VILLA DOMINI

Si chiamava Villa Dòmini, antica e malandata, ma tutti la conoscevano come Villa Dei Silenzi. Colpa della coppia che gestiva il fumoso locale, da decenni aperto al pian terreno.

“Lo sanno tutti” raccontavano i vecchi del paese ”Che quelli lì sono due parti di un solo essere.“ e poi proseguivano con voce bassa “Il marito è muto ma ha rubato la voce alla moglie.”

Lei, la sera, la vedevano tutti, quando serviva birra alla spina dietro il bancone di legno scuro, muovere solo le labbra in maniera fluente mentre il compagno, immediatamente, parlava con una squillante voce femminile.

I ragazzi, pochi e coraggiosi, arrivavano al sabato sera, parcheggiando tra gli alberi del parco incustodito per poi sedersi tra i mille cimeli impolverati. Divani coperti da lenzuoli ingialliti, animali impagliati appesi al muro, bicchieri in cristallo resi opachi del tempo. Nel seminterrato c’era persino una discoteca. Piccola e con le pareti completamente tappezzate da migliaia di foto, quadri e immagini di ogni genere.

“Se ti sbronzi là sotto diventi pazzo” dicevano i ragazzi “Sono i colori, i vortici e le allucinazioni nelle pareti.”

In alcune sere si esibivano dei gruppi rock con il loro seguito di fans incalliti. Gli amplificatori, così come altri apparecchi elettrici, non funzionavano nell’angolo a nord della villa, nessuno sapeva perché. Ma tutti giuravano di aver visto figure trasparenti volteggiare tra le cime dei pini che sovrastavano il tetto. Al piano superiore c’erano camere da letto, con le porte solcate da lunghi graffi e la carta da parati scollata che pendeva dalle pareti. Non erano mai utilizzate salvo che dai gestori. Nessuno si fermava a Villa Dòmini, anche con la sbornia peggiore del mondo.

Da anni è ormai chiusa e abbandonata. In paese non ne parlano volentieri. Corrono solo voci. Voci di un ultimo concerto di una band con una cantante strepitosa. Il pubblico tornò a casa soddisfatto, ma dei componenti del gruppo non si seppe mai più nulla. La polizia interrogò anche la coppia del bar, senza risultato.

“Non ricordo niente di strano di quella sera” aveva detto, con voce cristallina, la moglie del gestore, spillando l’ennesima birra.

Roberto Guarnieri