TARANTASIO, IL MOSTRO DEL LAGO GERUNDO

Siamo nell’Alto medioevo. Il monaco Sabbio nel 1110 scrisse la storia di Tarantasio (o Tarànto – a sinistra un’illustrazione dell’epoca) il mostro del lago Gerundo (lago scomparso nel XIII secolo a seguito di bonifiche), che si nutriva di bambini e uomini.
A quel tempo i fiumi Adda, Oglio e Serio con i loro straripamenti formavano il lago Gerundo, una sorta di immensa palude chiamata anche mare Gerundo, Gerondo o Geroso , il quale era poco profondo ma molto esteso: infatti occupava vaste zone della provincia di Bergamo, di Lodi e di Cremona e si estendeva fino ai confini di Milano. Nel lago tra l’altro vi erano anche numerose isole, la più importante delle quali era l’isola Fulcheria sulla quale nacque la città di Crema.
Ma torniamo a Tarantasio. La descrizione del mostro è quella classica di una creatura serpentiforme, con la testa enorme e grandi corna, con coda e zampe palmate, che sputava fuoco dalla bocca e fumo dal naso… insomma, un vero e proprio drago!
Un documento del 1300 riporta la notizia di una creatura di grosse dimensioni uccisa a Lodi a cui fu dato il nome di Drago Tarantasio e le cui ossa furono conservante fino al 1800.
Testimonianze del mostro se ne hanno anche a Milano: in un affresco del 1200 nella chiesa di San Marco è riportata l’immagine di un uomo vicino ad un grosso rettile simile ad una lucertola gigante che fuoriesce dall’acqua.
Il Drago Tarantasio viene rappresentato anche nello stemma di Milano: si tratta del Biscione con un bambino in bocca, dell’antica famiglia Visconti. Secondo la leggenda infatti il drago fu ucciso da un cavaliere vicino a Calvenzano. Questi era il fondatore della famiglia Visconti.

Un’altra leggenda vede invece come uccisore di Tarantasio il vescovo di Lodi, Bernardino Tolentino, che poi portò in processione il drago morente facendo voto di restaurare la chiesa di S. Cristoforo a Lodi. Lo scheletro, o comunque almeno una costola della creatura, fu conservato nella chiesa stessa fino al 1700. Vi sono tra l’altro numerose testimonianze della presenza dello scheletro all’epoca e ancora oggi nel bergamasco e nel cremonese sono conservate costole di dimensioni superiori ai 2 metri, attribuite a questa creatura, ma ritenute dagli esperti invece resti appartenenti ad animali preistorici.

09/02/2008, Davide Longoni