QUANDO SI PUNTA TROPPO IN ALTO…

Augusto  stava  fissando  in silenzio  Frt  Sev  (Piazza  Centrale)  che  sorgeva  proprio nel  mezzo  della città  di  Lehthwen, la modernissima  capitale  ufficiale del  mondo natio  degli Gwi.

Dal  suo  punto  d’osservazione privilegiato  nessun altro  poteva notarlo, dal momento che indossava la tipica uniforme  verde di un comune  pulitore di vetri  alieno, uno dei tanti immigrati  che  erano addetti a detergere le numerose  finestre sfavillanti  dei grattacieli  a forma  esagonale di cui i Gwi avevano riempito letteralmente  il loro  centro  urbano. Centinaia  di  edifici altissimi, costruiti con  una sorta di cristallo  simile alla  bellite, a struttura tubolare e di colore arancio — il materiale-tipo  a cui facevano generalmente ricorso  tutte  le imprese edilizie del pianeta– che si  sviluppava e  si  aggregava  automaticamente sul sito del cantiere  di base, fino a raggiungere altezze  incredibili  in solo  poche  settimane  grazie ad  una speciale nanotecnologia  che  assomigliava  quasi  ad una misteriosa  stregoneria  futuristica  agli occhi  di qualsiasi essere umano. Tale  tecnica  rappresentava  il segreto  meglio  custodito  dalla specie  Gwi, un qualcosa  su  cui  i  Terrestri  non  erano ancora riusciti  a  mettere  sopra le mani  fino ad oggi, nonostante  tutte  le svariate offerte ed i favolosi contratti  che avevano proposto  a  questa specie  aliena, invero  assai orgogliosa  delle proprie brillanti  innovazioni  scientifiche.

Gli  Gwi, in  realtà, erano  davvero  molto fieri  anche  della loro  rete di trasporto  costituita  da Treni  a  Super-Velocità  che  permettevano alla popolazione di spostarsi  assai velocemente  dalle regioni più  lontane  fino al centro  finanziario della capitale  in solo  pochi minuti. Grazie al suo sistema di movimentazione a effetto suolo aerodinamico questi  mezzi  potevano  procedere  addirittura a 700  km  all’ora, senza  che  si  avvertisse  a bordo  nemmeno uno scossone. Ciascuna carrozza — lunga  ben 200 metri  e con una capacità di 790  passeggeri (dal momento che  i  Gwi  erano  esseri bipedi, simili  ai suricati  che vivevano  sulla  Terra e di  dimensioni  molto più  ridotte  rispetto  a quelle di un  comune essere umano, e dunque necessitavano di meno spazio  singolarmente) — era stata ideata in modo  perfetto: in un certo  qual modo, ben rappresentava tutti  i  principi  ispiratori  di  questi alieni  su quale  fosse  il vero  scopo  della tecnologia contemporanea, da  rendere il più  funzionale  e  confortevole  possibile  per gli utenti, tanto che  quei mezzi di trasporto erano molto  apprezzati  dall’intera popolazione  e  venivano  fotografati  da  tutti  i  turisti, qualsiasi fosse  il loro stato  d’origine  o il pianeta da cui  provenissero.

Questa  era anche la ragione per cui il giovane dinamitardo umano li  aveva scelti come  bersaglio. Dalla sua  posizione privilegiata  Augusto  poteva  vedere benissimo  tutto quello che  accadeva  più  in  basso, restandosene  in silenziosa  attesa, aspettando il momento più  adatto…

Era  insorta  una  specie di  strana competizione  fra di  loro, le cui origini risalivano a circa un mese prima. ”Loro”  erano  alcuni stravaganti “artisti”  che, come lui,  si stavano impegnando al massimo  per  raggiungere  un obiettivo  particolarissimo che  sarebbe stato ricordato  a lungo in tutta la galassia, ovvero ottenere  la miglior  “opera  d’arte”  della loro vita, da presentare al pubblico  in modo eclatante  e  fragoroso. Quella  rivalità  era  cominciata  quasi per caso, allorché  Augusto  aveva  avuto notizia di quella strage di 1.000  persone  a  bordo  della  Stazione Spaziale  Nbther-t-rt  nel Settore  54467, provocata — a  quanto sembrava –  da  quel marchingegno apparentemente innocuo, non più  grande di un comunicatore  spaziale  miniaturizzato, che pareva essersi attivato  non  appena  quell’astrobattello  era  giunto  in prossimità    del  punto d’attracco  robotizzato, all’interno  dell’exo-hangar. Tutti  i membri dell’equipaggio e chiunque altro si trovasse sul  quel velivolo  erano stati  uccisi  in un attimo  dall’esplosione  micidiale.

Che cosa impressionante, un lavoro straordinario!

E  poi vi  era stato un altro sconosciuto, in un impianto  minerario  asteroidale  situato  entro  il  Campo  Orbitante Ferroso  nel Settore  55678 — formalmente  di proprietà  della  specie aliena conosciuta come  Hl-Hl — che  aveva  interamente  distrutto tutte e cinque le miniere esistenti sul posto con un solo  attentato, per un totale di  1.500  morti, senza lasciare  nessun  addetto  vivo.

Augusto sapeva bene  che doveva fare qualcosa di meglio, più in grande stile e con  un maggior numero di  cadaveri  se voleva  davvero  far vedere a tutti ciò di cui era capace  la sua mente. Dunque aveva  programmato almeno  5.000  decessi  per oggi, tanto per andare sul sicuro…

Quella era una strampalata  forma d’arte, comprensibile  solo a pochi “eletti”, un  qualcosa che la generalità  dei comuni  cittadini  non  avrebbe  mai  potuto apprezzare, ovviamente; oltretutto, prima di  schiacciare il pulsante fatidico, bisognava  superare parecchie difficoltà  tecniche al  fine di  studiare  adeguatamente  il  luogo  dell’attentato, senza  dar troppo nell’occhio o destare sospetti nelle autorità  del posto, e  cercare di prevedere  tutte le possibili evenienze  ipotizzabili (quali inconvenient  meccanici, difetti nell’esplosivo e così via…) che  potessero influire sul risultato finale. Era  molto complicato  riuscire a fare una cosa del genere  in modo perfetto, e questo  era anche il  motivo per cui  una tale “opera d’arte”  risultava così impegnativa, indubbiamente.

Il dinamitardo  aveva scelto la Stazione Principale dei Treni a Super-Velocità  che si trovava proprio nel punto in cui convergeva   l’intera  rete  di  movimentazione  a effetto suolo aerodinamico, esattamente  al centro  della capitale, nell’affollatissima  piazza   Frt  Sev. Il suo scopo era ammazzare  tutti i passeggeri  a  bordo che  fossero in arrivo  alle ore 10:00, ora locale, senza lasciare superstiti nelle immediate vicinanze. L’intenzione  infatti  era  anche  quella di  sbarazzarsi  di tutti i passanti che si fossero trovati a percorrere  quel  tratto di strada  confinante  con  la piazza, naturalmente. Non  uno di più, non uno di meno.

Non appena l’ultimo treno (dei tre che stava aspettando pazientemente) arrivò  in perfetto orario  ed i  passeggeri  presero a scendere  ordinatamente, l’uomo lasciò subito da parte i  compiti ripetitivi  che stava  fingendo di svolgere  lassù  in alto  e  si diede  da fare con i controlli della sua cassettina metallica per  attivare le  potentissime  bombe  che aveva posizionato  meticolosamente  ad ogni angolo, allo  scopo  di  ottenere il risultato che si era prefissato.

Tuttavia, non  appena il conto alla rovescia si attivò  ed i suoi occhi, neri come la notte — dello stesso colore della sua capigliatura  lunga e  disordinata — stavano già pregustando l’evento che  avrebbe avuto luogo  di  lì  a poco, Augusto vide qualcosa  che  lo  contrariò apertamente.

Un’inaspettata  Svendita  Improvvisata, una di quelle che  avevano luogo talvolta a Lehthwen, allorché alcuni  camion, con  annesso  banchetto sul retro, giungevano  senza  preavviso  nel centro  cittadino  per  vendere  a  basso prezzo  i  loro cibi freschi e biologici (generalmente prodotti nelle vicine campagne), convergendo  tutti  nella piazza  per  dar vita  ad  una sorta di  “mercato all’aperto”  presso cui  le persone si  accalcavano, in cerca dell’offerta migliore  della giornata. Una tradizione che ogni buon  Gwi  era solito seguire  di buon grado  allorché se ne presentava  l’opportunità…

“Dannazione!” pensò  fra sé  l’uomo. Molti dei passeggeri si stavano  allontanando  troppo velocemente dall’area prestabilita  di devastazione delle bombe, procedendo verso il mercato improvvisato ad un passo  ben  più  spedito  di quanto  Augusto  avesse previsto  originariamente  nei suoi piani. Consapevole  che  il suo progetto avrebbe fallito  miseramente, imprecò  fra sé  e  maledì la sua stupidità… Non  restava  più  tempo  per interrompere il conto alla rovescia, oramai!

Ben conscio  che i  suoi  propositi stavano  per essere vanificati, il dinamitardo  si decise  ad  agire  senza pensarci su  ulteriormente. Gli ci volle solo un attimo  a  scendere  dal  ripiano sospeso, su cui stava  facendo  finta di  darsi da fare al lavoro, per raggiungere il  tetto  vicino, dopodiché  balzò  sull’ascensore  d’emergenza  di fabbricazione  Gwi (ve  n’era  uno installato in ogni cantiere  in città) ed  arrivò  velocissimo  fino al  livello stradale. Il  rilevatore  di presenza   dell’edificio  si sarebbe accorto  a breve che aveva lasciato  senza motivo la  sua postazione, ma  a  quel punto non avrebbe  avuto più  alcuna  importanza. Doveva uccidere  tutti  quanti  i passeggeri  che scendevano  dai  treni, compresi  i  passanti  che si trovavano nei pressi al momento prefissato! Tutti! Oppure  nessuno di loro! Non c’erano mezze misure, difendere la sua reputazione era  davvero troppo importante…

Non appena fu in prossimità della piazza, l’uomo iniziò  subito a  gridare con quanto più  fiato aveva in corpo  in modo da  attirare  l’attenzione  dei presenti e da spingere  tutti ad  allontanarsi  di là  in fretta, annunciando che  una bomba stava  per esplodere  entro  pochi  secondi. Immediatamente, moltissimi  passanti  furono colti dallo  sbandamento, cominciando a disperdersi in ogni direzione, e svuotarono ben presto anche la Stazione Principale, comprese  le vie  vicine.

Dato che  il momento  dell’esplosione si stava avvicinando  sempre più, certo che  non avrebbe mai  fatto  in tempo  ad  allontanarsi  da  quel  posto, Augusto  pensò che tutto quanto stava accadendo era davvero molto  divertente, per un certo  verso, dal momento che  proprio lui  sarebbe apparso di fronte a tutti come  colui che aveva  fatto  sì  che  i  passeggeri  si mettessero  al sicuro  dalla deflagrazione, probabilmente lo  avrebbero considerato  come  una sorta di salvatore. E  tuttavia non lo era affatto, ovviamente…

D’altronde, meglio  perdere  tutto  che  ottenere solo  un risultato  imperfetto, un’opera d’arte incompiuta  e mal  riuscita che  lo  avrebbe consegnato alla storia  come un incapace ed avrebbe probabilmente generato le risa o lo sdegno  fra gli altri contendenti di quella  particolarissima competizione sanguinaria che si svolgeva attraverso tutta la galassia conosciuta.

In fondo, non  era  stato forse  detto  anch  da un famoso operista secoli prima sulla Terra  che  l‘Arte è  davvero  una specie di malattia  mentale?

Sergio Palumbo