FABIANA REDIVO

Ricordo con una punta di nostalgia, ma anche con estremo piacere, quando, da grande appassionato di fantasy, iniziai poco più che ventenne a collezionare la mitica Fantacollana dell’Editrice Nord, una serie di libri dedicati al fantasy che snocciolava ogni mese titoli di estremo interesse e che pescava a piene mani tra le opere migliori dei migliori autori del genere. Dopo molti anni di produzione essenzialmente straniera, la collana iniziò a pubblicare anche materiale di autori italiani e tra questi scoprii il nome di Fabiana Redivo, che aveva iniziato a pubblicare una affascinante saga come non se ne erano mai lette, quella del mago Darbeer. Vi lascio immaginare il mio orgoglio oggi nel poter dire che Fabiana è diventata una nostra amica, che fra l’altro abbiamo il piacere di annoverare tra i giurati del nostro “Trofeo La Centuria e La Zona Morta”: forse il mondo è davvero troppo piccolo!

Ebbene, dopo questa dovuta “passeggiata” nei ricordi, veniamo subito al presente, perché Fabiana Redivo ora è qui con noi.

COMINCIAMO CON UNA DOMANDA DI RITO. CHI È FABIANA REDIVO?

Sono un’inguaribile sognatrice. Lo dimostra il fatto che superati i cinquant’anni mi sono licenziata da un posto fisso per dedicarmi alla scrittura. Dicono che la vecchiaia renda saggi. Forse la pazzia era l’unica soluzione saggia per vivere bene.

COME HAI COMINCIATO A SCRIVERE?

Per caso. O forse no. Da bambina componevo poesie che mia madre sbandierava ai quattro venti e a me dava fastidio. Quando mi resi conto che rovistava sempre tra i miei quaderni alla ricerca di chissà quale segreto, smisi di scrivere. In realtà agiva così per eccesso d’amore, ma non rispettava i miei spazi e io non riuscivo a delimitare il mio territorio. Le invasioni di campo continuarono anche dopo che mi ero sposata. Poi comprai un computer e fu tutta un’altra cosa. Lei non sapeva usarli e io mi sentii libera di scatenare la fantasia. Quando ebbe tra le mani una copia del mio primo romanzo (che la riempì comunque d’orgoglio) disse “mia figlia, questa sconosciuta”.  E io pensai “vittoria!”.

PARLARE DELLE TUE PRODUZIONI PRECEDENTI, SIGNIFICA SOPRATTUTTO ENTRARE NEL MONDO DI DERBEER. VUOI RACCONTARCI COME E’ INIZIATO TUTTO E COME SI E’ SVILUPPATA LA SERIE?

Come ho appena detto, sono un’inguaribile sognatrice. Lo sono sempre stata. Da bambina inventavo storie fantasiose che rappresentavo per le mie amiche usando bambole e orsacchiotti come personaggi. Di notte poi sognavo storie incredibili, a volte perfino a puntate. Tutte avventurose. Pirati, moschettieri, maghi, guerrieri… poco importava se uomini o donne, c’era sempre molta azione. Be’, c’è ancora a dispetto dell’età. Comunque la parte dei sogni che interessa la nascita della saga di Derbeer risale all’anno 1995. Mi trovavo in Sardegna con mio marito. A seguito di un’indigestione feci un sogno che coinvolgeva tanto lui quanto alcuni nostri amici.  Sognai fatti, nomi e luoghi con molta intensità. Al ritorno dal viaggio mi consultai con Andreina, un’amica che leggeva (e legge) fantasy da una vita (collezionava la Fantacollana della Nord) e le chiesi se potevo aver letto qualcosa di simile su un risvolto di copertina della sua libreria. Mi rassicurò dicendo che si trattava di qualcosa di originale. Fu lei a incoraggiarmi a iniziare la stesura. Voleva sapere cosa sarebbe accaduto al personaggio che mi aveva ispirato. Terminato il primo volume, mio marito mi spinse a tentare la pubblicazione. Il termine più esatto è “costrinse”. Fu il primo a credere veramente nelle mie capacità. Senza convinzione, spedii il manoscritto unicamente alla Nord. Immaginatevi la sorpresa quando Gianfranco Viviani in persona mi contattò per sottopormi il contratto. Credevo di essere su Candid Camera. Mi chiese se quel volume facesse parte di una trilogia e io risposi di averne in mente sei e di aver iniziato la stesura del secondo. Prese tutto a scatola chiusa. Gli devo moltissimo. Attualmente sto revisionando l’intera saga, di cui è già uscito il primo volume in formato e-book con la Domino. D’altra parte quando trovi i tuoi volumi piratati in PDF è segno che i lettori premono per leggerti. La versione in vendita è rifinita meglio perché ora ho una visione d’insieme completa ed esaustiva. E contiene cose inedite.

RECENTEMENTE HAI PUBBLICATO “AGHJKENAM – IL SEGRETO DELLA CITTÀ PERDUTA”. CE NE VUOI PARLARE?

Dopo la saga di Derbeer avevo bisogno di rinnovarmi. I lettori mi scrivevano chiedendo altre avventure con il mago millenario come protagonista, ma non avevo intenzione di legare per sempre il mio nome a quel personaggio. La storia di Aghjkenam si affacciò al ritorno da un viaggio nelle Isole Azzorre. Durante il volo aereo mi addormentai e sognai una specie di trailer. Una volta a casa lo misi su foglio elettronico praticamente di getto. La storia cominciò a prendere forma faticosamente, non riuscivo a pianificarla. Sembrava che la sua evoluzione viaggiasse indipendentemente dalla mia volontà. Il finale lo decisi durante la stesura degli ultimi capitoli. Non fu facile riprendere in mano l’intera opera per renderla uniforme. L’avevo già revisionata molte volte già in corso di scrittura, ma dovevo confezionarla al meglio. Oltretutto non volevo dare il via a una saga e quindi sono stata costretta a lavorare d’ascia. Alcuni lettori più attenti se ne sono accorti. Prima o poi riprenderò in mano alcuni fattori lasciati in sospeso, ma sarà sempre qualcosa da poter leggere indipendentemente da “Aghjkenam, il segreto della città perduta”.

QUAL È STATA LA PARTE PIÙ DIFFICILE NELLA CREAZIONE DEI PERSONAGGI E DELL’AMBIENTAZIONE?

L’ambientazione della prima parte del romanzo era praticamente pronta, perché si trattava dell’Isola di Sao Miguel, nelle Azzorre. Sembrava un fantasy come molti fino a quando le popolazioni non cambiarono etnia in modo radicale. La mia fantasia stava viaggiando in un continente nero. C’è da dire che all’epoca lavoravo nel tribunale della mia città, più precisamente nella sezione in cui arrivavano i ricorsi contro il diniego del riconoscimento dello status di rifugiato politico. Presi in prestito molti di quei nomi impronunciabili che non sapevo nemmeno se appartenevano a uomini o donne. Comprai alcuni libri di fotografie che ritraevano l’Africa. Paesaggi, villaggi, città, volti. La scenografia del romanzo assunse connotazioni completamente diverse dall’usuale, anche se filtrata da un substrato culturale tutto europeo. Il personaggio più difficile da trattare è stato quello della strega. La sua evoluzione ha segnato un mio particolare momento di crescita alla riscoperta della femminilità. Ecco, direi che la difficoltà maggiore nella trattazione dei personaggi è stata proprio la calibratura delle pulsioni emozionali che governavano i rapporti interpersonali. Per quanto riguarda le ambientazioni, la navigazione fluviale con successiva battaglia mi ha impegnata non poco. Non potendo contare su una sufficiente competenza, ho preferito porre l’accento sulla magia, ma senza eccedere. Almeno non intenzionalmente. Aggiungo che in assoluto la difficoltà maggiore è stata contenere tutto in un volume autoconclusivo. Credetemi che a volte ho provato una sensazione claustrofobica.

OLTRE CHE SCRITTRICE PER CONTO TUO, TI OCCUPI DA TEMPO DI CORSI, SITI INTERNET, MANIFESTAZIONI, PREMI E ASSOCIAZIONI SEMPRE LEGATI AL MONDO DELLA NARRATIVA MA PIU’ DEDICATI AGLI ALTRI.  VUOI PARLARCI DI QUESTA SECONDA FACCIA DELLA MEDAGLIA DELLA TUA ATTIVITA’?

Hai scoperchiato il vaso di Pandora. Il mio primo romanzo è uscito nel settembre del 2000. Da quel momento in poi sono entrata in contatto con il mondo dell’editoria. Credevo che tutti gli editori fossero come Gianfranco e che il mondo del fantastico fosse una grande famiglia perfetta. Non esiste la famiglia perfetta. E i componenti bastardi finiscono col compromettere anche quel che c’è di buono. Chi rimane all’esterno solitamente si limita a giudicare in base a preconcetti e pettegolezzi. Ero stufa. Stufa di veder trattare il genere fantastico nella sua totalità come letteratura di serie D, perché definirla di serie B poteva sembrare addirittura eccessivo. Ora, non dico che non giri anche spazzatura, ma da qui a fare di tutta l’erba un fascio ce ne corre. Così quando posso promuovo le opere dei miei colleghi autori esattamente come se fossero mie, in ogni modo possibile. L’anno scorso mi sono sfacchinata per le fiere i romanzi che avevano partecipato ai concorsi indetti dall’A.C.S.D. I SOGNI NEL CASSETTO di cui sono presidente. Ho cercato di promuoverli tutti, perfino quelli che non avevano vinto.

COME SI CONCILIANO LE PRODUZIONI CHE FAI PER TE CON QUELLE PER GLI ALTRI?

Cerco di pianificare il tempo a mia disposizione e non accetto un lavoro se non sono certa di poterlo portare a termine.

IN QUESTI ANNI DI ATTIVITÀ HAI SEMPRE AVUTO UNA PREDILEZIONE PER IL FANTASTICO. CHE SIGNIFICATO HA PER TE QUESTA TEMATICA?

Narrare per simboli è il modo più diretto per dire le cose come stanno. In “Aghjkenam” tratto il tema dei pregiudizi (come ad esempio quello razziale e omofobo). Trasportando tutto in un mondo inventato, non sono scesa a compromessi.

DURANTE LA TUA CARRIERA HAI SCRITTO SIA RACCONTI CHE ROMANZI: A QUALE TI SENTI PIU’ LEGATA E PERCHE’?

Una come me fa fatica a rimanere legata a qualcosa (marito e figlio a parte). Avendo iniziato subito con un’opera piuttosto corposa, credevo di non essere in grado di cimentarmi sulle brevi distanze. Poi mi si presentò l’occasione giusta e compresi che non era vero.

E IN QUALE DI QUESTE DUE FORME DI ESPRESSIONE TI TROVI PIU’ A TUO AGIO?

Dipende da quello che devo raccontare. Mi è indifferente.

VENIAMO A UNA DOMANDA PIÙ GENERALE. DOVE TRAI ISPIRAZIONE PER TUTTE LE TUE STORIE?

Sogni, fatti insoliti, musica e titoli di giornali sono fonte di ispirazione in ogni momento.

QUALI SONO I TUOI SCRITTORI PREFERITI?

Adoro Pirandello. È geniale. Sono affascinata dall’Orlando Furioso e da I miserabili. Per quanto riguarda il fantastico, Eddings e Tolkien sono i miei autori stranieri preferiti. Barbi, Dimitri e Tarenzi tra i molti italiani.

E PER QUANTO RIGUARDA I FILM CHE PIU’ TI PIACCIONO, CHE CI DICI?

Sono onnivora, ma prediligo i film fantastici, d’avventura e di fantascienza. Questo non mi impedisce di annoverare tra i miei preferiti “Bolero” di Lelouche.

ULTIMA DOMANDA, POI TI LASCIAMO AL TUO LAVORO. QUALI PROGETTI HAI PER IL FUTURO E QUAL È IL TUO SOGNO (O I SOGNI) CHE HAI LASCIATO NEL CASSETTO?

A novembre uscirà “Trieste meravigliosa” per Edizioni della Sera. Si tratta di una raccolta di racconti brevi per descrivere la mia città in maniera emozionale. Nel frattempo continuo la revisione della mia vecchia esalogia e in cantiere ho un romanzo di fantascienza. Poi c’è dell’altro che bolle nel calderone, ma è prematuro parlarne. Di sogni ne faccio sempre tanti, ma non li chiudo più nel cassetto. Preferisco riporre tutto in bella vista, così da poter scegliere al meglio tra le cose alla mia portata. Con la testa per aria e i piedi per terra.

Davide Longoni