LO CHIAMAVANO JEEG ROBOT

SCHEDA TECNICA

Titolo originale: Lo chiamavano Jeeg Robot

Anno: 2015

Regia: Gabriele Mainetti

Soggetto: Nicola Guaglianone

Sceneggiatura: Nicola Guaglianone e Menotti

Direttore della fotografia: Michele D’Attanasio

Montaggio: Andrea Maguolo

Musica: Gabriele Mainetti e Michele Braga

Effetti speciali: Chromatica

 

Produzione: Gabriele Mainetti, Jacopo Saraceni e Lucky Red

Origine: Italia

Durata: 1h e 58′

CAST

Claudio Santamaria, Luca Marinelli, Ilenia Pastorelli, Stefano Ambrogi, Antonia Truppo.

TRAMA

Enzo Ceccotti è un ladruncolo di borgata a Roma, che vive una vita tra furti, fughe e la visione di film porno nel suo alloggio dove vive solo, dopo aver visto morire per droga o in incidenti tutti gli amici d’infanzia. Un giorno si tuffa nel Tevere per scappare a un inseguimento, vicino a dove alcuni misteriosi fusti hanno contaminato l’acqua e si risveglia con poteri sovraumani, che in un primo tempo cerca di usare per il proprio tornaconto. L’incontro con Alessia, figlia di un suo socio in affari morto, ragazza con problemi psichici che vive in un mondo tutto suo popolato dai personaggi di Jeeg robot d’acciaio, lo porteranno man mano sulla strada di diventare un paladino della giustizia, soprattutto quando dovrà affrontare lo Zingaro, delinquente spietato che riceverà anche lui in dono i superpoteri.

NOTE

Dopo Il ragazzo invisibile di Gabriele Salvatores, rivolto idealmente a un pubblico di giovanissimi, è uscito il più adulto, crudo e spietato Lo chiamavano Jeeg Robot di Gabriele Mainetti, cultore dell’immaginario di manga e anime, a cui aveva già reso omaggio in due suoi lavori precedenti basati su Lupin III e L’uomo tigre.

Va detto che, malgrado il riferimento a Jeeg robot d’acciaio, anime cult di fine anni Settanta, soprattutto qui in Italia, ancora oggi ricordato e amatissimo, la storia ha toni più simili a quelle dei supereroi a stelle e strisce, soprattutto a quelle più adulte e amare. Infatti c’è poco di idilliaco nella vita di Enzo, borgataro che vive di espedienti e senza prospettive, interpretato da un ottimo Claudio Santamaria, ingrassato per l’occasione, che si cimenta anche sui titoli di coda in una cover della mitica sigla di Jeeg.

In mezzo a una vita violenta, in quelle borgate care già a Pasolini con la loro spietatezza, però si può trovare una speranza di riscatto grazie ai superpoteri acquisiti per caso (mentre il povero Hiroshi Shiba se li trovava imposti dal padre) ma soprattutto grazie all’influenza di una vinta di questo mondo, una ragazza malata di mente e vittima di abusi sessuali, che nel microcosmo di questo robot che combatteva contro una civiltà remota (e forse neanche senza tutti i torti nel voler conquistare l’immancabile Giappone) ha trovato un’evasione da una vita che l’ha distrutta e che continuerà a infierire su di lei.

In questo universo senza pietà, diventa poi essenziale lo scontro con lo Zingaro, un Luca Marinelli che riecheggia il Joker aggiungendosi del suo rubando spesso la scena al protagonista, crudele, violentissimo e pronto a usare i superpoteri per il male, ricordando quindi che non è tutto perso nel mondo e in cui esiste ancora differenza tra cosa si è e cosa si può diventare e che si può partire dallo stesso ambiente e dalle stesse esperienze ma si può cambiare. Il tutto senza manicheismo e retorica, in una storia che mescola violenza spesso estrema (il film non è per bambini, malgrado quello che hanno pensato sbagliando alcuni genitori) e la possibilità di un mondo diverso, di provare a diventare alla fine degli eroi.

C’è qualche strizzata nostalgica, con spezzoni di Jeeg, ma soprattutto c’è un ritratto di cosa è l’oggi in certi ambienti, e una riflessione alla fine sull’eroismo, volutamente volontario e di reazione a un destino che si credeva ineluttabile, ma che può nascere dallo sguardo da bambina di una persona distrutta e che nella fantasia ha trovato la sua dimensione e che può essere abbracciato da chi fino a poco prima si interessava a tutt’altro e che avrebbe potuto continuare a scardinare bancomat, forte dei suoi nuovi poteri.

Senza gli attori patinati tipici delle produzioni a stelle e strisce, Lo chiamavano Jeeg Robot si rivela un film originale e diverso dal solito, sia riferendosi al cinema italiano che anche al cinema americano, un percorso da supereroe politicamente scorretto e la prova che chiunque, se vuole, può essere un eroe e può cambiare in meglio la propria vita.

Elena Romanello