LIBERAMI DAL MALE – 2a PARTE

Stefano si affrettò a sistemare la memoria della videocamera nel PC e iniziò a prendere visione delle immagini. Rimase con gli occhi puntati nel buio della camera per quasi un’ora, e iniziavano a bruciargli. Mise in pausa il video, si sfregò il viso con le mani e si alzò dalla sedia, raggiunse la cucina e mise sul fuoco la piccola caffettiera. Un forte stato d’ansia iniziava a invadere la sua mente, aprì il rubinetto e infilò la testa sotto il getto freddo dell’acqua.

Parve stare meglio, svuotò il contenuto della caffettiera in una tazza e ritornò nella sua stanza.

Mentre ritornava alla sua postazione si accorse di una macchia chiara in un angolo della stanza, nell’immagine bloccata sul monitor.

«Che diavolo è?»

Premette play e il video partì, ma la macchia scomparve. Tornò indietro e mandò avanti il video, fotogramma per fotogramma… e allora vide. Vide la macchia prendere forma, una forma umana indistinta, una silhouette fatta di vapore. Deglutì, avvertì uno stato di malessere generale, e fece scorrere il video, ma quando mandava in “play” tutto spariva e ritornava il buio.

Mandò giù una sorsata di caffè e riprese con i fotogrammi. L’entità di vapore non era molto grande, sembrava quella di un bambino, poi svanì. Cliccò avanti sempre più veloce fino a quando il fotogramma con l’immagine di una persona passò veloce. Un battito più pesante del suo cuore lo costrinse a deglutire ancora, l’agitazione e il malessere stavano crescendo, ma doveva vedere e tornò indietro di un fotogramma.

«Cristo Santo!»

L’immagine era la sua! Era lì, era lì fisicamente dentro quella stanza! Guardava verso la telecamera con un sorriso inquietante stampato sulla faccia!

Nonostante l’immagine fosse bloccata, l’entità di vapore si muoveva verso di lui e una volta raggiunto, iniziò ad arrampicarglisi addosso, fino ad accovacciarglisi sulla testa e sulle spalle.

Stefano con un brusco movimento chiuse il monitor e raggiunse velocemente il bagno, lo stomaco gli stava esplodendo, convulsi conati lo costrinsero a vomitare aggrappato al water. Lo stato di malessere era cresciuto a livelli estremi, l’angoscia ormai si era trasformata in panico. Cercò di alzarsi, il cuore batteva frenetico nel petto, poi fu il buio e si accasciò sul pavimento del bagno.

Qualcuno lo chiamava strappandolo dal buio dell’oblio, due fessure orizzontali si aprivano piano sul viso offuscato di Carlo.

«Stefano! Stefano, svegliati, dai». Lo strattonava delicatamente, bagnandogli il viso con un asciugamani bagnato.

Stefano si sollevò a fatica sorretto dal ragazzo, che lo accompagnò nella sua stanza.

«Ehi amico, tutto bene? Ma che ti è successo?».

Stefano diede una fugace occhiata verso il computer e sentì salire un’altra ondata di malessere. Si sdraiò senza dire nulla.

«Vuoi che ti prepari qualcosa? Che chiami la guardia medica?».

«Carlo, ti prego basta con le domande. Ora sto meglio, grazie». Aveva un forte mal di testa e un tremendo fastidio agli occhi. «Puoi spegnere la luce?».

Carlo si affrettò a fare come gli aveva chiesto, la luce che arrivava dall’andito bastava a tenere in penombra la camera e non accese l’abat jour.

«Va bene Stefano, io sono nella mia stanza se hai bisogno di qualcosa chiamami».

Teneva il braccio poggiato sugli occhi chiusi, ascoltando i suoi passi allontanarsi.

«Carlo! Posso chiederti un favore?».

I passi si riavvicinarono.

«Dimmi».

«Puoi dare un’occhiata al video sul computer e dirmi cosa vedi?».

«Adesso?».

«Sì, per favore, vai avanti coi fotogrammi».

Stefano rimase immobile, ascoltando i movimenti di Carlo che si metteva seduto e apriva lo schermo, dopo un attimo iniziarono i click sul tasto.

«Niente. Cosa dovrei vedere?».

«Torna un po’ indietro».

I click ricominciarono.

«Io continuo a non vedere niente, Stefano».

Le parole del ragazzo lo rincuorarono e si mise a sedere sul letto.

«Sei sicuro?».

Carlo si allontanò dalla scrivania per permettergli di vedere e riprese a far scorrere i fotogrammi avanti e indietro.

E in effetti non vi era alcuna immagine, solo l’oscurità della camera oltre la finestra.

Stefano sospirò profondamente, si era immaginato tutto. Eppure sembrava così reale… e comunque restava il fatto che era rimasto sul tetto quasi tre ore e non si ricordava un accidente di niente!

«Sto diventando pazzo…».

«Ma perché cosa avrei dovuto vedere?».

«Lascia stare Carlo, niente. Grazie per avermi dato una mano, torna pure a dormire».

Rimase solo. All’improvviso si sentì terribilmente stanco e si sdraiò, chiuse gli occhi.

Cadde in un sonno profondo, non poteva sapere quello che in realtà stava succedendo… una pressione sul petto gli rallentò il battito cardiaco, non poteva vedere la deforme e piccola creatura che gli stava seduta sul petto. Il respiro divenne più affannoso, in cerca di ossigeno: la creatura aveva avvicinato le sue mostruose labbra alle sue, attingendo alla sua forza vitale. Gli stava aggrappata alle spalle affondando le unghie nelle carni come artigli rapaci. Quando ebbe finito di nutrirsene, si ritirò nell’angolo più buio della stanza, rannicchiata e ghignante rimase nascosta in attesa di vedere la sua vittima svuotata, al suo risveglio. Non poteva possederla, ma la sua “ossessione demoniaca” era iniziata.

(2 – continua)

Annamaria Ferrarese