VITA DI TARA

Un tema ricorrente nel folklore celtico legato al cosiddetto Piccolo Popolo, le creature fantastiche che vivrebbero in un’altra dimensione separata dalla nostra da alcuni portali, è quello del rapimento di umani che poi tornerebbero nel nostro mondo dopo quello che a loro sembra poco tempo e che invece è anni dopo, a volte addirittura generazioni. Qualcosa di simile è stato ripreso dalle leggende metropolitane sui rapimenti alieni, e una rivisitazione moderna di questo tema è al centro di Vita di Tara di Graham Joyce, autore prolifico di romanzi di genere fantastico, e non solo, scomparso prematuramente per un brutto male il 9 settembre scorso, non molto tradotto in italiano se si esclude questo titolo uscito per Gargoyle e poco altro.

Vita di Tara racconta la storia di una famiglia segnata dalla scomparsa della figlia adolescente, Tara, che vent’anni dopo si presenta alla loro porta, scoprendo due genitori invecchiati e un fratello cresciuto, oltre a un ex fidanzato invecchiato e che era stato sospettato della sua scomparsa, raccontando di essere rimasta per qualche mese in una strana comune dedita al sesso libero e alla vita a contatto con la natura, da cui ha chiesto a un certo punto di andarsene.

L’interesse del libro è quindi quello di prendere una storia fiabesca e di inserirla nella realtà, cercando una spiegazione razionale di cosa può essere successo (Tara sarà un’impostora? Come è possibile che esami medici dicono che è lei ma che ha appunto solo vent’anni e non quaranta come dovrebbe avere), e inserendo qualcosa di paranormale nella vita di tutti i giorni, presentando un urban fantasy anomalo e insolito, a metà strada tra un episodio di The X-Files  e le leggende, anche quelle più cupe, delle Isole Britanniche.

Il risultato è una storia molto intrigante e avvincente, dove tra le righe si trattano argomenti come l’invecchiare, il dimenticare i sogni di gioventù, il crescere, il non poter tornare indietro, adattando un archetipo alla società di oggi e a tutte le sue contraddizioni, dove il Regno delle Fate non è più molto fiabesco ma può essere ancora il simbolo di una libertà fuori dalle regole e di pericoli se si infrangono le sue regole, oggi come secoli fa. Un libro che avvolge con sense of wonder, ma anche con una tristezza di fondo, la tristezza che niente può essere aggiustato e che certe perdite, purtroppo, sono per sempre, così come gli anni che Tara non potrà mai recuperare e vivere diventando adulta, o quelli di due genitori e del fratello Peter, passati lontani da lei senza mai sapere che fine avesse fatto, temendo il peggio, ma non riuscendo poi a ricucire e a ricostruire una vita con questo suo ritorno repentino ma che alla fine non potrà durare.

Questa storia è già stata opzionata al cinema, e potrebbe venire fuori un film interessante e insolito: l’unico appunto è il titolo, Vita di Tara, che può essere un po’ fuorviante rispetto a quello originale, Some kind of fairy tales, ovvero “Specie di fiaba”, più vicino a questa storia fuori dalla realtà ma ancorata ad essa, di un ritorno impossibile e di tutto quello che si perde nel corso di una vita, che si sia stati rapiti o meno dalle fate. Un libro da leggere e rileggere per ricordare un grande autore della letteratura fantastica, che come tutti i grandi se ne è andato troppo presto.

Elena Romanello