DELL’ANTICO EGITTO

Da sempre l’Egitto attira la curiosità di storici e archeologi. Fonte inesauribile di tesori culturali antichissimi, sede di monumenti misteriosi come le piramidi e le sfingi, custode di segreti che mai, forse, riusciremo a svelare.
Molti conoscono la storia dell’antico Egitto nei suoi grandi tratti: i faraoni, le dinastie, le guerre di conquista e quelle di difesa, il contatto con i Romani, il declino. La tesi comune è che il suo inizio risalga, con la prima dinastia, al 4241 a.C.
Ma cosa sia accaduto prima è un mistero.
Alcuni studiosi sostenevano che gli Egizi avessero raggiunto il grado di civiltà che conosciamo partendo da zero. Questa teoria però non era stata accettata dalla maggioranza degli archeologi sovietici, secondo i quali era impossibile che un popolo riuscisse, in così breve tempo, a sviluppare una cultura tanto fiorente quanto quella che caratterizza fin dall’inizio quella che viene chiamata anche “la stirpe del sole”.
Il “padre della storia” Erodoto racconta con estrema chiarezza d’aver visto a Tebe 341 statuette di legno rappresentanti i grandi sacerdoti succedutisi dalla fondazione del Massimo Tempio, avvenuta undicimila anni prima della sua visita.
Nel 1954 lo studioso egiziano Zaki Y Saad scoprì, durante degli scavi a Heluan, tessuti di lino purissimo e resistentissimo, tali da poter oggi esser prodotti solo in una fabbrica tessile specializzata.
I risultati di questi scavi fecero pensare che la civiltà egizia fosse molto più avanzata di quanto si credesse; in questo quadro avrebbero potuto trovar posto anche le strabilianti nozioni astrologiche degli Egizi.
Tornando al discorso dei sovietici, continuando a muoversi nella direzione della loro tesi, essi giunsero a far luce, qualche anno dopo, su uno dei segreti dell’archeologia. I risultati delle indagini non sono stati purtroppo interamente divulgati, poiché alcuni sono incredibili e senza conferma. Ciò che allora fu comunicato, passando le ferree proibizioni del regime, fa pensare che si tratterebbe di un evento eccezionale, ma nulla di più è trapelato fino ad oggi.
Sappiamo comunque ora che l’inizio della storia egizia va posto molto al di là di quanto, sino a questo momento, si era pensato.
Tra i ritrovamenti, di cui è stata data notizia ai tempi da Mosca, si trovano: iscrizioni che prolungano di molto il calendario egizio, mappe astronomiche e svariati altri oggetti, molti dei quali non sono stato ancora identificati.
Vi sono anche lenti di cristallo perfettamente sferiche, fabbricate con altissima precisione: esse dovettero senz’altro far parte di strumenti che consentivano ai figli del Nilo l’osservazione della volta celeste. E’ interessante notare che lenti analoghe sono state trovate in Iraq e nella zona centrale dell’Australia. Esse, oggi, possono essere ottenute solo con un abrasivo speciale a base di ossido di cerio.
Da ciò scaturisce una domanda: gli Egizi conoscevano l’elettricità?
Infatti l’ossido di cerio si produce con un effetto elettrochimico ed è assolutamente impossibile isolarlo senza l’utilizzo di energia elettrica.
Molti enigmatici legami esistono fra l’Asia, l’America precolombiana (le piramidi Maya e Azteche) e l’Egitto. Addirittura c’è chi ipotizza che, prima di Cristoforo Colombo e prima ancora dei Vichinghi, i figli del Sole avessero già raggiunto le sponde del continente americano.
A Saqqara (nella foto a sinistra), importantissimo centro archeologico, il faraone Djoser diede inizio alla serie dei grandi monumenti funerari, anche se forse sarebbe più esatto dire che Djoser riprese la tradizione dei suoi antenati, dell’ignota civiltà che pare aver legato sugli oceani gli attuali continenti. La piramide di questo faraone infatti (la prima costruita in Egitto) è a gradini, esattamente come quelle asiatiche ed americane.
Spesso gli archeologi che si sono occupati delle piramidi ed hanno violato i loro “segreti” sono morti per cause sconosciute, alimentando le leggende sulle maledizioni dei faraoni. Fantasia o realtà?
Ricordiamo un episodio di cui fu protagonista, millenni dopo la sua morte, il faraone Ramsete II, che dal 1886 è ospitato nel Museo Nazionale del Cairo. Un pomeriggio particolarmente afoso e umido, il numeroso pubblico presente nella sala di Ramsete II udì un forte scricchiolio seguito dal rumore di vetri infranti. Voltosi verso il feretro del sovrano, vide uno spettacolo davvero impressionante: la mummia del faraone, distesa nel sarcofago, si era d’improvviso alzata emessa a sedere, aprendo la bocca come per gridare, volgendo di scatto il capo a nord, spalancando le braccia incrociate sul petto e fracassando con la destra la vetrina. Fra i visitatori fu il panico. Per molto tempo il museo fu disertato. Tuttavia non successo più nulla. Gli esperti spiegarono la causa del fenomeno: la mummia, abituata all’aria fredda e asciutta della camera sepolcrale, aveva subito gli effetti del mutamento climatico, reagendo a quel modo all’umida afa del Cairo. Oggi essa riposa però con il capo rivolto a nord, proprio come aveva prescritto la preghiera sepolcrale… la prudenza non è mai troppa!
L’inviolata conservazione dei corpi in una casa eterna ben protetta fu uno dei principali scopi degli Egizi. E’ proprio dalle tombe che si è riusciti a ricostruire la storia di questa civiltà, attraverso affreschi e suppellettili ivi trovate. Spesso venivano sepolti con i faraoni anche i loro servitori, così come furono trovati attorno alle piramidi di El Giza (nella foto a destra). L’interno della tomba era curato come un palazzo e suddiviso in numerose stanze senza porte, perché lo spirito del defunto doveva passare attraverso le pareti. Questi veniva posto nelle stanze centrali, mentre quelle più esterne contenevano i corredi e le provviste.
Tornando ancora al discorso delle maledizioni, ricordiamo Lord Carnavon, promotore delle ricerche per la tomba di Tutankamen (nella foto a sinistra), che morì subito dopo la scoperta, seguito ben presto dai suoi collaboratori. La spiegazione delle strane morti venne data più tardi dal dottor Geoffrey Dean. Egli parlò di istoplasmosi o “male delle caverne”, anche se questa malattia è causata da un fungo microscopico che si annida in animali, detriti e polvere. La diagnosi non andava bene per le morti che si verificarono durante il periodo di scoperta delle piramidi.
Fu dopo le esplosioni di Hiroshima e Nagasaki che si poté dare una risposta, per quanto improbabile e incredibile: si trattò di cancrena atomica. Gli scienziati notarono infatti che le mummie erano ricoperte da una pece, proveniente dal Mar Rosso e da alcune regioni dell’Asia minore, altamente radioattiva. Anche le bende che fasciavano le mummie e la polvere delle camere mortuarie erano ricche di radioattività.
Un’altra cosa fece riflettere gli studiosi delle piramidi: le pareti, i soffitti ei pavimenti erano affrescati di geroglifici a più colori e perfettamente disegnati, per la cui realizzazione non sarebbero bastate fiaccole o lampade. Tutto ciò ci riporta alla domanda: gli antichi Egizi conoscevano l’energia atomica e quella elettrica?
A Baghdad sono state rinvenute delle pile elettriche risalenti al 200 – 600 d.C., ma più antichi sono gli accumulatori scoperti a Babilonia, fabbricati circa quattromila anni fa. Alcuni storici presero come riferimento di studio al bibbia, con ipotesi forse accettabili scientificamente, ma che la Chiesa smentirebbe.
Ad esempio, secondo alcuni l’Arca dell’Alleanza, che conteneva le Tavole della Legge degli Ebrei di Mosè, altro non era che un forziere elettrico di 500 volt; i Leviti, i custodi dell’Arca, la spostavano con aste d’oro che servivano a scaricare l’energia a terra. Per confermare queste ipotesi ci vorranno ancora molti anni di ricerche e forse non si riuscirà comunque mai a conoscere veramente i misteri dell’antico Egitto.
Quanti hanno sognato di svelare i misteri di antiche civiltà, affascinati dalla supposizione di una cultura non terrestre, fautrice di una tecnologia avanzata donata ai nostri avi? Forse le leggende di divinità capaci di prodigi inspiegabili rientrano in questa ipotesi. Le connessioni che spesso troviamo tra l’Asia, l’America e l’Egitto, fatte sulla base di ritrovamenti di oggetti molti simili in luoghi così lontani fra loro, potrebbero far pensare a “qualcuno” in grado di spostarsi da un continente all’altro velocemente e senza difficoltà, portando con sé nozioni scientifiche e tecnologiche proprie di una cultura sviluppata, forse in molte migliaia di anni.
 
Originariamente pubblicato sul numero 5 de LA ZONA MORTA, gennaio 1991
Corretto e ampliato per il sito LA ZONA MORTA, maggio 2007

08/06/2007, Davide Longoni