LE ILLUSIONI DI OISIN

Sigurd avanzò al centro del piazzale, l’elsa della spada stretta nella mano destra, il braccio sinistro pendeva inerte lungo il fianco.
Il passo era fermo, l’espressione della maschera che celava il suo volto terribile: l’immagine di una creatura demoniaca, e ogni muscolo pronto a scattare, come un felino, tranne quel braccio senza linfa vitale.
Oisin si guardò intorno in cerca d’aiuto, ma a quell’ora della notte non c’era nessuno, nessuna speranza che qualcuno gli venisse in soccorso; era stato imprudente, in quei tempi bui, uscire la notte era un azzardo.
Il vecchio raccolse le idee sparpagliate dal terrore: se non gli avesse dato qualcosa, Sigurd, il bandito con la maschera da demone, l’avrebbe ucciso, e lui non poteva permettersi di morire, non ancora. Rovistò velocemente fra i pensieri che si accavallavano. «Ho del denaro, è tuo, lasciami andare.»
«Non mi interessa il tuo oro.»
«Cosa ti interessa, allora?»
«La tua vita.»
Oisin si sentì gelare.
Sigurd si avvicinava a lui lentamente, dietro la maschera si intuiva un ghigno di soddisfazione.
Il mago si preparò a lanciare l’ultimo incantesimo che gli era rimasto, era troppo vecchio per permettersi altro ma, con un po’ di fortuna, la nebbia gli sarebbe stata amica, accecando l’assassino e permettendo a lui di riparare nella casa di Mag.
La nebbia esplose fra loro con la luce di un fuoco fatuo, ma Sigurd allungò il braccio inerte e l’afferrò come fosse una rete, impedendole di interporsi fra loro.
Oisin guardò in faccia la morte.
Una risata spezzò il buio e il silenzio,
Oisin si disse che quella creatura poteva venire solo dall’inferno, lo stesso dove lui sarebbe andato di lì a poco.
«Vecchio mago, temo di aver imparato fin troppo dalle tue lezioni, il mio incantesimo d’illusione è riuscito ingannare anche te!»
L’immagine di Sigurd tremolò davanti agli occhi spalancati di Oisin, parve dissolversi e poi ricomporsi mentre si toglieva la maschera; una figura alta e imponente, lunghi capelli di fiamma e occhi come braci ardenti prese il suo posto.
Oisin era annichilito, annichilito e felice. «Irial! Tu? Sei davvero tu?»
«E chi altri, mago! Chi può aver appreso da te tutto questo, se non Irial delle Valli Dimenticate? A chi vuoi che interessi la vita di un mago ormai troppo vecchio per essere pericoloso? Sei incorreggibile, maestro, non ti è rimasta una briciola di potere ma pensi di poter ancora vendere cara la pelle.»
La donna guardò con tenerezza l’uomo che non aveva più spiccicato parola: «Andiamo, Oisin, ho molte cose da raccontarti. »
«Arrogante, perfida e presuntuosa! Il mio cuore stava per cedere!»
«Il tuo cuore reggerà ancora a lungo, maestro, e poi lo so che sei soddisfatto della tua allieva ed erede.»
La risata di Irial li accompagnò per tutto il tragitto.
17/08/2008, Lidia Petrulli