PARLA COI MORTI 16

IL CUSTODE – PARTE 2

Il custode non si ammalò, ma quella notte non gli riuscì di prender sonno e il giorno dopo, quei pochi che lo incontrarono, lo videro sbiancato in viso e poco coerente in quel che diceva.

- Dunque, si può entrare in contatto coi morti – si ripeteva – si può, anche se non so spiegarmi bene quel che m’è successo ieri pomeriggio.

Tornato al cimitero, sbrigò qualche piccola faccenda, poi, dopo essersi accertato che nessun occhio indiscreto lo sorvegliasse, si curvò sulla tomba di Ivonne e la chiamò a più riprese.

Ma dalla terra non sorse alcun suono.

- Com’è possibile? Eppure l’ho sentita; ricordo bene le sue parole.

Nonostante la delusione, non passava giorno senza che il custode ripetesse i suoi richiami alla morta.

Ma nostra cugina taceva.

- Ecco uno strano modo di comportarsi…forse una spiegazione c’è: questa donna non ha nessun interesse a parlare con me. E, in effetti, cosa poso dirle io, che aiuto le può venire da me? Ecco il punto: dovrei trovare qualcosa che la tocchi, qualcosa che la spinga verso di me… O forse la sua voce è diventata troppo debole e, anche se mi parla, io non la sento più… Già ieri le sue forze erano poche. O forse non può, perché qualcuno glielo impedisce. Ma per darmi una risposta, dovrei avere un’idea di quel che accade in quel mondo sepolto… E, invece, non ne so nulla.

Così il nostro uomo si diede a pensare quale stratagemma avrebbe potuto indurre Ivonne a riprendere la conversazione e, quando passava davanti al suo sepolcro, si fermava e la chiamava sottovoce.

- Forse oggi vorrà parlarmi….

Non ottenendo mai alcuna risposta, da uomo insicuro qual era, cominciò a dubitare d’aver sentito le parole di Ivonne.

- Il fatto è che mangio poco, il sonno è lontano e da tempo parlo da solo. E questi sono i risultati: non distinguo più i sogni dalla realtà… Devo cambiare questa vita. Sto troppo da solo… Mi farò degli amici e, perché no, mi troverò una donna. In fin dei conti, sono ancora giovane e di donne in giro ce ne sono. Qualcuna che faccia al caso mio.

Questi erano gli ammirevoli e coraggiosi propositi del custode e, forse, la sua vita sarebbe davvero cambiata, se il destino non avesse deciso in modo diverso. O forse era soltanto il caso?

Un mattino stava ripulendo una lapide proprio in fondo al cimitero e la vita gli sembrava più meritevole d’essere vissuta, quando all’improvviso gli giunse un sussurro alle spalle.

“Custode… Custode.”

Fu scosso da un brivido, perché un suono come quello l’aveva già sentito e si volse nella direzione da cui veniva la voce.

- Chi sei? – domandò al colmo dell’emozione.

“Sono Edi… Il postino.”

E, in effetti, il custode si trovava a un passo dalla sua tomba.

- Sì, ho sentito parlare di te. – disse in tono concitato – Sei morto poco prima che io prendessi servizio; ma tu devi vedermi, dal momento che m’hai chiamato.

“No, non posso vederti e nessuno di noi, sotto tanta terra, può vedere il vostro mondo”.  Ora la voce di Edi, per quanto non più forte di un bisbiglio, giungeva fluente alle orecchie del custode, che, percorso dai brividi e in preda a una terribile eccitazione dell’animo, si sporgeva sulla tomba.

- Io ti sento… E com’è possibile questo?

E la voce roca del postino: “Occorre una propensione particolare per il mondo dei defunti; forse le tue orecchie ascoltano poco le voci del mondo che ti circonda e per questo puoi sentire la nostra.”

- Ma io capisco tutte le tue parole.

“Sono giovane e morto da poco, ma anche qui il tempo la fa da padrone e nulla gli può resistere e la mia voce diventerà sempre più debole, più lontana, fino al punto da non poterla più udire, perché io stesso mi allontano dal vostro mondo.”

- Com’è possibile… Tu sei sempre qui… Sotto la lastra dove ti hanno sepolto.

“Non è così. Tu senti la mia voce… Ma io non sono sempre nello stesso luogo.”

- Ma adesso… Dove ti trovi?

“Sulla riva d’un fiume… Sull’altra sponda vedo della gente… Alcuni sono inginocchiati e altri scendono in acqua e, sopra di loro, un uomo e una donna, avvolti in un mantello scarlatto, volano verso una rupe spoglia… Ma, alla loro destra, degli uomini con dei larghi cappelli, puntano i fucili contro di loro…”

Edi stava ancora parlando, quando il custode improvvisamente sentì dei passi sulla ghiaia, sollevò la testa e vide due donne a pochi metri da lui. Prese un panno e si diede a pulire la foto marmorea del postino, pensando che certamente le donne avrebbero udito qualcosa. Ma le donne passarono oltre, senza dare alcun segno particolare.

Il custode si sporse ancora sulla tomba:

- Edi, cosa sta capitando?

“Faccio sempre più fatica a distinguere… La luce viene meno…”

- Il sole… vuoi dire il sole!

“No, non ci sono soli, qui, ma una luce fioca, tra le nuvole sempre presenti. Non si riesce a capire da dove venga questa luce.”

- Ma dimmi ancora… Qualche volta sei riuscito ad avvicinare qualcuno?

“Sì, poco tempo fa… Ma non so dirti quanto, perché qui il tempo non scorre allo stesso modo del vostro… E non ci sono stagioni e neppure si può parlare di giorni o di mesi… Ti dicevo… Poco tempo fa, camminavo su delle colline e in mano avevo una lancia solida, ben equilibrata… Da dove mi venisse, non ricordo… Ma quell’arma mi dava conforto, come una buona compagnia… E sento dei canti in lontananza… E poco dopo, vedo dei fuochi… Mentre mi avvicino, dei soldati, tutti giovani, mi vengono incontro, come se mi conoscessero… Sono armati con elmi, corazze, degli spadoni… Mi accolgono festosamente ed io domando chi sono e dove vanno… Inutile dirti che avrei voluto unirmi a loro… Ma quello non era il mio destino. Intanto, parlavano un’altra lingua, incomprensibile… Tedesco, forse, o un dialetto delle loro parti… La sola cosa che mi sembra d’aver capito è che andavano a Milano, al servizio d’un principe.”

- Cosa ti ha impedito di andare con loro?

“Dopo tutte quelle domande e risposte che portavano a ben magri risultati, mi ha invaso un gran torpore… Mi sono assopito su uno dei loro mantelli… E quando mi sono risvegliato, i soldati erano già partiti…”

La voce di Edi a volte cede e s’interrompe.

“La solitudine… La solitudine e il vagare in un ambiente sconosciuto”

- Ma qui nel cimitero siete in tanti; avrai potuto parlare con qualcuno.

“Molti sono vecchi… E la loro voce è debole e confusa… E non hanno interesse a parlare… Come ti dicevo, bisogna essere in sintonia… Almeno questo è quel che credo… Qui avevo due amici, ma da tempo non li sento più… forse si sono allontanati troppo e si sono persi da qualche parte…”

- Ma dimmi, a mandarvi in questi luoghi, è stato qualcuno, qualcuno che vi ha giudicati… C’è stata una sentenza … Qualcosa di simile?

” No, nessun giudizio… Solo l’impressione di scendere… Scendere… Senza saper dove. Sprofondiamo e ci consumiamo”.

Qui la voce di Edi tacque; il custode stette ancora a lungo in ascolto, ma nessun suono sorse più dalla terra. Il custode tornò a casa in preda a un’indicibile emozione. Per strada non rispose ai saluti dei passanti, cercò di mettere ordine alle sue idee, ma a malapena vedeva la via che percorreva. Si mise a letto, ma il sonno faticava sempre più a venire.

- Quindi io parlo coi morti… Coi morti. Quindi è possibile avere qualche informazione sull’aldilà… prepararsi a quel viaggio… non farsi prendere alla sprovvista quando verrà il momento.

Il giorno seguente, in un’ora in cui i visitatori sono pochi, il custode si avvicinò alla tomba di Edi e lo chiamò più volte a bassa voce

- Edi, ascoltami ancora: ho bisogno del tuo aiuto. Vedi la vita misera che conduco qui… almeno nell’aldilà… ma per questo bisogna che tu mi indichi le strade, la condotta migliore… tu hai esperienza…

E ancora una volta sorse la voce sotterranea del postino:

- Di quale esperienza parli? Da vivo, sapevo fare ben poco… giravo in moto e suonavo la chitarra… frequentavo gente del mio livello. Anche il posto di lavoro, il Comune me l’ha dato per riguardo a mia madre… e da morto, la mia esperienza non è cresciuta più di tanto. Qui il postino tacque, poi, dopo qualche istante – ma tu, un servizio me lo potresti fare e anche con poco sforzo.

- Non hai che da chiedere… tutto quel che è nelle mie possibilità.

- Vai dalla donna che avevo, Francesca… non viene mai a trovarmi… non dico portarmi i fiori, ma una visita, anche breve… Siamo stati insieme diversi anni, forse non mi ha dimenticato del tutto.

- Vorresti parlare con lei?

- Questo non è possibile… non potrebbe mai sentire la mia voce, né capire le mie parole.

Così, alle cinque, il custode chiuse il cancello, s’avviò verso il paese e andò a bussare sull’uscio di Francesca. Comparve una donna giovane, di piccola statura.

- Ecco -disse il custode – io mi permetto di disturbarti, anche se ci conosciamo solo da lontano…

La donna accennò a un sorriso.

- Vedi, io non sono in grado di dar consigli a nessuno ma, se tu, un pomeriggio, proprio quando non hai nulla da fare… tanto per dire, facessi un giro al cimitero, perché… ecco, te lo dico in due parole… Edi ci terrebbe molto a una tua visita.

La donna s’iscurì in viso:

- Custode, cosa ti passa per la testa, quali stranezze vai dicendo? Allora è proprio vero quel che dice la gente, che ti è dato di volta il cervello! Edi ci terrebbe… ma si dà il caso che sia morto da più di tre anni. In ogni caso, se non sono mai andata al cimitero un sola volta, ci saranno pure dei motivi!

E scuotendo la testa, rientrò in casa. Il mattino dopo, il custode tornò alla tomba di Edi.

- Sì, me l’aspettavo – disse il postino con una voce appena udibile – quand’ero già ammalato e si capiva che non sarei durato a lungo, i miei amici venivano a trovarmi all’ospedale e insistevano perché sposassi Francesca, per via della pensione, naturalmente… In fin dei conti ero stato io a convincerla a lasciare il marito e venire a vivere con me… ma io non ne ho mai voluto sapere. Così, quando son morto, Francesca è rimasta da sola e senza aiuti.

Qui la voce del postino si affievolì ulteriormente:

- Il buio sta scendendo su di me… devo andare.

E il custode, con voce concitata:

- Edi, non lasciarmi così. I segreti, i segreti che tu conosci sul vostro mondo, devi dirmeli, devi mettermi al corrente di quel che devo fare!

- Non cercare di parlare ancora coi morti – riprese ancora una volta il postino con una voce minacciosa che il custode non gli aveva mai sentito – già lo stare in questo posto ti consuma. In questo recinto, l’aria è malsana e anche le piante stentano a crescere. Ti stai inoltrando su una strada senza ritorno. Tu vuoi indagare, sapere… Ma il nostro mondo è impenetrabile. Stai lontano o il regno dei morti ti consumerà… dimentica quel che ti ho detto o non vedrai la vecchiaia.

Queste ultime parole sembravano sprofondare nella terra. Il custode rimase stordito e per un po’ non poté rendersi conto di dov’era.

- Ecco, se n’è andato… E io non ho ricevuto le risposte che cercavo.

Porse l’orecchio sulla lapide e chiamò ancora a lungo, ma nessuna voce uscì più da sottoterra, né quel giorno, né in quelli successivi.

- Forse la sua voce è diventata troppo fioca e le mie orecchie non sono più in grado di sentirla… O forse si è allontanato troppo… o qualcuno gli impedisce di parlare. Ma io non posso abbandonare la partita proprio adesso… troverò qualcuno che sappia, qualcuno che voglia darmi consigli precisi per il momento in cui scenderò sottoterra… perché quello è il momento cruciale. Non si tratta più di cinquanta o cent’anni. È’ in gioco l’eternità e chi mai vorrebbe trascorrere in malo modo quel tempo infinito?

Il custode trascinava le giornate in preda all’amarezza e allo sconforto. Si aggirava per i sentieri di ghiaia e parlava da solo, sovente ad alta voce. Quanto ai visitatori, o non sentiva la loro voce o rispondeva in modo insensato alle loro domande. Poi, un mattino tornò alla tomba di Ivonne. La chiamò a lungo, senza ottenere risposta, finché dalla terra emerse un bisbiglio difficile da decifrare.

- Ivonne, Ivonne, mi sentite?

- Tu mi parli da lontano… Qui tutto è inganno… Da tempo giro per questi posti desolati e non incontro nessuno che mi dia notizie di mia figlia… Lasciami… Lasciami al mio sonno.

(16– continua)

Bruno Vacchino