PARLA COI MORTI 19

IL CUSTODE – PARTE 5

La morte del custode tolse il Comune da una situazione imbarazzante e non lasciò gran vuoto tra la gente del paese. Un breve tocco di campane fu sufficiente per la sua sepoltura. La moglie e la figlia non reputarono necessario affrontare quel lungo viaggio, per cui una breve scorta lo accompagnò sui sentieri della ghiaia bianca, odiosa, sempiterna.

Ma se qualcuno, nelle ore profonde della notte, si fosse aggirato nel cimitero, vicino al muro di cinta, accanto alla tomba del custode, avrebbe potuto vedere un grande cane bianco, ritto sulle zampe anteriori, immobile. Tutta la notte, il cane tenne compagnia al custode morto, poi, prima che i raggi del sole colpissero gli alberi più alti, d’improvviso sparì, come se la terra l’avesse inghiottito.

E così, se misera fu la sepoltura del custode, superba fu la compagnia.

 

Quanto al maresciallo, passava i giorni ad indagare. Veniva in paese in borghese, come per caso salutava qualcuno, sorrideva e lasciava cadere qualche domanda. Ma non venne a capo di nulla: la gente gli ripeteva quel che lui già sapeva: che il custode non aveva debiti, pochi conoscenti e negli ultimi tempi era diventato più strano del solito.

- Di questo passo mi venga un colpo – si diceva – se uno può risolvere un caso come questo! Una vera schifezza! Non una traccia, che ne so? Una lettera anonima, qualcosa che mi metta sulla buona strada… E dal Comando di Vercelli mi chiedono “Trovato qualcosa?”. Già, perché io dò forse l’impressione di gingillarmi? Vengano loro qui, se credono di fare meglio.

E con un tono risentito:

- Ma che s’impicchi, quell’assassino! Con che diritto, poi, viene qui a turbare la pace del paese? Certo, qualcuno potrebbe dire “Avrà avuto i suoi buoni motivi”. Ma allora venga qui e li esponga, e noi lo tratteremo con un occhio di riguardo… Ma no, lui che fa? Tira il colpo e fin lì lo posso anche capire… Il fatto è che non s’accontenta, quel tanghero! Sparisce nel nulla…avesse almeno lasciato una traccia e, invece… Niente. Vuole fare il perfezionista, dimostrare che è superiore a tutti noi.

Qui il maresciallo tacque, poi:

- Io le odio queste persone che vogliono mettersi in mostra a tutti i costi. E, poi, l’avevo forse danneggiato, io, da mettermi nei guai e farmi fare la figura dell’incapace davanti ai miei superiori? Ma se neppure lo conosco! No, dico io, combattiamo ad armi pari: tu lasciami qualche traccia, una cosetta e poi si vedrà, se riesco a scovarti o no… Fino all’inferno io ti inseguo, figlio d’un apostata!

 

Tutto faceva pensare che il maresciallo fosse ormai fuori gioco, quando a sorpresa una telefonata lo richiamò in campo.

All’ora stabilita, il tutore dell’ordine giunse nella piazza centrale del paese. Ad aspettarlo c’erano il capostazione, un assessore comunale e il panettiere.

- Ecco, ci siamo permessi di disturbarla e, per farci perdonare, ci farebbe piacere se lei accettasse di consumare uno spuntino con noi.

Dopodiché si diressero verso l’osteria più vicina e, a un cenno dell’assessore, l’oste li accompagnò in una stanzetta appartata. Presero posto attorno a una tavola su cui facevano bella mostra alcune bottiglie di vino, dal Barbera, al Dolcetto, al Brachetto e al Barolo.

- Lei è forestiero e la nostra cucina non è raffinata come quella francese, – disse l’assessore – ma, in compenso va al sodo e, comunque, noi non la cambieremmo con nessun’altra.

L’oste cominciò a servire un buon piatto d’agnolotti, poi si passò al bollito con salsa verde, alla bagna cauda e si chiuse con delle bignole di Chivasso.

Alla fine, il maresciallo, sorridendo:

- La merenda è stata magnifica e vi ringrazio per avermi fatto conoscere la vostra cucina, ma, voi di sicuro, se mi avete convocato qui, avrete qualcosa da dirmi.

I tre si guardarono e il panettiere, volto al capostazione:

- Parla tu, è meglio.

- Sì, voi lo immaginate certamente: è per via del custode. Non che contasse molto, anzi, se vogliamo esser franchi, contava ben poco, quasi nulla. Girate pure per il paese…

- Bene, – fece il maresciallo – vedo che il nostro uomo non vi manca. Mi son già reso conto alla sepoltura… E allora?

- Allora è il modo in cui se n’è andato o, meglio, il modo in cui l’hanno spinto a lasciare. E, così, per quanto ci sia una persona assassinata, del colpevole non si sa nulla… Capirà, la gente non è contenta, anzi, non è per nulla tranquilla… L’altro giorno è toccato al custode e domani?

- Certo, certo, ma ci scommetterei che voi avete qualche indizio, qualche buona traccia. Altrimenti, perché sarei qui?

- Vede, maresciallo, il cimitero, com’è giusto, è pieno di croci e, anche all’entrata ce n’è una bella grande. Questo, se non sbaglio, è il simbolo di noi cristiani, ma non tutti quelli che son sepolti lì meritano quel titolo.

- Eh, nel numero c’è sempre qualche furbone, – aggiunse il maresciallo – qualcuno che si comporta secondo quel che gli passa per la testa, ignorando il decalogo e sperando alla fine di farla franca… Magari con una confessione all’ultimo minuto, quando il prete non capisce un accidente di quel che farfuglia il moribondo e lo sa il Signore come il prete possa assolvere il nostro uomo che è più in là che di qua… Ma andiamo al sodo: i fatti sono che nessuno sa chi abbia offerto il biglietto di sola andata al custode, senza contare, poi, tutto quel cerimoniale delle manette…

Poi, guardando con una smorfia i tre paesani:

- Ma di sicuro voi sospettate qualcuno… Lo vedo dalle vostre facce.

E il capostazione, con un’aria di complicità:

- Ecco, è brutto denunciare un compaesano, ma qui bisogna pur fare qualcosa…

- Pendo dalle vostre labbra…

- Non so da dove cominciare, ma prendiamo un fatto certo.

- Questo sì che è ragionare – commentò il maresciallo – mettiamo in tavola qualcosa di solido e non passiamo la vita a fare delle congetture, che poi non generano che delusione e amarezza… Voi stavate dicendo?

Il capostazione si guardò intorno e abbassò la voce:

- Si dà il caso che il custode, negli ultimi tempi, vale a dire prima che l’accorciassero, faceva visita a una donna del paese, tra l’altro anche carina.

- Guarda, guarda, il nostro custode… Quindi non era proprio quel santarello di cui tutti m’han parlato finora.

- È chiaro che da questo – continuò il capostazione – a concludere che il custode avesse sedotta la donna, ce ne passa… Tuttavia…

- E voi pensate che il marito… sì, insomma, che non fosse proprio entusiasta di tutte quelle visite.

- Pressappoco le cose dovevano stare così, anche se non abbiamo mai parlato con l’interessato.

- Voi no, ma potrei parlarci io… Naturalmente con tutte le precauzioni possibili e prendendo il nostro uomo alla larga.

I tre si guardarono con un’espressione di stupore.

- Ma, ditemi, non è che, per caso, qualche volta l’avete visto aggirarsi intorno alla casa del custode?

I tre scossero decisamente la testa.

- Non importa, – continuò il maresciallo – questo è proprio il mio campo e, quando si tratta di far cantare qualcuno, ci potete contare… I sistemi li conosco dalla A alla Zeta. Bene, bene… Allora, dove abita il nostro uomo?

- Per questo non si può sbagliare – rispose il capostazione – lei prende il viale centrale e, al primo sentiero, gira a sinistra ed è proprio lì.

-Viale centrale… Sentiero. Ma dove diavolo abita, costui?

- Ecco, ci siamo dimenticati di dirglielo, prima… Sono sei mesi che è al cimitero, ma il fatto è che se ha un minuto…

Il capostazione non ebbe il tempo di dare ulteriori chiarimenti, perché il maresciallo aveva scosso la tavola in modo così energico da rovesciare i bicchieri e da mettere in pericolo le ultime bottiglie che restavano.

- Ma allora siamo partiti per la tangente e il buon senso l’abbiamo sotterrato! – disse con voce alterata – E tutto quel vino vi è entrato nel cervello!

I tre rimasero confusi e con la testa bassa guardavano i bicchieri.

- Bene, facciamo come dite voi. – riprese il maresciallo con tono conciliante – Adesso salutiamo l’oste, prendiamo la strada del cimitero e andiamo a far visita al vostro compaesano. E, dal momento che l’idea è vostra, sarete voi a interrogarlo. Vi consiglierei di parlare in dialetto, per metterlo a suo agio; così la faccenda assume un tono più confidenziale. All’inizio, prendetelo alla larga; le solite formalità “Tutto a posto? È un bel po’ che non ci vediamo”. Poi, per non insospettirlo, direte che passavate di lì per caso; quanto a me, sono un lontano parente che è venuto a farvi visita. E piano piano, entrate in argomento: “Sai che è morto il custode? Un tipo strano, non è vero? E per di più l’hanno anche impiccato. Sì, proprio a casa sua”. E qui cominciamo a vedere come reagisce il paesano. Se fa il sordo, cominciate a dargli una prima stoccata: “Ah, tra l’altro, mi sembra che il custode conoscesse bene tua moglie… Sì, perché ogni tanto andava a farle visita. Niente di male, beninteso… Visite di cortesia, con lo scopo di consolarla, perché è fuor di dubbio che lei sente molto la tua mancanza”. E se il morto finge di non capire e se ne sta quatto, voi lo spingete in un angolo: “Il fatto è che, dopo tutte quelle visite, per quanto innocenti, sai com’è la gente… Voglio dire che in paese si comincia a pensare”. E se proprio quello continua a fare il tonto e non se ne vuole uscire dal buco, per quanto abbia capito benissimo da che parte tira il vento, voi a quel punto lo colpite al cuore: “Sì, la gente pensa proprio che il custode ti abbia sostituito, in tutti i sensi, anche nel letto”.  A questo punto, il nostro uomo ha due vie: o abbiamo a che fare con un tosto, uno che mantiene il sangue freddo in ogni circostanza e non gli cavi una parola che sia una… E allora, stando così le cose, io consiglierei di usare argomenti più persuasivi, dandogli, tanto per metterlo sulla strada buona, una strizzatina al collo…

Qui, il maresciallo si ferma.

- Già, mi era passato di mente che abbiamo a che fare con uno che si trova a due metri sottoterra e, per di più, ben pressato in una bara… E la faccenda presenta qualche problema… Oppure – riprende subito dopo – l’interessato si fa scuotere dalle vostre insinuazioni, esce allo scoperto e si scava la fossa… No, l’espressione è impropria, Perché la fossa gliel’ha già scavata il becchino.

- Ma è stato proprio l’impiccato a scavargliela. – interviene il panettiere – Naturalmente prima che lo sospendessero alla trave.

- Meglio ancora – aggiunge il maresciallo – vuol dire che il legame tra i due è più solido. Il custode seppellisce il vostro amico e, poi, si prende cura della moglie… Uhm, io credo che questo custode sia stato sottovalutato in paese. L’avete preso sottogamba perché, da quel che ne viene fuori, qualche dote doveva avercela… Quindi, se il morto si fa prendere al laccio e se ne esce con una buona confessione, in cui ammette d’essere stato lui a spedire il custode all’altro mondo, io stendo un regolare rapporto, con tutti i particolari del caso e naturalmente… Prendo voi come testimoni.

- Se è proprio necessario… E ammesso, poi, che il morto confessi – interviene l’assessore – ma io ne dubito, conoscendo il soggetto… Mi spiace dirlo, ma non è per niente affidabile. Nel senso che, anche se confessa d’essere stato lui, c’è poco da credergli…  Pur di mettersi in mostra, è pronto a raccontare qualsiasi fandonia.

- Questo si vedrà. Comunque vi ringrazio; siete gente che sa vivere e che collabora al momento buono – riprende con un sorriso amichevole il maresciallo – ma il bello deve ancora venire, perché, se il vostro amico confessa, si dovrà pur aprire un processo a suo carico… Ma il morto vorrà venire? Questo è l’anello debole di tutta la faccenda… E se non viene con le buone, passeremo alle maniere forti? Chiamiamo il becchino e lo facciamo dissotterrare? Ma per questo occorre il consenso del magistrato… Senza contare, poi, quel che diranno i giornali… Coi vostri nomi in prima pagina, s’intende.

I tre si guardano perplessi.

- Finire sui giornali mi può anche andar bene – dice infine il panettiere – ma non in una storia come questa.

- A proposito, – aggiunge il maresciallo – ho tralasciato un particolare…

I tre sollevano la testa.

- Già perché, dopo aver steso un rapporto così originale e aver tirato in ballo tutta questa gente, il Comando di Vercelli mi mette a riposo il giorno stesso, se ho fortuna… E a mezzo stipendio, sempre che vada bene. A quel punto, ne converrete anche voi, sarò costretto a venire a dormire e mangiare a casa vostra, con moglie e figli, s’intende.

I tre sono presi dallo sconforto e, dopo un istante, l’assessore:

- Se non fosse che lo spazio è poco e, tanto per cominciare, a tavola non ci staremmo nemmeno…

- Bene, – dice il maresciallo, appoggiando un dito sulla tavola e alzandosi di scatto, nonostante la sua notevole mole – vedo che siete persone pratiche… Almeno in certi campi. Qui ci salutiamo e grazie ancora per la merenda.

Si dirige verso la porta, ma, prima di uscire:

- E non chiamatemi più, o, se proprio dovete, fatelo avendo in mano qualcosa di concreto, qualcosa che riguardi i vivi, tanto per capirci. E i morti lasciamoli dove sono.

I tre annuiscono più volte e il maresciallo se ne va.

(19– continua)

Bruno Vacchino