UNA TOMBA APERTA… UNA BARA VUOTA

SCHEDA TECNICA

Titolo originale: La casa de las muertas viventes

Anno: 1972

Regia: Alfonso Balcazar Granda (con lo pseudonimo Al Bagran)

Soggetto: Alfonso Balcazar Granda e José Ramon Larraz

Sceneggiatura: Alfonso Balcazar Granda e Giovanni Simonelli

Direttore della fotografia: Jaime Deu Casas

Montaggio: Teresa Alcocer

Musica: Piero Piccioni

Effetti speciali: Elisa Aspachs e

Produzione: Antonio Mazza

Origine: Italia/Spagna

Durata: 1h e 27’

CAST

José Antonio Amor, Daniela Giordano, Nuria Torray, Teresa Gimpera, Gioia Desideri, Alicia Tomas, Osvaldo Gennazzani

TRAMA

Oliver Bromfield è discendente di una ricca famiglia inglese. Dedito all’alcol, l’uomo è convinto di aver causato la morte della sua prima moglie, Helen Bromfield. Vessato dai continui sensi di colpa, scaturenti soprattutto dai rimproveri della sua giovane matrigna Sarah, decide di partire alla ricerca della felicità. Dopo un lungo viaggio in Italia torna nella sua tenuta accompagnato da una nuova giovane moglie, Ruth. La compagna non è vista di buon occhio né da Jenny, sorella di Oliver, né da Sarah. Col passare dei giorni è sempre più evidente che Sarah è segretamente innamorata di Oliver e, col suo comportamento, cerca di allontanare i due sposi. Jenny, dal canto suo, è ostile nei confronti di Ruth e dimostra un carattere perverso e vizioso. Oliver, nonostante l’amore di Ruth, comincia a dare segni di squilibrio dovuti, soprattutto, a quell’antico rimorso che si porta dentro: la convinzione di avere causato la morte della precedente moglie, facendola franare rovinosamente dalle scale, in un momento in cui la sua mente era annebbiata dall’alcol. Il clima della casa, già inquietante per l’innaturale aspetto gotico, diventa ancor più insopportabile quando una serie di eventi sembrano minacciare la vita di Ruth. La giovane sposa, quindi, decide di rivolgersi ad un detective privato del luogo. L’uomo accorso nella casa dei Bromfield inizia le sue indagini ma viene quasi subito assassinato da una figura misteriosa. Seguono la stessa sorte anche la cameriera Clara e la stessa Jenny, che probabilmente aveva individuato l’identità dell’assassino. Ruth resta sola, dovendo scoprire la vera identità dell’assassino.

NOTE

Una tomba aperta… una bara vuota è un thriller – horror di produzione italo spagnola contrassegnato da un titolo originale fuorviante: La casa de las muertas viventes, che lo presenta al pubblico come una pellicola di zombi. Pure il titolo italiano c’entra poco con la storia, giusto nelle prime sequenze vediamo una bara con la defunta moglie del protagonista, ma non ci sono fantasmi o vampiri che vagano per le stanze di una dimora aristocratica teatro della storia. Solo il sottotitolo rende giustizia, inquietante ma in perfetta sintonia con la sceneggiatura: Il cadavere di Helen non mi dava pace.

Il regista Alfonso Balcazar Granda si nasconde con lo pseudonimo Al Bagran e scrive insieme allo specialista horror José Ramon Larraz e all’italiano Giovanni Simonelli la storia di Oliver (Amor), rampollo di nobile famiglia, che vive con il tormento di aver ucciso Helen (Desideri), la prima moglie, facendola cadere dalla tromba delle scale. Il film comincia come una love story che scorre sui titoli di testa e racconta per immagini la fuga di Oliver e l’incontro con una seconda compagna: Ruth (Giordano), che sposa e conduce nella casa di famiglia. Il clima nella nobile magione non è dei migliori, perché la matrigna Sara (Gimpera) odia Ruth ed è innamorata di Oliver, mentre la sorella Jenny (Turray) vive nel ricordo di Helen con la quale aveva intrecciato un rapporto omosessuale. Ruth è subito  presa di mira da un killer che tenta di avvelenarla, per questo ingaggia un investigatore privato che sarà la prima vittima, seguito dalla cameriera, colpevole di aver scoperto un indizio nel bagno. Ultima vittima la sorella di Oliver e soltanto la scena finale svela il prevedibile mistero della matrigna-killer, rea di aver ucciso la prima moglie di Oliver. Farà la stessa fine, precipitando dalla tromba delle scale.

Un buon horror d’atmosfera, tecnicamente un giallo alla Agatha Christie, classificabile horror solo per la presenza di un misterioso killer in guanti neri (stile Mario Bava) e per alcune uccisioni efferate all’arma bianca. Horror erotico, come tradizione italo – spagnola, pervaso da elementi torbidi e da relazioni illecite, come l’amore della matrigna per il figliastro e il rapporto omosessuale sorella – cognata. Buone le parti oniriche durante le quali Oliver ricorda gli eventi del passato, la scoperta del tradimento della moglie con la sorella e la sequenza della morte, indistinta e confusa.

Daniela Giordano è protagonista indiscussa del film, sin dalle prime sequenze da tenera love story, proseguendo nel terrore di un serial killer che la perseguita, sino alla scoperta finale. Non deve spogliarsi, fotografata in fascinosi primi piani, indossa abiti eleganti e minigonne d’epoca, persino un vestito blu corto che ricorda un simile capo indossato in Quante volte quella notte. Ricordiamo un rapporto sessuale con il marito nel quale il regista è molto bravo a far intuire senza mostrare quasi niente.

Teresa Gimpero è molto convincente come matrigna perversa, ma anche la spagnola Nuria Torray non è da meno come sorella lesbica. Il peggiore di tutti è l’ingessato José Antonio Amor, cupo protagonista dotato di un sola espressione del viso. Gioia Desideri si vede in alcune parti oniriche, visto che muore nelle prime sequenze, ed è buona presenza erotica. I personaggi più ridicoli sono l’investigatore che fa la figura del fesso, scoperto da tutti e infine ucciso, ma non è da meno un giardiniere, inserito solo per confondere le acque.

Non mancano convenzioni horror come un temporale notturno, i cavi del telefono tagliati, il sangue fin troppo rosso e l’efferatezza nei delitti. La critica distrugge un film che a nostro parere presenta cose da salvare. Non un capolavoro, certo, ma si rivede con piacere. Due stelle le merita.

Rudy Salvagnini (Dizionario del film horror – una stella): “Nella classica tradizione soporifera delle coproduzioni italo-spagnole a prevalenza spagnola, non succede quasi nulla e quel poco è messo in scena in modo estremamente prevedibile. Il cast è modesto, con qualche eccezione. La veterana Teresa Gimpera non se la cava male. Daniela Giordano è molto carina, come sempre. Dopo ogni omicidio, per sottolineare l’insostenibile suspense e l’insopprimibile ansia di conoscere il colpevole, il regista propone un rapido montaggio di fotografie dei possibili rei, compreso il pacioso giardiniere, avendo cura di togliere chi, nel frattempo, è stato ucciso. Grande trovata”. Morando Morandini conferma una stella senza motivare. Paolo Mereghetti non lo cita neppure. Pino Farinotti equivoca sul finale ma conferma un stella.

Alfonso Balcazar Granda (Barcellona, 1926 – 1993), regista, sceneggiatore e produttore, autore di moltissimi spaghetti western, tra il 1960 e il 1970 firma una trentina di pellicole e ne scrive almeno il doppio. Tra i migliori ricordiamo Sartana non perdona (1968). Frequenta il cinema horror solo con Una tomba aperta… una bara vuota, aiutato dall’esperto Larraz, restando confinato nel genere il western.

Gordiano Lupi