QUER PASTICCIACCIO BRUTTO DE PIAZZA VITTORIO

Roma, Piazza Vittorio, al civico 70.  Un triste 19 ottobre del 1945…

All’interno 13 di un bell’appartamento degli antichi palazzi edificati intorno a Piazza Vittorio Emanuele II le sorelle Franca e Lidia Cataldi, di diciassette e ventiquattro anni, compiono un efferato duplice delitto uccidendo barbaramente Angela Barrucca, di trentaquattro anni e il figlioletto Gianni di appena due anni e mezzo.

Il piccolo Gianni e la mamma, Angela Barrucca, uccisi dalle sorelle Cataldi appena un mese dopo la fine del Secondo Conflitto Mondiale.

Delitto passionale? Non è da escludere che subito si siano scatenati i giornalisti d’assalto, ipotizzando chissà quali improbabili segreti avrebbe celato la povera signora Angela coniugata con un commerciante, tale Pietro Belli…

Nulla di tutto questo! Quasi immediatamente, anche grazie alla testimonianza del portiere dello stabile, si scopre infatti che si trattava di uno squallido delitto per rapina, originato forse da un alterco tra la madre del bimbo e le due sorelle originarie di Velletri, forse dapprima sfollate a Colleferro e poi, nel 1943, a Cesano di Roma, in precarie condizioni economiche, bisognose quindi di procurarsi in qualche modo il denaro necessario ad affrontare le dure necessità di un tragico dopoguerra.

“… da Porta Maggiore insino al Celio, insino all’antica marana, la suburra…”. In questo palazzo in stile “umbertino” al civico 70 terzo piano, interno 13 avvenne il tragico duplice omicidio delle sorelle Cataldi.

Franca e Lidia Cataldi, le due assassine della povera Angela Barrucca e del piccolo Gianni. L’azione criminale avvenne ad opera della più anziana delle sorelle, la ventiquattrenne Lidia, con la collaborazione della più giovane Franca, la quale durante l’inevitabile colluttazione subì dei tagli alla mano che qui vediamo fasciata.

Chi di spada ferisce, di spada perisce…

Esaminando la documentazione relativa a questo tristissimo episodio appare chiaro come la povera signora Barrucca abbia disperatamente tentato di difendersi, forse cercando di disarmare chi la stava aggredendo con un coltello da cucina.

Durante la colluttazione Franca Cataldi si procura una…

La documentazione attesta anche le ferite che Franca Cataldi si procurò durante la colluttazione con la signora Barrucca.

 

Era inevitabile che anche una delle due assassine, la minorenne Franca, subisse danni alle mani durante la violenta colluttazione con la signora Angela…

Forse la signora Angela prestava soldi “a strozzo”, come avranno subito commentato le solite malelingue che in ogni condominio di solito trovano insormontabili difficoltà ad occuparsi soltanto dei fatti propri?

Forse le Cataldi non erano state in grado di restituire i soldi già avuti ma ne chiedevano altri e, davanti al giusto diniego della signora Barrucca, avevano reagito violentemente, uccidendo madre e figlio?

Quel che poi appare certo è che la vittima le aveva aiutate a più riprese, anche regalando loro capi di vestiario che non le servivano più…

Così si presentò agli inquirenti il cadavere della povera Angela Barrucca, colpito da alcune coltellate e con la gola tagliata, forse in un ultimo gesto di sfregio…

Angela Barrucca, in realtà, è madre di tre bambini, due dei quali, quella tragica mattina, fortunatamente erano a scuola, altrimenti avrebbero fatto anch’essi la misera fine del fratellino e della madre. Originaria di Velletri come le due assassine, Angela viene da esse dapprima immobilizzata sul divano mentre il piccolo Gianni viene chiuso nel bagno in cui, poco dopo, verrà barbaramente sgozzato.

Il povero e innocente Gianni Barrucca viene trovato nella vasca da bagno, lì trascinato – sono evidenti le scie di sangue sulla destra della fotografia – dopo l’inutile assassinio.

Quivi sto io coi pargoli innocenti…
(Dante, Purgatorio, VII, v. 31)

Lo spettacolo che si presenta agli inquirenti poco dopo il duplice omicidio avrebbe fatto inorridire chiunque poiché, in una pozza di sangue giace anche il corpo del piccolo Gianni, sgozzato unicamente perché le due diaboliche sorelle pensavano che anche un bambino di poco più di due anni avrebbe potuto fungere da testimone del  loro efferato delitto…

Sopra, Angela Barrucca, sgozzata dalla più giovane delle Cataldi, e sotto il figlioletto Gianni, al quale le diaboliche sorelle tagliarono anche la parte posteriore del collo e poi lo posero nella vasca da bagno…

Franca Cataldi, dopo un primo tentativo di farsi dare dalla Barrucca dei soldi, pensa infatti che derubare Angela di gioielli e pellicce e poi venderli a qualche ricettatore potrebbe risolvere i loro problemi per un tempo abbastanza lungo. Così inizia a riempire una valigia con tutto ciò che potrebbe avere un certo valore, come due pellicce di volpe argentata e degli orecchini.

Ma evidentemente la povera signora Angela reagisce e, temendo la denuncia che inevitabilmente ne sarebbe derivata, le due sorelle si accaniscono sul suo corpo e più tardi anche su quello del bambino, improbabilissimo testimone di quel che sta avvenendo.

Poi, prese dal panico, le due sorelle scappano dal palazzo e gettano su un vicino muretto l’arma del delitto, un comune coltello da cucina, ora conservato presso il Museo Criminologico di Via del Gonfalone, a Roma.

Ciò che poi verrà accertato è che l’arma del delitto non è della famiglia Belli ma è stato portato proprio dalle diaboliche sorelle, la qual cosa è ineccepibile testimonianza di un duplice delitto premeditato, non preterintenzionale…

Il coltello da cucina con cui Franca e Lidia Cataldi uccisero Angela Barrucca e il di lei figliolo Gianni, di soli due anni e mezzo.

Una delle sorelle viene descritta come particolarmente eccitabile e non estranea a ricorrere all’uso del coltello anche in occasione di semplici litigi…

Appare evidente dalla consultazione dei documenti depositati presso l’Archivio di Stato che anche un banale litigio induceva una delle sorelle Cataldi a minacciare la madre con un coltello oppure a togliersi la vita…

Ma le due assassine non hanno fatto i conti con il portiere dello stabile che le vede scappare, memorizza i loro tratti somatici e poi fornisce agli inquirenti tutti quei dettagli che consentirono il loro arresto e la condanna.

Fin qui la nuda e cruda cronaca di quel lontano duplice delitto.

Naturalmente le due sorelle vengono ben presto arrestate e inizia un processo durato sette anni che le condannerà a lunghi anni di carcere, lunghissimi anni durante i quali avranno di certo potuto meditare sull’inutilità di ciò che avevano fatto solo per racimolare pochi soldi dal solito ricettatore ancor più avido e squallido di loro…

Ciò che nelle due sorelle Cataldi lascia allibiti è la totale assenza di senso morale, di emozioni, di una sorta di pentimento per quel che avevano fatto.

Una delle due, portata sulla scena del crimine lascia esterrefatti gli inquirenti poiché viene…

Dagli atti delle indagini depositate presso l’Archivio di Stato appare più che evidente la totale assenza di pentimento per aver massacrato la loro “amica” e un povero, innocente, “testimone” dell’efferato delitto.

Stralcio della pagina relativa alle prime indagini effettuate dalla Squadra Mobile di Roma. Si noti che il cognome della signora Angela fu trascritto come “Barruga”….

“Quer pasticciaccio brutto de via Merulana”

Ma allora perché il titolo di questo Capitolo riecheggia un notissimo racconto dello scrittore Carlo Emilio Gadda, Quer pasticciaccio brutto de via Merulana?, scritto con un insolito, ineguagliabile e personalissimo linguaggio, forse difficile da leggere ma assolutamente affascinante se lo si ascolta nell’interpretazione di un buon “fine dicitore”?

Tra gli altri plausibili motivi, molto probabilmente anche perché piazza Vittorio dista pochissime centinaia di metri da quella bella via che collega la basilica di Santa Maria Maggiore a piazza San Giovanni, dove fa bella mostra di sé una altrettanto meravigliosa basilica. Appare quindi più che plausibile che Gadda, particolarmente interessato da sempre agli episodi di cronaca nera e lettore di riviste quali Crimen, si sia ispirato proprio al duplice omicidio perpetrato dalle sorelle Cataldi, omicidio che ebbe una straordinaria eco su tutta la stampa nazionale.

Un numero della rivista “Crimen” pubblicata in quegli anni e sicuramente letta da Gadda. È possibile che lo scrittore abbia tratto ispirazione per il suo romanzo dal fatto di cronaca avvenuto appena un anno prima dell’apparizione a puntate sulla rivista “Letteratura”.

Lo scrittore Carlo Emilio Gadda (1893 – 1973) autore, tra l’altro, del noto Quer pasticciaccio brutto de Via Merulana”, apparso inizialmente nel 1946 a puntate sulla rivista “Letteratura” e poi pubblicato in volume nel 1957. È abbastanza verosimile – nonostante le discrepanze sulla cronologia degli eventi e sulla dinamica dei fatti – che egli si sia ispirato proprio all’efferato duplice delitto descritto in queste pagine.

Al civico 267 di Via Merulana, a Roma, nel 1997 è stata apposta questa targa marmorea in ricordo del luogo dove Carlo Emilio Gadda ambientò il suo romanzo.

In realtà sarebbe anche verosimile ipotizzare che Gadda abbia tratto ispirazione da un altro efferato delitto commesso sempre a Roma il 24 febbraio del 1946, in via Gioberti, delitto in cui persero la vita due anziane donne, le sorelle Stern, derubate da una loro amica, con la collaborazione di una ex cameriera delle due sventurate vittime.

Ma a noi – e non solo a noi… – piace di più pensare che Gadda abbia avuto in mente la zona di Roma  “… pe tutto San Giovanni: da Porta Maggiore insino al Celio, insino all’antica marana, la suburra: in dove però il vino è gelato, l’estate…”,  dove, nella finzione letteraria, indagò non il dottor Marrocco il quale alle 10.45 del giorno successivo al duplice omicidio perpetrato dalle sorelle Cataldi, ma un curioso personaggio che “… Tutti oramai lo chiamavano don Ciccio. Era il dottor Francesco Ingravallo comandato alla mobile: uno dei più giovani e, non si sa perché, invidiati funzionari della sezione investigativa: ubiquo ai casi, onnipresente su gli affari tenebrosi…”.

Un commissario di quei lontani tempi – consideriamo che Gadda ambientò gli eventi nel 1927 e non nel 1945… –  con “… un’aria un po’ assonnata, un’andatura greve e diniccolata, un fare un po’ tonto come di persona che combatte con una laboriosa digestione: vestito come il magro onorario statale gli permetteva di vestirsi, e con una o due macchioline d’olio sul bavero, quasi impercettibili però, quasi un ricordo della collina molisana…”.

Curiosamente, aggiungiamo, sia nel romanzo di Gadda sia nella realtà di quel lontano delitto del 1945, il corpo di una vittima – una delle due sorelle in Gadda, la signora Angela Barrucca nella realtà – viene rinvenuto supino accanto a un divano, con i vestiti scomposti e il sangue sparso su tutto il pavimento. Non mancano neppure le macchie di sangue in un lavandino, similmente a quelle lasciate dal povero bambino nella vasca da bagno.

Le scie di sangue lasciate dal corpo del bambino, probabilmente adagiato nella vasca dopo l’uccisione…

Infine, anche la signora Balducci, nel libro di Gadda è una ricca signora compaesana delle omicide e le conosce da molto tempo.

Banali coincidenze?

Forse sì. Forse no…

Il processo, le condanne…

Quasi subito escluso un cugino della povera Angela, accertata l’estraneità al delitto da parte di una ”colf” che l’aiutava nelle pulizie della casa e del portiere – figura chiave nella soluzione del caso! –, arrestate con facilità le sorelle Cataldi, iniziano subito gli interrogatori, documenti in cui le testimonianze rilasciate mettono in evidenza la crudeltà, la mancanza di qualsiasi umanità che animava le due assassine, come possiamo evincere da pochi stralci delle deposizioni rilasciate agli inquirenti.

Dalla documentazione relativa al caso, quasi incredibilmente, risulta che Franca e Lidia, uscite dalla casa della Barrucca si siano subito recate presso l’Ospedale San Giovanni, non molto lontano, per farsi medicare le mani feritesi nella colluttazione con la signora Angela: ed è in tale circostanza che, probabilmente, sono state arrestate, anche se il dottor Marrocco – insomma, “il commissario Ingravallo” nella finzione letteraria del Gadda – conferma il loro arresto alle 16.30, in Piazza Risorgimento, presso il capolinea della corriera che avrebbe dovuto riportarle lontano da Roma, dal luogo del delitto, forse a Colleferro. Meglio accertarsi della loro colpevolezza, prima di fare una possibile brutta figura!

“… ho visto bene il coltello solo dopo un poco e un poco prima che mia sorella lo mettesse nella gola dell’Angelina.”
Nella deposizione di Franca Cataldi nulla viene lasciato alla fantasia! Viene evidenziato dall’inquirente che Franca firma con la sinistra poiché nella colluttazione la mano destra si era ferita con il coltello usato per uccidere Angela e il piccolo Gianni.

Qui con più di mille giaccio…
(Dante, Inferno, X, 118)

Quattro giorni dopo il delitto, il 23 ottobre, migliaia di cittadini romani, di ogni censo ed età, partecipano ai funerali delle due vittime officiati nella vicinissima chiesa di Sant’Eusebio. Poi un lunghissimo corteo attraversa le vie del Colle Esquilino e si avvia verso la Via Tiburtina, al cimitero del Verano dove la povera Angela e l’innocente Gianni vengono tumulati.

Angela Barrucca, coniugata con Pietro Belli, insieme al figlioletto Gianni, uccisi insieme a Roma in un tragico 19 ottobre del 1945.

Pietro Belli, marito di Angela Barrucca e padre del piccolo Gianni, dal marzo del 1985 riposa accanto ai suoi cari barbaramente uccisi dalle sorelle Cataldi…

Sulla sinistra, la chiesa di Sant’Eusebio dove – a pochi metri di distanza dal luogo del duplice omicidio – si svolsero i funerali di Angela Barrucca e del piccolo Gianni. Sulla destra i cosiddetti “Trofei di Mario”, muti testimoni di un tristissimo episodio che lasciò una profonda impressione su tutta la popolazione di una Roma appena uscita dalla tragedia del Secondo Conflitto Mondiale…

E le due sorelle?

Superando una folla inferocita,  eliminando per poco un vero e proprio linciaggio, vengono portate al carcere di Regina Coeli in attesa di un processo durato ben sette anni, processo che condannerà Lidia, la maggiore delle due, all’ergastolo, con isolamento diurno per ben quattro anni, oltre a una pena pecuniaria di poco meno di quarantamila lire per tutti i furti fino a quel momento commessi.

Ergastolo e una più che consistente pena pecuniaria (verosimilmente mai pagata…) sono le condanne comminate a Lidia Cataldi.

Alla minorenne Franca Cataldi viene inflitta una pena di trenta anni di reclusione e ventimila lire di multa.

Pochissimi anni di reclusione e qualche migliaio di lire di multa sono la condanna comminata ai ricettatori ai quali le sorelle Cataldi avrebbero portato la refurtiva di casa Belli-Barrucca…

Ma intorno alle sorelle Cataldi girava anche uno squallido mondo di ricettatori, tali Giosuè Marsi, Galliano Frate, Ettore Azzi, ai quali erano destinate le pellicce di volpe argentata e qualche gioiello di Angela Barrucca: uno o due anni di reclusione e qualche migliaio di lire di multa sono la pena per avere indirettamente partecipato al tragico episodio che aveva scosso indelebilmente la popolazione di Roma e, molto verosimilmente, ispirato a Carlo Emilio Gadda “Quer pasticciaccio brutto de via Merulana”…

Il duplice omicidio perpetrato dalle sorelle Cataldi colpì così a fondo la sensibilità del popolo romano, in particolare, da aver dato lo spunto per la pubblicazione di questa pagina corredata da una lunga poesia o filastrocca che ben descrive il tristissimo episodio.

Roberto Volterri

Dell’autore segnaliamo i volumi “KILLERS - Gli Apostoli del Male” (Eremon Edizioni) e “OMICIDI – Il fascino del Male”(Enigma Edizioni).