RACCONTI DELL’AThi’IDA 02 – IL GIOCO DI ALATH 02: LA NOTTE DEL DOMINATORE

Dalle Memorie di Re Adam XXIV

1

La Notte del Dominatore

Germania. 1934.  Due notti prima del Röhm-Putsch.

 “Stammi lontano!” l’ometto cadde, cercando di pararsi il volto da un’ondata di luce bianca. L’onda gli arrivò addosso urtandolo con tanta violenza da farlo rotolare fino al muro.

“Alzati.” Tuonò la voce.

 Le viscere  si contorsero nel malcapitato : si sentiva un cane percosso al cospetto della mostruosa figura, immersa nel bagliore. Si era rintanato, con le ginocchia sotto il mento. Il suo sguardo ceruleo  fremeva nel viso adunco, mentre labbra sottili spasimavano sotto il francobollo di baffi .

“È così dunque, che farete, Maestro? Non ci lascerete alternativa?” chiese in modo sottomesso all’enorme Uomo di Luce che lo sovrastava.

La sua voce del Titano dalla corazza fulgente, accendeva le passioni del piccoletto, divorando ogni angolo di ragione nella sua mente. L’ondata emotiva lo stravolgeva,  ma era diventato dipendente da quella Luce. Le crisi feroci in sua assenza lo buttavano a terra, scuotendolo come un ossesso.

Vienna, alcuni anni addietro …

Il piccolo uomo trafficava con delle cornici in un carretto,  al riparo sul retro di una pensione turistica, nella Capitale dell’Impero, pochi anni prima che Grande Guerra sventrasse l’Europa con le sue fosse.  Sperava che il direttore dell’alberghetto, invaghito di quei dipinti, ne acquistasse almeno un paio, per arredare il soggiorno della sua pensione. L’Accademia dell’Arte di Vienna non concesse all’ometto di studiare nelle sue aule, bocciando i suoi disegni: la speranza di proporre quei quadri a una Galleria era svanita, lasciandolo nella miseria.

“Lasciamo stare, dai.” Si schiarì la gola il Direttore “Ti ho portato la cena, ma non m’obbligare a prenderlo.” Indicò il dipinto “Non saprei dove metterlo. Ho già completato gli arredi.” Declinò con un gesto cortese ma deciso l’offerta d’acquisto da parte dell’omino.  Il Direttore aveva obbedito all’usanza cattolica della carità, ma non lo si poteva costringere a comprare ciò che forse lo repelleva come quello scorcio di paesaggio tracciato su una mattonella. Non era un’anima artistica e per lui il suo della cassa piena di soldi era meglio di quello di un violino di strada.

Una nebbia catramosa  rendeva difficile tenere gli occhi aperti,  e, in breve, nessuno passò più per quella via.

“Grigio borghese dalla mente impigrita, al pari di quei parrucconi impomatati che poggiano i loro deretani sulla cattedra dell’Accademia d’Arte!” inveì dentro di sé il piccolo uomo, contro il Direttore: “Il tuo credo ti obbliga a essere gentile, ma so che sei più vuoto di una lattina asciutta! Razza di subumano!” Imprecò “Si capisce perché tuo figlio è internato al manicomio di Pergine! Gli avrai trasmesso la tua indegna esistenza, razza di decerebrato. Verrà un giorno che nessuno pagherà le tasse per sostenere i pezzi di carne nati dalla tua sottorazza dalla mente avariata! Tuo figlio mangia e beve senza preoccuparsi di dover lavorare, un idiota spesato dallo stato, che vegeta sulle spalle di chi deve ingegnarsi ogni giorno per reperire un po’ di pane!”

La storia della discendenza del Direttore era davvero molto triste. Suo figlio Mark nacque con un’insufficienza di ossigeno causata dall’allacciamento del cordone ombelicale al collo. Vi fu un’emorragia, sua madre morì. Lui riprese a respirare ma il tempo in cui rimase in apnea, asciugò il suo cervello, causandogli un ritardo mentale di proporzioni inaudite. Il Direttore lavorò per tutto il resto della sua vita, affinché il figlio Mark mantenesse  un’esistenza degna di essere chiamata vita. Ma sapeva che presto qualcosa sarebbe cambiato, bastava leggere i giornali.

L’ometto radunò i suoi quadri dal marciapiede e li nascose all’interno del  carretto, e si diresse verso il suo ricovero momentaneo. Si adagiò su un materasso steso sul suolo del viottolo e cercò di prendere sonno.  I nervi di uno Stato ormai logorato da quella borghesia mielosa, avrebbero condotto alla rovina la storia dell’Impero. Di questo ne era certo. A non muoversi dalla propria poltrona i muscoli si logorano e il fisico cade in pezzi. L’Austria sarebbe presto divenuto un cadavere vivente: questo era il pensiero del piccolo uomo.

 Il puzzo di fritto e carne lessata intorbidivano il tunnel di passaggio in cui trascorse la notte, riparandosi dal gelo dell’autunno. Un formicolio nei pensieri prese a tormentarlo. Non erano sogni, né le classiche speranze che qualcosa sarebbe cambiato. Quelle piccole scosse nella mente divennero sempre più importanti. E in breve, percepì in sé un mare moto di idee, così potente da squassargli il cervello. Si alzò in piedi, tremando. Era convinto che nella sua anima albergasse un’entità maligna, come quelle descritte dai preti. Lo devastava il terrore di una simile morbosità, trasmessa con tutta certezza da suo padre, il quale, seguendo il consiglio dell’Imperatrice e quello del suo stomaco, si convertì al cattolicesimo. L’acqua della fonte battesimale sembrò non aver lavato via  i miasmi dei parassiti giudaico babilonesi, nella sua anima. E l’atavica, sconcia, divinità israelitica ancora perdurava nel sangue della sua famiglia, come in quella di tutte le genti ebraiche, nutrendosi con quanto di tedesco e puro era germogliato nella loro anima.  Nel dormitorio comunale aveva letto molto su quest’entità insita nei discendenti di Mosè. L’informazione circolava grazie a “Ostara”, una rivista di cultura tedesca nel vero senso della parola, scritta da coloro che s’accorsero dell’imputridimento delle radici del grande albero Germanico, per opera del  veleno di quella divinità nata nelle sabbie di Sumer. Lo scopo di “Ostara” era guidare l’antico popolo teutonico sotto la quercia salvifica della Madre Germania, dopo averne sanato le radici corrotte. 

Ma presto l’uomo, basso di statura, spigoloso, si accorse che nonostante la sua fisicità, non era stato infettato dal parassita giudaico. La smania che lo tormentò quella notte non era lo spirito del dio monadico e terroso della Giudea. Su “Ostara” Von Liebenfels, il barone che avviò le pubblicazioni di quella preziosa fonte di saggezza,  fu molto esplicito sul da farsi. Per eliminare quel morbo, che attraverso i marrani come il padre del piccolo uomo,  aveva quasi ucciso le radici della Madre Germania, bisognava prendere i suoi figli rimasti puri, allevarli sotto l’occhio vigile di Ario , affinché l’Uomo Nuovo emergesse dalla storia corrotta, e distruggesse il male che tormentava il popolo Tedesco. Ma chi era  Ario, l’eroe descritto dal Barone?

A nessuno, come all’ometto, fu mai stato tanto chiaro, neppure a Von Liebenfels. “Ostara” annunciò la venuta di un Messia Germanico, che avrebbe dato voce al progetto di Ario. E quella notte, il piccolo uomo capì molte cose. Comprese per primo l’immensa potenza dell’Eroe, poiché fu il primo a ricevere la sua luce. La luce bianca di Ario.

Mentre si rannicchiava in un angolo del tunnel, atterrito dall’apparizione per la prima volta nella sua vita di quel fulgore, la Luce Bianca cominciò a farsi meno intensa, dandogli la possibilità d’intravedervi la figura del Campione. Era un essere umano dalle proporzioni divine, coperto da una corazza lucente, e mantello pesante sulle spalle, come un guerriero che fra poco sarebbe sceso sul campo di battaglia.

Parlò e la voce era così calda, profonda che sembrò fondergli ogni emozione in un senso di terrore: “Ben trovato, Adolf. Siamo contenti di vederti cresciuto in salute.”

“Chi sei?”

“Siamo coloro che da sempre ti hanno amato. Tu sei nostro figlio. Secoli prima sei stato ideato dalle nostri visioni, perché oggi l’umanità conoscesse la fonte della sua redenzione.”

“Redenzione? Ma di che parlate?!” farfugliò, con la saliva colante per l’ansia.

“Il tempo del Dio d’Israele è giunto alla fine. Oggi la storia dell’umanità come la conoscono i Giudei termina. D’ora in avanti l’antico sangue dei Primogeniti riprenderà a scorrere nelle vene tedesche. Il Dio di Mosè ha cessato d’ingannare il Popolo Ariano. Tu sei il nostro Sigillo sui tempi. Adolf, tre volte benediremo il tuo nome, fino a che tutta la Germania non si piegherà al tuo volere. Ora ti dico: andrai in guerra, soffrirai. Vedrai il tuo popolo morire nei tormenti dell’umiliazione, perché sarà sconfitto dai popoli della Stella.”

“I popoli della Stella? Mio signore, non capisco!”

“Adesso sarà difficile scorgerli, ma questa è la nostra prima benedizione su di te: svegliare il popolo tedesco usando la sua sconfitta. In seguito sarai la Guida e comanderai i tuoi generali in una seconda guerra contro i discendenti di Mosè. Osserverai i loro stendardi insultare il cielo e conterai le stelle a cinque punte su di essi. Quelli sono i vessilli dei nostri nemici. La sicurezza di ciò che andrai facendo sarà la seconda benedizione.”

“Tre benedizioni mi avevate promesso, Maestro…”farfugliò.

 “Adolf, tu devi avviare il mio Progetto. Tu sei il sacerdote e l’agnello del sacrificio al tempo stesso. L’uomo dell’altare non può e non deve varcare la soglia del tempio. E il tempio, Adolf, è la guerra stessa.”

“Volete dire che non uscirò vivo da questa storia?”

“Tu sei il primo e ultimo sacerdote del mio Regno. Il tempo, la morte, la vita, non significheranno presto più nulla per il tuo popolo. Io rifonderò l’ordine umano, Adolf. Tu sarai il mio primo prelato. Alla fine di questa fase tu verrai chiamato a me, t’immolerai perché il tuo sangue lavi l’impurità del tuo popolo e, con essa, l’antica colpa di aver creduto nel dio degli Ebrei e dei Cristiani. Tu oggi sei diventato santo, Adolf. Vivrai in eterno nella memoria del popolo tedesco e dell’umanità. Il mio progetto ha inizio con te.”

L’uomo dal buffo taglio di baffi sul labbro superiore, si trascinò in piedi appoggiandosi al muro. L’entità dalla corazza rilucente, di stazza mai vista per un essere umano, dai biondi capelli raggianti, gli andò più vicino.

“No, lasciatemi!” gridò in preda al terrore.

Il mantello nero svolazzò sulle spalle del grande Uomo di Luce, e il suo lembo andò a sfiorare il viso. La storia per Adolf Hitler si fermò a quella notte. I tempi che sarebbe venuti sarebbero solo stati un lungo sogno, il coma prima della morte. L’apocalisse sarebbe arrivata. E avrebbe cominciato col distruggere la Germania. Lui avrebbe cosparso del sangue degli agnelli l’altare sacrificale, nei riti notturni davanti a una massa sconfinata di credenti, nello stadio di Norimberga.

Berlino, 30 Aprile 1945

Ora che Berlino bruciava, demolita sotto il peso degli eserciti più feroci del mondo, l’ultimo sacrificio del lungo Rito stava compiendosi.

“Maestro, ditemi se è vero: da qui non tornerò indietro?” chiese Hitler in uno stato ipnotico al maestoso essere nulla luce.

“Per te l’unica via possibile è con me.” Replicò tendendogli la mano.

“Fate che sia una cosa veloce, ve ne prego.” Disse, con gli occhi fissi.

L’uomo nella luce: “Sarà veloce, se tu lo vorrai.”

Hitler vide il suo revolver sulla scrivania.

“I tuoi apostoli  sanno quello che si dovrà fare, dopo di te…” chiosò l’uomo.

“Magda vi  renderà dunque i suoi figli?”

“Il loro sangue a pegno dello sterminio dei sacerdoti d’Israele seguirà il tuo. Sarai il  sigillo  della fine di questi tempi e della fine del Dio di Mosè.”

“Goebbels l’ha giurato davanti a Voi, Maestro, assieme ai dodici sacerdoti dell’Adunata. Ora è necessario il mio sangue per affogare il Dio delle menzogne.  Il Profeta non può sopravvivere alla sua profezia. La sua carne sarà divorata dalla storia .” recitò Hitler, con lo stesso tono di un sonnambulo.

2

Il Codice della Stella

Una notte del 1934,  Büren, Westfalia, Germania.

L’oscura sagoma triangolare di Wewelsburg comparve davanti ai Dodici all’improvviso, sporgendo dalla foresta nella tranquilla fertilità della campagna a Nord del Reno.

Nel salone del Sole Nero erano cominciati i Lavori. I Dodici Sacerdoti dell’Adunata, con le loro divise militari nere e argentee, presero posto accanto alle colonne dei martiri.  Evocarono l’oscura presenza del Vril, energia divina, mentre il sole s’irradiò, incanalandosi dalle finestre, al centro della sala. Un fuoco divampò all’improvviso sull’effige terrena del Sole Nero. Poi tutto si spense. Il castello sprofondò nel buio assoluto dell’antica foresta di Teutoburgo. Attimi di silenzio e nulla, capaci di terrorizzare anche il più  puro eroe delle Saghe Norrene, precedettero il “Suo” arrivo. L’ospite era Ario, o Arioun nella sua lingua. L’Antico Maestro, giunse  da un’altra dimensione, per istruire l’ordine di Wewelsburg all’avvento dell’Uomo Nuovo.

La dipendenza che s’instillava nella mente umana innanzi al fulgore della Luce Biance era l’effetto collaterale più pesante da sopportare. Ma era il prezzo per essere stati chiamati dagli Antichi Maestri sull’orlo della nuova era, come capostipiti della Razza Ariana .

“Tempo prima dicemmo alla Guida del Popolo Tedesco, eletta dal nostro Consiglio, come molti popoli si sarebbero coalizzati sotto un’unica insegna contro la Verità.”

Himmler, il presbitero favorito, il generale dei sacerdoti dell’Adunata Nera, non sapeva di cosa avrebbe parlato l’ Ospite. Hitler gli aveva  accennato a una Stella, che avrebbe guidato i popoli della Cospirazione Giudaico Babilonese contro l’ultimo baluardo dell’Età dell’Oro, il Popolo Nordico. Lo scontro avrebbe distrutto tutto quanto il mondo conosceva fino a quel momento. La stessa Stella che guidò i Tre Corrotti sulla via di Beit Lehem, il Ventiquattro di Dicembre dell’Anno Zero. La Cospirazione del Dio di Mosè arrivò persino a rubare le date del sacro calendario della Madre Terra, pur d’ingannare i popoli e soggiogarli con la sua monocratica teologia.

Ora i Signori dell’Età dell’Oro avevano intenzione di riprendersi ciò che il Dio di Mosè tolse al loro popolo.

Il Maestro, continuò con una voce ruggente e infuocata, come nessun mortale poteva averla, mentre la sua Luce Bianca irraggiava chiunque nella sala: “Signori, devoti fedeli della Nuova Era, presto verrà il momento di affrontare la Stella. Lo faremo in modo diretto, sul suo cammino. Sbarreremo ai figli del tradimento la via verso la conclusione della loro opera.” I Sacerdoti non osavano muovere ciglio, atterriti dalla voce profonda e dal messaggio che stavano ascoltando, mentre in loro ardeva il desiderio di saperne di più sul Cospiratore Babilonese.

La Luce Bianca sentenziò: “Sarà rivelato: un sodalizio di bandiere  oserà sfidare la purezza del cielo con la sua blasfemia. Su questi vessilli campeggerà una stella. Gli eserciti guidati da quegli stendardi uccideranno le vostre donne e devasteranno le vostre città. Ascoltatemi, due saranno le stelle che stritoleranno Berlino: una bianca e una rossa. Combatterete e verserete il vostro sangue mettendovi fra la Stella e l’Uomo Nuovo. Ogni sacerdote  che è presente in quest’aula è anche l’agnello che irrigherà col suo sangue la Nuova Era. Vi prometto che alla fine, il mondo risorgerà sotto la guida degli Antichi Maestri e voi sarete in pace, fra l’ardente memoria eterna del Wahalla.”

Il silenzio tornò a imperare. La Luce s’estinse in modo istantaneo, com’era apparsa. I dodici si scrutarono con i volti tirati nell’ansia di un futuro già scritto. Nessuno si salutò, quando lasciarono il castello. Le notti si concludevano sempre nel tetro mutismo della paura. Il prezzo per il ritorno degli Antichi Maestri  era la vita dei Sacerdoti. Dio e Agnello, vittime del rito e officianti al tempo stesso.

Athida Numero 5

Le Colonne del Tempo ardevano puntate sugli ultimi spasimi di Berlino fra il 1943 e il 1945.

“Juulan Erik Jhoana, Duca di Karkaarg, Principe Erede del Trono di Adam…” sciorinò la bocca adulante dell’Alfiere dell’Athida, mentre i Cavalieri della Guardia Temporale scattarono sull’attenti, col le lame delle spade sul volto.

 “È stato più semplice del previsto, condurli sino a questo punto, Vostra Altezza.” Esordì Dannamand il Comandante della Base, osservando sul simulatore virtuale quei pezzi di metallo con ali e bulloni infiammare l’aria.

Fece il Duca “Sono gli aerei degli Americani.”

“I popoli della Stella bianca.” Replicò il Comandante

“E così Uzzath e Manzath hanno capito che nessuno può mettersi fra Nostro Signore e il Disegno.” Sospirò il Duca. “Se avessero saputo cosa aspetta il mondo, dopo questa notte, quegli sventurati a Wewelsburg non mi avrebbero giurato cieca lealtà, fino all’ultimo sangue.”

“Ne convengo, Altezza.” replicò “ La Riconciliazione è stato un “Suo” mistero dietro questa farsa degli Antichi Maestri.”

“Il Dio di Mosè è un’invenzione di Uzzath. E Alath mi ha dato un ordine a riguardo: non toccheremo la vittoria dei Popoli della Stella. Qualunque sia il motivo di questa scelta è la “Sua” volontà e mi è del tutto inconoscibile.”

“Dunque i Tedeschi e coloro che questi hanno ucciso durante gli anni della loro egemonia Europea, sono morti senza motivo?”

“Di sicuro non sono morti per Ario. Nessun Uomo Nuovo sorgerà dalle loro tombe. Dovevo costruire il mito ariano e ho obbedito, esaurendo il mio compito. Ora sia fatta la volontà di nostro Signore,  Dio Alath. C’era bisogno di questo sangue perché creasse le premesse per il Rito della Riconciliazione con Alath dei due Signori della Luce. Uzzath e Manzath hanno pagato il prezzo della redenzione offrendo milioni di loro servi sull’Altare della nuova pace con Alath.  Il mondo di Caino aveva costruito le due aree per ricevere questo Rito. L’altare della Guerra, al di là del Pacifico, dove la Stella si è armata, e l’Altare della Pace, nell’Europa, dove la Stella si è mondata col sangue. Ario è stato l’agnello del sacrificio, il simbolo del sangue versato per la remissione del tradimento. Ora solo Alath dovrà decidere se questo immane rito di Riconciliazione  sia servito per riportare i due Fratelli alla fedeltà.”

Alessandra Biagini Scalambra