CLELIA & WILLELM – EPISODIO 06

BOVES E LA CONGREGA DELLE STREGHE
 
Altro che anticiclone delle Azzorre! L’aria fredda si faceva largo tra le trame fitte del pullover, dando un anticipo fin troppo violento dell’ormai prossimo autunno. Il Demone della Pioggia era stato rispedito nel suo grottesco mondo fatto di sofferenza e sangue ed era il momento per me di trovare la Congrega di streghe che da tempo immemorabile si riuniva per i sabba in un paese tra i più pittoreschi nei dintorni di Cuneo. Mi ero presa qualche giorno per potermi preparare a
quell’incontro e Willelm mi aveva dato una serie di consigli sui luoghi in cui avrei dovuto cercarle e sui modi in cui avrei dovuto presentarmi al loro cospetto.
Per così tanti anni avevo vissuto in una città pregna di magia e misteri insoluti, senza mai prestare attenzione ai sussurri maligni del vento contro le vecchie persiane scrostate; senza mai curarmi delle vecchie leggende, raccontate a fior di labbra dagli anziani che tutto sanno e nulla confidano. Ora invece tutta la mia esistenza era pervasa di incantesimi, magie e maledizioni. Mi appoggiai stancamente al tronco di uno splendido pino e sospirai rumorosamente. Erano ore che vagavo per i boschi alla ricerca di non sapevo nemmeno io cosa. Willelm mi aveva spiegato molte cose riguardo alle streghe. Cose che io neppure immaginavo e che, a parer suo, erano essenziali per riuscire a trovarle e per non fare errori. Mi aveva anche raccontato una serie di leggende che stavano alla base della storia di Boves. Come faceva lui a sapere così tanto ed io così poco nonostante fossi nata e cresciuta proprio in questi luoghi?
Si diceva per esempio che un uomo, in una notte di luna piena, stesse rincasando, ma che non riuscisse a vedere la propria strada a causa della Bisalta che nascondeva completamente la luce della luna. Spazientito da quel possente massiccio che pareva beffarsi di lui, rubando la sola illuminazione che avrebbe potuto aiutarlo, gridò: “Che il diavolo ti porti”. Il diavolo apparve al suo cospetto e gli offrì il suo aiuto, inviando un intero esercito di diavoli, che prese a picconare la Bisalta, ma quando tornò per pretendere in pegno la sua anima, si accorse che l’uomo aveva firmato con una croce. L’esercito di diavoli venne subito richiamato ed i lavori cessarono, lasciando la Bisalta scavata a tratti in canali profondi che tutti conoscono.
“A che stai pensando?” mi chiese Willelm con tono preoccupato.
“Nulla. Alle storie che mi hai raccontato.”
“Non possiamo perdere troppo tempo. È luna piena ed è il giorno giusto per cercare la Congrega. Perché ti sei fermata?”
“Non so più dove cercare!” brontolai pensando ai piedi che dolevano. La notte stava calando velocemente, mangiando con avarizia gli ultimi bagliori rossastri del tramonto.
“Perché non torniamo in paese? E’ così importante trovarle proprio questa sera?” protestai ancora.
“Sì. Lo è, ma l’idea di tornare in paese non è stupida. Conosco bene una delle streghe ed è la proprietaria di una piccola bottega. Potremmo seguire lei per trovare l’intera Congrega.”
“Non potevi dirmelo prima che camminassi per ore tra questi boschi?” domandai snervata.
Willelm non mi rispose, ma sentii come una sommessa risata che riecheggiò nella mia testa per alcuni secondi. Fui tentata di mandarlo seriamente a stendere, ma lasciai perdere scuotendo la testa rassegnata. Dovevo farmene una ragione. Non mi sarei mai più liberata di lui, quindi tanto valeva cercare di andare d’accordo. Era una sensazione strana e difficile da spiegare. Era come non andare d’accordo con me stessa. Una parte di me era lui e una parte di me ero io… nemmeno io riuscivo a capire bene che cosa significasse. Ci volle quasi un’ora per tornare in paese e, seguendo le indicazioni di Willelm, attraversai la piazza centrale e giunsi in una stretta via con alcuni negozi. Mi fermai davanti ad una minuscola bottega di alimentari.
“Che fai? Vuoi entrare?” Willelm pareva in apprensione.
“No. Aspetto che esca lei.”
“Allora non stare qui davanti impalata! Penserà che sei una pazza furiosa e come minimo chiamerà i carabinieri!”
“Io sarei la pazza? Lei si sta preparando ad andare ad un raduno di streghe a mangiare rospi e cuocere pipistrelli e io sarei quella pazza?”
“Congrega…”
“Cosa?”
“Non è un raduno ma una Congrega e poi non mangiano rospi né cuociono pipistrelli.”
“Mi stai innervosendo Willelm!”
“Stai parlando…”
“Certo che sto parlando! Parlo con te!”
“Intendo dire che non stai pensando di parlare con me… stai muovendo la bocca ed emettendo suoni… anche questo potrebbe far credere che non sei del tutto sana di mente visto che sei da sola e stai parlando con qualcuno che non esiste…”
“Va al diavolo Willelm!”
“Spiritosa…”
La porta del negozio si aprì facendo tintinnare un piccolo campanello che riempì l’aria del suo suono acuto e petulante. Non era come me l’ero aspettata. La ragazza chiuse il negozio e con uno sforzo tirò giù la serranda. Piccola e magra, con i capelli raccolti in una coda di cavallo del colore del grano. La vidi rabbrividire nel sottile golf azzurro e procedere con andatura spedita verso la piazza della chiesa. Sembrava un’adolescente. Non più di diciassette anni. La seguii cercando di mantenermi ad una certa distanza e, allo stesso tempo, facendo attenzione a non perderla di vista.
“Fa attenzione.” Sussurrò Willelm.
Non risposi e continuai a camminare. La ragazza si voltò una volta soltanto, probabilmente incuriosita dal rintocco delle mie suole di cuoio che sembrava voler invadere tutta la via. Mi degnò appena di uno sguardo disattento e proseguì spedita. Svoltai e la vidi entrare in un portone.
Socchiusi gli occhi e sbuffai esasperata.
“Sei certo che sia una strega? A me pare una comune ragazza che ha finito una giornata di lavoro e se ne torna a casa, magari a fare una bella doccia e infilarsi un paio di ciabatte comode!”
“Abbi fede.”
Certo! Lui risolveva tutto così… abbi fede!
Il portone si riaprì e ne uscì la stessa ragazza, ma con qualcosa di diverso e inquietante. I capelli erano sciolti e le ricadevano morbidamente ai lati del viso che ora risultava ancora più infantile. Indossava un abito nero di velluto che le arrivava fino ai piedi. Mi nascosi dietro l’angolo per non farmi vedere e appena la vidi partire, ricominciai la mia personale “caccia alle streghe”. La ragazza camminò per più di un’ora tra betulle dal fiabesco tronco bianco e cespugli di more selvatiche e io non la persi mai di vista. Per questo mi stupii quando di punto in bianco sparì dalla mia visuale.
“Ma che…” non feci in tempo a finire la frase.
“Perché mi stai seguendo?” Mi chiese sbucando da dietro un castagno.
“Io…” non sapevo che cosa risponderle. Come negare l’evidenza?
“Un momento! Aspetta un momento! Willelm?”
Cosa? Come faceva a saperlo?
“Chiamami Clelia. Fammi uscire in modo che io possa palesarmi ai suoi occhi.” Mi disse la mia dolce metà.
“Willelm.” Chiamai senza chiedere spiegazioni.
La figura imponente e aggraziata si materializzò di fianco a me. Mi voltai verso di lui e scoprii che entrambi stavano sorridendo emozionati come due vecchi amici che si rivedono dopo molto tempo.
“Lo sapevo! Sapevo che eri tu. Ti ho percepito già mentre stavo chiudendo il negozio, ma credevo di sbagliare! Chi è questa ragazza?” chiese indicandomi come se io non potessi sentirla; come se non ci fossi.
“La mia rinata.”
“Sono contenta che tu sia riuscito a trovare un corpo in cui rinascere.”
“Un momento! Io non sono il suo corpo! Questo corpo è mio e basta!” mi stavano davvero facendo alterare.
“Stai calma. Non ti agitare per nulla.” Mi rispose lei in tono materno e accondiscendente come fossi una bambina in vena di capricci.
“Cosa fate qua?”
“Abbiamo bisogno di trovare Alina.” Disse Willelm in tono greve.
La ragazza cambiò subito espressione.
“Alina non acconsentirà mai a rivederti Willelm. Sai com’è fatta. Perché la cerchi?”
“Costei è una purificatrice oltre a essere una rinata.”
La ragazza assentì con aria preoccupata come se quella spiegazione fosse più che abbastanza.
“Proverò a parlarle io, ma voi rimanete qua finché non sarò io a chiamarvi. Sai che potrebbe uccidervi entrambi senza battere ciglio.”
“Non ci riuscirebbe.” Rispose Willelm con calma.
“Lo so, ma ci proverebbe.”
Non so perché, ma ciò che stavo vivendo mi riportò alla mente un’altra leggenda raccontatami da Willelm. La storia della Regina Giovanna D’Angiò che dimorava nel castello della Renostia e che non faceva che governare imponendo ai bovesani pesantissime tasse e approfittava del suo potere per commettere soprusi di ogni tipo. Mille disgrazie si abbattevano su Boves e così gli abitanti le chiesero di andarsene. Lei non battè ciglio e rispose che lo avrebbe fatto se avessero trovato per lei un paio di scarpe comode. Tutti i bovesani, uniti e determinati, confezionarono scarpe di ogni foggia, ma nessuna andava bene alla terribile Rana Gioanna, fino a che una giovinetta non usò l’astuzia e sparse sul selciato una gran quantità di farina, che servì per prendere l’impronta esatta del piede. I suoi piedi erano zampe di gallina.
Aspettammo per un tempo che mi parve infinito, accerchiati dal buio e frustati dalle folate di aria fredda. Il rumore di passi che facevano scricchiolare le foglie secche mi fece sobbalzare. La giovane riapparve. Pareva ancora più pallida nella luce lunare e con quell’abito scuro. Un fantasma che si aggirava tra i castagni carichi di frutti.
“Alina ti riceverà, ma non farle perdere tempo.”
Ci fece strada fino ad una radura semicircolare dove il tronco di un albero dalle notevoli dimensione fungeva da altare. Gli adepti erano seduti in cerchi intorno alla figura esile di una donna. Appena ci vide si zittì e tutti si voltarono verso di noi.
“Cosa ti porta ancora da me Willelm?” chiese con voce profonda e dura.
“Abbiamo bisogno di te Alina. Serena ti avrà già detto che la donna che porto con me è una purificatrice e una rinata.”
“Non è possibile! L’unico purificatore mai esistito è morto.” Disse amara.
“Era suo bisnonno. Le ha consegnato il suo potere.”
Alina rimase in silenzio e si guardò attorno come se fosse stata disturbata da un brusio inesistente. Fece qualche passo verso di noi.
“Tu sei la nipote di Ettore?” chiese incredula.
Annuii un po’ intimorita dalla sua aggressività e dal luogo in cui ci trovavamo. Sembrava una sorta di sito fuori dal tempo e dallo spazio conosciuto dagli umani. Sospeso in una realtà parallela ed incontaminata dai mali della terra. Willelm mi aveva spiegato che esistevano streghe buone e streghe cattive e Alina non era una di quelle cattive. Le figlie dello strige, uccello dal quale venne rielaborato il loro nome e che si credeva succhiasse il sangue degli animali, rimasero tutte con il fiato mozzato, in attesa dell’evolversi degli eventi. Sembrava non sapessero che cosa aspettarsi e nemmeno io a dire il vero. Erano tutte originarie di Boves e le loro famiglie a loro volta lo erano dalla notte dei tempi. Questo era uno dei presupposti per poter divenire un adepta della Congrega.
Rimasi di stucco quando vidi le lacrime bagnarle il volto e le sue braccia cingermi in un abbraccio forte.
“Non sai che bello è sapere che Ettore vive in te.” Mi sussurrò all’orecchio, solleticandomi il viso con i folti capelli corvini.
Si staccò da me e mi prese per mano, completamente dimentica di Willelm e delle sue adepte in trepida attesa.
“Mie care… avete sentito?”
Tutte annuirono silenziosamente, guardandomi con gli occhi sgranati.
“Or bene… cosa può desiderare da me una purificatrice di cotanta fama?”
Non sapevo cosa risponderle e mi voltai verso Willelm in cerca di aiuto.
“Desidera il sigillo dei sette poteri.” Disse Willelm.
Alina annuì e chiuse gli occhi come se si fosse aspettata quella risposta.
“E lo avrà. Avete sentito mie care? Prepariamo l’incantesimo del sigillo perché questa donna possa far parte della nostra Congrega e possa portare il bene tra le fila del male. Diamole il nostro appoggio perché lei possa chiamare i nostri poteri quando si troverà di fronte alla Congrega delle Streghe della Luna Nera.”
Tutte le donne si alzarono e si inchinarono dinnanzi a me.
“Portate la serpe!” gridò e una donna tozza e di bassa statura le porse l’animale che si contorceva ribelle tra le sue mani.
Alina lo alzò al cielo e le squame emisero pallidi bagliori lunari. Lo appoggiò sull’altare e versò sul suo capo un unguento dal profumo dolciastro e forte. La bestia si contorse ferocemente prima di bloccarsi del tutto e poi ricominciare a fremere come pervasa da una scarica di corrente elettrica.
“Che il primo dei sigilli ti avvolga con il suo calore!” gridò Alina.
“Che il primo dei sigilli ti avvolga con il suo calore!” le fecero eco le adepte mentre un brivido mi percorreva da capo a piedi.
“Che il secondo dei sigilli ti riempia con la sua luce!” continuò imitata dalle altre streghe.
“Che il terzo dei sigilli ti cosparga di sapienza!”
“Che il quarto dei sigilli ti investa con il suo gelo!”
“Che il quinto dei sigilli ti dia la vista del rapace!”
“Che il sesto dei sigilli ti dia l’udito del roditore!”
“Che il settimo dei sigilli ti protegga dalle tenebre!”
In rapida sequenza, una miriade di sensazioni estreme mi attraversò la mente e il corpo gettandomi come in uno stato di trance. Colori, luci, suoni, sensazioni tattili si fusero insieme e mi percossero come possenti mani. Poi tutto finì e caddi a terra senza forze.
“Ti senti bene?” accorse Willelm.
Annuii tossendo con le lacrime agli occhi.
“E’ pronta. Come Ettore sei investita dei sette sigilli. Come lui sei una purificatrice e più di lui hai Willelm. Non fallirai dove lui ha fallito. Và e poni fine alla malvagità delle Congrega delle Streghe della Luna Nera. Poni fine alle figlie di Lilith, prima sposa di Adamo e madre di tutti i demoni.” Alina chinò la testa e aprì le braccia. In un attimo fu letteralmente ricoperta di frementi pipistrelli che senza tregua sbattevano le ali alla ricerca di un più sicuro appiglio. Mi voltai verso Willelm cercando nel suo sguardo una spiegazione, ma non vi trovai altro che stupore.
Quando i pipistrelli si levarono di nuovo in volo, di Alina non c’era più traccia e attorno all’altare, dove prima erano sedute le adepte, c’erano decine di piccole lepri spaurite.
“Alina le ha sacrificate per te.” Mi disse con tono addolorato.
Non compresi subito il senso di quella frase. Lo guardai chiedendo spiegazioni, ma lui abbassò la testa e attese, come volesse che comprendessi da sola. E lo feci. Lo feci quando fissai il mio sguardo in quello della lepre a me più vicina. Il suo sguardo era quello della ragazza della bottega e su questo non potevo avere dubbi. Mi sembrò di scorgere un sorriso tra i baffi lunghi e vibranti. Si erano sacrificate per me. Per darmi il dono dei sette sigilli. Per sconfiggere la Congrega delle Streghe della Luna Nera e io non le avrei deluse!
21/07/2008, Simona Gervasone