ENIGMI DALLO SPAZIO E DAL TEMPO 05

3: I RITORNANTI: LA REINCARNAZIONE – PARTE 01

“Credo nella reincarnazione:
per questo ho fatto testamento
lasciando tutto a me stesso!”
Beppe Grillo

La reincarnazione è la rinascita dell’anima, o dello spirito, di un individuo in un altro corpo fisico, trascorso un certo intervallo di tempo dopo la sua morte terrena. Il termine (detto anche metempsicosi) è riferito in particolare al mondo culturale e religioso orientale e a movimenti spiritistici che descrive una trasmigrazione in altri corpi, anche vegetali, animali o minerali, sino a quando l’anima non si sia liberata completamente dalla materialità. Si ritrova anche il termine con significato simile di metemsomatosi, letteralmente «passaggio da un corpo all’altro», il trasferimento cioè di una stessa anima umana in successivi e svariati corpi: umani, animali, astrali.

Siamo in grado di sapere, di capire se abbiamo avuto delle vite precedenti?

Secondo alcuni scienziati sì con l’uso della ipnosi regressiva.

Di cosa si tratta?

E’ una metodologia non scientifica utilizzata da alcuni psicoterapeuti che, secondo i suoi sostenitori, sarebbe in grado di fare affiorare durante la trance ricordi rimossi di eventi traumatici che influenzerebbero la vita presente di un soggetto provocando pertanto in lui problemi di ordine psicologico. Secondo tale ipotesi il termine “regressiva” indicherebbe proprio l’intenzione di stimolare nel soggetto in trance la capacità di ricordare esperienze rimosse dal conscio facendo, per l’appunto, “regredire” lo stesso soggetto nello stato ipnotico capace di indurlo a recuperare suoi ricordi rimossi di eventi passati e, grazie a questo recupero, di eliminare i suoi problemi psicologici conseguentemente. L’ipnosi regressiva è considerata dalla maggior parte dei medici e più in generale dalla comunità scientifica una procedura metodologica pseudoscientifica che crea dei falsi ricordi: la fonte dei ricordi, presentati come frutto di vite passate, è costituita da racconti creati dal subconscio sotto l’influenza delle informazioni e dei suggerimenti forniti dal terapeuta. I ricordi creati sotto ipnosi non sarebbero inoltre distinguibili dai reali ricordi e potrebbero apparire più vivi di quelli reali.

Eppure ci sono molti casi di individui che ricorderebbero delle vite precedenti e secondo gli scienziati che stanno studiando il fenomeno ci sarebbero anche moti casi di bambini che ricordano di aver vissuto uno stato e una vita diversa da quella che stanno attualmente vivendo.

Cerunne era una ragazzina di 7 anni quando fu intervistata. Quando era in sua attesa, Christine, la madre, pur non avendo eseguito un’ecografia, aveva la certezza che si trattasse di una bambina poiché uno strano sogno premonitore gliel’aveva annunziato sotto forma di una donna, una sciamana vestita di pelli d’animali e a piedi nudi, che le aveva rivelato che la bimba che portava in grembo si sarebbe dovuta chiamare “Deer” (daino, cervo). Le disse pure che la nascitura aveva avuto una vita passata molto difficile e fu così che quando la bimba nacque le fu imposto il nome Cerunne, una divinità dell’olimpo celtico associata proprio ai cervi e alla rinascita. Cerunne era una bambina taciturna ma molto precoce dal punto di vista delle capacità motorie e appariva un po’ mascolina nel carattere. A due-tre anni d’età, Cerunne disse ai suoi genitori di ricordare una vita precedente vissuta come marinaio. Un giorno, indicando le piccole onde che si formavano sulla superficie di una piscina, commentò: “Le onde che io vedevo erano molto più alte di una casa”. Aggiunse che il mare era molto strano perché da infuriato diventava improvvisamente calmo nell’arco di poche ore. Spesso disegnava una nave dal nome VURK su cui avrebbe viaggiato svolgendo numerosi compiti, fra cui stare di vedetta, accudire le vele, ma anche prendersi cura dei passeggeri. A tal proposito descrisse accuratamente le pessime condizioni igieniche dell’imbarcazione e il fatto che a bordo non esistessero letti o amache, per cui tutti dormivano a terra coperti da rozzi canovacci. Si mangiava carne cruda e i servizi igienici, inesistenti, costringevano i passeggeri a urinare sul pavimento; le liti e le lotte fra i membri dell’equipaggio erano molto comuni, ma Cerunne ricorda di aver sempre odiato queste manifestazioni violente. A conferma dei racconti legati alla vita da marinaio su un veliero, Cerunne mostrò un’incredibile, innata, capacità di arrampicarsi sugli alberi e la mancanza di paura del vuoto. Anche il ricordo di un incidente in cui un suo compagno perse l’uso degli arti per una caduta dalla tolda, era molto vivido nella memoria della bambina, come quello del grande timone e del “moekille”, un lungo bastone appuntito, usato anche come arma di difesa. Il suo nome, in quella vita era “Peer”, un uomo smilzo con una lunga barba nera: viaggiava verso un’isola piena di palme trasportando povera gente che andava colà per lavorare, ma non si trattava di schiavi. A sette anni i ricordi di Cerunne non si erano affatto sbiaditi e, durante l’intervista, fu in grado di aggiungere altri dettagli sulla sua vita precedente, che si sarebbe conclusa alla veneranda età di 95 anni: “Eravamo uomini pieni di salute, anche se mangiavamo poco e male”, è stato il suo commento.

Nel racconto, esaminato da uno storico, vi sono molte affermazioni che collimano con luoghi e fatti appartenenti alla storia delle prime emigrazioni di massa fra Spagna e isole Caraibiche, avvenute fra la fine dell’Ottocento e l’inizio del ’900. La Corugna, che suona foneticamente simile al fonema inglese “Karoonya”, era proprio uno di questi porti spagnoli e l’isola ricca di palme potrebbe essere stata Cuba che, a quei tempi. insieme alle altre isole vicine veniva chiamata “Las Indias”, mentre il “moekille” sarebbe simile alla parola “makhila”, un bastone-arma della Galizia. Il nome “Peer” potrebbe essere “Pedro” e “Voork” corrispondere a “Barco”, ovvero “barca” in spagnolo. Tutte queste “coincidenze” sono altamente indicative di reali ricordi trasmessi da una vita a un’altra e non appaiono legate a semplici casualità, mentre il sogno premonitore della madre di Cerunne, aggiunge significati altamente probanti sull’origine celtica dello spirito reincarnatosi nel corpo di questa bambina olandese.

Nel febbraio ‘97, la Fondazione Athanasia fu contattata dalla signora Marja M-V che era stata sollecitata dal teologo Dr. Joanne Klink a parlare del caso di suo figlio Kees. Fin dall’età di due anni il bambino ripeteva, con tono cantilenante, una strana filastrocca: “Il mio cuore si fermò, poi nel ventre ritornai a crescere e fu così che il mio cuore tornò a battere ancora!”, accompagnandola con gridolini di gioia e battito di mani. Questo curioso comportamento si manifestava due o tre volte a settimana e per molti mesi di fila. Fu solo verso i quattro anni d’età che il piccolo si decise a confessare alla madre che aveva già vissuto in precedenza e che il suo nome era Armand, morto quando non era ancora troppo vecchio. Il nome fu pronunciato col tipico accento francese, cosa abbastanza strana per un bambino olandese di quell’età. In quella vita precedente, Armand era fidanzato e prossimo alle nozze, ma fu ucciso su un campo di battaglia da soldati molto alti che avevano già trucidato tutti i suoi compagni. Il racconto dei suoi ultimi momenti di vita è angosciante: colpito una prima volta alla schiena, mentre si rendeva conto che il suo cuore stava cessando di battere, fu raggiunto da un secondo proiettile sparato a breve distanza. In quel momento vide un Angelo che lo portò da Dio che lui descrive come “Pura Bontà”, “la Grande Luce” e persino “dotato di umorismo”. Gli fu molto difficile descrivere l’Aldilà e disse che era impossibile fissare i ricordi come su una foto. Vide una meravigliosa cascata e fiori e alberi dai frutti deliziosi, più dolci di qualsiasi cibo terreno. Quando gli Angeli tornarono a dirgli che era tempo di reincarnarsi, Armand/Kees mostrò una certa resistenza, ma le Creature Eteree lo rassicurarono circa la loro costante assistenza. Kees soffrì di una severa forma di fobia della morte per molti anni, ricordando la sua agonia e ci vollero tempo e pazienza per fargli superare il problema.

Myriam aveva tre o quattro anni quando nel ‘68 fece notare a sua madre che il vestito che indossava era molto simile a quello della sua precedente mamma e le chiese di toglierselo perché le ricordava la spiacevole vita passata in una zona semidesertica. In quella esistenza si doveva prender cura dei suoi fratelli e delle sue sorelle, andando in cerca d’acqua e cibo nel deserto. Proprio per tirar su l’acqua dal pozzo un brutto giorno era morta a causa d’una tempesta di sabbia. I suoi ricordi, purtroppo non verificabili, erano molto vividi e comprendevano l’aspetto fisico dei suoi genitori, il forte rispetto che portava verso gli anziani, la casupola di legno con un piccolo patio. Probabilmente l’ambiente da lei descritto potrebbe essere quello del deserto del New Mexico, dato che il patio in legno è tipico di quella regione. Anche a distanza di anni il racconto suo e della madre non si modificarono, anzi divennero più vividi a seguito di una recessione che ebbe durante un intervento chirurgico.

I tre casi illustrati non hanno spiegazioni diverse dalla reincarnazione anche perché sono stati severamente vagliati nel corso degli anni con successive interviste tese a trovare discrepanze dovute all’affievolimento dei ricordi, tipico nel caso di racconti inventati. Di certo il meglio documentato è quello di Cerunne, perché corroborato da precisi riferimenti storici, geografici e sociali. Ulteriori indagini saranno necessarie per capire se questa tipologia è tipica delle persone che vivono in Olanda (e quindi in Europa) o se essa ha valenza universale.

Un caso interessante quello presentato sul canale di Sky TV. In sintesi si trattava di questo: una bambina asseriva sin da piccola che sua madre non era la sua vera madre (forti sensi di colpa in quest’ultima). I luoghi ove viveva non erano i “suoi”, si ricordava inoltre come era morta (annegata in un fiume) e tutto il resto che accompagna simili dichiarazioni. Più in là con gli anni decidono lei e la famiglia di incontrare la famiglia “originale” ancora vivente. La ragazza “riconosce” subito la madre, le si butta in ginocchio. La “madre” riconosce nella ragazza la bambina morta annegata nel fiume anni prima. Quest’ultima, capace di nuotare e senza fobie riguardanti l’acqua prova un terrore quando passa sul punto del fiume dove “era” annegata. I fatti si sono svolti nello Sri Lanka, paese dove la reincarnazione è in genere accettata e le persone non hanno paure di parlarne…

I tibetani sono affascinati dalle storie dei bambini incarnati, come si può vedere dalla letteratura tibetana e della tradizione orale. Il primo bambino incarnato fu il principe Siddharta, il Buddha storico. Tra tutte le storie di incarnazioni, le più affascinanti e interessanti sono quelle che riguardano i Dalai Lama.

Il concetto della reincarnazione del creatore e della rinascita delle sue creature è molto antico. Sebbene la reincarnazione e la rinascita condividono lo stesso principio del ritorno all’esistenza, esse differiscono per quanto riguarda i livelli del loro essere, lo scopo e le funzioni. La teologia hindu parla delle dieci incarnazioni del Dio (Vishnu) come degli operatori dello schema divino per reindirizzare quelle creature che tendono ad allontanarsi ulteriormente dal loro creatore. Le incarnazioni, quindi, provengono dalla fonte più elevata, il Dio, le cui creature non possiedono tale capacità. Per quanto riguarda la tradizione buddista, le incarnazioni hanno origine dalle Menti Illuminate che, a loro volta, vengono dal comune intelletto umano. Come dice il proverbio: “Il burro nasce dal latte, i Buddha dagli esseri senzienti”. Le incarnazioni sono il risultato dell’elevazione della consapevolezza dell’uomo e della padronanza delle facoltà spirituali. Si crede che ogni uomo o donna incarnati siano predestinati ad avere un ruolo nel destino spirituale dell’umanità.

La storia delle incarnazioni in Tibet è parte essenziale di quello che la tradizione descrive come uno schema cosmico di Menti Illuminate. Dal loro stato psicologico supremo provengono manifestazioni spirituali e incarnazioni umane che mettono in moto una tale infinita fissione. Ciononostante, gli esseri umani non possono e non devono restare spettatori impotenti, perché anche loro sono capaci di raggiungere simili risultati e ruoli. Tutti gli uomini e le donne possiedono un potenziale spirituale più elevato. La sedazione dell’autoillusione e della distorsione interiore attraverso la disciplina morale e la trasformazione intellettuale sono i concreti passi base per la realizzazione della saggezza trascendente e della compassione illimitata.

Tali processi d’illuminazione vanno ulteriormente estesi al servizio agli esseri senzienti, nei limiti della propria capacità e del proprio livello di realizzazione. Gli esseri senzienti cosmici vanno considerati da ogni iniziato come una sfida cui lavorare, attraverso una grande aspirazione e sempre nuovi tentativi.

Prima di affrontare le incarnazioni nei bambini, è forse necessario spiegare brevemente il concetto buddista di rinascita, l’omologo esistenziale della teoria della reincarnazione. Fondamentale nel credo della rinascita è l’idea di una consapevolezza individuale. In quanto flusso incessante di energia spirituale primaria, essa agisce come un legame concorrente con il nuovo corpo nell’utero della madre. La natura della rinascita è strettamente legata ai pensieri e le azioni passate (o ne è l’effetto). La rinascita è quindi una parte essenziale della legge naturale della causalità. Anche le reincarnazioni sono soggette al ciclo della nascita, decadenza, malattia e morte. A differenza dei comuni esseri senzienti, si ritiene che le incarnazioni siano capaci di realizzare il proprio destino prestabilito e di compiere i propri obblighi spirituali.

Secondo la tradizione buddista, la fonte di questa incarnazione era un Bodhisattva che, attraverso molte successive incarnazioni, aveva cercato di liberare gli esseri senzienti dalla loro infelicità esistenziale. Il suo immediato predecessore era stato Dampa Togkar, un sovrano celestiale del Paradiso Gioioso in questo “Universo Intrepido” (“Mejik Jigten”). Forse vale la pena ripetere la storia tradizionale, sia per il suo significato spirituale che per le sue implicazioni cosmiche.

Il sovrano celestiale aveva previsto l’epoca in cui reincarnarsi in forma umana per poter realizzare il suo voto passato di guidare l’umanità verso l’emancipazione spirituale, durante l’età di crisi e conflitti. Dampa Togkar proclamò il Bodhisattva Maitreya – il suo compagno celeste – reggente.

Dampa Togkar rinacque come principe Siddharta nella terra dell’albero della melarosa (“Zambudippa”) in una notte di luna piena (563 avanti Cristo). Un vecchio asceta interpretò i segni corporei del bambino: “Egli sarà uno straordinario monarca se sceglierà di seguire la vita mondana. Oppure sarà un grande insegnante dell’umanità che mostrerà il cammino della pace interiore”. Questo era il Buddha!

Il piccolo principe Siddharta dimostrò molte qualità insolite. La sua compassione abbracciava non solo l’umanità, ma tutti gli esseri senzienti. Egli era molto turbato non solo dalle condizioni della vita umana, ma anche dall’illusione interiore dell’uomo. La sua percezione e creatività intellettuali erano focalizzate sulle radici più profonde dell’infelicità esistenziale. Da allora, un grande numero di uomini e donne insigni è stato riconosciuto come reincarnazioni di vari Buddha e Bodhisattva.

La reincarnazione come istituzione cominciò nel Tibet, all’inizio del dodicesimo secolo, con Dusum Khenpa, il primo Karmapa (1110 – 1193) e il primo dei lama incarnati (“Tulku”). Fino a oggi ci sono state sedici successive reincarnazioni di questo lama; il sedicesimo Karmapa visse in India.

Dusum Khenpa nacque durante un periodo di rinascimento buddista nel Tibet, quando monasteri maschili e femminili si formavano dappertutto. Era un momento quanto mai opportuno per rinforzare il lignaggio sempre più vasto di insegnanti straordinari.

Nel 1110, l’anno del ferro e della tigre, una coppia profondamente religiosa del Tibet orientale partorì un bambino. Crescendo, quest’ultimo stupì tutti per l’intelligenza, la compassione e le percezioni extracorporee. Era in grado di descrivere eventi del passato o del futuro. Riconoscendo il suo grande potenziale spirituale, i genitori decisero che doveva ricevere un’educazione monastica. Nel corso dei suoi studi religiosi, divenne discepolo di molti grandi lama. Dopo non molto tempo, venne considerato non solo un grande insegnante, ma anche l’incarnazione vivente del Bodhisattva Avaloketesvara (la personificazione della compassione illimitata). Essendo il discepolo principale dell’Incomparabile Gampopa, divenne il fondatore della scuola Karma Kagyu del buddismo tibetano. Dusum Khenpa lasciò un testamento segreto in cui rivelava i dettagli della sua incarnazione, in modo che i suoi discepoli potessero trovarlo senza dubbi o difficoltà. Morì all’età di ottantaquattro anni. Questa pratica di predire il luogo di nascita, i nomi dei genitori, ecc. si ripeté per ogni Karmapa seguente, fino al quindicesimo. L’attuale Karmapa è stato scoperto in base alle esatte predizioni del suo predecessore. Ogni bambino incarnazione dei Karmapa ha qualità sublimi. Tra le loro caratteristiche comuni c’erano straordinari poteri spirituali e il conseguimento dell’illuminazione e della visione. Il presente sedicesimo Karmapa fu l’incarnazione vivente di tutto ciò.

Tra tutte le storie di incarnazioni, le più affascinanti e interessanti sono quelle che riguardano i Dalai Lama. La prima di quattordici incarnazioni successive fu quella del grande Gedundrub (1391 – 1474), uno dei principali discepoli dell’Incomparabile Tsongkapa (1357 – 1419), il fondatore dell’ordine Gelukpa.

Ogni bambino-Dalai Lama è stato scoperto grazie a un testamento profetico, una guida oracolare e l’osservazione di straordinarie qualità personali. Il processo di ricerca si diversificò all’epoca della scoperta del tredicesimo e del quattordicesimo Dalai Lama. Le visioni profetiche nel lago sacro di Chokhorgyal e la capacità di ciascun bambino candidato di ricordare la sua vita passata (in vari modi) cominciarono a svolgere un ruolo cruciale. Così, per esempio, il tredicesimo Dalai Lama (1876 – 1933) fece alcune cose strane prima di morire, ma all’epoca sembravano tanto normali che nessuno si accorse del loro significato profetico in relazione alla morte di Sua Santità e all’insediamento della sua seguente incarnazione.

Nel 1920, dodici anni prima di morire, il Dalai Lama ordinò all’artista di Palazzo di dipingere un uccello blu sul muro occidentale del Palazzo del Potala, e un dragone bianco su quello orientale. Tra le due mura c’erano delle scale che portavano alle sue stanze private. Gli ufficiali e gli artisti impegnati nella ristrutturazione del Palazzo del Potala ritennero molto strana questa idea. Secondo loro, queste immagini non avevano attinenza né con il tema artistico né con lo schema formale delle mura. Dopo circa venti anni, il significato profetico cominciò a rivelarsi, quando eventi di grande importanza cominciarono ad avere luogo davanti ai loro occhi.

L’uccello blu venne interpretato come la raffigurazione dell’anno dell’acqua e dell’uccello (1933), in cui morì il tredicesimo Dalai Lama. Il muro occidentale simboleggia la direzione ovest – quella del Palazzo Norbu Lingka – dove egli morì; il colore blu indica l’acqua. Il dragone bianco indicava l’anno del ferro e del dragone (1940), quello dell’insediamento ufficiale nel Palazzo del Potala della sua reincarnazione, il quattordicesimo Dalai Lama. Il muro orientale sembrava suggerire che il nuovo Dalai Lama sarebbe nato nel Tibet orientale. La prima fase delle ricerche del suo successore cominciò con un lungo periodo di preghiere nazionali nei monasteri maschili e femminili, nei templi privati e pubblici, e infine nelle case. Una preghiera speciale venne composta dal reggente Reding, un grande lama incarnato. La direzione generale in cui cercare la nuova incarnazione venne individuata attraverso la consultazione di grandi lama e di oracoli di stato. Anche i componenti delle varie squadre di ricerca vennero scelti attraverso la divinazione e l’oracolo. Ogni gruppo era guidato da un grande lama, che era accompagnato da molti ufficiali. E ogni squadra di ricerca inviò informazioni preliminari su possibili ragazzi-candidati. Sin dall’inizio, i candidati provenienti dal sud vennero considerati “possibilità remote”, perché il governo aveva avuto molti segni e indicazioni che la vera direzione sarebbe stata l’oriente. Adesso gli sforzi erano rivolti all’individuazione di una regione, un luogo e una famiglia specifici. In un contesto già misterioso come la ricerca di un bambino-Dalai Lama, esisteva una tradizione ancora più misteriosa, come la ricerca di un’ispirazione profetica presso un lago sacro chiamato “L’anima della Dea” (“Lhamoi Latsho”), situato a Chokhorgyal, nel Tibet sudorientale, a circa sei giorni di viaggio da Lhasa. Il lago era stato consacrato da Gedun Gyatsho, il secondo Dalai Lama (1476 – 1542). Esso aveva un’importanza tanto grande che lo stesso lama reggente si persuase a compiere il viaggio. Il reggente era stato lui stesso uno straordinario esempio di incarnazione in un bambino che aveva dato straordinarie dimostrazioni di poteri mentali. Per molti giorni, i lama celebrarono funzioni religiose in onore di Palden Lhamo, la guardiana della fede buddista, mentre il reggente stesso era in meditazione e osservava il lago. Ciò che vide fu trascritto in appunti segreti personali che vennero fatti leggere al governo e al primo ministro.

Apparentemente, le immagini osservate erano chiare come i riflessi su uno specchio. Il reggente aveva visto tre lettere tibetane: “a”, “ka” e “ma”. La visione successiva fu quella di un monastero di tre piani, con un tetto dalle tegole blu e una decorazione dorata. Dal lato est del monastero una strada bianca andava direttamente verso la base di una collina e una casetta dal tetto blu. La lettera “a” fu interpretata come la regione “Amdo” del Tibet (dove bisognava cercare il bambino-incarnazione), “ka” sembrava indicare il monastero Kubhum nel Tibet orientale, e “Ma” indicava un altro famoso monastero nelle vicinanze.

La squadra di ricerca riuscì a identificare questo monastero con la grande lamasseria di Kubhum e la casetta dal tetto blu come la casa della famiglia Taktsher, nella regione Amdo del Tibet orientale. Il figlio di questa famiglia sarebbe stato riconosciuto come il quattordicesimo Dalai Lama.

I quattro membri di una squadra di ricerca, travestiti, vennero ospitati da questa famiglia, secondo la tradizione di accogliere i monaci e i pellegrini. Ketsang, il lama capo dal monastero Sera, vestito come un servo e alloggiato nell’appartamento della servitù, portava al collo il rosario personale del tredicesimo Dalai Lama. Il figlio di due anni della famiglia Taktsher si sedette vicino a lui, salutandolo con tanto entusiasmo come se lo avesse sempre conosciuto. Toccando il rosario, disse: “Mi piacerebbe averlo”. Il servo rispose: “Te lo darò se mi dirai chi sono”. Allora il bambino disse: “Sei un lama del (monastero di) Sera”, dopodiché recitò il mantra “Mani mani”, versione ridotta di “Om mani padme hum”. Questo è il mantra più popolare del Bodhisattva della compassione, la cui principale incarnazione si ritiene sia quella del Dalai Lama. Al che il lama capo disse: “Dimmi chi è il signore nella stanza accanto”. “È Tsedrung Lozang” fu la risposta, corrispondente alla realtà (il termine “tsedrung” indica un monaco ufficiale del Palazzo del Potala). Il bambino poi proseguì identificando la guida come Kalzang e la quarta persona come un monaco di Sera. La squadra era molto meravigliata dalla scoperta della straordinaria mente del bambino. Questo fu il momento cruciale della lunga, delicata e difficile missione che scoprì il bambino-Dalai Lama.

La squadra di ricerca mandò un messaggio in codice al governo di Lhasa, chiedendo il permesso di sottoporre il bambino a un esame personale che avrebbe dovuto provare o meno la sua autenticità. Nella capitale, il successo dell’esame preliminare venne confermato dall’Oracolo di Stato principale, il Neychung Chokyong. Seguì il passo più importante di questo complicato esame personale. La squadra di ricerca tornò a casa Taktsher. A entrambi i genitori venne chiesto il permesso di mettere alla prova il bambino in questa maniera: oggetti appartenuti al tredicesimo Dalai Lama, ognuno con una copia o una replica, vennero disposti su un tavolo di legno. I quattro membri della squadra di ricerca si sedettero ai lati. Il bambino venne fatto entrare e il lama capo, mostrandogli due rosari, gli chiese quale desiderava.

Senza esitazioni, il bambino afferrò quello vero, appartenuto al tredicesimo Dalai Lama, e se lo mise al collo. Poi gli vennero mostrati due bastoni da passeggio, di canna. All’inizio, il bambino prese la copia di quello vero. Pensando che il bambino adesso stava compiendo un errore, la missione di ricerca rimase per un attimo scioccata, ma senza mostrare la propria delusione. Il bambino, dopo aver esaminato la punta e il manico dei due bastoni, lasciò cadere la copia e prese quello vero, come se fosse sempre stato suo. Più tardi, si scoprì che il “falso” bastone era stato inizialmente usato dal tredicesimo Dalai Lama, ma era stato offerto al lama Drupkhang Rinpoche. Alla fine era diventato proprietà del capo della missione di ricerca. Quindi, in realtà, non si trattava di un falso. Adesso veniva l’ultima prova, che riguardava due tamburelli. Il loro bordo era fatto di avorio, e uno aveva una maniglia, mentre l’altro, una copia creata appositamente, aveva una striscia d’oro e un fiocco di broccato multicolore che lo rendevano molto più attraente. La squadra guardava nervosamente, temendo che il bambino potesse prendere il tamburello sbagliato, che era più bello. Ma di nuovo il bambino prese quello vero, senza la minima esitazione. Suonando il tamburello, egli guardò intensamente ogni membro della squadra. Tutti erano così commossi dal prodigioso spettacolo di questo bambino dalla mente di un grande lama, che abbandonarono l’idea di condurre esami simili su molti altri bambini-candidati. Così, il piccolo figlio dei Taktsher venne proclamato il quattordicesimo Dalai Lama (che ora vive in India). La fede dei tibetani in lui come in un Bodhisattva vivente è stata incrollabile!

(5 – continua)

Giovanni Mongini