PARLA COI MORTI 17

IL CUSTODE – PARTE 3

E da Ivonne il custode non ebbe altre parole. Finché un giorno la guardia comunale varcò la soglia del cimitero e:

- Custode, quando chiudi, non te ne andare subito a casa. Si dà il caso che l’assessore Mazzetti ti voglia parlare

Poche ore dopo, il custode era nei pressi del Comune; le aule erano state ricavate ristrutturando un castello medioevale, con tanto di fossato, ora privo d’acqua e popolato d’oche e d’anatre. Mentre attraversava il ponte di pietra, il custode pensò che quei volatili dovevano condurre, tutto sommato, una vita migliore della sua. Bussò all’ufficio. L’assessore gli venne incontro e, invece di stringere la mano che il custode gli porgeva, quasi lo abbracciò e, sorridendo, lo spinse su una sedia di fronte alla sua scrivania. L’assessore continuava a sorridere, finché il custode:

- Mi ha fatto chiamare perché magari qualcosa non va?

L’assessore scoppiò in una risata:

- Ecco com’è lei! Non ci vediamo da tanto tempo e lei pensa subito ch’io voglia rimproverarla. – poi, con un’agilità insospettata, fu davanti al custode – Ma noi siamo qui per aiutare i nostri dipendenti. – gli poggiò le mani sulle spalle e lo guardò fisso in viso – Eh, si vede lontano un chilometro che lei è stanco!

- Ma io mi sento bene.

- Certo, ma quante persone avevano la stessa impressione e sono andate al creatore in men che non si dica. E questo, perché? Semplice: non si sono curate

- E di cosa dovrei curarmi?

- Disturbi nervosi, per esempio. Certo, tutti abbiamo qualche problema nervoso, roba da poco; ma non tutti girano per i viali del cimitero parlando ad alta voce e, tantomeno, si inginocchiano davanti alle lapidi, fino al punto da metterci sopra la fronte, come se volessero pregare. – l’assessore abbassa la voce, come se temesse di farsi sentire da qualcun altro – Ma questa predilezione per la tomba del nostro precedente postino, poi, a cos’è dovuta? In fin dei conti, il nostro uomo è morto prima che lei arrivasse qui. – l’assessore, pensieroso, si allontana dalla sedia del custode – Già, il biondino… Un bravo ragazzo e mai una lamentela a suo carico. Che stranezza: piaceva a tutti, uomini compresi. E qual era il suo segreto? Era gentile, con naturalezza. Certo, meritava una sepoltura migliore, invece di quelle due lastre di marmo. Senonché, un’eccessiva propensione per l’alcool, a cominciare dal mattino. E sì che il nostro medico l’aveva messo in guardia, più d’una volta; ma lui ha voluto andare dritto verso la sua fine. E non gli mancavano certo le donne… – si gira verso il custode – C’è qualcosa di ammirevole, però, in questa sua corsa verso il baratro. Non trova?

Il custode lo guarda stupito, poi fa cenno di sì.

-Sì, in questo tenere in poco conto la vita, – continua l’assessore – in questo disprezzo, c’è qualcosa di grande. Quelli che, pur malati gravi o vecchi, quelli che sanno d’avere più d’un piede nella fossa, ma rimangono aggrappati al filo… Bene, io li disprezzo. Perché in loro non c’è coraggio. Ma lasciamo perdere… – in un istante è alle spalle del custode – I visoni corrono sull’erba, liberi! Non li avrà dimenticati.

- Ma, io…

- Non c’è nessun ma! Lei pensa che io la condanni… E, invece, io sono con lei. Quelli che coi visoni vogliono farsi le pellicce, io li frusterei. Qualche colpo ben assestato e cambiano subito idea. Glielo dico in confidenza: il suo curriculum m’aveva insospettito; ma guarda… Un maestro che lascia i suoi allievi e il paese per venire a fare il custode d’un cimitero… Poi, ho fatto una telefonata al sindaco del suo paese… – si china improvvisamente verso l’orecchio del custode – Un incendiario! Magnifico! Il Comune ha il privilegio di avere tra i suoi dipendenti uno che ha la mano facile col fuoco. Eh sì, perché quelle capanne che i cacciatori utilizzavano per far strage di fagiani, anatre selvatiche e di tutti gli uccelli di passaggio, una prima volta le avete abbattute, poi avete pensato che occorresse qualcosa di più spettacolare e siete passati al fuoco! Peccato che non m’avete chiamato. Vi avrei dato una buona mano! -  l’assessore guarda in viso il custode e cambia tono di voce – Senonché questi lavori, una volta cominciati, vanno finiti come si deve… E, invece, il giorno dopo, avevate già i carabinieri in casa! Guerriglieri, sì, ma da varietà… – con un’espressione delusa, si allontana lentamente e va verso la finestra e, dopo qualche istante – Lei non è mai stato in guerra?

- Quando son nato, la guerra era già finita e, dopo, non ce ne sono più state.

- E, quindi, per lei, le guerre di Corea, Vietnam e tutte quelle d’Africa cos’erano, feste da ballo o compagnoni che si trovavano a merenda? – l’assessore sembra risentito e continua a guardare dalla finestra. Poi, sovrappensiero – Impiegato di banca… Sulla mia tomba scriveranno questo. Allora, di tomba preferisco non averne… E sepolto in un paesino come questo! Mi arruolo, è deciso! Dò un’occhiata in giro e parto… Per quello che perdo qui… Fin da piccolo, sapevo di essere portato per l’azione e, invece, i miei m’han fatto studiare da ragioniere. Ma sono ancora in tempo!

Assorto in queste considerazioni esistenziali, l’assessore sembrava essersi dimenticato del custode, il quale, a un certo punto:

- Quindi, tutto fa credere che sarò licenziato…

L’assessore si girò di scatto e guardò il custode con un’aria strana:

- Licenziato? E perché poi? Ha rubato o rapinato qualcuno? – poi, come se si ricordasse della conversazione precedente – Ah, per quei fatterelli di prima? Si dà il caso che ne sia al corrente soltanto io. – si avvicina al custode, gli mette una mano sulla spalla e lo accompagna alla porta – Per qualche mese, riposo dal lavoro e grandi passeggiate. Pensieri positivi!

- Ma…

- Lo stipendio è quello e la casa è la stessa. L’avviserò io stesso, quando sarà il momento.

Il custode apre la porta.

- E mi raccomando: non mi bruci la casa! – ride e torna alla scrivania.

 

Il custode si guardava allo specchio:

- Si può dire qualsiasi cosa, meno che sia in forma… il sonno… Ecco quel che mi manca… Troppi pensieri. Devo cambiare vita.

Nei giorni seguenti fu visto sovente in paese; camminava di buon lena e salutava i conoscenti. Ma, dopo poco tempo, decise che la sua meta era la campagna.

- Ecco, uno ci pensa e ripensa e alla fine scopre l’acqua calda… Lo sanno anche le pietre che, per calmare l’animo, ci vuole la natura… Erbe, foglie, alberi, uccelli… E lo sguardo che arrivi lontano.

Era quasi convinto di aver trovato la soluzione dei suoi problemi:

- L’appetito è tornato e comincio anche a dormire meglio… Sì, mi sveglio ancora troppe volte e i sogni non sono per niente buoni, ma passeranno.

Dopo un po’, fu preso da un pensiero:

- Un cane… Ecco quel che mi manca. Un cane come amico. Non c’è bisogno di dilungarsi in discorsi, spiegazioni. Basta uno sguardo, per capirsi.

Senonché, dopo qualche settimana, si avvide che tutti i suoi giri finivano col portarlo nei paraggi del cimitero.

- Una bella stranezza… Io penso a tutt’altro e i miei piedi vanno per conto loro e, senza che me ne accorga, mi ritrovo sempre qui, non lontano dal posto in cui lavoravo… Ma era davvero un lavoro… O era qualcos’altro?

Il custode decise di stare lontano da quel luogo e per un po’ camminò lungo le rive della Dora Baltea, finché un giorno…

- Al diavolo i pregiudizi! Voglio fare un giro al cimitero, tanto per dare un’occhiata, se per caso è cambiato qualcosa.

Giunto nei pressi dell’entrata, si avvide che, vicino al cancello, appoggiato alle mura e ritto sulle zampe anteriori, se ne stava un cane, bianco, dal pelo corto e di notevoli dimensioni. L’animale guardava fisso il custode che si avvicinava.

- E cosa farà mai quel cane, proprio sull’entrata? Si direbbe un labrador… No, nessun labrador è così grosso.

Si diresse verso il cane, ma, giunto a pochi passi, dovette arrestarsi.

- Perché mi guarda fisso in quel modo… Come se mi conoscesse? Senonché, i suoi occhi non dicono nulla di buono. È evidente che non cerca un padrone e neppure vuole fare conoscenza… E, tantomeno, è il caso di andargli vicino e mettergli una mano sulla testa.

Il custode varcò la soglia, sempre avendo in mente il cane, ma aveva fatto pochi passi che gli venne incontro il sostituto:

- Non ti offendere, ma qui tu non dovresti entrare.

- Ecco una novità, ma si dà il caso che questo sia un luogo aperto al pubblico.

- Allora si vede che tu non fai parte del pubblico.

- Ma dimmi, perché il discorso ne vale la pena… Questa è soltanto una tua opinione?

- Ci mancherebbe altro… Io mi permetto di escludere un paesano, un mio collega…

- Allora?

- Allora hai capito benissimo… Sono disposizioni del Comune. Dicono che non ti fa bene girare in un posto come questo. Insomma, ti sei quasi ammalato.

Il custode tornò sui suoi passi, amareggiato. All’uscita, il cane lo guardava, immobile. Il custode riprese le sue passeggiate, ma il pensiero del cimitero non lo abbandonava

- Quindi, andare lì non mi fa bene… Ma chi sono quelli del Comune per arrivare a queste conclusioni? Il medico non mi ha detto niente e neppure il prete. E se han dato disposizioni che non posso andarci di giorno, è chiaro che tutto questo non può valere per la notte.

Fu così che, la sera stessa, il custode era nei pressi del cimitero.

- Visto così, con una mezza luna, il posto è ancora più bello. E non mi farebbe bene? Ma questo lo posso sapere soltanto io.

Il custode conosceva troppo bene il luogo, per pensare di poter entrare scavalcando il muro di cinta.

- Il cancello è alto e io non sono un acrobata, ma con un po’ d’impegno ce la potrei anche fare. D’altra parte, non è il tempo che mi manca. Quanto al rischio che qualcuno mi veda… I paesani, di notte, girano al largo da questo posto.

Ma l’umidità che s’era depositata sulle sbarre di ferro gli rese il compito più arduo del previsto. Finalmente fu dall’altro lato e s’incamminò sulla ghiaia immortale che tutti ci aspetta.

- C’è un’aria buona qui… Mi sento bene, respiro… E le preoccupazioni sono sparite. Farò un giro, tutto qui.

Senza rendersi conto, passò accanto alla tomba del postino.

- Le ultime informazioni non me le ha date, ma io non gliene voglio. Forse non sapeva, o non poteva.

(17– continua)

Bruno Vacchino