FANTASTICI POOH

Hanno all’attivo centinaia di brani e da più di 40 anni le loro canzoni sono state una delle colonne sonore portanti del panorama musicale italiano; hanno saputo spaziare dal rock melodico al progressive, dalle sperimentazioni elettroniche alla “canzonetta” da hit-parade: sono i Pooh e, non ci crederete, ma, più di molti altri colleghi eccellenti, hanno affrontato nella loro lunga carriera il genere fantastico più volte, passando attraverso la fantascienza, le leggende mitologiche, l’horror, il fantasy e perfino il genere fiabesco.

La prima incursione dei Pooh nel genere fantastico è targata 1973: esce l’album “Parsifal” che contiene la canzone omonima divisa in due parti, la prima cantata e la seconda solo strumentale. Il personaggio a cui il gruppo si ispira è il simbolo wagneriano della follia allo stato puro, il Cavaliere del Santo Graal che ha sacrificato la propria esistenza nel tentativo di redimere l’umanità. Originariamente questa canzone era stata scritta come colonna sonora di un film fantasy, sul genere di “Excalibur” (film che però arrivò parecchi anni dopo, nel 1980). Tuttavia non se ne fece nulla e i Pooh decisero di reinventare e ampliare il brano “Contrasto” del 1969 e lo utilizzarono per la suite strumentale che chiude il disco.

Nel 1976, nel disco “Poohlover”, dopo tre anni di argomenti di vario genere, fanno ritorno i brani ispirati a storia, miti, leggende o di ispirazione fiabesca: è il caso di “Storia di una lacrima” e di “Padre del fuoco, padre del tuono, padre del nulla”.

Nel 1977 i Pooh compongono la colonna sonora del film per la televisione “La gabbia”, diretto da Carlo Tuzii, un thiller con tematiche orrorifiche. Il soggetto dello sceneggiato è originale, ma liberamente basato sul famoso “Esperimento carcerario di Stanford”, in cui un gruppo di studenti universitari dell’Università di Stanford veniva suddiviso a caso in “guardie” e “prigionieri”. Questi ultimi furono rinchiusi in una finta prigione, con le “guardie” a sorvegliarli. L’intenzione degli organizzatori dell’esperimento era quella di studiare il modo in cui il comportamento umano viene modificato dalle situazioni e dai ruoli imposti, ma ben presto la cosa degenerò, provocando comportamenti sempre più umilianti da parte delle “guardie” a cui i “prigionieri” reagirono in vari modi, ma finendo quasi sempre per autodistruggere le proprie personalità. Oltre a “La gabbia”, esistono altre due pellicole ma di recente fattura, che si sono ispirate a questa vicenda: si tratta di “The experiment” di Oliver Hirschbiegel del 2001 e del film con lo stesso titolo, remake del primo, di Paul Scheuring con Adrien Brody uscito nel 2010. I brani dei Pooh presenti nella colonna sonora sono “La gabbia” e “Risveglio”: si tratta di brani solo strumentali che un po’ riecheggiano le tematiche musicali dei Goblin, gruppo che proprio quell’anno si distinse per la colonna sonora del film “Suspiria” di Dario Argento.

Nel 1978, tra le canzoni dell’album “Boomerang”, figura anche “La leggenda di Mautoa”, con le parole di Stefano D’Orazio, che racconta una storia di sapore mitico-leggendario: Mautoa è un aborigeno d’Australia la cui salvezza è legata al boomerang, l’arma portatrice di speranza che ritorna dal cacciatore anche quando egli non raccoglie il frutto dei suoi sforzi.

All’inizio del 1979 invece i Pooh tornano a occuparsi di musica horror: esce infatti il 45 giri composto dai brani “Fantastic fly” e  “Odissey”, che fanno da colonna sonora allo sceneggiato televisivo “Racconti fantastici”, tratto dai racconti di Edgar Allan Poe.

Sempre nel 1979 esce il disco “Viva”, che contiene il brano “L’ultima notte di caccia”, anch’esso ispirato a una leggenda, che stavolta va a pescare nella tradizione dei Nativi americani e che racconta la leggenda di un indiano d’America che viene ucciso in seguito a un tranello tesogli dagli uomini bianchi.

Ma la vena musicale fantastica dei Pooh non si esaurisce ancora: nel 1980 infatti, all’interno dell’album “…Stop” troviamo un brano dal sapore fantasy: si tratta di “Inca”, una canzone che ancora si ispira a tematiche storico-leggendarie, in cui viene descritta la spietata colonizzazione del Sudamerica da parte dei Conquistadores nel XVI secolo. Il pezzo narra l’episodio dell’uccisione, appunto, di un Inca.

Dopo il fantasy, le fiabe, l’horror e le leggende, i Pooh aspettano il 1983 per dedicarsi ancora al fantastico: all’interno del disco “Tropico del nord” troviamo la bellissima “Passaporto per le stelle”, una canzone che stavolta strizza l’occhio alla fantascienza. Ci troviamo in un immaginario futuro in cui i potenti della Terra hanno pigiato i famigerati bottoni rossi dell’olocausto atomico (erano i tempi della Guerra Fredda e di distensione tra Est e Ovest ancora proprio non se ne parlava, anzi…): il nostro pianeta ha ormai le ore contate, ma gli scienziati, quelli buoni almeno, costruiscono un’astronave, una futuristica Arca di Noè a bordo della quale fanno salire un ragazzo e una ragazza. I due raggiungono un nuovo pianeta, una sorta di nuova Terra incontaminata: il loro compito sarà naturalmente quello di essere i nuovi Adamo ed Eva e di perpetuare la specie umana.

Dopo questa nuova scappata nel genere, il gruppo per nove anni si dedica ad altre tematiche, ma nel 1992, all’interno dell’album “Il cielo è blu sopra le nuvole”, eccoli tornare ancora al fantastico: la canzone è “Maria marea”, un brano che ha il sapore delle leggende gitane, che racconta la storia di una ragazza che, dopo una vita di stenti e miseria in cui si è spinta fino all’orlo del baratro, decide di cambiare vita, di andarsene oltre il mare, per rendersi conto però che purtroppo ovunque la cattiveria degli uomini la insegue. Alla fine Maria non regge: “la principessa era rosa troppo rossa per potersi far toccare da amori senza amore. E cosi se ne andò con l’idea di dove andare camminò sulla marea, prese l’onda e l’abbracciò”, cantano i Pooh. Ma la storia non finisce qua, perché da allora la protagonista torna sotto forma di fantasma: “Nelle notti di troppa luna quando il passato balla col presente sull’isola nella corrente c’è chi vede Maria ritornare alla sua prima spiaggia. Maria, la sirena regina selvaggia, pioggia dolce e pungente sul cuore, allegra sfortunata e veloce come un pesce volante, stella che sbaglia cielo e cade, imbrogliona innocente. Maria che sognava tutto e niente, ma è sempre meglio sognare troppo che non sognare ed è meglio vivere un’ora che non esser mai nati ed è meglio essere indimenticabili che dimenticati”.

Bisogna aspettare poi il 1999 per ritrovare una canzone di tema fantastico in un album dei Pooh: il disco è “Un posto felice” e il brano, ispirato nel titolo al grande scrittore Jules Verne, è “20.000 leghe sopra i cieli”. In questo pezzo la band torna alla fantascienza e ci descrive “un mondo con due grandi soli. Quando il primo sole tramontava, c’era l’altro che si illuminava. Era sempre giorno e sempre oggi e non esistevano orologi. Niente cominciava né finiva,
tutto senza fretta trascorreva”. Dopo una serie di paragoni tra questo mondo immaginario e il nostro, la canzone termina collocando questo posto: “Ventimila leghe sopra i cieli c’era un mondo con due grandi soli proprio alla metà dell’universo dove si nasconde il tempo perso”.

Nel 2002 il gruppo fa le cose in grande e si dedica al genere fiabesco completamente, componendo un intero musical dedicato alla favola di “Pinocchio”… sulla quale crediamo non ci sia molto da aggiungere, trattandosi di una storia a conoscenza di tutti.

Arriva il 2010 e, dopo l’uscita dalla band di Stefano D’Orazio, i Pooh rimangono in tre: Roby Facchinetti, Dodi Battaglia e Red Canzian, ma la loro voglia di fare musica non si spegne e ancora una volta li troviamo alle prese con un paio di pezzi dal sapore fantastico. Il primo è “Dove comincia il sole”, brano che dà il titolo all’intero album, e che torna a parlare di una Terra post-apocalittica, solo che stavolta non sono state le bombe atomiche a distruggere il nostro pianeta (come in “Passaporto per le stelle”): i tempi sono cambiati, la Guerra Fredda non esiste più, la minaccia nucleare non è più tale… questa volta sono gli dei ad adirarsi contro il genere umano e a fare piazza pulita della nostra specie. Ma come nel mito di Atlantide, dopo la distruzione si ritorna a una nuova era, in cui tutto torna pulito e incontaminato… e il genere umano ha una nuova possibilità per redimersi.

In questo album inoltre per la prima volta i Pooh eseguono un, seppur breve, canto gregoriano. Succede all’inizio de “L’aquila e il falco”, dove Red e Roby cantano in latino un’antica preghiera a protezione della casa: Tibi praecipio ne unquam deinceps omnes habitantes in hoc habitaculo perturbes (Ti ordino di non disturbare mai più nessuno degli abitanti in questa casa). Si tratta di una canzone dal sapore storico-mitologico che racconta di Attila, il re degli Unni, e della sua travagliata storia d’amore.

Sempre nel 2010, ma con una lunga tournèe partita all’inizio di quest’anno e che durerà per buona parte del 2011, la band compone le musiche di un altro musical: si tratta della versione di Stefano D’Orazio della fiaba di “Aladin”, che ha voluto comunque accanto a sé i suoi ex-compagni di lavoro, quasi come per dire: “siamo ancora i Pooh… i Fantastici Pooh!”.

Davide Longoni