ASIAN FILM FESTIVAL 2020

La diciassettesima edizione dell’ASIAN FILM FESTIVAL presenta in anteprima 27 lungometraggi e 3 cortometraggi provenienti da 10 paesi dell’Asia orientale (Giappone, Corea del Sud, Cina, Filippine, Hong Kong, Taiwan, Indonesia, Malesia, Thailandia, Vietnam) e avrà luogo, dal 30 luglio al 5 agosto, a Roma presso la Casa del Cinema di Villa Borghese in Largo Marcello Mastroianni 1. Le proiezioni del pomeriggio saranno nel comfort della Sala Deluxe, quelle serali, a partire dalle 20.45 nel Teatro all’Aperto Ettore Scola, per godere i film in serenità e nel fresco del parco.

L’ASIAN FILM FESTIVAL 2020, diretto da Antonio Termenini, presenta quest’anno una selezione del meglio del cinema di ricerca e indipendente asiatico, spaziando dalla fantascienza all’horror fino al noir e al mainstream, con una grande attenzione per gli esordi e i giovani registi della ricca sezione “Newcomers”.

Significativa è la programmazione di ben 8 lungometraggi provenienti dalle Filippine per festeggiare i 100 anni del cinema filippino con il meglio delle produzioni più recenti. Tra queste, si segnala “The Halt” di Lav Diaz, della durata di 4 ore e 40 minuti (quasi un cortometraggio, per gli standard del regista!), che era stato presentato a Cannes nel 2019 e poi è rimasto sostanzialmente invisibile: un film potente e provocatorio che immagina un vicino futuro cupo troppo simile al presente. Altro film importante è “Kaputol”, di Mac Alejandre, che mescola passato, presente e futuro, realtà e finzione, film nel film, per raccontare una dolorosa storia di scomparse e speranze. Nella serata di chiusura viene inoltre presentato “Kalel, 15” di Jun Lana, storia di un’adolescenza difficile negli slum di Manila.

Sabato 1 agosto è tempo di “Korean Day” – una giornata interamente dedicata al cinema sud coreano – in cui vengono presentati 4 lungometraggi e un cortometraggio. “Second Life” di Park Young-ju e “Our Body” di Han Ka-ram sono gli esordi di due registe strabilianti e talentuose, che raccontano con minimalismo e attenzione al dettaglio le storie problematiche di un’adolescente (“Second Life”) e una donna matura (“Our Body”) alle prese con scelte difficili. “Jesters: The Game Changers” di Kim Joo-ho è un film ad ambientazione storica che ha anche un impatto sull’attualità: racconta di un gruppo di acrobati assoldato dal re per migliorare la sua immagine presso la popolazione, e come tale è un fresco film d’intrattenimento, ma è anche un’utile allegoria per ragionare su costruzione del consenso e fake news nell’epoca della post-verità. Infine, viene presentato anche il recente film di Kim Ki-duk Human, “Space, Time and Human”, che sembra provocatoriamente fare eco ai guai etici e giudiziari in cui si è cacciato il tormentato regista.

Per quanto riguarda il Giappone, nella serata di apertura viene presentato “First Love” di Takashi Miike, uno scatenato e sorprendente film di yakuza che è anche un amorevole studio su outsider ed emarginati. Chiude invece il festival “A Girl Missing” di Koji Fukada, autore indipendente raffinato, già acclamato nei maggiori festival internazionali, che qui presenta una fibrillante storia di colpa e anelito alla redenzione. Per stuzzicare gli incubi estivi, festeggiamo anche il ritorno di Hideo Nakata alla saga di “The Ring” con “Sadako”, new entry nel fortunato franchise del terrore che vede ancora una volta lo spirito della vendetta di Sadako tormentare i vivi.

Da Hong Kong è da segnalare “Apart”, di Chan Chit-man, che coglie quasi in presa diretta il complicato spirito dei tempi della Regione ad amministrazione speciale cinese nel raccontare le rivolte del Movimento degli ombrelli del 2014 e le più recenti proteste di piazza. Prosegue anche il lavoro che unisce tematiche LGBTQ e ricerca di un’identità locale con due film toccanti e sentiti come “Tracey” di Jun Li e “I Miss You When I See You” di Simon Chung.

Altri temi che percorrono in filigrana il festival sono il rapporto tra relazioni umane e violenza (il filippino “Battered Husband”, il quasi-horror malese “Walk with Me”, il vietnamita in costume “The Third Wife”) e la marginalità sia come spleen esistenziale (i cinesi “Intimacy” e “From Tomorrow On I Will”), sia come malattia (l’autismo del malese “Guang”) che come alterità alla società (i tossicodipendenti tormentati del taiwanese “The Paradise”).

Per informazioni, prezzi, abbonamenti e dettagli date un’occhiata al sito ufficiale dell’ASIAN FILM FESTIVAL 2020.

Non mancate!

A cura della redazione