IL DIBBUK

Secondo un’antica tradizione ebraica, alla quale fa riferimento anche l’Antico Testamento, quando il corpo di una persona vivente viene aggredita da un’anima dannata, allora ci troviamo in presenza di uno spirito maligno chiamato Dibbuk.

Il termine è stato introdotto in letteratura a partire dal XVII secolo, ma sia nella Cabala sia in moltissimi altri testi di culture differenti, ritroviamo alcuni riferimenti a questo strano essere il cui nome rappresenterebbe l’abbreviazione di due espressioni: dibbuk me-ru’a ra’ah ossia “assalto di uno spirito maligno” o dibbuk min ha-hionim cioè “che assale dall’esterno” il corpo di un uomo. Di conseguenza il nome di questo spirito sarebbe frutto dell’azione compiuta dallo stesso di possedere l’anima di un corpo ospite.

Originariamente il Dibbuk era considerato un semplice demone che entrava nel corpo di una persona malata causandone il peggioramento e in taluni casi anche la morte; più tardi, invece, il Dibbuk venne considerato come lo spirito di una persone morta “non sepolta” divenuta, per questa ragione, un demone. Qualcosa, insomma, di molto simile alla credenza del Revenant, termine che nella cultura europea si riferisce ad una creatura che fa ritorno dal regno dei morti per portare a compimento una vendetta dovuta ad un’ingiustizia subita in vita.

La tradizione dei Dibbukim, ad ogni modo, benché fosse propria della storia ebraica divenne comune anche tra i cristiani, tanto che i Dibbukim finirono per essere considerati in molte comunità cattoliche come anime che, a causa del gran numero di peccati commessi in vita, non potevano passare oltre e di conseguenza cercavano rifugio nei corpi di persone viventi.

Ovviamente non tutti gli uomini, secondo le diverse culture, possono ospitare un Dibbuk. Quest’ultimo, di fatto, sceglierebbe come sua potenziale vittima qualcuno che ha commesso un qualche terribile peccato, tenuto però in gran segreto. In questa maniera la vittima del Dibbuk aprirebbe le porte della sua anima al demone.

Molte credenze comuni al popolo ebraico, ma non solo, riferirebbero episodi relativi alla possessione da parte di un Dibbuk con relativi cerimoniali di esorcismo. Libretti speciali per gli esorcismi degli spiriti sono stati pubblicati in yiddish a Nikolsburg tra il 1696 e il 1743,  a Detmold nel 1743 e a Stolowitz nel 1848. L’ultimo documento di questo tipo, pubblicato a Gerusalemme nel 1904, riguarda un Dibbuk entrato nel corpo di una donna esorcizzata da Ben-Zion Hazzan. Quest’ultimo faceva parte di quella stretta cerchia di persone elette che si pensava avessero il potere di liberare dal demonio il corpo del mal capitato, salvando contemporaneamente l’anima che era stata posseduta.

In definitiva su questa suggestiva leggenda dell’anima errante che entra nel corpo di un vivo, l’autore Sholem An-Ski nel 1918 ha scritto un dramma d’amore che racconta di un giovane che, dopo la morte, entra nel corpo della sua amata con relativi drammatici risvolti.

Giusy Tolve