LA GREPPIA VUOTA

PRIMA PARTE

Era stanco, triste, sfiduciato, ma il suo cruccio più grande era quello di non riuscire a ricordare neppure il suo nome.

Era andato ai confini del mondo ed aveva visitato lande ghiacciate e affrontato torridi soli in silenziosi vasti deserti e foreste inaccessibili.

Per molto tempo – ma a Lui pareva di esserci… di esistere da sempre – aveva evitato i luoghi abitati. Non sapeva neppure lui il perché, ma ne ricavava un senso di disagio, se non addirittura di paura.

A volte aveva iniziato a spingersi vicino a un abitato… da lontano e restandosene al margine aveva intravisto delle persone e udito alcune voci.

VOCI… Ma la sua? Come era la sua voce?

Lui non aveva mai parlato, neppure con se stesso e dunque non era in grado di conoscerla.

In quel bosco accogliente, dove ora si trovava, provò a parlare, ma ne uscì un canto… Così pieno di letizia e di armonia che si commosse lui stesso, ma di lì a poco sentì tutto un coro che gli rispondeva.

Dapprima un ululato sommesso, ma non spaventevole, anzi quasi una squillante nota sostenuta, poi altre voci e suoni lo raggiunsero e infine fu tutta un’orchestra quella che si accompagnò a Lui.

Poi, nel buio della notte, distinse vari punti luminosi, tutti orientati verso di Lui.

E distinse man mano un lupo, un cerbiatto, vari scoiattoli, moffette, puzzole e uno stormo infinito di uccelli dei più svariati generi.

“Lupo… Scoiattolo… Cervo… Uccelli: allora conosco il nome che è stato dato a tutti loro!”, si disse e di nuovo tornò quella sensazione “di esserci da sempre”… ma di non ricordare!

Si addormentò così, felice, attorniato da tutte quelle creature che lo vegliavano benevole e ripromettendosi che, l’indomani, avrebbe provato a incontrare coloro che riteneva essere i suoi simili.

SECONDA PARTE

Entrò timidamente nel paese, attento persino a non procurare rumore.

C’era grande animazione intorno a Lui…

Il sole stava calando all’orizzonte, ma lì nessuno pareva accorgersene perché intorno a Lui era pieno di luminarie e anche da dietro le finestre delle case scorgeva un tripudio di luci e alcune erano davvero stupefacenti, perché si accendevano, si spegnevano o si esibivano in giochi e acrobazie incredibili.

La neve iniziò a cadere più copiosa e il ghiaccio scricchiolava sotto i suoi piedi  e vide che molti, soprattutto nei gruppi dove c’erano bambini, trascinavano rami  fronzuti o piccoli alberi che poi, affrettando il passo, trascinavano sin dentro casa.

Si fece coraggio e chiese a un giovane che aveva i capelli color dell’oro:«State festeggiando qualcosa?».

«Festeggiando qualcosa?», ripeté il giovane e lo scrutò da capo a piedi.

Istintivamente si osservò Lui stesso.

Indossava una lunga tunica bianca che doveva aver visto tempi migliori e ai piedi calzava soltanto dei sandali consunti… Eppure non aveva freddo, ma capì quanto appariva diverso da tutti gli altri che si trovavano lì.

Il giovane scosse la testa e si puntò poi l’indice sulla fronte.

«Vai a casa, ubriacone e non prendermi in giro… Sai benissimo che è Natale!». E se ne andò senza voltarsi.

“Natale… NASCITA!”, si disse. “Ma di chi?”.

Poi il cielo, sino allora preda della più profondo oscurità, si accese di fantasmagoriche luci… Viola, verde intenso, rosso cupo, oro. Ali di Angelo percorrevano il cielo inondandolo di luce.

«LUCE!», sussurrò. «Ecco mi chiamo “Luce”», gridò pieno di meraviglia e di gioia.

Poi, dietro gli usci e le persiane serrate, tutto il paese dormiva, ma si accorse che invece un portoncino era rimasto aperto e da lì traspariva un leggero chiarore.

Si fece coraggio: “Ora ho un nome!”, si confidò per sentirsi ulteriormente rassicurato.

Davanti a lui come un lungo viale di pietra, ampi spazi, recintati da colonne, si aprivano ai suoi lati.

D’improvviso si sentì circondato da tanti sguardi e ne ebbe paura. Poi, nella penombra di quel vasto ambiente, si accorse che non erano esseri umani, ma loro simulacri. C’era una nota dolente però in tutti quegli sguardi e lui ne provò grande pena e fu tentato di accarezzare quei volti e quelle figure misteriose.

Seguitò timoroso a percorrere quel viale di pietra e si diresse verso il fondo, dove si scorgeva una fonte di luce maggiore.

Avvicinandosi gli parve di scorgere il profilo di una capanna e dietro di essa una grande stella luminosa.

Il cuore prese ad aumentare i suoi battiti e gli occhi gli si riempirono di lacrime.

Affrettò allora il passo per avvicinarsi e poter ravvisare meglio ciò che l’aveva così fortemente colpito e impressionato… Ed ecco che apparve un gruppo di pastori, greggi di pecore e altri animali che dormivano tra l’erba… E vide un Angelo che suonava uno strumento e altri che reggevano uno stendardo con una frase impressa sopra ed ammirò la grande stella che sormontava la capanna… E la capanna, come in un abbraccio, si aprì per lui. Al suo interno il cuore stesso delle cose: SUO PADRE e SUA MADRE erano lì.

Pianse lacrime di gioia: «Eccomi… Sono qui… Sono tornato!» esclamò e, timidamente, protese un braccio per accarezzare l’amato volto di Maria.

«Cosa stai facendo? Brutto ladro! Vuoi rubare le statue del Presepe?», gridò qualcuno alle sue spalle e, voltatosi in preda al più cupo timore, vide un uomo, alto e segaligno, tutto vestito di nero, che lo guardava con occhi di fuoco.

«Io… Io sono a casa!», sussurrò, mostrando la capanna e ciò che la circondava.

«Io… Io sono LUCE e sono tornato a casa!».

«Ma va via, pazzo ubriacone… Quale casa? Sei tu che volevi rubare nella casa del Signore. Ringrazia che questa è la notte di Natale ed allora non ti denuncio!».

Si sentì poi afferrare, strattonare e condurre fuori da quel luogo che aveva sentito amico.

Il grosso portone si chiuse alle sue spalle e lui fu riconsegnato al gelo della notte.

Lacrime calde gli inondarono il volto, e si sentì perso. Ma poi capi… Ricordò!

Sì… Lui c’era da sempre e in quella notte magica aveva visitato tutto il mondo, ripetendo sempre quel rito, sino a giungere ai confini del mondo, ma nessuno aveva capito, nessuno l’aveva riconosciuto, nessuno gli aveva permesso di tornare a  casa.

*

La MEZZANOTTE della Notte di Natale suonò in tutto il mondo, attraversò deserti, oceani, foreste, paesi, città, ma dappertutto quella notte non si poté trovare – per quanto si facesse, per quanto si cercasse – il bambinello da mettere nel Presepe.

Myriam Ambrosini