XI TROFEO LA CENTURIA E LA ZONA MORTA: III CLASSIFICATO

ANONIMA SPOSTINI

di Nicola Catellani

La sede mondiale dell’Anonima Spostini non si trova nei sotterranei del Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite, per la semplice ragione che l’Anonima Spostini non esiste. Chiaro? E quindi se non esiste, perché mai dovrebbe avere una sede, e per di più mondiale? Per lo stesso motivo, quindi, non ha nemmeno migliaia di filiali sparse in tutto il mondo, in altrettanti sotterranei di edifici, più o meno noti. E in queste migliaia di filiali non lavorano di certo decine di migliaia di Spostini. Ce ne saremmo accorti, non vi pare? Voglio dire, se esistessero questi folletti alti un soldo di cacio, con un cappello a punta, che vagano dentro e fuori le nostre case con l’unico scopo di spostarci di nascosto i nostri piccoli oggetti per farci impazzire nel cercarli… Sì, lo so che internet sostiene che i folletti sono invisibili agli umani e che l’unico modo per vederli è afferrargli per caso il cappello. So anche però che la maggior parte della gente vede solo il proprio smartphone, ma… Insomma, se costoro esistessero, per la regola dei grandi numeri qualcuno in qualche parte del mondo ne avrebbe visto almeno uno e l’avrebbe filmato e postato su un social, no?

Invece, niente.

L’Anonima Spostini non compare nemmeno su Wikipedia. Ho controllato.

E se non ne parla nemmeno Wikipedia, allora i due omettini col cappello a punta che stanno infilandosi furtivi e rapidi dentro lo scantinato del municipio non possono certamente essere due Spostini.

O no?

 

  • Missione compiuta alla grande, capo! – esclamò il primo omettino, entusiasta.
  • ‘ssione compiuta alla grande, capo! – gli fece eco il secondo, entusiasta.
  • Siete in ritardo di una settimana, ragazzi. – osservò il capo, gelido.

Il capo non godeva fama di motivatore. Aveva altre qualità, certo: dirigista, puntuale all’estremo, puntiglioso, gran lavoratore… ma motivatore… no, proprio no. Flink, il primo omettino, riprese in mano il suo cappello a punta, che nell’eccitazione aveva lanciato in aria, e si preparò a giustificarsi:

  • Capo, il soggetto era un tipo tosto. – mormorò.
  • Molto tosto. – confermò Grink, riprendendo il suo cappello dalla scrivania e raccogliendo tutti i fogli svolazzati nel maldestro atterraggio.
  • Quindi? – li incitò freddamente il capo.
  • Abbiamo dovuto fare più interventi del previsto. Siamo partiti col classico spostamento di biro da una stanza all’altra, per valutare la sensibilità del soggetto ai piccoli fastidi quando non trova le cose dove le aveva lasciate.
  • Sì, prima le biro, poi i fogli, le chiavi dell’auto e le riviste. – aggiunse Grink – Abbiamo spostato di tutto.
  • Quindi? – ripeté il capo.
  • Beh, capo, sa anche lei che queste mosse preliminari non possono essere fatte di corsa. Occorre lasciar passare un po’ di tempo, altrimenti il soggetto sospetta. È una delle prime regole Spostine. Devono sembrare spostamenti casuali, effettuati inavvertitamente dal soggetto o dagli altri umani presenti in casa; in questo caso la moglie.
  • Non potevamo rischiare. – lo sostenne Grink, annuendo.
  • Quindi? – insistette il capo.

Le puntuali domande del capo incrinarono l’ottimismo di Flink. L’interrogatorio stava prendendo una brutta piega.

  • Ecco… abbiamo dovuto prenderci il tempo necessario. Il soggetto si ostinava a ignorare i nostri spostamenti, e la moglie del soggetto ci remava contro. Caspita, capo, quella donna continuava a rimettere a posto gli oggetti che spostavamo! E senza protestare col marito!
  • Digli delle calze. – suggerì Grink, sgomitandolo nelle costole.
  • Sì, le calze! Capo, ogni giorno noi spaiavamo due o tre calze direttamente nel cassetto, ma quella donna si metteva ad abbinarle di nuovo! E si figuri che il soggetto quel cassetto non lo apriva nemmeno!
  • Quindi? – concluse il capo, incrociando le braccia sul petto.
  • Eh, quindi… alla fine siam dovuti passare alle maniere forti. – Flink aveva sperato di non dover raccontare proprio tutto, ma il capo era inflessibile. Con tono dimesso, confessò: – Abbiamo dovuto agire sulla moglie del soggetto. – e precisò, deglutendo imbarazzato: – Tubetto del dentifricio aperto, e asse del water sempre sollevata. Abbiamo presidiato il bagno per una settimana, sollevando l’asse ogni volta che lui usciva, e togliendo il coperchio del dentifricio. Alla fine lei non ce l’ha più fatta. Hanno litigato.
  • Furiosamente. – puntualizzò Grink – E l’asse si è pure rotta.

I due Spostini si zittirono, in nervosa attesa del verdetto del capo, il quale però non sembrava affatto smanioso di parlare. Ma anche quel silenzio, come tutte le cose belle, finì.

  • Asse del water e dentifricio. – mugolò, fissando il soffitto; e poi più forte – Asse del water. E dentifricio. Asse del water! Dentifricio!
  • Esatto, cap… – confermò Grink, zittito a forza dall’altro Spostino.
  • Dannazione! – esplose il capo, scattando in piedi – Chiunque saprebbe far infuriare una coppia con l’asse del water e il dentifricio! Un qualsiasi folletto irlandese ubriaco potrebbe farlo! Non noi! No! – fece un respiro e proseguì più pacato – Far infuriare gli umani è un’arte sottile. La soddisfazione è nelle piccole cose, nel percorso per arrivare al risultato. Lo sapete benissimo! Non possiamo svendere la nostra professionalità in questo modo. Non basta il risultato; quello che conta è come ci si arriva. All’Anonima Spostini abbiamo una reputazione da mantenere.

I due Spostini ebbero il buon gusto di tenere il becco chiuso. In quei momenti era vitale non discordare col pensiero del capo; ma nemmeno dichiararsi d’accordo, per non essere tacciati di piaggeria. D’altra parte Flink sapeva benissimo d’essere nel torto: ma lui e Grink non se l’erano sentita d’abbandonare la missione senza portare a casa un risultato.

  • Non va bene. No, non va proprio bene. – rimugugnò il capo, cercando di calmarsi e rovistando tra le carte della scrivania – Stavo giusto guardando i prossimi trasferimenti: c’è richiesta di personale tra i Nottini.
  • No, no, capo! – implorò Flink, sgranando gli occhi – Davvero, io non riesco a fare il mostro notturno sotto al letto dei bambini! Non ho il fisico adatto.
  • Io quando sono nell’armadio al buio e faccio i rumori… mi terrorizzo da solo! – gemette Grink.
  • Benissimo. – concluse il capo, afferrando un foglio e porgendolo a Flink – Allora vi suggerisco darvi da fare seriamente. Fate infuriare questo soggetto.

Flink esalò un respiro di sollievo nel sentire allontanarsi la punizione.

  • Deadline fra sette giorni. – aggiunse il capo.
  • Sette giorni? Ma capo, per un’azione efficace occorrono almeno tre settimane! Il Manuale Operativo…
  • Sette giorni.
  • Sette giorni. Certo, capo.

Flink, rassegnato, prese il foglietto, con Grink che gli si spingeva addosso per leggerlo.

  • Lui?? – esclamarono entrambi.

 

Nelle chiacchiere da bar del Dopolavoro Spostino, il soggetto del nuovo intervento era tristemente noto come principale causa di alcuni dei più clamorosi insuccessi operativi degli ultimi mesi. Numerosi Spostini l’avevano affrontato, uscendone sempre sconfitti e spesso riposizionati su incarichi di basso prestigio. A lui ci si riferiva col soprannome “il Vecchio Al”, diminutivo di Alzheimer. L’Alzheimer in verità non c’entrava nulla; il Vecchio Al era una sorta di professore universitario, non aveva neanche sessant’anni e stava benissimo: ma era semplicemente, completamente, irrimediabilmente distratto. Usava gli oggetti e li poggiava dove capitava, dimenticandosene e ritrovandoli poi per puro caso o dopo lunga ricerca. Apriva ante e cassetti, e li lasciava aperti, talvolta spostando senza apparente motivo una parte del contenuto dall’uno all’altro. La sua camera da letto da single era un tripudio d’indumenti stropicciati sparsi a caso su comò, sedie e pavimento. Non parliamo poi della cucina! Insomma, in pratica rubava il lavoro degli Spostini, vanificando tutti i loro sforzi. Commentando al bar i vari insuccessi dei colleghi, gli Spostini si erano chiesti più volte perché mai i loro capi insistevano nel voler far infuriare un tipo simile. Ma la risposta non arrivava, e ogni tanto la testa di qualche Spostino cadeva.

 

  • E ora che facciamo, Flink? – mormorò desolato lo Spostino, osservando il caos dell’appartamento del Vecchio Al. Come da manuale, avevano compiuto la Prima ricognizione operativa nell’appartamento del soggetto, cercando d’individuarne i punti di forza e di debolezza per l’azione successiva. Con risultati ampiamente deludenti. I margini di manovra erano strettissimi: gran parte degli oggetti spostabili si trovavano già fuori posto. Non c’era una biro che avesse il tappo nelle vicinanze. I barattoli del sale e dello zucchero avevano già i coperchi scambiati. Gli orologi da parete in cucina e nello studio segnavano due ore diverse, nessuna delle quali corretta. Perfino il desktop del computer era un caotico assembramento di icone di programmi, cartelle e file dai nomi mal scritti.
  • Anche i libri negli scaffali sono in disordine… – constatò amaramente Flink – Com’è possibile che un essere umano si riduca in queste condizioni? Non riesce a far bene nemmeno la raccolta differenziata!
  • E nel frigo metà del cibo è già scaduto: non possiamo neppure modificare la data. Flink, mi sa che il Vecchio Al ci frega davvero. Il capo l’ha fatto apposta per liquidarci.
  • Non possiamo darci per vinti, Grink. Siamo Spostini, e lui in fondo è solo un umano.
  • Il capo?
  • Ma no, il Vecchio Al! Il capo non è mai stato umano, neanche metaforicamente.

 

I due folletti entrarono in azione seguendo pedissequamente le istruzioni del Manuale Operativo Spostino. Dopo la ricognizione rilessero il dossier ricevuto dal capo, nel quale erano elencate le poche note sul soggetto: il fascicolo confermava che il Vecchio Al era un professore universitario di gnoseologia (qualsiasi cosa significasse), single, e in quel periodo non sarebbe andato in facoltà in quanto impegnato nella stesura d’una pubblicazione non meglio precisata. Letto ciò, impiegarono le prime ore di permanenza nella casa a eseguire l’Analisi Comportamentale del soggetto: in pratica lo tennero d’occhio in continuazione, per conoscere le sue abitudini, i suoi movimenti, le sue idiosincrasie, le sue preferenze. Al termine della giornata confrontarono le proprie osservazioni e trassero le prime conclusioni.

  • È pazzo. – dichiarò Grink – Ma l’hai visto, Flink? Parla da solo, sposta gli oggetti a caso, scrive frasi senza senso al computer… E sempre col sottofondo della stessa insopportabile musica new age nello stereo…
  • È un professore universitario, Grink. – cercò di giustificarlo l’altro – Lo sai che sono tutti un po’ strani. Certo che, comunque sia, non ci facilita il lavoro, proprio no.
  • Ma l’hai sentito quando non trovava la biro rossa? – insistette Grink, lamentoso.

Quello era stato l’episodio più significativo dell’intera giornata di Analisi Comportamentale: il Vecchio Al aveva terminato di scrivere su un foglio alcune frasi apparentemente a casaccio, e alzando lo sguardo al soffitto aveva mormorato:

  • Uhm, chissà dove ho messo la biro rossa?

Quindi si era messo pazientemente a cercare in giro su tavoli, comodini, cassetti e ripiani per almeno dieci minuti, interrompendosi più volte per spostare altri oggetti a caso, borbottando e canticchiando fra sé. Quando finalmente era riuscito a ritrovare la biro, sotto un plico di riviste, l’aveva usata per sottolineare un paio di parole e poi l’aveva riposta… in cucina, nel cassetto delle posate! Dove peraltro stazionavano già una pipa, una chiavetta usb e il telecomando della tv.

 

Il giorno seguente, secondo le indicazioni del Manuale Operativo, passarono alla fase del Carotaggio: dopo l’Analisi Comportamentale (che in teoria sarebbe dovuta durare alcuni giorni, ma che i due Spostini avevano drasticamente accorciato) si procede allo spostamento di alcuni oggetti, fra quelli più frequentemente usati dal soggetto, in modo da valutare quali di essi procurino più disturbo psicologico alla persona nella successiva fase della ricerca.

  • Senti, Flink, il Manuale dice: “In questa prima fase gli oggetti del carotaggio devono essere al massimo cinque o sei, e spostati a una distanza non eccessiva dal loro luogo consueto, in modo da lasciar credere al soggetto che li abbia spostati lui stesso o uno dei suoi familiari: ad esempio le biro da un tavolo all’altro, le chiavi di casa, i gioielli da un cassetto a quello vicino, eccetera. Una volta identificati gli oggetti più utili, eventualmente con ulteriori carotaggi, si procederà a spostamenti più consistenti e meno probabili”.
  •  Lo so a memoria cosa dice il Manuale, Grink. – rispose l’altro, spostando il quindicesimo oggetto, un paio di scarpe, dalla camera da letto alla cucina – Ma dice anche che questa fase dovrebbe durare alcuni giorni, e noi non abbiamo tutto questo tempo. Se vogliamo arrivare a un risultato entro sette giorni – ora solo sei – dobbiamo accelerare un po’ le procedure standard.
  • Ma rischiamo che il Vecchio Al sospetti qualcosa.
  • I sospetti del Vecchio Al fra sei giorni non saranno più un problema, in un modo o nell’altro.

 

La fase del Carotaggio non diede gli esiti sperati: risultò che la maggior parte degli oggetti spostati non interessava al soggetto, e quando egli si metteva a cercare gli altri lo faceva quasi con piacere. Un paio di volte emise anche qualche gridolino di gioia quando ritrovò l’oggetto in un posto assolutamente improbabile, senza aver mostrato la minima insofferenza per tutto il tempo della ricerca.

  • Facciamo il punto della situazione. – disse Flink alla fine del terzo giorno, mentre il Vecchio Al ronfava beatamente nel suo letto. – Direi che gli oggetti usati con più frequenza dal soggetto siano le biro, le sigarette, le tazzine da caffè,…
  • Il cd new age! – sospirò Grink.
  • Sì, ma quello non conta: non lo leva mai dallo stereo.
  • Lo so! Flink… non ne posso più di quei cinguettii e di quell’acqua che scorre… Facciamoglielo scomparire lo stesso, dai! – implorò.
  • Dobbiamo concentrarci su oggetti lasciati in giro, Grink. Spostargli il cd sarebbe troppo rischioso. Il Manuale dice che questo tipo di oggetti va spostato solo se il soggetto non li usa da un po’ di tempo ma si prevede che li possa utilizzare a breve. Tipo i soldi lasciati nel cassetto.
  • Ma lui i soldi li infila nelle buste e le dimentica in giro…

 

Prima dell’Azione Continuativa Finale, il Manuale prevedeva tre fasi: Pianificazione Tattica dell’Assalto, Piccole Azioni di Disturbo, Pausa di Decantazione Illusoria.

Tutte saltate.

Era già il quarto giorno; ne restavano solo tre, e non avevano ottenuto nessun risultato spendibile. Nelle ore in cui era a casa, il soggetto proseguiva il suo incomprensibile lavoro tra libri, computer, sigarette, giri a vuoto nell’appartamento e spargimento incontrollato di oggetti vari con sottofondo musicale di ruscelli e suoni della natura.

  • Non c’è più tempo per pianificare. – stabilì Flink – O la va o la spacca. Interveniamo in modo massiccio, anche col rischio che creda d’avere la casa infestata dai fantasmi.
  • Tu credi che s’accorgerà di qualcosa?
  • Dovrà. Il problema è: tutto questo servirà a farlo infuriare o solo spaventare?

Cominciarono l’Azione Continuativa Finale, e la portarono avanti con decisione nei due giorni seguenti. Spostarono biro, fogli, libri, riviste, portacenere, pacchetti di sigarette, singole sigarette, chiavi di casa e chiavi dell’auto. Anticiparono la data di scadenza dei prodotti in frigo (cosa di cui il soggetto non s’accorse mai). Suonarono più volte al citofono senza rispondergli. Grink gli fece anche una finta telefonata pubblicitaria, con l’idea di farne seguire numerose altre: ma il Vecchio Al, invece di rispondere seccato, si mise a fare conversazione, chiedendo informazioni, indagando, approfondendo, tanto che fu lo Spostino, angosciato, a riattaccare. Tentarono anche l’azzardata (ma celebre) mossa una tantum del bagno: sostituire il rotolo di carta igienica mezzo pieno con uno vuoto mentre il soggetto sta finendo la seduta sul water. Le conseguenze sull’umano furono solo un vago sorriso e un “Ma dove ho la testa?”.

 

Il sesto giorno l’unico soggetto a rischio d’esplodere era Grink, che non sopportava più il sottofondo musicale. Flink ormai spostava gli oggetti meccanicamente, quasi rassegnato alla punizione del capo. Il Vecchio Al, invece, proseguiva il suo lavoro fischiettando.

  • Dove ho messo la biro rossa? – si chiese ancora una volta.

La biro era dove l’aveva messa lui l’ultima volta, ovvero poggiata sulla cornice di un quadro, perché né Flink né Grink avevano osato spostarla da quell’assurdo posto, per timore che la modifica risultasse troppo evidente. La ricerca, però, a differenza di altre, si concluse piuttosto rapidamente. Il Vecchio Al tornò al computer mormorando deluso:

  • Questa casa sta diventando inutile per il lavoro. È troppo piccola. Ormai ricordo subito dove poggio le cose.

I due Spostini si guardarono perplessi.

  • Cosa intende dire, Flink?
  • Ma che lavoro fa? – chiese di rimando l’altro.
  • Boh, il professore universitario: gira, prende appunti, fuma, parla da solo, semina oggetti, scrive al computer…
  • Sì, ma cosa scrive?

Quando il Vecchio Al si fermò per pranzare, i due si precipitarono nel suo studio ed esaminarono i file di testo del computer.

 

Allo scadere della deadline del settimo giorno, il capo vide entrare nell’ufficio i due Spostini stranamente sorridenti.

  • Eccoci qua, capo! – esclamò Flink.
  • ‘ci qua, boss! – gli fece eco Grink.
  • Quindi? – grugnì il capo, sollevando un sopracciglio – Missione compiuta o destinazione Armadi Notturni?
  • Era un tipo molto tosto, capo. – si cautelò Flink, e partì alla larga – Lo sapeva che il soggetto è un professore universitario di Filosofia della Conoscenza?
  • Gnomologia! – specificò Grink.
  • Gnoseologia. – lo corresse Flink.
  • Quindi? – ripeté il capo.
  • Sa, nel suo attuale lavoro di ricerca s’interessa delle modalità con cui si acquisiscono conoscenze per caso. Sta facendo indagini proprio su questo sistema.
  • Si chiama serenitàserendà… – s’impappinò Glink.
  • Serendipità. – precisò Flink – E’ un termine che significa “trovare una cosa importante mentre se ne sta cercando un’altra”.
  • Quindi? – incalzò il capo.
  • Il soggetto sta facendo esperimenti su se stesso! – esclamò Flink – Non è distratto, lo fa apposta a spargere oggetti in giro. È una tecnica. Li lascia in posti improbabili, e spostandone molti spera di dimenticarsi dove li ha messi. Così, quando gli servono, deve cercarli: e, mentre li cerca, magari trova altri oggetti che gli fanno scattare delle connessioni e delle nuove idee, e così entra in azione la serendipità. Ci sta scrivendo un libro, sulla serendipità.
  • Ma ha la casa troppo piccola, e sta lavorando al libro da troppo tempo. – aggiunse Grink – Ormai si ricorda quasi subito dove lascia le cose. La tecnica non funziona più tanto.
  • Quindi, missione compiuta o armadio notturno? – tagliò corto il capo – Il resto non m’interessa.

I due Spostini sorrisero simultaneamente.

  • Né l’una né l’altro, capo! Quando abbiamo scoperto tutto questo, ci siamo detti: “macché farlo infuriare, quest’uomo ha bisogno di noi”! Così, mentre gli passavo di fianco, ho fatto in modo che mi afferrasse per caso il cappello.
  • Doveva vedere la faccia del Vecchio Al quando gli è apparso Flink! – rise Grink.

In quel momento anche la faccia del capo non era male.

  • State dicendo che…?
  • Ci licenziamo, capo! – esclamò Flink, poggiando il cappello sulla scrivania, subito imitato da Grink – Devi sapere che, dopo averci conosciuti, il Vecchio Al ci ha assunti a lavorare per lui! Gli sposteremo ufficialmente gli oggetti, così davvero non saprà dove si trovano. In questo modo potrà dedicarsi alla serendipità senza doversi sforzare di dimenticare dove mette le cose. E ha anche un sacco di colleghi e studenti che stanno lavorando sull’argomento. Sa, se facciamo un buon lavoro, abbiamo ottime prospettive come Spostini autonomi.
  • E soprattutto – concluse Grink, entusiasta – ha detto che cambierà il cd!

Prima che il capo ritrovasse la parola, i due Spostini ripresero di scatto i cappelli, se li ficcarono in testa e sparirono al volo dall’ufficio.