SENTINELLA
di Roberto De Filippis
Saphira sedeva alla sua scrivania, coperta di mappe e annotazioni.
Era stanca. A notte fonda, alla luce di una candela consumata, cercava di trovare una soluzione a quella situazione disperata.
Alla porta, qualcuno bussò.
“Comandante?”
“Entra, Khellendros.”
Il soldato entrò nella stanza e si fermò di fronte alla scrivania del comandante, sull’attenti.
“Che notizie?” chiese la donna, senza muovere lo sguardo dalle mappe.
“Comandante, c’è una cosa che dovreste vedere.”
Saphira alzò gli occhi e guardò il soldato. Khellendros appariva turbato.
“Altri problemi? Non credo che la nostra condizione possa peggiorare, Khellendros.”
“E’ accaduta una cosa strana, comandante. E’ comparso un uomo alle porte della città.”
“Che significa, è comparso? Siamo assediati, nessuno può arrivare alle porte.”
“Camminava come se niente fosse, nella terra di nessuno fra gli schieramenti. E’ arrivato alle porte e ha chiesto di entrare”
Saphira si strofinò le tempie. “Ha chiesto di entrare? E chi diavolo era? Una spia?”
“L’abbiamo pensato anche noi, comandante. Anche se non ha molto senso che una spia chieda il permesso di entrare, non crede? In ogni caso, l’abbiamo interrogato.”
“E?”
“Ha detto di conoscerla, comandante. Ha detto che è qui per saldare un debito che ha con voi.”
“Continua.”
“Ora è nelle segrete. Non ha detto né il suo nome, né altro.”
“Era armato o aveva qualche oggetto con sé?”
“Solo un pugnale, comandante. Ve l’ho portato. Non aveva altro.”
Khellendros pose lentamente il pugnale sulla scrivania. Un oggetto bellissimo, sembrava più un ornamento che un’arma.
Saphira lo prese e lo esaminò con attenzione.
“Non è possibile…”
“Comandante?”
“Portami da quell’uomo, Khellendros.”
Saphira e Khellendros si addentrarono nelle segrete. Le guardie si misero sull’attenti al passaggio del loro comandante. Giunsero nei sotterranei; solo due celle erano occupate. Saphira passò davanti alla prima cella, ignorandola. Nella seconda cella c’era un uomo, steso sulla branda, immobile.
“Tàti.”
L’uomo si alzò e guardò la guerriera dai capelli rossi. Sorrise.
“Sono contento di vederti, Saphira.”
“Cosa ci fai qui, Tàti?”
“Sono venuto ad aiutarti.”
Saphira lo osservò con attenzione. Tàti aveva lo stesso aspetto dell’ultima volta in cui l’aveva visto, diversi anni prima. Non sembrava invecchiato di un giorno. Eppure, qualcosa di diverso c’era, nel suo sguardo. Una determinazione, una sicurezza che non aveva mai visto in lui.
“E come pensi di aiutarmi? Cosa sai della situazione qui?”
“Nulla. Quando sono arrivato, ho visto l’esercito che vi sta assediando.”
“Sei arrivato da sud. Come hai attraversato i territori nemici?”
“In volo. Sul mio drago.”
“Em è qui ?”
“Sì. Anche lui è pronto ad aiutarti, nel modo che riterrai più opportuno.”
Saphira si voltò verso Khellendros, che aveva seguito la conversazione con una certa perplessità, finché non aveva udito “drago”.
“Un drago? Possiamo contare sull’aiuto di un drago? Ma è magnifico!”
Saphira fulminò Khellendros con un’occhiata: “Farai meglio a stare zitto, Khellendros”
“Sì, comandante.”
Lei si voltò di nuovo verso Tàti.
“Sei sparito per anni, Tàti. Non ci hai aiutato, quando avevamo bisogno di te. Quello che hai fatto non è perdonabile. Non sai neppure cosa sta accadendo qui, o quanto sia grave la situazione. E comunque, la tua presenza, o quella di Em, non fa molta differenza.
La città cadrà, e molto presto. Tutti quelli che sono qui, verranno uccisi, o peggio fatti prigionieri. E, ora che sei qui, anche tu subirai questo destino.
E probabilmente, è quello che meriti!”
Saphira si voltò furibonda e lasciò a grandi passi le segrete. Tàti non replicò, ma l’espressione sul suo viso non cambiò.
Khellendros rimase lì interdetto, senza saper bene cosa fare.
Tàti sedette di nuovo sulla branda.
“Tu sei Tàti? Ci sono delle storie su di te…”
“Sì, sono io.”
“Quelle storie sono vere?”
“Non so cosa raccontano di me. Manco dall’impero da diversi anni. Vuoi chiedermi di una storia in particolare?”
“Solo di una. E’ vero che hai salvato la vita alla nostra sacerdotessa?”
“Quale sacerdotessa?”
“Giselle, la sacerdotessa della dea.”
Tàti sembrava sorpreso: “Giselle una sacerdotessa?”
“Allora, la storia è vera o no?”
“Immagino di sì. Anche se l’ho solo portata via dal suo villaggio distrutto.”
“Allora non posso che esserti grato. Davvero puoi aiutarci?”
“Sì.”
“Parlerò con il comandante.”
Khellendros non aggiunse altro e lasciò le segrete.
Saphira entrò nella sala di comando sbattendo la porta. Iniziò a camminare nervosamente per la stanza, stringendo i pugni. Poi udì Khellendros bussare.
“Cosa c’è adesso?”
“Posso entrare, comandante?”
“Entra, dì quello che hai da dire e sparisci.”
Khellendros aprì lentamente la porta, fece qualche passo e rimase lì in piedi.
“Allora?”
“Non possiamo perdere questa occasione, comandante. Potrebbe essere il miracolo che aspettavamo…”
“Non è nessun miracolo, Khellendros. E’ solo un uomo chiuso nelle nostre segrete.”
“Non è un uomo qualunque, comandante, e lei lo sa. La gente racconta storie su di lui, accanto al fuoco, nelle taverne. Il guerriero del nord. E il suo drago!”
“Non hai mai visto un drago, vero Khellendros?”
“No.”
“E non avevi mai visto prima d’ora il famoso guerriero del nord, o visto in azione?”
“No, comandante.”
“Un drago non può sconfiggere da solo un esercito. E’ una creatura molto potente, è vero, ma ce ne occorrerebbero una decina, per fare la differenza. In quanto al tuo guerriero del nord, non credo più agli eroi da molto tempo.”
“Ma potrebbe salvare la sacerdotessa!”
“E’ solo questo che ti importa, vero?”
Khellendros esitò “Qualunque aiuto questo guerriero possa darci, comandante, non credo che siamo nelle condizioni di rifiutare.”
Saphira lo trapasso con lo sguardo “Immagino di no. Ma ci parlerai tu. Torna da lui e spiegagli tutto. Senti cosa ha da dire, e prima di accettare torna da me.”
Khellendros sorrise: “Certamente, comandante.” E corse via.
“Sciocco innamorato” sussurrò Saphira.
Rimasta sola nella stanza di comando, Saphira cominciò a calmarsi e si sedette alla sua scrivania. Ricordi le riaffioravano nella mente. Erano passati molti anni…
[…]
“Sono io che vi do la caccia, Serpente. Chiama pure tutte le tue legioni, se possono salvarti dalla morte, ora!”
La guerriera lasciò cadere l’arco, e con un gesto fulmineo estrasse una scimitarra che portava alla cintura e tagliò la gola al guerriero del Serpente.
“No, Saphira!!”
Pochi secondi, e il nemico si accasciò in una pozza di sangue, privo di vita.
Nysia iniziò a correre verso Tàti.
“Ora la tua vita mi appartiene, Tàti” disse Saphira con un sorriso.
Nysia raggiunse Tàti, e lo sorresse prima che crollasse al suolo. Sanguinava copiosamente.
“La tua vita è mia, e io non ti consento di morire.”
“Tu mi hai salvato la vita, Saphira.
E finché vivrai, la mia vita ti apparterrà.”
[…]
Era vero, aveva salvato la vita a Tàti, e lui ora era qui per rendere onore a quel debito.
La prima cosa da fare era andare a parlare con il drago dorato.
Saphira lasciò la stanza e salì le scale della fortezza, raggiungendo rapidamente la cima di una torre.
Giunta lì, scrutò il cielo notturno. Sapeva che Em, fra i suoi molti poteri, poteva rendersi invisibile; era così che aveva attraversato indenne le file nemiche. Poteva solo chiamarlo e sperare che rispondesse; di sicuro non si era allontanato troppo da Tàti.
“Em ! “
All’inizio non accadde nulla. Poi sentì un forte vento scuoterla, e percepì una figura possente che si avvicinava, anche se non poteva vederla. Saphira rimase immobile.
Il drago d’oro apparve sulla torre.
“Saphira.” La voce del drago era imperiosa, il suo portamento maestoso.
“Ci serve il tuo aiuto, Em. Ancora una volta.”
“Ti ascolto.”
“I nemici ci hanno accerchiato. La nostra sacerdotessa è loro prigioniera.”
“Perché non l’hanno uccisa ?”
Di certo il drago non si perdeva in chiacchiere, pensò Saphira.
“Abbiamo un ostaggio. Un ostaggio molto prezioso per loro. E’ un guerriero del Serpente.”
“Farete uno scambio ?”
“Lo scambio è stabilito per domani, ma non mi fido di loro. Certamente tenteranno qualche trucco. E non ho alcuna intenzione di consegnargli il Serpente.”
“Vuoi che vada a cercare i tuoi alleati e ti porti rinforzi ?”
“Non arriverebbero mai in tempo. Dobbiamo cavarcela da soli.”
“Cosa vuoi che faccia, dunque ?”
“Quando Tàti partì, lasciò la sua spada alla fortezza sul lago, ricordi ?”
“Certo.”
“Portami quella spada, Em. Ne avrà di nuovo bisogno.”
Il drago non replicò, mosse le grandi ali e si levò in volo.
Saphira lo seguì con lo sguardo mentre si dirigeva verso nord, nella notte.
Khellendros scese nelle segrete. Passò davanti alla prima cella, dove era prigioniero il guerriero del serpente. Esitò un momento, poi si diresse verso la cella di Tàti.
Era ancora steso sulla branda, e aspettava.
“Ho parlato con il comandante. Mi ha chiesto di spiegarti la nostra attuale situazione.” Cominciò Khellendros.
“I nemici ci assediano, come sai già. Sono superiori in numero, e si preparano ad un assalto finale. Non possiamo contare sull’arrivo di aiuti esterni, gli alleati sono lontani e impegnati in altre battaglie.
La città ha una posizione strategica molto importante per la guerra. In più, sono riusciti a catturare la nostra sacerdotessa. Molti soldati sono fedeli alla dea, e la sua assenza li ha demoralizzati.”
“Chi c’è nella cella accanto ?” chiese Tàti.
Khellendros rimase per un momento sorpreso.
“So recepire la presenza di un guerriero del serpente. Chi l’ha catturato ?”
“Sono stato io.” Disse Khellendros.
Tàti si alzò e guardò Khellendros con più attenzione.
“Devi essere molto valoroso. Non è un nemico facile da sconfiggere, ed è ancor più difficile catturarlo vivo.”
“Avevo un buon motivo. Avendo anche noi un ostaggio, hanno lasciato la sacerdotessa in vita.”
“Come posso aiutarvi ?”
“Il nostro piano è creare un diversivo. Proporremo un duello; un nostro campione contro il loro. Mentre gli orchi saranno impegnati a seguire lo scontro – loro amano questo genere di cose – io libererò Giselle dal loro accampamento.
Se riuscirò, e Giselle sarà di nuovo al sicuro fra le mura, uccideremo il guerriero del Serpente. E’ una minaccia troppo grande per noi, non possiamo lasciarlo libero. Non ci capiterà un’altra occasione di ucciderlo.”
“Gli orchi si infurieranno e assalteranno la città, a questo punto.” Disse Tàti.
“Se la sacerdotessa sarà di nuovo fra noi, reggeremo l’assalto. Siamo pronti.”
“E il loro campione ?”
“E’ molto forte. Ma tu puoi tenergli testa, se le storie sul tuo conto sono vere.”
“Mi occorrerà una spada. E non può essere un’arma qualunque.”
“Il comandante se ne sta già occupando.”
“Allora sono pronto a fare quanto dici. Sarò il vostro campione.” Disse Tàti.
Tornato nella sua stanza, Khellendros strinse l’amuleto magico che portava al collo. Si concentrò sull’immagine di Giselle…
“Giselle!”
“Sono qui.”
“Abbiamo un piano, amore mio.”
“So che vuoi cercare di liberarmi. E’ troppo rischioso. Sono in troppi a farmi la guardia, e non mi perdono di vista un secondo.”
“Domani, tutti i loro occhi saranno puntati da un’altra parte. Possiamo farcela.”
“E il serpente ? Lui sa, non è possibile nascondergli nulla.”
“Morirà.”
“Pregherò la dea perché ci dia la forza.”
Terminata la comunicazione magica, Khellendros andò a fare rapporto al suo comandante. Saphira lo attendeva.
“Comandante.”
“Dunque ?”
“Abbiamo il nostro campione. Ha accettato.”
“E tu sei pronto ? E’ una missione molto rischiosa.”
“Non credo di avere scelta.”
Saphira scrutò il suo secondo con attenzione.
“Non voglio eroi che si immolano stupidamente, Khellendros. Vi rivoglio qui entrambi vivi domani, sono stata chiara ?”
“Agli ordini, comandante.” rispose freddamente.
Rimasta sola, Saphira sapeva che la attendeva la parte più difficile.
Tornò nelle segrete, e senza dire nulla, aprì la cella di Tàti.
Lui si alzò e la seguì. Saphira uscì con lui all’esterno, sulle mura. Stava albeggiando.
Per un po’ rimasero in silenzio. Poi fu Tàti a parlare.
“Non mi hai chiesto nulla. Non mi hai chiesto di Nysia.”
“So già ogni cosa. Lei è stata qui.”
Tàti la guardò con stupore “Hai parlato con lei ?”
“Certamente. Ma non ti dirò ciò di cui abbiamo parlato… non prima di aver risolto questa situazione.”
“Non sono venuto qui per farmi uccidere, Saphira.”
Sul volto della guerriera c’era un sorriso ironico. “Conoscendoti, questa sarebbe una novità.”
“Molte cose sono cambiate. Dimmi cosa devo fare.”
“Bene. Non ci serve che tu vinca. Quello che voglio è che il duello duri il più a lungo possibile, per dare il tempo a Khellendros di riportare Giselle all’interno delle mura.
Quando ciò avverrà, sentirai il suono di un corno. E potrai ucciderlo, o scappare, come preferisci.”
“Questo è ancora più difficile, Saphira. Se l’avversario è forte, bisogna abbatterlo il prima possibile. Più tempo gli darò, più è probabile che sia lui a uccidere me.”
“Infatti non lo sto chiedendo a un guerriero qualsiasi. Ho un intero esercito qui dentro. Lo sto chiedendo a te, perché so che tu puoi farlo.”
Tàti guardava il sole che sorgeva, e in lontananza, il profilo di un drago che si avvicinava da nord.
“La tua spada sta arrivando, a quanto pare.” Saphira sorrise.
L’esercito degli orchi era imponente. Si era schierato davanti alla città, a una certa distanza, per non essere alla portata delle frecce e delle catapulte degli avversari.
La porta della città si aprì, e ne uscirono a cavallo Saphira, Tàti e il prigioniero, incatenato.
Dallo schieramento degli orchi, sui loro lupi mannari, si fecero avanti tre figure.
Su uno dei lupi c’era una donna. Man mano che i due gruppi si avvicinavano, Tàti riconobbe Giselle. Indossava una semplice veste bianca, e portava il medaglione della dea al collo. Era illesa.
“Non l’hanno toccata.” Disse Tàti a Saphira.
“Persino gli orchi reputano sacro il potere di guarire. Ma la uccideranno comunque, se non glielo impediamo.”
II loro prigioniero era silenzioso, ma aveva un sorriso beffardo sul volto.
Giunti a metà strada, i sei cavalieri si fermarono. Il capo guerra degli orchi fu il primo a parlare.
“Consegnateci il Serpente, e avrete la vostra sacerdotessa.”
Tàti conosceva le usanze degli orchi. Scese da cavallo, e piantò la propria spada nel terreno. “Io, Tàti, guerriero del nord, sfido il vostro campione. Se sarà lui a vincere, avrete il guerriero del Serpente e terrete la sacerdotessa. Altrimenti, voi ci riconsegnerete la sacerdotessa e la vita del Serpente sarà nostra.”
I due orchi lo scrutarono con attenzione, poi risero sguaiatamente. Il capo guerra parlò di nuovo. “Ancora meglio, piccolo umano. Il mio campione ti farà a pezzi, e la tua testa appesa a un palo ornerà la mia tenda.”
Scambiò delle parole in orchesco con il compagno. Giselle lanciò a Tàti uno sguardo implorante, ma non poterono dirsi nulla. Il secondo orco prese le briglie del lupo di Giselle e si allontanò con lei, tornando verso il loro accampamento.
Il Serpente continuava a sorridere.
Saphira guardò Tàti.
“Non farti ammazzare, amico mio.”
“Credo che tu non mi abbia detto tutto, Saphira.”
“Solo quello che ti serve sapere.” Strizzò l’occhio e tornò verso le mura con il prigioniero.
[…]
“Siedi, Tàti. Oggi non ci alleneremo.”
“Sì, maestro.”
“Ti impartirò due lezioni. Come le altre volte, ascolta le mie parole con attenzione. Ora non capirai, ma nel corso della tua vita, quando sarà il momento, ti torneranno alla mente.
Per prima cosa, parleremo della paura.”
“La paura?”
“Sì, Tàti. Ricordi l’ultima volta che abbiamo combattuto?”
“Certo, maestro. Quei briganti che ci hanno assalito. E’ stato facile.”
“Avevi paura?”
“Io non ho paura di niente, maestro! E di sicuro non avevo paura di quegli avversari così deboli.”
Juza lo guardò severamente. “Non avere paura significa essere incoscienti, Tàti. La paura è necessaria.
Io avevo paura.”
“Tu, maestro??”
“Avevo paura che tu potessi essere ucciso. Tutti hanno paura di qualcosa, Tàti. Comprendi le tue paure, e impara a conviverci, così potrai controllarle.
E’ attraverso la paura che si impara il coraggio; non ci può essere coraggio senza paura.
Il coraggio è far sì che la tua paura non ti blocchi. Combattere anche se hai paura. Andare anche a rischiare la vita, e battersi con tutte le proprie forze, ma andare comunque. Questo è il coraggio.”
Tàti rimase senza parole.
“La seconda lezione è: in qualsiasi situazione ti troverai nella tua vita, per quanto terribile possa essere, per quanto disperata possa sembrarti la tua condizione… cerca la via di salvezza. C’è sempre. La nostra dea ce ne offre sempre una. Tu devi solo cercarla, e saperla cogliere. Ma c’è.
E questa è la fede.”
[…]
Gli orchi si erano radunati a semicerchio per seguire lo scontro; l’esercito di Saphira era sulle mura e faceva lo stesso.
I due avversari si fronteggiavano. Il campione degli orchi fissava il suo nemico con odio, stringendo la sua arma. Tàti era in posizione di difesa.
Il duello andava avanti già da molto tempo. Entrambi si erano causati piccole ferite, ma nessuno dei due aveva ancora inferto all’altro danni significativi.
Gli orchi non ridevano più. Ammiravano la forza in battaglia e l’abilità con le armi. Ma la cosa più importante è che erano concentrati sui due avversari.
Khellendros ce l’aveva fatta? Mentre riprendeva fiato, Tàti sperava di udire il suono del corno.
Il nemico lo assaltò di nuovo. Il grosso maglio lo mancò. Tàti fece un affondo con la spada, ma l’armatura del nemico resse.
Doveva concludere lo scontro, era sfinito. Sapeva come fare: c’era un punto debole nella sua difesa. Ma era costretto a guadagnare ancora tempo.
Poi accadde qualcosa. Gli orchi urlavano. Si voltò per un secondo, e vide Khellendros e Giselle che correvano disperatamente verso la città. Visibili e a piedi. Khellendros arrancava sorretto da Giselle, era ferito.
“Maledizione…”
Tutto avvenne molto rapidamente. Un contingente di orchi prese i lupi e si lanciò all’inseguimento. Il suo avversario, furioso, lo attaccò. Mentre parava i suoi colpi, Tàti cercava di pensare.
Sulle mura, Saphira e il suo prigioniero guardavano la scena.
Il Serpente rise: “Avete perso.”
Saphira lo fissò. “Sta a vedere.”
Prese il suo arco, incoccò una freccia e mirò con molta attenzione.
“Cosa speri di fare, donna? ”
“Io non sbaglio mai un colpo.” E scoccò la freccia.
Tàti cercava di tenere a bada il suo avversario, e nel contempo di seguire la fuga di Khellendros e Giselle. Non ce l’avrebbero mai fatta. I lupi erano sempre più vicini.
Di fronte a lui, il ghigno del campione si spense quando una freccia, spuntata dal nulla, si piantò nel suo occhio destro.
Con l’unico occhio rimasto, l’orco lo fissò con stupore, e riuscì a mormorare:
“…tu non hai onore”.
Poi si accasciò al suolo.
Tàti guardò il suo avversario morto sul terreno.
Udì la voce di Saphira.
“Salva quei due ragazzi, stupido onorevole guerriero! Volevi saldare il tuo debito? Questo è il momento!”
Il suo istinto prese il sopravvento. Iniziò a correre.
Khellendros era caduto. Giselle tentava di rimetterlo in piedi, ma lui non riusciva a muoversi.
“Ti prego, alzati! Stanno arrivando!”
“Sto morendo, Giselle… salvati almeno tu.”
Gli orchi li stavano raggiungendo, e Tàti era ancora lontano. Non avrebbe fatto in tempo.
Il Serpente guardava Saphira con disprezzo.
“Hai perso comunque, donna.”
Saphira lo colpì con il guanto d’armi. Il Serpente si piegò.
“Silenzio.”
Giselle strinse la mano di Khellendros e rivolse la sua ultima preghiera alla dea.
Il vento intorno a loro si mosse furiosamente.
Le ali di un drago.
Em divenne visibile un attimo prima di soffiare.
Gli orchi bruciavano.
Em prese delicatamente Giselle e Khellendros fra gli artigli, e spiccò il volo.
Il capo guerra degli orchi dava ordini frenetici.
“Il drago! Abbattete il drago! Colpitegli le ali!”
Centinaia di frecce volarono dirette verso Em. Molte lo mancarono, altre furono fermate dalle sue robuste scaglie. Ma alcune gli trapassarono le ali.
Il suo volo si fece incerto. Altre frecce volarono verso di lui.
Saphira si voltò verso il Serpente.
“E’ il momento di morire.”
“Non uccideresti mai un prigioniero in catene, donna.”
Con un rapido gesto, Saphira sguainò il pugnale di Tàti, e lo piantò nel cuore del Serpente.
Lui la fissò con orrore, prima di cadere morto al suolo.
Si voltò verso i suoi comandanti.
“Suonare la carica. Si va in battaglia.”
Em stava precipitando. Tàti raggiunse il punto in cui sarebbe caduto. Gli orchi, in assetto da battaglia, stavano avanzando.
All’ultimo momento, il drago riuscì a mutare la sua caduta in una planata, e atterrò vicino a Tàti. Posò Khellendros e Giselle al suolo. Giselle cercò disperatamente di tamponare le ferite di Khellendros.
“Usa il potere della guarigione su di lui, Giselle…” le disse Tàti.
“Non ce la faccio. Non ci riesco.”
“Morirà, solo tu puoi salvarlo. Prega la dea.”
Giselle piangeva e stringeva fra le braccia Khellendros. Le sue mani e il suo corpo tremavano. Poi iniziò a calmarsi, e continuando a stringerlo iniziò a mormorare le parole della guarigione.
Em guardò Tàti: “Un’ultima battaglia, guerriero?”
“Non sarà l’ultima.”
Le porte della città si aprirono, e l’intero esercito difensore si riversò sul campo di battaglia.