IL MUSEO DELLE ANIME PERSE 04

IL MUSEO DELLE ANIME PERSE

Anni ’90: la polizia indaga su un’armeria di Torino che ha venduto parecchie pistole a varie persone senza porto d’armi. Nell’inchiesta finisce anche un tale Casoni, ex studente padovano legato a certi gruppi di estrema destra.

Negli anni ’80 Casoni sembrava essersi allontanato dalla politica attiva, s’era sposato e aveva trovato un buon lavoro come ricercatore chimico per una multinazionale farmaceutica. Durante il fermo, negli uffici della giudiziaria, l’uomo dà in escandescenza, costringendo il magistrato ad emettere un provvedimento di fermo. Casoni chiede di andare in bagno e qui si spara alla testa con un calibro 38 che nascondeva nella giacca. Nonostante la ferita, l’uomo sopravvive.

Intanto, da alcuni accertamenti sulla pistola, la polizia risale ad alcuni delitti politici avvenuti negli anni ’70. Un paio di sindacalisti freddati sotto la loro abitazione, una rapina in villa a Moncalieri finita in massacro. L’inchiesta sull’armeria scivola in secondo piano: ora l’attenzione è concentrata su Casoni.

Chi è veramente?

Ancora nel letto d’ospedale, il sospettato manifesta un sinistro cambio di personalità. L’anonimo e ordinario chimico sembra lasciare il posto a un’altra figura. Casoni vuole parlare col procuratore, ha molto da dirgli. Su di lui dispongono una perizia psichiatrica. A interrogarlo sarà il prof. Reggiani. Dal suo letto Casoni racconta del lavoro che faceva presso la multinazionale farmaceutica, le ricerche su nuovi antidepressivi e lo studio sul cromosoma Y e la presunta tendenza criminale e sessualmente perversa di chi ne è affetto. Da alcuni laboratori privati lo stesso Casoni ha scoperto di portare dentro di sé l’anomalia genetica. Poi l’ex ricercatore comincia a parlare di fatti scollegati tra loro, episodi lontani nel tempo…

La confessione sfiora il delirio quando Casoni dice di aver lavorato per il SID, di essere implicato nell’omicidio Calvi, nella bomba di Piazza Fontana, nella strage di Bologna…

Si autoaccusa anche di numerosi delitti politici.

Cita nomi, date che non trovano riscontro.

Si perde nel ricordo nostalgico di una stagione golpista in cui ha maturato la sua formazione, quello della destra eversiva padovana, l’influenza di un pensatore sinistro come Franco Freda…

Poi, dopo gli sproloqui e le vanterie sui servizi segreti, comincia a parlare d’altro. Un altro tipo di delitti. Slegati da qualunque ideologia politica…

Un immaginario fantasioso e popolare di donne nude per l’assassino, che rispondono ai nomi di Solange, Marialè, Jennifer, dove la dama rossa uccide sette volte e la paura abita nella casa dalle finestre che ridono…

Casoni parla dei manifesti affissi lungo la Torino degli anni ’70, affascinato dalla galleria bizzarra di immagini pop di assassini nerovestiti, calze nere e tacchi peccaminosi…

La morbosa passione per quelle immagini violente accende dentro di lui un caleidoscopio di desideri e pulsioni lontane anni luce dalle fascisterie giovanili…

Davanti a un silenzioso e attento prof. Reggiani, Casoni racconta dei primi delitti non politici, compiuti per esplorare le chimere dell’ombra che quei titoli e quelle pellicole avevano disegnato nella sua mente…

Come prigioniero di una ragnatela esoterica, Casoni uccide delle ragazze nelle zone boschive del torinese, corpi senza vita di giovani studentesse di sinistra ritrovate spogliate e seviziate in quegli anni…

E qui le date e i riscontri cominciano a tornare…

Delitti rimasti insoluti per vent’anni, scomparsi dentro i faldoni della polizia scientifica. Ragazze giovanissime e carine, denudate, con gli indumenti disseminati sul terreno intorno ai cadaveri, le gambe e la schiena cosparse di scritte a penna che alludevano alle Brigate Rosse…

Durante una perquisizione nell’abitazione di Casoni, vengono ritrovate decine di ritagli su fatti di sangue risalenti a quel periodo. Episodi maniacali che dovevano aver ridestato l’attenzione di Casoni, nei quali doveva aver intravisto un’oscura somiglianza…

Il delitto di una povera ragazza nei bagni di un’Università…

Le mattanze di un mutilatore anglosassone…

Lo scempio di alcune bambine ad opera di alcuni ragazzotti e le dicerie su un certo scrittore di romanzetti da edicola…

Mostri e assassini di un mondo materiale, dove la figura del pazzo di turno non è ancora sfumata nella leggenda urbana, sostituita dal pazzo di turno che si sfoga sul lavoro, in famiglia o nel McDonald’s dietro l’angolo…

Anche oggi qualcuno guarda oltre il velo, non prende la pillola e ammazza per rabbia o frustrazione. Ma non è un mostro, non ha rituali da portare a termine, azioni e simboli a cui obbedire. È solo uno dei tanti schizofrenici e paranoici di questo sanitario planetario. I mostri, quelli veri, hanno deposto i coltelli e le pistole e sono morti in qualche asylum, reperti fossili di un disordine genetico, portatori di un gene difettoso ritirato dal mercato; oggi la forza sovrumana della nuova economia programma a sua immagine le molecole del Dna, isola e riduce all’impotenza farmacologica gli individui alterati, separandoli dai portatori sani…

Casoni viene condannato al carcere a vita, anche lui seppellito dentro un manicomio contenitore dove non si sentirà più parlare di lui e della sua inquietante confessione…

Di quel mondo di omicidi, crimini e altri reati rimane solo un impenetrabile alone di mistero…

Anche ora, isolato dal mondo, imbottito di farmaci e dimenticato, Casoni, ogni tanto non smette di sognare. Solo brevi frammenti sparsi di una storia che non riesce più a comporre e che nessuno potrebbe più scrivere. Accasciato su una sedia, dimenticato dinanzi ai finestroni del grande manicomio, Casoni beve con gli occhi l’alba livida di Torino e vede o immagina di vedere stravaganti scenari, processioni di bamboline e carillon, mani guantate che scivolano dall’alto dei muri come grossi ragni neri, effigi spettrali di un museo di fracidumi in cui è ultimo devoto.

Davide Rosso