ERATAI 15 – RE YANN: L’ULTIMO CANTO DI ADAM – QUARTA PARTE

“Arwhin, rispetto la regalità della nostra famiglia, ma temo che non ci proteggerà dal Nemico. Sono momenti incerti, e non possiamo permetterci l’errore di aprire i nostri cuori, altrimenti il Nemico con qualche suo accidente di piano potrebbe infettarceli!” replicò.

Il tono della discussione  stava montando . Intervenne Jelhill: “Gherald ha ragione! Ce ne rimaniamo arroccati quassù, senza neppure poter cacciare un Frenni per il timore che qualcuno, scoprendo il nostro rifugio, ci piombi addosso di notte, mentre dormiamo, e qui si discute di ospitalità! Se Yann me lo concedesse, andrei io stessa in pianura, a far la guerra con i Lacerta diRe Hoyd di Daran!”

Yann: “Puoi andare, se vuoi, ma solo quando sarai abbastanza matura da capire cosa sia la guerra.” Replicò seccato. “Basta adesso. Decideremo come sempre, tutti insieme, quello che accadrà. Per ora, ci prenderemo cura di quest’Allaghèn, che mi pare si stia comportando con onestà nei nostri confronti.”

Uscì dalla caverna. “Hoyd” pensò “Potessi lasciare questo luogo scenderei per combattere assieme ai tuoi.”

Udì dentro di se un’eco familiare: “Lo so, amico, non ne dubito. Mi manca la tua spada. Ma stiamo resistendo.” Non era ancora morto quel filo di percezioni interiori che legava Lacerta e Uomini separati da spazi talora incalcolabili. I Lacerta ancora rispondevano, ma delle eco umane non c’era più traccia, se non di quelle provenienti dal passato.

Hoyd di Daran era stato eletto ad unanimità dal Consiglio degli Staigh ( o da quello che ne era rimasto) al comando di una confederazione militare, composta dai guerrieri dei diversi Staigh che sedettero nel consiglio.

“Ma la Derema, Yann, deve essere custodita. E tu sai di essere l’unico a potarlo fare.” Continuò.

Il Re sospirò, appoggiando i suoi occhi sulle stelle del cielo. I Re del Consiglio, gli ultimi Re ancora in vita e liberi, avevano scartato subito la sua candidatura alla guida della Confederazione. E  lui seppe da subito di non poter avanzare alcuna lamentela. Adam gli passò la posizione della Derema, affinché, fra i Rettili Amici, fosse suo il compito di proteggerla in caso il Nemico si decidesse a sferrare il suo attacco. Yann scelse di accettare l’incarico. Ora non poteva tirarsi indietro. Nonostante dubitasse dal profondo sul ritorno di Adam, come Gherald e i Lacerta più giovani, il nodo d’amore  verso il Primo Uomo, lo legava alla sua promessa. E la Derema era il pezzo più importante nella strategia d’invasione del Nemico. Perciò andava difesa. Hoyd al momento stabilito avrebbe chiuso l’accesso alla montagna. Ma Yann sapeva che l’esercito era indebolito dalla fame, dalle nuove e feroci pestilenze esplose con gli ordigni avversari e che presto le porte d’ingresso avrebbero ceduto.

Il Consiglio degli Staigh era un’istituzione piuttosto recente. Sebbene i Re si fossero riuniti da tempi immemori per scambiarsi idee e opinioni sulla vita degli Staigh, non vi era di fatto, mai stata una legge che li legasse all’obbligo di consultarsi. Amicizie, antagonismi per certi territori, parentele e alleanze di caccia, si costituivano spontaneamente in modo libero e spesso caotico. Per questo il mondo dei Lacerta sembrava un mare agitato, con mulinelli e correnti improvvise, in grado d’inghiottirti all’improvviso. Ma ora erano in pochi. I Re sopravvissuti dovevano condurre le loro famiglie attraverso la Catastrofe,  cercando di non farle catturare dal Nemico.

Yann, Hoyd e Ravan erano i tre Re più anziani rimasti al mondo. Yann si diceva, fosse il più vecchio di tutti. Il Consiglio contava altri sette Re più giovani ma disposti a combattere fino all’ultimo sangue pur di rimanere liberi.

Nove Staigh erano rimasti, quindi. Forse di più, i Re più anziani sospettavano che altri cinque Staigh fossero sopravvissuti alla Catastrofe, e la guerra li avesse isolati.

Quel giorno, nell’Ultima Seduta del Consiglio si discusse su una faccenda mai presa in considerazione sino a quel momento.

“È chiaro, amici, capire dove il Nemico stia puntando.” Indicò Yann su un’ampia mappa distesa sul pavimento del rifugio.

“Quello è l’ingresso alla montagna. Tu dici che il Nemico stia muovendo le sue orde verso le Porte? È questo che vuole, la Derema?” Fece con un ruggito basso Hoyd, osservando il cerchio rosso disegnato attorno al Monte Nero.

“Guardate i suoi spostamenti. Fino a ora abbiamo dovuto controllare il nostro esercito e le sue mosse sul territorio , ma se guardiamo il panorama generale della guerra, non ci può sfuggire la sua tattica globale. Da ogni angolo del globo, il suo esercito si tallona e ci spinge verso l’esterno della zona del Massiccio Centrale.”

“Se guardiamo i punti di maggior pressione, sì, Yann, concordo. Sembrano essere quasi tutti i lati del Massiccio.” Replicò la voce roboante di Ravan.

Yann era concentrato sulla mappa, ma dopo ore di discussioni, le vertebre del collo cominciavano a irrigidirsi. Si sollevò in piedi e passeggiò per sgranchirsi nella caverna. Raggiunse la sala grande. Era costellata di antiche grandi torce e scavate nelle pareti, un po’ ovunque, spuntavano rocce piatte e larghe, buone per accomodarsi. Alcune erano più grandi delle altre. I Lacerta sedevano vicini l’uno all’altro come piaceva loro fare, sui panconi dovunque nella sala. Ora il silenzio gravava fra le stalattiti e le luci erano un ricordo. Le rocce appiattite più grosse, riservate agli Uomini, per sostenere il loro corpo più massiccio,  erano vuote.  Adam sedeva sempre in quel luogo che prima veniva usato come un ritrovo per narrare racconti e cantare le proprie poesie.  Poggiava l’Arabajyn sulle ginocchia e introduceva la storia che avrebbe cantato. Il fuoco, lo sforzo di compenetrazione, la creazione al momento, lo facevano sudare. L’acqua che stillava dalla fronte, inumidiva anche la barba, dandogli un insolito, siderale, aspetto nella penombra. Poi raccoglieva quella specie di chitarra a dodici corde, l’Arabajayn, lo strumento musicale più comune fra gli Uomini e con due o tre colpi sulla sua  cassa cominciava la canzone e la storia. Yann sentì un dolore fitto nel suo petto. Lo dilaniava la nostalgia di quelle serate, nel profondo della terra, al riparo dall’Inverno, ascoltando le storie di Uomini e di Lacerta. Tornò al suo posto, fra i Re.

“Dobbiamo trattenere la Derema, a qualunque costo.” Esordì Hoyd.

“Sono d’accordo ma per farlo occorre serrare le Porte della Montagna al Nemico.” Replicò Yann.

“Yann, Adam ti parlò circa quest’evenienza, vero? Non credi sia ora di farci sapere cosa vi siete detti?” intervenne greve Arvan.

“Sicuro, amico mio.” Replicò l’anziano Re “Mi stavo solo raccogliendo per potervi parlare nella piena consapevolezza.”

“Dunque pensi sia giunto “quel” momento, Yann?” chiese Hoyd, sospettoso

“Sì, Hoyd, ritengo sia opportuno parlarne adesso.” Replicò il Re.

“Allora le speranze di morire liberi cominciano a farsi davvero fievoli.”

“Coraggio, Re Hoyd, dobbiamo avere coraggio, altrimenti come potrebbero averne i nostri Staigh?” fece Yann al suo amico.

Quindi si alzò di nuovo, ma rimase nell’aula della riunione. Prese il tempo necessario per ripensare a quel giorno in cui lui e Adam si parlarono.

Erano nel Bosco Vecchio del Pantaruel, al centro delle terre dell’Est, i territori di caccia liberi, dove gli Staigh non hanno marcato alcun sasso, alcun tronco , luoghi in cui le prede convergono a frotte e sono un’abbondanza condivisibile fra tutti, senza alcun bisogno di accamparvi diritti.  A vederlo adesso, il Pantaruel è una radura d’arbusti bruciati, dove crescono solo i funghi della decomposizione e poche erbe dal fusto coriaceo e spinoso. Non ci sono più prede, tantomeno Lacerta. Adam passeggiava con il mantello svolazzante, accanto a Yann, che trottava per stare al suo passo. L’Uomo si accorgeva dello sforzo del suo amico e rallentava. Fino a posarsi su un tronco di un albero caduto.

“Caro Yann, riposiamoci un po’, la strada è lunga e non abbiamo fretta.” Disse.

All’epoca Yann era il primo Lacerta di Erat . Lui e la sua famiglia giunsero da Nabret, ormai occupato da Uzzath, uno degli Dei del potente quadrumviro  dei Signori della Luce. Yann nacque quando il Dio aveva ormai da tempo steso la coltre del suo oscuro potere su quel mondo, facendone un unico, immenso campo di concentramento e di sterminio. Neppure ebbe modo di vedere sua madre, una volta sgusciato dalle pareti del suo uovo, perché fredde mani bianchi lo raccolsero e lo buttarono un una scatola di metallo riscaldata. Era il succedaneo della piega di pelle fra le braccia materne, che lo avrebbero tenuto al caldo i primi istanti della sua vita. Yann sarebbe stato solo un pezzo di carne buono per lavorare come soldato o contadino. Un giorno alcuni Lacerta adulti s’introdussero nel “vivaio” raccolsero lui e gli altri due neonati, li misero in un sacco di caldo tessuto con buchi per l’aria,  e si dileguarono attraverso l’area interdetta dell’asilo. Yann non si ricordava di quella notte, gliela raccontarono coloro dai quali venne raccolto nel vivaio, o meglio dall’unico Lacerta sopravvissuto. Perché gli altri vennero assassinati durante la fuga dagli sgherri di Uzzath. Un giorno si ritrovò sdraiato sotto un sole caldo e senza l’ago nel braccio che lo faceva sempre dormire. Una creatura enorme, senza squame, coperto di strani peli dorati in testa e sul viso, lo prese fra le braccia: “Dunque voi siete gli unici sopravvissuti?” rombò la sua voce.

Un Lacerta sconosciuto, magro sino allo sfinimento: “Sì, Adam, siamo tutti qui , noi fuggitivi.” Rispose “Ti chiediamo protezione e ospitalità.” .

Le piccole dita dagli artigli ancora tondeggianti, presero a tirare i peli di quel volto così diverso dal suo. Non aveva mai visto una bocca circondata da un simile ornamento dorato. Le guardie del Nemico avevano una pelle d’alabastro senza squame e grandi occhi blu scuri senza pupille. Una peluria fluente, bianca come neve  ricopriva loro il cranio. La creatura raccolse la mano del Lacerta con soffice gentilezza: “Piano, piccolo guerriero. Mi fai male.” sorrise. Sulla cintura brillava l’elsa di una spada titanica. Yann annaspò per toccare quella luce.

“Loer di Hagarall sei il benvenuto fra gli Uomini.” disse la creatura “Difenderemo la tua gente, lottando se necessario. I nostri stili di vita e la nostra natura non sono simili, ma vedremo d’incontrarci.”

“Non sarà necessario che vi adattiate a noi, Adam, saremo noi a trovarci un posto tranquillo dove non darvi problemi con la nostra indole.”

“C’è tanto spazio su Erat e insieme abbiamo deciso di dividerlo con i Lacerta . È un mondo freddo e difficile, ma siete creature intelligenti e non faticherete a trovare qui la vostra casa. Mi dispiace solo non essere scesi al vostro fianco durante la traversata spaziale, ma il messaggio non è giunto in tempo. Non potevamo mandare più navi oltre quella di Garaegor, avremmo rischiato di far scoprire il piano.”

Garaegor avanzò : “Purtroppo la nostra nave è stata assaltata, e abbiamo perso il ponte delle comunicazioni. Ma sono contento che almeno uno dei neonati si sia salvato.” Era un Uomo di Erat anche lui, il comandante della Nave inviata a raccogliere i fuggitivi.

“Se la sono presa con i piccoli?” chiese inorridito l’Uomo.

Il Lacerta bevve con avidi sorsi l’acqua dalla borraccia di Adam, aveva la gola disseccata per il sangue dei suoi amici e dei bambini, e parò con voce rauca: “Ci hanno tallonati quando siamo stati raggiunti e abbordati, sono penetrati nel ponte dove erano le culle. Sembravano bestie feroci che si litigavano l’osso. Siamo riusciti solo a portare in salvo questo piccolo.”

Adam scosse il volto e disse: “Avevamo pianificato la vostra fuga, ma non potevamo addentrarci troppo nel tunnel dimensionale di Uzzath. Ci avrebbe scoperti e, purtroppo, anche se mi si spezza il cuore, non possiamo scendere in guerra adesso. Non abbiamo forze sufficienti per fronteggiare la loro flotta, ci avrebbero devastati e contrattaccati.”

“Non chiedo che gli Uomini scendano in guerra per noi, Adam. Sarebbe inutile, orami è tutto finito su Nabret.” Soggiunse il Lacerta “Quello che vorrei l’hai fra le braccia. Fa’ vivere la nostra specie, non meritiamo l’estinzione, non per mano d’un  dio assassino. Non abbiamo fatto alcun male.”

Loer era giunto allo stremo delle forze. Il suo corpo non incontrava il cibo da mesi e lo sforzo delle battaglie per resistere  agli inseguitori lo indebolì lasciandogli le sole forze per consegnare Yann agli Uomini. Le squame scolorite sul volto si stavano distaccando, e gli occhi divenuti opachi ormai parlavano di una vita che stava scemando da quel guerriero.

Alessandra Biagini Scalambra