RITA CORRADI

Abbiamo avuto il grande piacere di scoprire Rita Corradi grazie al suo ultimo romanzo “L’abisso ha gli occhi blu (Out of body experience)”, un thriller parapsicologico ricco di colpi di scena e di suspance, un libro che ci siamo sentiti di consigliarvi tempo fa e che, se ancora non avete letto, vi suggeriamo di procurarvi al più presto. Ora però è giunto il momento di conoscere meglio questa scrittrice, che sicuramente farà ancora parlare di sé.
COMINCIAMO CON UNA DOMANDA DI RITO. CHI È RITA CORRADI?
Credo di aver dato un quadro abbastanza completo di me nella presentazione di apertura del libro. La mia immagine principale è comunque quella di una madre di famiglia, con una buona dose di creatività che trova nella scrittura la sua espressione più confacente. Questa componente importante della mia vita, però, a volte mi porta un po’ troppo lontana da faccende più terrene e pratiche che richiederebbero maggiore attenzione (ho perso il conto di quante cene ho lasciato bruciare!). Sono comunque una persona piuttosto riservata.
VUOI PARLARCI DELLE TUE PRODUZIONI PRECEDENTI?
Potrei definire i miei lavori precedenti più delle sperimentazioni propedeutiche che mi hanno aiutata molto ad affinare la tecnica raggiunta oggi. Sono molto affezionata alla mia prima creatura: una raccolta di favole che avevo inventato per dare la buonanotte alle mie due bambine (oggi adolescenti). La mia preferita era “Una notte da lupi”: l’avventura di un branco di lupi che riscattano la loro fama di “cattivi delle favole” salvando una bambina dalla piena di un fiume.
RECENTEMENTE È USCITO IL TUO ULTIMO ROMANZO INTITOLATO “L’ABISSO HA GLI OCCHI BLU (OUT OF BODY EXPERIENCE)”. VUOI PARLARCENE?
Dal sottotitolo si capisce al volo che è l’esperienza extracorporea (il viaggio astrale) il tema centrale del romanzo. I protagonisti principali, Alice Carrera e Andrea Soames, sono due persone che si somigliano molto, perché ambedue prigioniere di se stesse: la prima è affetta da autismo e vive come se fosse perennemente avvolta in un bozzolo impenetrabile, mentre il secondo è un uomo tormentato da gravi nevrosi e complessi che lo rendono estremamente chiuso e diffidente nei confronti degli altri. Ma le loro anime (un non credente potrebbe dire le loro menti) trovano il modo di liberarsi dalle rispettive prigioni, attraverso un portale un po’ speciale: quello dell’inconscio.
COME È NATA L’IDEA DI PARTIRE DA UN TEMA COSÌ DRAMMATICO COME L’AUTISMO PER GIUNGERE POI VERSO TRAGUARDI PIÙ INQUIETANTI?
Perché l’autistico chiuso nel suo bozzolo ha un sorprendente universo interiore che deve essere scoperto. Ho provato ad aprire quella barriera impenetrabile e mi sono ritrovata in una dimensione parallela lontana anni luce dalla realtà che conosciamo. E vorrei che anche gli altri, leggendo il romanzo, possano vedere quello che ho visto io.
QUAL È STATA LA PARTE PIÙ DIFFICILE NELLA CREAZIONE DEI PERSONAGGI?
Riuscire a entrare nella loro testa, in particolare in quella di Andrea. Una lettrice mi ha detto che non avrei potuto immaginare personaggio più contorto di lui. E io ho pensato: “evvai, ho fatto centro”.
IN QUESTI ANNI DI ATTIVITÀ HAI SEMPRE AVUTO UNA PREDILEZIONE PER IL FANTASTICO. CHE SIGNIFICATO HA PER TE QUESTA TEMATICA?
Se dico che il fantastico è importante perché questa realtà non mi piace troppo, vengo capita?
VENIAMO A UNA DOMANDA PIÙ GENERALE. DOVE TRAI ISPIRAZIONE PER TUTTE LE TUE STORIE?
Se dicessi che è la realtà di tutti i giorni a darmi lo spunto, potrei contraddire la risposta precedente. Ma non è così: io guardo la realtà e poi la plasmo, distorcendola, secondo la mia visione fantastica.
QUALI SONO I TUOI SCRITTORI PREFERITI?
Mi piace la Allende. Anche Wilbur Smith mi ha fatto sognare molto nel passato, oggi mi interessa di meno. Ma non ho uno scrittore preferito in assoluto: un autore può entusiasmarmi con un suo romanzo e magari lasciarmi del tutto indifferente con un altro.
Non amo quegli autori che scrivono romanzi di cinquecento pagine per “fare volume” e poi alla fine si perdono in prolissità eccessive che finiscono per stancare il lettore (uno di questi è Stephen King: troppe chiacchiere vuote per dire due cose).
E PER QUANTO RIGUARDA I FILM, CHE CI DICI?
In questo periodo seguo più il cinema che la carta stampata. Io e mio marito facciamo un abbonamento trimestrale e quasi ogni settimana ci ritroviamo davanti al grande schermo a ridere, commuoverci, emozionarci o rabbrividire. Abbiamo anche una bella collezione di dvd. Mi piacciono i film dove la fantasia la fa da padrona: dai supereroi al soprannaturale (l’indiano M. Night Shyamalan è il mio regista preferito) e al fantasy puro.  E naturalmente i film di animazione, dalla classica alla digitale. Detesto i film violenti dove si vedono scene troppo crude (tipo squartamenti e porcherie del genere).
ULTIMA DOMANDA, POI TI LASCIAMO AL TUO LAVORO. QUALI PROGETTI HAI PER IL FUTURO E QUAL È IL TUO SOGNO (O SOGNI) CHE HAI LASCIATO NEL CASSETTO?
Beh, intanto ho ancora un lavoro che è rimasto “appeso” (in attesa di lettura) proprio nella redazione di “La Penna Blu”. Sto anche rielaborando un progetto che avevo avuto anni fa. Il cassetto dei sogni non ha molto contenuto, perché non ho particolari velleità e mi ritengo soddisfatta di quello che ho. Un sogno però ci sta: perfezionare il flamenco, ballo che ho iniziato a praticare con impegno e passione dallo scorso anno.
IN BOCCA AL LUPO, ALLORA!
04/07/2009, Davide Longoni