IL FANTASY DI ANTONIO MESSINA

Tra le tante proposte de Il Foglio Letterario, vogliamo questa volta soffermarci su Antonio Messina, uno degli autori più prolifici della casa editrice di Piombino, che riesce a spaziare tra fantasy, fantascienza e filosofia fantastica con grande disinvoltura. Date un’occhiata ai suoi romanzi e vi renderete conto che non abbiamo tutti i torti a consigliarvi quest’autore che merita uno spazio sicuro nella vostra biblioteca personale del fantastico.

Cominciamo presentandovi “Nebular” (245 pagine; 14 euro): è un fantasy che ricorda le magiche atmosfere di Ray Bradbury in “Fahrenheit 451”. Quel maledetto Voltaire doveva essere bruciato per primo, lui e la sua nefasta idea di letteratura dalla funzione sociale e pure quel miserabile di Victor Hugo, il cantore dell’ingiustizia sociale, come se solo lui fosse in grado di dare voce alla sofferenza umana. E quello sciagurato di Dumas con i suoi tre mentecatti moschettieri da strapazzo; e quel pezzente del Conte di Montescristo? Spazzatura, quei libri erano solo spazzatura. Sorrideva compiaciuto, sfiorando i volumi. Bruciarli tutti in un solo colpo, con un gran rogo: il potere era nelle sue mani, adesso era lui il Primo Sacerdote. Guardò le pile di Grandi Foglie Bianche Arrotolate che riflettevano spirali argentee sul soffitto, poi ordinò di appiccare il fuoco. La magnifica Biblioteca di Archè sarebbe stata spazzata via dalla faccia del pianeta. E Nebular era il suo pianeta.

Passiamo ad altre atmosfere con “La memoria dell’acqua” (150 pagine; 12 euro): […] La memoria dell’acqua, la vita che scorre lentamente, la vita che nella ragione a volte si confonde, la vita che ha bisogno dei sogni e dell’immaginazione, la vita che non aspira alla perfezione, ma che da essa rifugge. La memoria dell’acqua, la nascita di tutte le cose, il trasformarsi, il divenire pensiero e turbamento, per poi ritornare nell’esatto punto di partenza, e da lì cominciare un altro percorso, fino alla fine. Istinto e armonia, con la ragione a equilibrare, laddove c’è necessità. La memoria dell’acqua, il fluire dei sogni, l’istinto che diviene legge: era quello il segreto dell’esistenza, era quello il segreto d’Egretus? […] Questo romanzo è stato definito “la nuova frontiera del racconto filosofico. Echi orwelliani, leopardiani, finanche danteschi, giù fino a Virgilio e Omero, connotano questa fluida narrazione, questa riproposizione in chiave postmoderna di una nuova mitologia, didascalica come le favole di Esopo e Fedro”. (Elisabetta Blasi).

Torniamo a un certo tipo di fantascienza, mista al fantasy, con “Le vele di Astrabat” (115 pagine; 10 euro): era l’inizio… i quattro elementi, Aria, Terra, Acqua e Fuoco si erano uniti per ricreare l’armonia dell’universo, ma ci fu un intoppo… gli elementi pesanti formarono le Terre del Sole Pallido, gli elementi leggeri invece unendosi diedero vita alla Città del Silenzio, i Cerchi di Luce Energetica. Esisteva un confine ancora inesplorato, materia e energia a cercare l’unione perfetta… poi Atzelil tentò di varcare la zona di confine per completare il suo ciclo; era solo energia ma voleva contaminarsi con la materia e amare: fu l’inizio della tragedia, perché gli uomini del Sole Pallido, non appena capirono, cercarono di conquistare la Città del Silenzio e i Cerchi. Otlan amava Atzelil, l’amava di un amore assoluto, e per questo aveva inviato Neilos ad Astrabat, il pianeta di Sabbia e Ombre Lunari, dove un vento miracoloso, venendo a contatto con le cellule, le rigenerava, permettendo al corpo di rinascere tre volte… ma anche gli uomini del Sole Pallido sapevano, volevano conquistare Astrabat e lavoravano ad un progetto folle per possedere l’immortalità, estendendo il loro dominio all’intero universo. Un cerchio Illuminato non desiderava l’immortalità, però. Una storia d’amore intensa e appassionante, un monito contro i difetti dell’uomo contemporaneo, e un invito a cercare la felicità tra le pieghe dell’esistenza terrena. Due storie, all’apparenza, fuse in un “cerchio” di poesia pura, che lasciano al lettore il compito di scoprire il significato più profondo dell’essere umano.

Chiudiamo infine questa carrellata dedicata ad Antonio Messina con “Ofelia e la luna di paglia” (160 pagine; 12 euro): la programmatrice Nina ha progettato un videogioco di ultima generazione. Si chiama Erasmus4 ed è stato commissionato da una potente multinazionale. Poi, Nina, per una sorta di incantesimo riesce a entrare nel videogame. Si è ritrovata a viverci dentro. Si sta orientando nel mondo nuovo. Altrove, un manager ha assunto Isabel per perfezionare il programma, per cambiarlo. Nina si accorge che qualcuno sta modificando il codice della programmazione, capisce che sta rischiando la vita, perché il malvagio Julius, un personaggio che doveva essere cancellato, la sta minacciando. Julius ora è vivo, agisce come un umano in carne e ossa: il videogioco sta uccidendo Nina. Il virtuale, adesso, è soggetto al male, agli inganni, all’errore. Avidità, prepotenza e invidia sporcano la fantasia. E così, come fiammelle, le creature si spengono dopo aver lasciato un segno. Nell’infinito.

Antonio Messina è nato a Partanna nel 1958 e vive a Padova. Ha pubblicato nel 2003 il suo primo fantasy “L’assurdo respiro delle cose tremule”, opera che ha riscosso un buon successo di critica e di pubblico. Oltre ai romanzi citati, nel 2008 ha pubblicato la raccolta di poesie Dissolvenze. Suoi racconti sono stati pubblicati sulle riviste cartacee “Progetto Babele” (Modena), “Tam Tam” (Roma), “Gemellae” (Sardegna) e su riviste internazionali quali “Casa da Cultura” (Portogallo) e “Isla Negra”. Le sue liriche sono state pubblicate in antologie poetiche, tra cui “I Segreti di Pulcinella”, “Parole d’Amore2 (Giulio Perrone Editore – Roma), nella “Sezione poetica Biennale di Venezia 2005”. Inoltre i racconti “La Marea” e “L’ombra nella Bottiglia” sono visibili sui migliori portali di letteratura.

A questo punto non ci resta che augurarvi buona lettura.

Davide Longoni