MARIA CRISTINA SIRCHIA

L’abbiamo conosciuta con il libro “Utopia e incantesimo”, un fantasy di recente pubblicazione che l’ha catapultata nel mondo della letteratura fantastica, sulle orme della figlia: stiamo parlando di Maria Cristina Sirchia, che andiamo subito a conoscere.
COMINCIAMO CON UNA DOMANDA DI RITO. CHI È MARIA CRISTINA SIRCHIA?
Sono una persona che ama viaggiare, dipingere, osservare i quadri dei grandi artisti… sono tante le cose che mi piace fare e in linea di massima, riesco a farle.
VUOI PARLARCI DELLE TUE PRODUZIONI PRECEDENTI, ANCHE SE NON PRETTAMENTE DI GENERE FANTASTICO CI SEMBRA DI CAPIRE?
Nelle mie produzioni precedenti mi sono occupata di arte e l’arte è anche fantasia. Io ed Eugenio abbiamo scritto “Sicilia Liberty”, “Liberty a Palermo” e “Liberty/Album del nuovo stile”, tutti con l’editore Dario Flaccovio. Il Liberty deriva per certi versi dall’utopia di William Morris di elevare le classi subalterne educandole attraverso l’arte, e quanto abbiamo catalogato in Sicilia Sud-orientale dimostra che questo stile giunse fino ai ceti più modesti. D’altronde anche Morris ha scritto un fantasy, ma con questo non voglio certo paragonarmi a lui.
DA QUALCHE TEMPO HAI PUBBLICATO IL TUO PRIMO ROMANZO FANTASY, “UTOPIA E INCANTESIMO”. CE NE VUOI PARLARE?
Il fascino del medioevo è innegabile perché il mistero che avvolge le antiche saghe si veste di drappi cangianti e si circonda di architetture complesse. Ho voluto ricreare questo ambiente collocandolo sul pianeta Demeter per narrare l’evolversi della lotta per la libertà e l’eguaglianza. Di solito nei fantasy c’è un sovrano illuminato che si contrappone ad un usurpatore. Nel mio racconto non è così: la giustizia sociale non può essere affidata al singolo, ma può realizzarsi meglio se il potere viene controllato democraticamente. Questo però è solo il sottofondo di una storia che si articola con duelli e sfide, maledizioni e profezie. Non mancano le complicazioni sentimentali, la magia delle erbe, viaggi avventurosi ed intrighi di corte.
DOVREMO ASPETTARCI UN SEGUITO O COMUNQUE DI RITROVARTI ANCORA IN UN ROMANZO FANTASY?
E’ possibile, ma dovrei trovare anche il tempo… Eugenio ha in mente una serie di pubblicazioni relative alla storia dell’arte, ed io non riesco a fare troppe cose contemporaneamente.
SE NON VADO ERRATO, LA PASSIONE PER IL FANTASTICO È UNA “MALATTIA DI FAMIGLIA”, VISTO CHE ANCHE TUA FIGLIA, EGLE RIZZO, È SCRITTRICE DI ROMANZI FANTASY. COME HA INFLUITO IL VOSTRO RAPPORTO NELLA TUA SCELTA DI DEDICARTI A QUESTO GENERE?
Di certo l’influenza è stata reciproca. Ho cominciato a scrivere “Utopia e incantesimo” prima che Egle nascesse, ma allora l’editore non era interessato a questo genere. D’altronde il mio racconto era ancora incompleto e forse un po’ manicheo; devo dire che leggere le storie di mia figlia mi ha aiutata a sfumare i personaggi, ad usare i semitoni.
CHE SIGNIFICATO HANNO PER TE LE TEMATICHE FANTASTICHE?
Rispetto al romanzo storico il genere fantasy concede maggiore libertà: la storia è quella che è, non si può cambiare. Nel fantasy le possibilità sono innumerevoli: l’Utopia di Tommaso Moro in fin dei conti è nell’area del fantastico, perché non c’è luogo della terra in cui si sia realizzata come non si è realizzata La Città del Sole di Campanella, eppure questi libri hanno avuto grande influenza sul pensiero occidentale.
VENIAMO A UNA DOMANDA PIÙ GENERALE. DOVE TRAI ISPIRAZIONE PER TUTTE LE TUE STORIE?
Le leggende che ho appreso durante l’infanzia dagli ultimi custodi della tradizione orale, sono certamente alla base del mondo magico siciliano dove gli spiriti del luogo non si chiamano ninfe o fate, ma “donzelle”. Nel mio romanzo i contadini di Alysia credono nelle belle signore esattamente come a Salemi, il mio paese d’origine. Per spiegarmi queste tradizioni popolari ho letto Frazer, Vladimir Propp e Robert Graves che sono una miniera di miti e di leggende; però io amo anche la storia e se nel mio romanzo ad un certo punto c’è un editto di tolleranza, il riferimento è all’Editto di Nantes.
QUALI AUTORI HANNO INFLUENZATO MAGGIORMENTE IL TUO MODO DI SCRIVERE?
E’ difficile giudicare se stessi e non saprei dire se il mio modo di scrivere possa essere accostato a quello dei grandi autori. Di certo mi piacerebbe saper scrivere come Hauser, per quanto attiene alla storia dell’arte, o come Asimov se parliamo di fantascienza.
E A QUALI FILM TI SENTI PIÙ LEGATA?
Se mi si chiedi il titolo di un film, il primo che mi viene in mente è “Il settimo sigillo” di Bergman e poi “La via lattea” di Bunuel. Nel mio romanzo però c’è anche il riflesso di pellicole di cappa e spada di cui non ricordo il titolo, storie di streghe arse sul rogo come nel “Dies Irae” di Dreyer o nel “Brancaleone alle crociate” di Monicelli.
ULTIMA DOMANDA, POI TI LASCIAMO AL TUO LAVORO. QUALI PROGETTI HAI PER IL FUTURO E QUAL È IL TUO SOGNO (O I SOGNI) CHE HAI LASCIATO NEL CASSETTO?
Io ed Eugenio stiamo ultimando un volume sugli scultori siciliani del XIX e del XX secolo. Il sogno nel cassetto è quello di pubblicare una ricerca di antropologia culturale che riguarda i rapporti tra le favole ed i miti.
Buona fortuna!
29/04/2009, Davide Longoni