IL DRAGO

Proviamo ad immaginarci catapultati indietro di qualche secolo, nelle vesti di un paladino medievale o di un cavaliere alla corte di qualche re: avremmo sicuramente a che fare, prima o poi, con quella figura fantastica e mitologica che è il drago.
In occidente questo animale è sempre stato rappresentato come un alleato del maligno e quindi non aveva proprio nulla di buono e il fatto di riuscire ad ucciderlo significava essere illuminati da Dio (come San Michele e il più famoso San Giorgio).
In oriente invece il drago era il simbolo benefico per eccellenza, tanto da essere il rappresentante in terra di quasi tutte le cause benigne delle manifestazioni naturali.
Così è successo che l’iconografia e le tradizioni occidentali hanno sempre rappresentato questo mostro con occhi iniettati di sangue, pelle a squame come i pesci e i rettili, ali da pipistrello gigante e folta barba sotto il mento, per renderne minaccioso l’aspetto (un po’ come il suo sovrano, il Demonio in persona). Ma la caratteristica principale dei draghi occidentali è da sempre la capacità di emettere “fuoco e fiamme lucenti, con un boato tale da far pensare a qualche creatura del diavolo”. E infatti, come dicevamo, era proprio questo che si pensava del drago, che fosse cioè un animale diabolico.
Tutte queste descrizioni ci vengono fornite da Gesner, naturalista svizzero, nella sua “Historia animalium” (1551). Andando contro la tradizione classica cinese ed orientale in generale, che rappresentava il drago come un animale senza zampe o al massimo con due, Gesner ce lo descrive invece come un essere quadrupede.
Un altro esperto di draghi è stato il Bochart, che distingue i draghi dai semplici serpenti, aggiungendovi altre peculiarità: “tre ordini di denti di colore rosso, nero e cinereo; attitudine a risucchiare con il fiato gli uccelli che volano nelle vicinanze; sibilo terribile”.
Molte sono anche le testimonianze del passato di gente di tutto rispetto che avrebbero assistito a voli di drago. Una per tutte quella di Cristoforo Schorer, prefetto di Lucerna, che così scrive all’amico Atanasio Kircher, autore di “Mundus subterraneus” (1665): “Nell’anno 1649 mentre contemplavo di notte il cielo sereno vidi passare a volo un dragone splendente uscito da un’immensa grotta del monte Pilato, che agitava rapidissimamente le ali. Le proporzioni erano grandissime, la coda lunga, il collo proteso in avanti, mentre il capo terminava con un muso di serpente. Mentre volava spargeva scintille come fa il fabbro quando batte sull’incudine il ferro incandescente. Pensai sulle prime di vedere una meteora ma quando ebbi guardato meglio vidi che si trattava di un dragone, riconoscendolo dai movimenti, dalle membra e dalla stessa costituzione”.
L’avvento del progresso ha un po’ fatto dimenticare oggigiorno i draghi, ma questi animali fantastici vivono per fortuna ancora nella fantasia di scrittori e registi (“Gli occhi del drago” di Stephen King, la saga di “Eragon” di Christopher Paolini, le serie dedicate a “Dragonlance”, “Dungeons & dragons” e “Forgotten realms” e il film “Il regno del fuoco”, in cui si immagina addirittura che la terra dei giorni nostri venga invasa e dominata proprio da questi esseri).
Lunga vita al drago!
 
Originariamente pubblicato sul numero 3 de LA ZONA MORTA, luglio 1990

Corretto e ampliato per il sito LA ZONA MORTA, marzo 2007

18/03/2007, Davide Longoni