LAURA PARIANI, UN ROMANZO DISTOPICO DEDICATO AI DESAPARECIDOS

Di ferro e d’acciaio cattura sin dalle prime righe per il suo impianto narrativo ben costruito, degno di una grande scrittrice”. Con queste parole Francesco Mongiello, direttore artistico della rassegna letteraria Amabili Confini, ha introdotto la presentazione, avvenuta nei giorni scorsi, dell’ultimo romanzo della scrittrice Laura Pariani, nella Biblioteca Provinciale “T. Stigliani” di Matera. L’incontro è stato condotto dal giornalista Sergio Gallo e da Annalisa Montinaro, presidente dell’associazione Lo sguardo di Omero.

DI FERRO E D’ACCIAIO (NNE),  finalista al Premio Super Mondello che sarà assegnato a novembre, è una storia distopica. Nella narrazione una donna vestita di nero vaga alla disperata ricerca del figlio misteriosamente scomparso. L’ambientazione è una città di un ipotetico futuro governata da uno stato di polizia che controlla tutto come un Grande Fratello. Il giovane scomparso, Jesus,  è accusato di essere un ribelle e di portare avanti attività sovversive. Si scoprirà durante la lettura che la donna è Maria e che la metafora del titolo “Di ferro e di acciaio” sono i chiodi che trafiggeranno il corpo del figlio.

Laura Pariani, ha una lunga carriera letteraria che l’ha portata a prestigiosi riconoscimenti tra cui il Premio Grinzane Cavour, il Premio Selezione Campiello e il Premio Vittorini.  In quest’ultimo romanzo la scrittrice lombarda, che ha vissuto molti anni in Argentina, riporta in un certo modo la pena delle “madri di Plaza de Mayo” alla ricerca dei figli desaparecidos scomparsi durante la feroce dittatura militare in Argentina (’76-’83).

Ma ancora, come ci ha riferito la scrittrice, la vicenda si può attualizzare a oggi pensando alla madre del giovane ricercatore universitario triestino Giulio Regeni torturato e assassinato in Egitto due anni fa. In proposito ha affermato che: “Il tempo passa ma la verità rimane e non bisogna dimenticare. La storia della Passione – ha quindi aggiunto – si riceve nell’infanzia e ce la portiamo dentro per tutta la vita, credenti o meno non si può prescindere. Il mio è un racconto narrato in 17 capitoli da 17 donne e tratta di cose già successe, anche se parlo di un futuro che potrebbe  essere domani”.

Filippo Radogna