IL TRIANGOLO DELLE BERMUDE

Il triangolo delle Bermude, o delle Bermuda che dir si voglia, è un tratto di mare delimitato da tre lati che per l’appunto gli conferiscono una forma triangolare, i cui vertici sono situati: a nord nel punto più meridionale della costa dell’arcipelago delle isole Bermude; a sud nel punto più occidentale dell’isola di Porto Rico; e infine a ovest nel punto più a sud della penisola della Florida.

In questa vasta zona di mare, che copre un’area di circa 2.500.000 kmq, si sono verificati dal 1800 in poi numerosi episodi di sparizioni di navi e aerei, motivo per cui alcuni autori e studiosi hanno soprannominato il luogo “Triangolo maledetto” o anche “Triangolo del diavolo”. Il triangolo delle Bermude ha vissuto particolare popolarità nei media soprattutto a partire dal libro bestseller “Bermuda, il triangolo maledetto” (in originale “The Bermuda Triangle”) del 1974 di Charles Berlitz, secondo il quale nella zona avverrebbero misteriosi fenomeni che sono stati accostati al paranormale e agli UFO.

Nonostante la reputazione “maledetta”, derivante soprattutto da opere di divulgazione misteriologica come quelle di Berlitz, “il numero di incidenti misteriosi nel Triangolo non è affatto superiore a quello di una qualsiasi altra regione ad alta densità di traffico aeronavale”… almeno a detta della Guardia Costiera degli Stati Uniti, secondo cui l’incidentalità in questo tratto di mare è nella norma per la quantità di traffico che lo caratterizza e molti degli incidenti avvenuti sono derivati da normali cause fisiche e meccaniche.

Ma se vogliamo dare una storia a questo tratto di mare e raccontare alcuni episodi che sicuramente misteriosi un po’ lo sono e instillano qualche dubbio, dobbiamo addirittura spostarci indietro nel tempo alla fine del 1400, quando  Cristoforo Colombo in uno dei suoi viaggi diceva di aver visto alcuni animali sconosciuti in un’area vicina al Triangolo, mentre alcuni marinai riferivano di avvistamenti anche di luci danzanti all’orizzonte e malfunzionamenti della bussola.

La prima citazione nei media di sparizioni reali risale però al 1951, quando E.V.W. Jones telegrafò un articolo in merito alla perdita di alcune navi, in cui si parlava di altre misteriose scomparse di navi, aerei e piccole barche nella regione del “Triangolo del diavolo”. Nel 1952 in un altro articolo a firma George X, il giornalista in questione citò altre sparizioni e raccontò di strane scomparse marine.

Nonostante la fama dell’area però, anche le statistiche dei Lloyd’s di Londra confermano quanto detto dalla Guardia Costiera americana, affermando con certezza che l’area del Triangolo non è né più né meno pericolosa di ogni altra zona dell’oceano, valutando il numero di incidenti e perdite per la quantità di traffico sostenuto: questo tratto di mare è una delle vie commerciali più affollate al mondo e le percentuali di sparizione sono insignificanti se esaminate nel complesso.

Ci fu ad esempio una ricerca che metteva in luce gravi imprecisioni e alterazioni nell’opera di Berlitz: spesso il resoconto non coincideva con i racconti di testimoni o di persone coinvolte negli incidenti e sopravvissuti. In molti casi informazioni importanti erano omesse (come ad esempio nella scomparsa di Donald Crowhurst, riportata come mistero nonostante già allora fosse chiaro che egli avesse inventato i racconti delle sue imprese e si fosse poi suicidato. Oppure come nel caso del cargo che lo scrittore Charles Berlitz nei suoi libri colloca come disperso nei pressi di un porto nell’Atlantico, quando in realtà era andato perso nei pressi di un porto dallo stesso nome ma nel Pacifico).

Inoltre, lo studioso Kusche dimostrò, tramite documentazione, come numerosi incidenti indicati come “vittime del Triangolo” si erano in realtà verificati a moltissima distanza e fossero stati inclusi in malafede. La sua ricerca portò ad alcune conclusioni: il numero di navi disperse è paragonabile, percentualmente, a quello di ogni altra zona dell’oceano; in una zona di tempeste tropicali, molte delle scomparse sono facilmente spiegabili, oltre che per nulla misteriose; il numero di perdite è stato enormemente esagerato da una ricerca falsata; le circostanze delle scomparse sono state riportate in modo falsato da Berlitz, il caso più comune riguarda navi che sono date per disperse con mare calmo e assenza di vento, quando in realtà le registrazione dell’epoca mostravano tempeste o peggio; la leggenda del Triangolo delle Bermuda è un mistero fatto ad arte… mantenuto in vita da scrittori che volontariamente o meno fanno uso di dati errati, argomentazioni falsate, ragionamenti svianti e sensazionalismo.

In seguito però alcuni autori, tra cui Gian J. Quasar, hanno sollevato obiezioni al lavoro di Kusche, sostenendo che cita spesso come prove affondamenti che erano già ben noti prima della pubblicazione del libro, non dati nuovi; davanti agli errori di identificazione o posizionamento di Berlitz, in alcuni casi si spinge a dire che alcune navi non siano mai esistite, nonostante vi siano registrazioni in merito; ammette in alcuni casi (come quello dell’Avro Tudor Star Tiger, 31 persone fra equipaggio e passeggeri, scomparso a 611 a Nord-Est di Bermuda, il 29 gennaio 1948; e del Douglas DC-3, partito da San Juan – Portorico – e diretto a Miami, 32 persone fra equipaggio e passeggeri, scomparso il 28 dicembre 1948) di non essere in grado di fornire una spiegazione nonostante dichiari che sia tutto nell’ordinario.

Una delle spiegazioni scientifiche che sono state fornite per alcune delle sparizioni riguarda la presenza di vaste sacche di metano all’interno della crosta continentale. In un documento del 1981 del United States Geological Survey si parla di emissioni di gas metano naturali e periodiche che possono diventare una minaccia per la galleggiabilità delle navi, in quanto alterano la saturazione di gas nell’acqua, abbassandone la densità o creando bolle di metano in superficie. Già, ma gli aerei?

Vari autori legati all’ufologia d’altro canto hanno avanzato l’ipotesi che le sparizioni misteriose di aerei e navi nel Triangolo delle Bermude siano invece da imputare agli extraterrestri. Secondo gli ufologi, gli alieni considerano come loro territorio di volo l’area in questione, essendo una zona da loro frequentata da secoli (è ciò che disse George Adamski, il più famoso dei contattisti) e non tollerano la presenza di nessuno.

Alcuni studiosi invece hanno parlato di inusuali anomalie magnetiche, che tuttavia non sono state provate.

Altri racconti sul Triangolo delle Bermuda includono navi trovate abbandonate con il cibo ancora caldo nei piatti o aerei spariti senza aver lanciato alcun segnale di soccorso. L’assenza di relitti viene spesso citata come prova del mistero che circonda la regione ma, secondo analisi meno fantasiose, il mancato ritrovamento di resti sarebbe da attribuire alle forti correnti e alla profondità marina.

In ogni caso la lista dei mezzi scomparsi in questo tratto di mare è davvero cospicua, se consideriamo quelli che sono i dati (reali o presunti che siano) raccolti da Charles Berlitz e da altri autori. Non staremo certo a segnalarli tutti, ma ci preme dare un’occhiata a quelli che sono stati i primi documentati, quelli su cui più o meno sono tutti d’accordo, a seguito delle ricerche effettuate negli archivi: la prima nave è stata la “Rosalie”, un’imbarcazione da carico francese in rotta dall’Europa a L’Avana, che venne trovata in navigazione a vele spiegate con il carico intatto, apparentemente abbandonata dall’equipaggio all’interno del Triangolo, nel 1840. Invece la prima sparizione aerea riguarda cinque Grumman TBM Avenger della Marina degli Stati Uniti, una squadriglia di bombardieri in volo di addestramento (conosciuta come Squadriglia 19), partiti da Fort Lauderdale (Florida): complessivamente c’erano 14 persone di equipaggio, tutte scomparse dopo due ore di volo, a circa 363 chilometri a nord est della base, il 5 dicembre 1945.

Tra i tanti casi poi, non possiamo non menzionare quello della Mary Celeste, forse il più conosciuto di una nave ritrovata deserta nell’oceano. Nel 1872 venne avvistata da un bastimento inglese che la abbordò mentre andava alla deriva e decise di prenderla come bottino, senza porsi molti interrogativi sulla stranezza di quell’incontro. Al suo interno era tutto in ordine, non mancava nulla: viveri, acqua, effetti personali dell’equipaggio. Solo la cabina del capitano appariva chiusa da travi, come se questi avesse voluto barricarsi all’interno. Da dove fosse poi uscito era comunque difficile immaginare, vista anche l’assenza di finestre. La Mary Celeste portava un carico di alcool stivato in botti e così si pensò alla possibilità di un incendio a bordo, poi subito rientrato per la caratteristica dell’alcool di estinguersi dopo una breve fiammata. Forse tutti si erano gettati in mare presi dal panico alla vista del fuoco e non erano poi più riusciti a raggiungere la nave che si era allontanata con le vele al vento. Ma sinceramente rimane una ipotesi poco convincente incapace di dare una reale spiegazione della tragedia avvenuta e della scomparsa dell’intero equipaggio, di cui tra l’altro non si sono più avute notizie. Altre spiegazioni parlano di ammutinamento, di trombe d’acqua, di alieni, di un attacco pirata, di mostri marini… insomma, ce n’è davvero per tutti i gusti. Studi recenti confermerebbero comunque che la nave affondata nel Triangolo sia un omonimo vascello e che la Mary Celeste tanto famosa come nave fantasma sia in realtà affondata al largo di Gibilterra.

Sulla scia poi della popolarità del libro di Berlitz del 1974, il “Triangolo maledetto” ha ispirato dalla seconda metà degli anni Settanta a oggi alcuni film commerciali che mescolano un po’ tutte le varie ipotesi, prendendo in considerazione extraterrestri, civiltà scomparse, viaggi nel tempo, horror e avventura, che riscossero un certo successo. Tra questi segnaliamo: “L’occhio nel Triangolo” (Shock Wawes) di Ken Wiederhorn (1977); il documentario “Il triangolo delle Bermude” (Secrets of the Bermuda Triangle) di Donald Brittain (1978); “Bermuda Now… il film” (The Bermuda Triangle) di Richard Friedenberg (1978); “I misteri delle Bermude” (The Bermuda Depths) di Tom Kotani (1978); “Il triangolo delle Bermude” (El Triángulo diabólico de las Bermudas, The Secrets of the Bermuda Triangle) di René Cardona Jr. (1978); “Bermude: la fossa maledetta” di Tonino Ricci (1978); “Uragano sulle Bermude” (Encuentro en el abismo; conosciuto anche come “Incontro con gli umanoidi”) di Tonino Ricci (1979); “Philadelphia Experiment” (The Philadelphia Experiment) di Stewart Raffel (1984); “666 – Il triangolo maledetto” (The Dark Side of the Moon) di D. J. Webster (1990); “L’avventura della vita” (Bermuda Triangle) di Ian Toynton (1996); “Mistero alle Bermuda” (The Triangle) di Lewis Tague (2001); la miniserie televisiva “The Triangle – Il triangolo delle Bermuda” di Craig R. Baxley (2005).

Mistero o no, sappiate che il Triangolo delle Bermude è sempre là che aspetta… ma cosa? Un’altra sparizione oppure un’autentica soluzione?

Davide Longoni