PICCIRILLI

Da tempo la capienza della mia biblioteca è ai limiti. Dovrei farla ampliare ma il legno e la mano d’opera sono cari e preferisco rinviare queste spese a beneficio di altre più urgenti. Per il momento ho trovato una soluzione provvisoria: ho disposto i libri orizzontalmente riuscendo così a sfruttare meglio il poco spazio disponibile.

Si sa che sui libri, siano essi disposti orizzontalmente o verticalmente, si deposita la polvere, si annidano insetti e crescono ragnatele. Io non ho né il tempo, né la pazienza né la predisposizione per fare periodicamente la pulizia necessaria.

Un sabato nuvoloso di alcuni mesi fa mi decisi finalmente a tirare fuori ad uno ad uno tutti i libri, a spolverarli e a passare un panno di flanella inumidito sui palchetti.

In uno dei ripiani più bassi trovai Piccirilli. Nonostante la polvere di quegli angoli il suo aspetto era impeccabile come sempre. Ma questo lo notai dopo. All’inizio mi sembrò un semplice pezzetto di corda o qualcosa del genere. Mi sbagliavo: era proprio Piccirilli, dalla testa ai piedi. Ovvero un perfetto ometto di cinque centimetri di statura.

Cosa assurda, mi sembrò strano che fosse vestito. Non c’era proprio nessun motivo per cui dovesse essere nudo e il fatto che Piccirilli sia così minuto non ci autorizza a concepirlo come un animale. Per essere dunque più precisi, non mi sorprese tanto il fatto che fosse vestito, quanto come era vestito: stivali alti e slargati, giubba con ampia falda, camicia vaporosa con merletti, cappello piumato e spada alla cintura.

Piccirilli, con i suoi baffi irti e la barbetta ispida era una perfetta riproduzione in miniatura di D’Artagnan, l’eroe de I Tre Moschettieri, come lo ricordavo da vecchie illustrazioni.

Ebbene: perché l’ho battezzato Piccirilli e non D’Artagnan, come sarebbe più logico? Penso per due ragioni strettamente correlate: la prima è che il suo fisico affilato esige propriamente le piccole “i” di Piccirilli e rifiuta di conseguenza le tozze “a” di D’Artagnan; la seconda è che Piccirilli non ha capito una parola quando gli ho parlato in francese: ciò dimostra che non essendo francese non può essere nemmeno D’Artagnan.

Piccirilli avrà cinquant’anni; i suoi capelli scuri sono attraversati da alcune fibre bianche. Gli attribuisco l’età considerandolo un essere delle nostre dimensioni. Ma non so se per la piccolezza di Piccirilli il tempo adotta identiche proporzioni. Vedendolo così minuto uno tende a pensare (a ragione?) che la sua vita sia più breve e che il suo tempo trascorra più in fretta del nostro, come nel caso delle bestiacce e degli insetti.

Ma chi può saperlo? E anche se fosse così, come si spiega allora il fatto che Piccirilli indossi abiti del Seicento? E’ ammissibile che Piccirilli abbia circa quattrocento anni? Piccrilli, questo essere quasi senza spazio, può essere padrone di un tempo così grande? Piccirilli, questa creatura dall’aspetto così debole?

Mi piacerebbe fare queste e altre domande a Piccirilli e vorrei che mi rispondesse; di fatto gliele faccio spesso e Piccirilli in effetti mi risponde. Ma non riesce a farsi capire né sono certo che capisca le mie domande. Mi ascolta, sì, con aria attenta, e non appena smetto di parlare non tarda a rispondermi. A rispondermi: ma in che lingua s’esprime Piccirilli? Magari parlasse una lingua che io non conosco: il guaio è che s’esprime in una lingua che non esiste sulla terra.

A dispetto del suo fisico consono alla “i”, la vocina acuta di Piccirilli emette soltanto parole che ammettono esclusivamente la vocale “o”. E’ chiaro che, essendo il timbro di voce di Piccirilli estremamente acuto la “o” suona quasi come una “i”. Ma questa è solo una mia mera congettura, in quanto Piccirilli non ha mai pronunciato la “i”, cosicché non posso nemmeno essere sicuro che quella “o” sia veramente una “o” oppure, a rigore, che non sia nessun’altra vocale.

Ho cercato, con le mie scarse conoscenze, di scoprire che lingua parla Piccirilli. I tentativi si sono rivelati infruttuosi; l’unica cosa che sono riuscito a stabilire in tale lingua è un’ invariabile successione di consonanti e vocali.

Questa scoperta potrebbe avere una qualche importanza se si fosse sicuri che Piccirilli parla realmente una lingua. Si sa che ogni lingua, per quanto povera o primitiva sia, ha un’ampiezza ragionevole. E il fatto è che tutto il vocabolario di Piccirilli si limita ad una sola frase:

-Dolokotoro povosoro kolovoko.

La chiamo frase per comodità: chi può sapere che significato contengono queste tre parole?! Sempre se sono parole e se sono tre. Le scrivo così perché queste sono le pause che mi sembra di percepire nell’elocuzione monocorde di Piccirilli.

Che io sappia, nessuna lingua europea possiede tali caratteristiche foniche. Quanto a lingue africane, americane o asiatiche, la mia ignoranza è totale. Ma ciò non mi preoccupa, dal momento che Piccirilli sembra proprio essere d’origine europea come noi.

Perciò mi sono rivolto a lui con frasi in spagnolo, inglese, francese, italiano; ho tentato con parole in tedesco. In tutti i casi la vocina imperturbabile di Piccirilli rispondeva:

-Dolokotoro povosoro kolovoko.

A volte Piccirilli mi fa indignare; altre volte provo compassione per lui. E’ palese che gli dispiace non riuscire a farsi capire e a sostenere una conversazione con noi.

Con noi intendo mia moglie ed io. L’intrusione di Piccirilli non ha provocato nessun cambiamento nelle nostre vite. Di sicuro apprezziamo, e addirittura amiamo, Piccirilli, questo minuscolo moschettiere che mangia educatamente con noi e che conserva, chissà dove, un corredo proporzionato alle sue dimensioni.

Anche se non riesco a farlo rispondere alle mie domande, so che sa che lo chiamiamo Piccirilli e dimostra di non avere nulla in contrario ad essere chaimato così.. A volte mia moglie lo chiama affettuosamente Picci. Questo mi sembra un eccesso di confidenza. E’ vero che il suo aspetto minuto si presta a nomignoli e diminutivi carini. Ma è anche vero che è una persona ben adulta, con i suoi quattro secoli di vita, e sarebbe più opportuno chiamarlo signor Piccirilli, sebbene risulti molto difficile chiamare signore un uomo dalle dimensioni così ridotte.

In generale Piccirilli ha modi forbiti e un comportamento esemplare.  Tuttavia  a  volte gioca ad attaccare le mosche o le formiche con la sua spada. Altre volte si siede su un camioncino giocattolo che io tiro con uno spago facendogli fare lunghe passeggiate per la casa. Questi sono i suoi rari spostamenti.

Si annoierà Piccirilli? Sarà solo al mondo? Ci saranno dei suoi simili? Da dove sarà venuto? Quando è nato? Perché veste come un moschettiere? Perché vive con noi? Quali sono i suoi propositi?

Domande infruttuose ripetute centinaia di volte alle quali Piccirilli risponde monotono:

-Dolokotoro povosoro kolovoko.

Quante cose vorrei sapere di Piccirilli, quanti misteri si porterà via quando morirà.

Sì, perché purtroppo Piccirilli è moribondo da alcune settimane. Abbiamo sofferto molto quando è caduto malato. Abbiamo capito subito che si trattava di una malattia grave. Come curarlo? Chi s’azzarderebbe a sottoporre al parere di un medico il corpicino di Piccirilli? Che spiegazioni potremmo fornire? Come spiegare l’inspiegabile, come possiamo parlare di ciò che non conosciamo?

Sì, Piccirilli ci lascia. E noi, passivamente, lo lasceremo morire. Già mi preoccupo di cosa faremo del suo quasi intangibile cadavere. Ma mi affligge di più, infinitamente di più, non essere riuscito a sviscerare un segreto che ho avuto tra le mani e che inevitabilmente mi sfuggirà per sempre.

Fernando Sorrentino

(Da: En defensa propia, Buenos Aires, Editorial de Belgrano, 1982. Traduzione di Alessandro Abate)