IMAGELAND – PARTE 05

Cap. 5°

Imageland prosperava … Rallegrava il cuore vedere le botteghe ormai tutte aperte ed in funzione, mentre le loro belle insegne si muovevano ad una brezza leggera o spiccavano con grandi lettere colorate sulla porta d’ingresso.

I prati e le radure che costeggiavano il paese erano tutto un brulicare di mandrie e pastori, mentre i campi coltivati mostravano ad un cielo ridente i loro tesori: frutta ed ortaggi infatti non mancavano mai ad Imageland e le piazzette del paese venivano spesso trasformate in animati mercatini per la loro vendita.

Soltanto il castello se ne rimaneva isolato … vuoto e deserto com’era, stagliandosi imponente all’orizzonte a sovrastare il monte, assomigliava a un vecchio burbero ed orgoglioso che amava starsene per suo conto.

Ecìla, sempre con quel suo sguardo ad occhi socchiusi, l’osservava spesso, ma dentro di sé intuiva … sentiva che non era ancora giunto il momento di dare degli abitanti a quel castello … I suoi futuri occupanti erano ancora “al di là da venire” … informi abbozzi di creta a cui la sua mente non voleva ancora dare una forma concreta.

Le giornate di Ecìla erano comunque divenute ormai piene e gratificanti.

Si svegliava molto presto al mattino, proprio al fine di trovare il tempo necessario per poter salutare tutti i bottegai e recarsi poi fuori dal paese per osservare le greggi e scambiare qualche parola con i pastori e i contadini. <Buongiorno signorina Ecìla…> dicevano il fabbro, il falegname, la merciaia, lo stagnino, ecc …

<Buongiorno Tonio … Buongiorno G- a- b -r- i- e l …> ed Ecìla pronunziava quel nome quasi sillabandolo, quasi a voler prolungare quei brevi momenti insieme.

<Buongiorno Alfred … Richy … Ada … Buongiorno!> Ed era tutto uno scambio di sorrisi, di moine.

<Oggi è una bellissima giornata!>

Oppure

<Tanta pioggia, ma è benefica per l’agricoltura!>

<Oggi vi trovo particolarmente bella, signorina Ecìla.> affermavano poi sempre prima di salutarsi.

E così ogni giorno, con cronometrica puntualità.

Tutti comunque parevano contenti del loro ruolo e di quel paese che aveva dormito a lungo nella mente di Ecìla, per poi uscire allo scoperto e prendere vita.

Tutti … ma Ecìla sapeva che vi era ancora molto da fare, così come sapeva che vi era ancora tanta incompletezza in Imageland … Aveva infatti l’impressione – e ciò aveva di nuovo reso insonni le sue notti – che vi fosse in quel paese qualcosa di falso … di artificioso, ma non avrebbe saputo dire “cosa”.

Ancora in sospeso rimaneva poi la questione “amica” e “genitori”.

Figure essenziali nella vita di ognuno ed ancora più per Ecìla che si era da sempre percepita ”sola” … un prodotto che, come il paese di Imageland, pareva, a sua volta, sorto dal nulla.

Ma quei genitori e quell’amica erano refrattari a visitare la sua mente … nascosti ed impigliati in qualche angolo remoto di lei, stentavano a venire alla luce.

E poi venne la neve … fiocchi leggeri sfarfallavano nell’aria e, dopo graziose giravolte, si adagiavano sui tetti delle case, sulle allegre viuzze, sulle silenti piazzette. La ringhiera di ogni balcone offriva trine argentate ed al gorgoglio delle fontane si erano sostituiti ornamenti di ghiaccio … come pendenti ad abbellire gli orecchi e la gola di una bella donna.

Il castello, addormentato sulla cima del monte, aveva un manto nuovo, da dove soltanto gli alti pinnacoli parevano bucare tutto quel biancore.

Ecìla, da dietro i vetri di una finestra, osservava quella nuova magia decorare con mani di fata Imageland.

Un improvviso brusio la riscosse da quella estatica contemplazione ed Ecìla, per scoprirne la causa, uscì all’aperto, facendosi presto ricoprire da quella danza di candidi fiocchi ed ispirando quell’aria frizzante che le sfiorava il volto, arrossandole le gote.

Come in un presepe tutti i bottegai, che avevano lasciato le loro botteghe, se ne stavano rigidi ed immobili in mezzo alla via e, con i volti rivolti verso il cielo, parevano volersi trasformare, a loro volta, in statue di ghiaccio.

Ecìla provò allora di nuovo quella sensazione di irrealtà … quella sensazione sgradevole di un gesso nuovo che aggredisce la lavagna.

“Cosa avevano di sbagliato o di mancante quelle brave persone scaturite dalla sua mente?”

Poi qualcosa si mosse in fondo alla via e, tra i giochi e le danze delle farfalle di neve, apparvero due persone: un uomo ed una donna.

L’uomo, in un elegante gessato blu, era alto ed aveva barba e capelli grigi, ma il suo volto era quasi privo di rughe; la donna invece, esile e graziosa nel suo vestito a fiori, aveva folti capelli castani, raccolti in un nodo sul collo, ed occhi simili ad un lago di montagna.

L’eco di una somiglianza colpì Ecìla che, istintivamente, osservò il suo abito … e lo trovò identico a quello della donna sconosciuta!

La coppia avanzava tranquilla e sorridente, fendendo presto la folla dei bottegai e, quando si trovarono quasi a sfiorare Ecìla, intensificando quel sorriso già stabile sulle loro labbra, esclamarono all’unisono:

<Salve Ecìla, siamo i tuoi genitori!>

Ecìla fu assalita da un brivido … un soffio di gelo che non le regalava soltanto la neve, poiché anche dal suo cuore parve provenire “un crack” come di un ramo che si spezza.

Senza una parola, voltò allora la schiena ai nuovi venuti ed, in silenzio, prese a dirigersi verso casa, ma, dal rumore dei passi, si accorse che la stavano seguendo.

Seguitando a camminare notò poi che, mentre lei rabbrividiva, i bottegai, vestiti ancora con gli abiti estivi, così come erano scaturiti dalla sua immaginazione, mostravano di non percepire affatto il freddo pungente e, voltandosi ad osservare i genitori che la seguivano, si accorse che, a loro volta, sembravano non rabbrividire nei loro abiti leggeri … sua madre, addirittura, lasciava che la neve le riempisse l’ampia scollatura del leggero abito senza neppure notarla.

Arrivata sulla soglia di casa Ecìla ebbe un attimo d’esitazione ed, aperto l’uscio, ebbe quasi la tentazione di chiuderlo in faccia ai nuovi arrivati, ma, educatamente, si scansò poi per lasciarli passare e quelli, con estrema disinvoltura, entrarono  nella sua abitazione.

(5 – continua)

Myriam Ambrosini