IV TROFEO LA CENTURIA E LA ZONA MORTA: III CLASSIFICATO

LA SIGNORA DELLA TORRE

di LAURA POLETTI

Il sidro lo aveva fregato: eppure il suo maestro d’armi gli aveva detto almeno cento volte che un guerriero forte diventa il più indifeso degli uomini quando cede al boccale. Arwan aveva perso il conto di quanti boccali aveva bevuto, tutti per festeggiare la vittoria e il ritorno verso casa: era la prima serata che la guarnigione aveva libera e si trovavano in un villaggio ospitale, dove gli abitanti li avevano accolti come liberatori dall’usurpatore e il clima di festa lo aveva contagiato.

– Tieni a freno la tua lingua, oppure sarà la tua peggiore nemica.

Anche questo gli aveva detto il maestro, che era un uomo saggio, in grado di vedere lontano. E la sua previsione si era avverata.

Avrebbe dovuto guardarsi da Alius: erano arrivati molto vicino a scontrarsi già molte volte, ma quella sera l’infame sembrava tranquillo, si era limitato a bere il suo sidro senza partecipare ai canti e ai giochi.

– Torniamo a casa, ma Arwan il prode ha qualche grande conquista da portare con sé?

Lo voleva provocare e se fosse stato meno ubriaco lo avrebbe ignorato o avrebbe fatto qualche insinuazione sulla moralità di sua madre. Invece il sidro aveva parlato per lui, per difendere le sue doti di guerriero e l’infame aveva continuato.

– Allora perché non ci mostri il tuo valore e liberi la signora della torre?

Tutta la taverna si era zittita, come se l’incantesimo di un mago avesse assorbito tutti i rumori e le voci.

– Quale signora della torre?

La voce era uscita un po’ ottenebrata, ma ormai la curiosità aveva preso il soppravvento e risvegliato i suoi sensi. Il traditore aveva riso e aveva indicato una vecchia donna che si scaldava accanto al fuoco.

– Parlaci della signora della torre, vecchia!

E la donna aveva cominciato a raccontare con la sua voce gracchiante della signora che alcuni anni prima era sparita dopo che la sua casa era stata rasa al suolo e i suoi servi uccisi. Da quel momento nessuno l’aveva più vista perché un uomo, o forse un mostro perché nemmeno di quello vi era certezza, la teneva imprigionata nella torre in cima alla collina che dominava l’ingresso del villaggio. Molti guerrieri si erano avventurati fino alla torre, ma nessuno di loro aveva fatto ritorno. Alius aveva continuato.

– La signora aspetta un nobile guerriero che la liberi! Avrai il coraggio di essere tu questo guerriero, Arwan? Vuoi dimostrare a tutti noi poveri soldati il tuo valore?

Non  era riuscito a resistere, spinto dalle voci dei compagni che lo incitavano e si era alzato sulle gambe malferme sguainando la spada, pronto a combattere.

La notte passata al freddo gli aveva fatto passare la sbronza e alle prime luci del giorno tutto quello che era successo appariva diverso: era sopravvissuto a una guerra e in quel momento, a un passo da casa, rischiava la vita per una donna di cui non sapeva nulla. Avrebbe potuto anche essere una megera dall’aspetto orribile ed essere stata rapita da un drago sputa fuoco e lui lo avrebbe dovuto affrontare per non guadagnarsi la fama di codardo. Tutto per il suo stupido orgoglio e per quei boccali di sidro.

I suoi compagni lo avevano lasciato ai piedi della collina, con solo le sue armi a fargli compagnia: il villaggio era ancora addormentato, ma fra poco i contadini sarebbero usciti dalle loro case per iniziare la loro giornata di lavoro. La guarnigione sarebbe partita il giorno seguente se i piani non erano cambiati e questo gli dava un intero giorno e un’intera notte per compiere la sua missione.

Aveva risalito il pendio senza incontrare nessuno: probabilmente tutti avevano paura del padrone della torre, ma niente faceva pensare che si trattasse di un drago. Nessun drago degno di quel nome avrebbe vissuto confinato in un luogo così angusto. Forse si trattava solo di un uomo tanto brutto da essere considerato un mostro, che si limitava a difendere la sua proprietà da invasori molesti. E, se quello era il caso, ci sarebbe trattato uno scontro alla pari in cui Arwan avrebbe fatto valere la sua abilità e la sua gioventù.

Quando era arrivato sulla cima della collina grande era stata la sua sorpresa per lo spettacolo che gli si era presentato: la torre, molto vecchia e malandata quando vista da vicino aveva accanto una grande casa circondata da un orto rigoglioso e poco lontano c’era una stalla da cui provenivano gli inconfondibili versi di cavalli e di altri animali.

Qualcosa non quadrava: nessuna donna si sarebbe sentita prigioniera in un luogo del genere. Era probabile che Alius l’infame lo avesse preso in giro, d’accordo con la vecchia, approfittando della sua ubriachezza per fargli fare la figura dello stupido davanti a tutti. L’avrebbe pagata cara. Ma ormai aveva fatto tutta quella strada e valeva la pena di dare almeno un’occhiata in giro.

Aveva appena finito di perlustrare il cortile, allontanando con un calcio un vecchio cane alla ricerca di cibo, prima di accorgersi di un altro fatto strano: nessuna presenza umana si era ancora palesata, avrebbe potuto compiere una razzia e nessuno lo avrebbe fermato. A quel punto aveva deciso di esplorare la torre, era probabile che non ci fosse alcuna signora tenuta prigioniera, ma forse avrebbe trovato una contadina felice della compagnia di un prode guerriero.

Proprio in quel momento la porte della torre si era aperta cigolando sui cardini arrugginiti e ne era uscito un cavaliere con addosso solo qualche pezzo di una pesante armatura che un tempo doveva essere stata splendente. L’uomo si era mosso verso di lui con passi lenti, brandendo una pesante spada.

Arwan non aveva perso tempo: se quel vecchio rottame era il suo nemico l’impresa sarebbe stata ancora più facile del previsto, lui era molto più agile e veloce con la sua cotta di maglia sottile e la sua spada era leggera e affilata, pronta a infilzare il suo avversario. Aveva sguainato l’arma e fatto un passo in avanti.

*****

Era stato il combattimento più facile di tutta la sua vita: il suo avversario, lento e goffo, era riuscito a sferrare pochi colpi con un gran rumore di metallo tutti andati a vuoto, fino a che il suo pesante spadone si era abbattuto sul terreno. Arwan all’inizio si era limitato a schivare i colpi, ma quando aveva visto che il guerriero faceva una gran fatica a sollevare l’arma dal terreno aveva capito che era giunto il momento di attaccare: aveva aggirato l’avversario per colpirlo con la punta della sua spada alla base del collo, poco sotto il retro del pesante elmo.

L’uomo si era accasciato senza un lamento, come una marionetta cui avessero tagliato i fili e il suo sangue aveva inzuppato il terreno. Arwan gli aveva sfilato l’elmo, attento a non lordarsi le mani con il sangue: era solo un vecchio, se lo sarebbe dovuto aspettare visto come combatteva, di certo da una vittoria del genere non avrebbe avuto grande gloria.

Però un guerriero c’era e allora forse nascosta nella torre c’era anche una donna in pericolo: arrivato a quel punto era il caso di svelare ogni mistero.

La torre era all’interno in condizioni anche peggiori di quanto lo fosse all’esterno, ma non sembrava nascondere pericoli: Arwan era salito lungo gli scalini traballanti senza incontrare nessuno fino alla cima.

Nessun rumore e nessun movimento: quella storia si faceva sempre più strana. Ma nell’ultima stanza qualcuno c’era, Arwan ne riusciva a vedere l’ombra, qualcuno che era appoggiato a una finestra.

Cercando di non far rumore aveva salito gli ultimi scalini, chiedendosi quale altra sorpresa gli avrebbe rivelato quel luogo misterioso e, con la spada ancora sporca di sangue sguainata davanti a sé, aveva fatto il suo ingresso nella stanza.

Non era possibile: la signora imprigionata nella torre esisteva davvero, aveva i piedi legati a spessi anelli di ferro e il volto solcato da lacrime tristi.

Immediatamente Arwan aveva abbassato la spada per non spaventare la donna e si era fatto avanti alla ricerca di un modo per liberarla. Quindi aveva finito per segare con il suo coltello la vecchia e sfilacciata corda che teneva prigioniera la signora e la donna gli si era buttata fra le braccia coprendolo di baci e dolci parole di ringraziamento. La donna non era più giovane ma ancora piacente nonostante qualche ruga che le solcava il viso.

Non era riuscito a fare ritorno alla guarnigione: appena aveva portato la signora fuori dalla torre erano apparsi come per magia un gran numero di servi e contadini pronti a organizzare i festeggiamenti per la liberazione della loro padrona. Del cadavere del suo avversario sconfitto non c’era traccia.

Dopo qualche boccale, forse in preda di nuovo ai fumi del sidro, ad Arwan era sembrato per un attimo di vedere la vecchia della taverna confusa fra la moltitudine dei servi.

La festa era andata avanti per tutto il giorno e per tutta la notte, finché la signora non si era congedata dai servi e aveva condotto Arwan in una camera illuminata da molte candele, per poter finalmente ringraziare il suo salvatore.

Arwan si era alzato a fatica il mattino successivo: avrebbe dovuto raggiungere la guarnigione e prepararsi a marciare per un giorno intero. Ma il suo corpo sembrava debole e pesante, non in grado di affrontare un lungo viaggio sulla sella di un cavallo lanciato nella corsa.

Strano: la notte era stata intesa ma lui era giovane e pieno di vigore, non avrebbe dovuto sentirsi così fiacco.

Aveva guardato la signora ancora stesa sul letto e coperta solo in parte da un lenzuolo di fine tessuto: alla prima luce del sole sembrava più bella e più giovane del giorno precedente. Anzi, durante il trascorrere della notte, gli era sembrato che la donna acquistasse mano a mano più vigore e forza, mentre lui la perdeva.

Era tutto molto strano, ma doveva muoversi presto se voleva raggiungere i suoi compagni. Le gambe però non sembravano voler sentire ragioni.

Poi Arwan aveva visto la sua immagine nel grande specchio rotondo: non era lui, non poteva essere lui quell’uomo magro i cui capelli erano ingrigiti precocemente. Doveva andare via, ma sentiva la voce della signora che lo richiamava nel talamo e solo in quella direzione le sue gambe riuscivano a muoversi.

La vecchia osservava la guarnigione allontanarsi  a passo lento. Non sarebbe passato molto tempo e un altro esercito sarebbe arrivato, oppure sarebbe stata la volta di un avventuriero solitario. Fino a quel momento la signora del villaggio si sarebbe nutrita della forza del suo giovane compagno, in attesa di un nuovo eroe.