HORROR E IRONIA

Era diventata una nuova moda, soprattutto tra la fine degli anni Ottanta e i primi dei Novanta, ripresa solo sporadicamente in questo periodo: poteva sembrare un controsenso, ma a quei tempi l’horror rideva di se stesso!
L’eccesso spesso portava a far ridere più che a spaventare e le battute demenziali dei protagonisti si sprecavano. Lo avevamo visto nella saga di “Nightmare”, soprattutto gli ultimi capitoli, in “Bad taste” di Peter Jackson (quello de “Il signore degli anelli”, per intenderci), in “Space vampires” di Tobe Hooper (il papà del serial “Non aprite quella porta”, ultima pellicola sfornata “Il custode – Mortuary”), nella saga di “Re-Animator” della coppia Stuart Gordon/Brian Yuzna e in moltissime altre produzioni che sarebbe arduo elencare tutte in questa sede (senza contare il fatto che dai tempi di “Gianni e Pinotto” ci sono state moltissime pellicole comiche a sfondo horror, ovvero il discorso inverso, i cui ultimi rappresentanti in ordine di tempo sono i film della serie “Scary movie”).
In passato, ma la cosa vale anche oggi, abbiamo cercato di capire il perché l’horror e l’ironia potessero andare a passeggio insieme con così buoni risultati, chiedendo a destra e a manca il parere di persone autorevoli, considerando la loro autorevolezza per il fatto che sono ben conosciuti dai fan del genere fantastico e dell’horror in particolare. A tutti avevamo posto la stessa domanda, ovvero: “Cosa ne pensi della nuova moda di miscelare l’horror con l’ironia?”.
Queste le loro risposte.
Inizia Silver: “Penso che sia un fatto positivo che l’horror rida di se stesso, perchè così scopriamo il trucco. Si capisce che non sono cose vere, ma solo un film. Il messaggio diventa così chiaro: non è reale, è tutta finzione. Comunque ritengo che quando non si esagera sia un fatto positivo, senza contare il fatto che l’ironia tranquillizza gli psicologi… ma non lo spettatore!”.
Paolo di Orazio replica: “L’ironia penso sia un elemento base per smitizzare certe tensioni, come ne “La casa 2”, per smorzare l’eccesso di violenza. Penso che sia anche un mezzo per descrivere un po’ quella che è la nostra società rispetto ad alcune situazioni: ridicolizzare tutto attraverso un’atmosfera pregna di tensione. Però quando è troppo, è troppo: il passaggio inevitabile diventa l’eccesso dello splatter, ecco perché penso che dipenda dai casi… a volte riesce bene, altre no”.
Antonio Serra, uno dei papà di “Nathan Never”, risponde: “Non mi piace assolutamente mischiare le due cose, anche perché secondo me se scegli di far paura (cosa complicata e difficile da far bene), non fai ridere, se vuoi far ridere non capisco perché devi fare vedere tutto quel sangue (che preferirei stesse dentro di noi). Quindi non mi piace lo splatter né tanto meno quello legato a qualunque forma di ironia. Però devo ammettere che in alcuni casi gli esperimenti che sono stati fatti sono riusciti bene: cito per dovere di cronaca “Space vampires”. Comunque penso che s ei personaggi devono essere credibili o sono in pericolo veramente e l’ironia non serve, oppure fai ridere e allora i personaggi non sono in pericolo”.
Sime, uno dei disegnatori in forze ora alla Bonelli (tra le sue collaborazioni, citiamo alcuni numeri di “Nathan Never” e “Gregory Hunter”… e non dimentichiamo il nostro "Lupo Mannaggia"), conclude: “Secondo me fare ironia e horror è la stessa cosa. Si può spaventare facendo dell’ironia e si può ironizzare sgozzando qualcuno. Tutto dipende dai contesti e dalla storia che sorregge le immagini violente”.
Bene… e dopo aver visto cosa ne pensano loro, vediamo cosa ne pensiamo noi.
Personalmente riteniamo che l’ironia e l’horror siano due generi che, volendo, possono essere tranquillamente accostati, ma solamente laddove l’eccesso di uno sull’altro non comprometta la riuscita finale. Intendiamoci, se Freddy Krueger, l’assassino di “Nightmare”, voleva sopravvivere (nel senso filmografico del termine), doveva per forza abbracciare la causa ironica o il suo personaggio non avrebbe avuto più modo di essere “credibile” (in senso lato, ovviamente)… si sarebbe semplicemente trasformato in una sorta di Rambo dell’horror o in un qualunque Jason Voorhees (il massacratore della serie “Venerdì 13”, per chi non lo sapesse), che invece fa ridere anche dove le scene non dovrebbero far ridere, tanto è diventato ripetitivo nelle undici (proprio così!) pellicole dedicate al personaggio.
E quindi si scade nell’eccesso.
Primo caso: l’eccesso splatter, che ti fa ridere perché ti dici che è impossibile che accada una cosa così… e pensate che chi l’ha fatta, pensava invece di stupire con un effetto ultra-gore.
Secondo caso: l’eccesso ironico, che non ti fa ridere (o meglio, lo fai per non metterti a piangere), perché eri convinto di essere andato a vedere un film horror e invece ti hanno propinato una commedia farcita di sangue… e si vede pure che è finto!
Dunque, aborriamo gli eccessi da entrambe le parti (e la storia ci sta dando ragione, visto che ultimamente la commistione tra i due genere è molto rara… e quando viene fatta è sempre apprezzabile, vedi “L’alba dei morti dementi”) e auguriamoci solo di morire, quando mai ci toccherà, con ironia! Perché già la morte fa paura… almeno ridiamoci su!
 
Originariamente pubblicato sul numero 6 de LA ZONA MORTA, aprile 1991
Corretto e ampliato per il sito LA ZONA MORTA, luglio 2007

21/08/2007, Davide Longoni