CHIARA ZACCARDI

Classe 1986, Chiara Zaccardi è nata e vive a Parma. Laureata in Giornalismo e cultura editoriale, ha collaborato con varie testate e pubblicato racconti di un po’ tutti i generi, uno dei quali è risultato fra i cinque finalisti del “Premio Grado Giallo”, istituito dal comune di Grado in collaborazione con Il Giallo Mondadori. Recentemente ha dato alle stampe il suo primo romanzo, intitolato “I peggiori”, un horror claustrofobico di quelli tosti… come tosta è la ragazza. Signore e signori, abbiamo il piacere di presentarvi… Chiara Zaccardi.

COMINCIAMO CON UNA DOMANDA DI RITO. CHI È CHIARA ZACCARDI?

E’ un’incontentabile, pigra, disordinata ragazza di 26 anni, che vive a Parma ed è ossessionata dai libri, che adora conoscere persone fantasiose e spiritose, che ama l’autoironia e le nottate fuori con gli amici, e che non ha ancora imparato cosa sia la diplomazia.

COME HAI COMINCIATO A SCRIVERE?

Da quando ho imparato, ho sempre scritto. Non è stata una decisione che ho preso, da piccola lo facevo e basta, senza chiedermi il perché. Inventavo storie fantasy e poi a scuola le mettevo in scena con le mie amiche. Ma finché non ho compiuto dodici anni di fare la scrittrice non mi è mai passato per la testa: volevo diventare una poliziotta, o una veterinaria.

VUOI PARLARCI DELLE TUE PRODUZIONI PRECEDENTI?

Prima del libro ho pubblicato un racconto, intitolato “Occasion”, nell’antologia “Limite acque sicure” delle Edizioni Noubs, la stessa casa editrice che ha poi accettato anche il romanzo horror che ho proposto. Precedentemente avevo inviato una raccolta di racconti e un fantasy per bambini a diversi editori e ricevuto alcuni contratti di pubblicazione a pagamento, che non ho mai firmato. Non mi piace “vincere facile”.

RECENTEMENTE HAI PUBBLICATO IL ROMANZO “I PEGGIORI”. CE NE VUOI PARLARE?

La trama tratta di sette adolescenti, i peggiori (per l’appunto) di un prestigioso liceo privato californiano. Hanno storie molto diverse tra loro e non tutti si conoscono, ma si trovano costretti a frequentare lo stesso corso serale di recupero per evitare l’espulsione. Pensano si tratterà semplicemente di un paio d’ore di scuola in più, che non cambieranno niente nella loro vita né tantomeno nella loro condotta. E, in effetti, l’esperienza sarà tutt’altro che rieducativa.

QUAL È STATA LA PARTE PIÙ DIFFICILE NELLA CREAZIONE DEI PERSONAGGI E DELL’AMBIENTAZIONE?

Per l’ambientazione desideravo un luogo in cui potermi muovere a piacimento, in cui fossero presenti luoghi specifici, così ho inventato una cittadina.Non mi sembrava un espediente particolarmente strano (ho letto libri in cui l’ambientazione è completamente anonima e generica), invece in molti mi hanno chiesto perché ho scelto di collocare la storia negli Stati Uniti e non in Italia e addirittura sono stata “accusata” di essere, come tutti i giovani, troppo influenzata dal cinema e dalla tv d’importazione. Sarà, ma a me sembrano chiacchiere sterili: se un romanzo funziona, può essere ambientato ovunque.

Creare i personaggi invece non è stato difficile, ho preso alcuni tratti da persone reali, che conosco, e per farne emergere il carattere ho deciso di usare i dialoghi, più delle descrizioni. Il resto è stato dato dall’immaginazione, ho creato dettagli in comune e un’occasione per farli incontrare tutti. Una bruttissima occasione.

COME E’ NATA L’IDEA DI QUESTO LIBRO?

E’ nata per caso: ho sognato di essere rinchiusa e incatenata in un sotterraneo con alcuni compagni di università, senza sapere come e perché fossi finita lì. Mi è sembrato uno spunto interessante per una storia, perciò ho continuato a pensarci, mi sono chiesta come avrebbe potuto essere il prima e il dopo di quell’episodio. In realtà all’inizio credevo che l’idea si sarebbe trasformata in un semplice racconto, poi le pagine sono diventate troppe per definirlo tale.

OLTRE CHE SCRITTRICE SEI ANCHE GIORNALISTA. VUOI PARLARCI DI QUESTA SECONDA FACCIA DELLA MEDAGLIA DELLA TUA ATTIVITA’?

Mi sono laureata in Giornalismo e cultura editoriale perché dopo il diploma in ragioneria avevo capito che calcoli e numeri non facevano per me. Il fatto è che quando scrivo o leggo mi sento bene, perciò desideravo poter sfruttare questa mia ossessione su più fronti, senza essere costretta a relegarla sempre nei ritagli di tempo.

COME SI CONCILIA UN MODO DI NARRARE ISTINTIVO E PIU’ LEGATO AL CUORE, COME QUELLO DELLA NARRATIVA, CON UNA MANIERA DI SCRIVERE PIU’ RAGIONATA E PIU’ LEGATA ALLA MENTE, COME QUELLA DEL GIORNALISMO?

In realtà a mio parere non c’è così tanta differenza: il giornalismo è raccontare passioni con passione, è raccontare la vita che accade ogni giorno e le persone che fanno parte di questa realtà. E’ vero, è basato su regole che non possono essere ignorate, ma questo non significa che sia un modo di scrivere freddo o impersonale, che lo stile, la tecnica e l’intelligenza non si evidenzino come accade agli autori. Certo, a un giornalista occorrono più compromessi che a uno scrittore, perché deve rendere conto a un redattore, rispettando le esigenze e i tempi della testata, in cui lavorano, oltre a lui, molte altre persone. E’ difficile, soprattutto all’inizio, poter trattare esclusivamente gli argomenti che più appassionano. Su questo, di solito, uno scrittore ha maggiore libertà (soprattutto se può godere di un editore paziente) e meno pressioni esterne, ma purtroppo l’istinto e il cuore non bastano: servono disciplina e impegno perché una storia stia in piedi, sia credibile e ben fatta.

VISTO CHE LA ZONA MORTA SI OCCUPA PRINCIPALMENTE DI GENERE FANTASTICO, QUAL E’ IL TUO RAPPORTO CON IL “SENSE OF WONDER” E CHE SIGNIFICATO HA PER TE QUESTA TEMATICA?

Mi è molto familiare, i miei primi tentativi di scrittura sono stati rivolti per anni al fantastico, perciò quando leggo qualcosa di questo tipo è un po’ come tornare a casa e ritrovare la spensieratezza ottimista dell’infanzia, la libertà assoluta, l’allegria e il senso d’avventura che ti dà la fantasia. Credo che in qualsiasi libro, in un senso o nell’altro, ci debba essere un pizzico di “sense of wonder”, perché i lettori amano rimanere sorpresi, essere proiettati in una realtà che non si sarebbero aspettati. Se una storia è davvero riuscita chi la legge arriva all’ultima pagina e pensa: “wow, vorrei averci pensato io!”. E se lo pensa, è il massimo. Ci sono poi quegli autori che vanno oltre, che riescono a creare un vero e proprio mondo a sé, un universo immaginario di cui sono gli dèi (un esempio recente e fortunatissimo è J. K. Rowling) e per questo merito entrano nell’olimpo della scrittura.

VENIAMO A UNA DOMANDA PIÙ GENERALE. DOVE TRAI ISPIRAZIONE PER TUTTE LE TUE STORIE?

Credo mi succeda la stessa cosa che capita a tutti, il mio subconscio mescola le esperienze vissute, le cose viste e sentite, i libri letti e le rielabora. Non ho metodi particolari per farmi venire un’idea, anzi spesso mi limito a imprecare perché di idee non ne ho affatto, o comunque non abbastanza buone. La notte però, quando riesco a mettere da parte i pensieri strettamenti legati alla quotidianità e mi rilasso, è il momento più favorevole, e a quel punto dormire è vietato, bisogna correre a prendere appunti.

HAI SCRITTO SIA RACCONTI CHE UN ROMANZO: IN QUALE FORMA DI ESPRESSIONE TI TROVI PIU’ A TUO AGIO?

In nessuna delle due! Scherzo, anche se una parte di verità c’è: una volta trovato il punto focale, ovvero la trama e l’intreccio giusti, riesco a portare a termine i racconti in fretta, sviluppando situazioni e personaggi abbastanza facilmente, mentre più le pagine aumentano più le cose si complicano. Ho abbandonato progetti di 150 o 200 pagine solo perché mi bloccavo sui dettagli, mi lasciavo prendere dalla frustrazione o mi convincevo che mi ero sbagliata e che ciò che avevo iniziato non avrebbe portato a nessun risultato decente. E’ normale, per un romanzo costanza e pazienza devono essere maggiori che per un racconto, e maggiore è anche la fatica. Ma, per come la penso io, la soddisfazione che si prova nel completare un libro non è paragonabile a nient’altro. E’ una tua creatura, è una parte di te che ti ha accompagnato per un tratto, breve o lungo che sia, della tua vita. Vedere il tuo nome, solo il tuo, su un volume, è impagabile.

QUALI SONO I TUOI SCRITTORI PREFERITI?

Stimo Welsh (il libro scritto da lui che preferisco è “Colla”), Stephen King (“It” e “On writing”), Steve Mosby (“50/50 killer”), Paola Barbato (“Mani nude”) e James Frey (“In un milione di piccoli pezzi”).

E PER QUANTO RIGUARDA I FILM CHE PIU’ TI PIACCIONO, CHE CI DICI?

Dico che avrò visto quaranta volte “Top Gun” e “Giorni di tuono”, anche se mi vergogno ad ammetterlo! Oltre a questi “Non aprite quella porta” e “Fino all’ultimo respiro”.

ULTIMA DOMANDA, POI TI LASCIAMO AL TUO LAVORO. QUALI PROGETTI HAI PER IL FUTURO E QUAL È IL TUO SOGNO (O I SOGNI) CHE HAI LASCIATO NEL CASSETTO?

Vorrei fare un giro sulle montagne russe più alte del mondo, provare il deltaplano, visitare tutte le capitali europee e anche vedere qualcosa di Stati Uniti e Australia, comprare una casa mia e pubblicare altri romanzi. Dite che è troppo?

NIENTE E’ TROPPO DI FRONTE A COSI’ TANTO ENTUSIASMO E DETERMINAZIONE:IN BOCCA AL LUPO PER TUTTO!

Davide Longoni