III TROFEO LA CENTURIA E LA ZONA MORTA: II CLASSIFICATO

L’ARMATURA DI GIADA

di EMANUELE BERTONI

Il valoroso Sir Gar, vincitore di numerose battaglie, uscì dalla taverna di Ponte Tremante, rifocillato e un poco barcollante… oh non il ponte, il cavaliere. Il locale faceva d’angolo fra la strada principale conducente al castello in costruzione e la scalinata che scendeva sino al mulino fra i campi di bietole.
«Brrr» disse sottovoce l’uomo camminando verso l’unica lanterna accesa.
I fischi ghiacciati del vento si insinuavano fra i suoi capelli e la mente intorpidita interpretò strane parole: ‘Salve cortese cavaliere. Ho bisogno di te per un sopralluogo alla cava.’
Gar girò su se stesso, inciampò e andò a finire contro un muro di sassi. Più in alto da una bifora, apparve un secchio e senza badare a chi si trovasse in strada vi rovesciò il proprio contenuto.
«Ehi, ma cosa!» esclamò l’ubriaco balzando sotto a un passaggio ad arco. «Non potevate stare attenti lassù?! Bifolchi! E cosa sarebbe poi un ‘sopralluogo’?»
‘Lascia perdere e procedi lungo la strada, coraggio.’
«Devo essere pazzo. Puah» bisbigliò Gar sgranando gli occhi.
‘Pazzo no, ma su di giri sì. Sono l’autore, mentre tu dovresti essere un nobile cavaliere. Abbiamo una missione: completiamola e andiamo a riposare.’
«Come? Io vado dove e quando voglio chiaro? Autore… e di cosa di grazia? Voi non esistete: siete solo nella mia testa.»
Silenzio: il paladino studiò il buio come a cercare qualcosa o qualcuno, ma non vi trovò niente o alcuno.
«Visto? Basta non darvi importanza e sparite. Autore. Puah.»
La salita acciottolata era scomoda sotto gli stivali, ma almeno c’era un poco di luce; le vie trasversali invece si perdevano nell’oscurità a due passi dal vicolo principale. Il freddo pungente e i sassi tondi resi scivolosi da perenni rivoli d’acqua, costrinsero Sir Gar a claudicare sino a un parapetto in pietra: l’illuminazione lunare rischiarava appena il succedersi dei terrazzamenti sino alla pianura solcata dal fiume.
E proprio là, poco più in basso, un frusciar di foglie attirò l’attenzione del cavaliere. Impossibile distinguere qualcosa nell’oscurità, ma d’un tratto fu il silenzio, perfino il vento attese e infine un acuto grido squarciò la notte. Il guerriero diede un’occhiata istintiva al cancello di ferro posto alla fine del parapetto: lo avrebbe condotto nelle coltivazioni sotto di lui. Un altro urlo, inquietante, seguito da un tonfo e da un rumore di trascinamento. L’eroe fece un passo indietro, scrutò la luna, quindi la salita alla sua destra e la comoda discesa a sinistra: con affanno e scivolando più volte corse verso l’alloggio.
‘Cavaliere! Un richiamo al vostro dovere! Non sentite il desiderio di salvare il malcapitato?’
«Spiacente: qui dentro i contadini sono brilli e le loro donzelle sole e in cerca di compagnia. Missione compiuta!»
‘Non vi azzardate a…’
La maestosa porta del locale sbatté con violenza.
‘…chiudermi la porta in faccia. Bah, un uomo senza spina dorsale: la mia notte sarà più lunga del previsto. Per fortuna ci sono persone più affidabili in questa zona: Malgreit. Ahh eccola, la torre circondata da povere capanne; il maschio, la cinta muraria, le merlature, i beccatelli, ogni cosa in perfetto stato. Bene, aspettiamo il giorno e vediamo cosa accade.’
La luminosa sfera solare era già in cielo quando la robusta cancellata di ferro cominciò a sollevarsi; il tintinnio delle catene venne sostituito dal ticchettio incerto del legno e infine dall’attutito calpestio di zoccoli di un cavallo in corsa. La fine bardatura mostrava un tessuto di colore fucsia alternato ad aggressive strisce nere. Sopra all’animale un uomo di blu ammantato a volto scoperto e un diadema sulla fronte. La strada dalla torre fortezza scendeva a valle zigzagando in mezzo ai campi dei contadini. Costoro, al lavoro da ben prima della levataccia del sole, alla vista del destriero al galoppo assunsero una vaga postura di attenti e ripresero le proprie mansioni solo quando la figura blu scomparve nella pianura lontana.
‘Complimenti per il cavallo: ottimo animale.’
«Vostra Grazia, l’autore, è un intenditore di stalloni dunque» valutò il cavaliere.
‘Come?! Sai chi sono?’
«Sì Vostra Grazia: in qualità di mago so interpretare i messaggi del mio cervello. Anzi possiamo pure annoverarla come mia specialità, se gradite.»
‘Bene, meglio così. Suppongo siate a conoscenza del motivo per cui vi contatto, giusto?’
«Non prevedo il futuro: mi limito a gestire al meglio il presente» spiegò l’esperto di magia stampandosi un presuntuoso sorriso in volto.
‘Ottimo. Avete per caso sentito parlare delle strane sparizioni dei pellegrini? A quanto pare il borgo a nord di qui non è sicuro.’
«Perlopiù, Vostra Grazia, sembra siano stati rapiti ricchi signorotti partiti per un qualche tipo di pellegrinaggio.»
‘Cionondimeno esseri umani. Ponte Tremante dovrebbe essere il primo luogo di accoglienza dei pellegrini dopo un difficile valico montano e invece vengono rapiti… o peggio.’
«Mi è stato riferito dell’arrivo di una nobile, Lady Ida, accompagnata dal fido campione: non hanno risolto la situazione?»
‘Oh quello? Siete ben informato, ma… sta facendo altro: credo lasceranno il paese oggi. Voi piuttosto: vedo state andando proprio là.’
«Invero siamo arrivati e questo non serve più» affermò lo stregone scendendo da cavallo e facendo un gesto secco con una mano.
L’immagine dello stallone tremolò, per poi divenire fumo bianco risucchiato dal terreno.
‘Dov’è finito? Non era reale?’
«Basi della magia, Vostra Grazia. Ora se non vi spiace devo andare e suppongo sappiate cosa mi porti qui.»
‘So di un materiale particolare, considerato persino prezioso in alcuni luoghi lontani.’
Il mago prima sospirò, quindi rise divertito e infine andò ad appoggiarsi a un albero nelle vicinanze: «Prezioso dite? No, decisamente non sapete. Vi saluto.»
‘Fermatevi un attimo stregone! Non volete aiutarmi? Potrei raccontare di voi…’
«Ho già diversi programmi per lasciare un ricordo di me. Se gradite, tuttavia, vi consiglierei di dimenticare la faccenda pellegrini.
Vedete, Ponte Tremante nasce su un terreno conteso dai potenti: un giorno il ducato Nord decide di sviluppare il borgo, ma la settimana successiva quello Est riesce a distruggerlo per evitare di avere un baluardo nemico nella zona. Ergo, se anche doveste risolvere la questione adesso, un domani l’Ovest creerebbe ulteriori problemi: dominare lo sbocco dei molti passi montani significherebbe ottenere il controllo su viandanti, eserciti, carrozze o altro. Il punto strategico in cui sorge il paese è in realtà la sua condanna. Ora, Vostra Grazia, non posso più attendere. Addio.»
L’incantatore strinse la fusciacca a linee ondulate rosse e bianche, soppesò il piccolo sacco marrone ad essa legato e s’incamminò su un ponte di pietre a tripla arcata al termine del quale si poteva scorgere un’alta torre di sorveglianza: l’ingresso sud del borgo.
‘La prossima notte ci saranno altre vittime: devo fare qualcosa.
Vediamo, lassù dietro al cantiere c’è una cava e il signore di Malgreit è in cerca di materiali preziosi. Forse se li trovassi per primo potrei barattarli col suo aiuto. Ehi, guarda un po’ chi c’è:
quello sfaticato di Gar vicino a una Lady. Cosa fate qui Sir Gar?’
«…perciò se sapete qualcosa dovreste dirlo a Lady Ida: siamo qui per aiutarvi» esortò il cavaliere rivolgendosi ai cavatori.
‘Sì, come l’ultima volta: un urlo e via. Che razza di aiuto…’
«Ancora quella voce, come si fa chiamare? Ah già: l’autore. Pensavo di sentirla solo da ubriaco» mormorò ironico Gar.
I minatori in logori abiti grigi ascoltavano il campione della lizza, ma gli occhi erano rivolti verso una donna in piedi al suo fianco.
L’affascinante presenza femminile mostrava le proprie origini nobili sfoggiando anelli, scarpette marroncine di ottima fattura, un pendaglio di giada ad arricchire un’accennata scollatura e un lungo vestito verde decorato da strisce verticali argentate.
‘Sir Gar… lasciamo perdere. Parliamo piuttosto con una persona senz’altro più affabile. Milady? Buongiorno milady.’
«Cortese autore, i miei omaggi. Se stavate narrando di me, continuate pure perché valorose gesta sono in arrivo» approvò la donna con un sorriso compiaciuto in volto.
Nessuno comprese le ultime frasi di Lady Ida, tanto meno Gar che la guardò inarcando un sopracciglio. Concluso l’interrogatorio dei cavatori, la dama andò a sedersi su una panchina di piagne disegnata dall’artigiano reale. I rumori dei picconi e i cinguettii degli uccellini curiosi, ripresero a scandire le fresche ore pomeridiane.
‘Ebbene, milady, in effetti avrei intenzione di parlare di voi. Se soltanto conoscessi l’argomento della discussione coi gentili minatori.’
«Con piacere, Vostra Signoria. A Ponte Tremante i pellegrini svaniscono nel nulla: l’ultimo la scorsa notte. Per tre giorni mi sono travestita come loro e nulla è accaduto; ora è il momento di svelare la mia vera identità. A quanto pare però nessuno sa nulla, a parte il mugnaio: sono stati i suoi ragguagli a condurmi qui» spiegò la donna cercando di rilassarsi.
‘Capisco e forse posso aiutarvi. Vi prego di aspettare qui: tornerò il prima possibile.’
Lady Ida guardò a destra, a sinistra, dietro di sé e alfine assentì; Sir Gar sospirò, scosse il capo e maledisse fra sé e sé il giorno in cui aveva scelto di fare da scorta a quella nobildonna impazzita.
‘Accidenti: se Ida ha saputo qualcosa dal mugnaio, figurarsi se lo stregone non riuscirà a sua volta. Devo arrivare prima di lui e… OH! FERMO DANNAZIONE!’
Il ligneo ingranaggio spinto dalla forza del fiume stava frantumando le granaglie producendo, oltre alla farina, una serie di scricchiolii e rumori vari, atti a distruggere la testa di chiunque. Per tale ragione l’incantatore stava urlando a un uomo di mezza età, brizzolato, corpulento, con gli occhi sgranati, bianco in volto e levitante a mezz’aria.
‘Si può sapere cosa state facendo? Mettetelo giù subito: non vedete come sta tremando?’
«Lasciate perdere, autore! Non vi riguarda» gridò lo stregone minaccioso, allungando ancor più il braccio già disteso in direzione del pover’uomo appeso al vuoto.
‘Oh diamine! Se solo potessi toccare qualcosa nel vostro tempo. E va bene, me ne vado: non meritate di sapere delle mie scoperte sulla cava. Addio, malvagio!’
Il mugnaio cadde con un tonfo sordo su un cumulo di sacchi di farina scomparendo in una nuvola bianca. Il mago abbassò il cappuccio e andò ad accomodarsi sulla maestosa macina, fermatasi senza apparente ragione.
«Forse ho sottovalutato le vostre conoscenze, autore. Vi chiedo perdono» dichiarò l’illusionista in blu stringendo gli occhi.
‘Molto bene, così va meglio. In effetti il padrone del mulino sa qualcosa ed ha già indirizzato alla cava Lady Ida e Sir Gar.’
Il mago tirò su col naso: «E secondo voi, autore, per quale motivo quello lì starebbe mandando i curiosi alla cava? Non pensate possa avere un piano?»
‘Può essere, ma di sicuro il modo migliore per farlo collaborare non è il vostro.’
Come sentitasi chiamata in causa la testa di un uomo apparve al disopra dei sacchi, guardò avanti a sé e notò il meccanismo in movimento, ma la macina immobile; seduto sul masso circolare lo stregone stava parlando come un pazzo fra sé e sé. All’improvviso poi l’inaspettata eco di un cupo boato arrivò dall’esterno; troppo per il mugnaio: abbassò il capo e tornò a nascondersi.
‘Cosa è stato?!’
L’incantatore balzò in piedi e andò sull’uscio: nessuno nelle vicinanze e più oltre gli ultimi battenti ancora aperti vennero serrati.
«Lassù» disse il mago facendo un cenno col capo in direzione del castello. «Sta succedendo qualcosa, ma qui dovremmo essere lontani e al sicuro.»
Acute grida di sofferenza parvero straziare persino il legno del mulino, ma l’illusionista in blu rimase impassibile.
‘Ma non sentite? Ci sono persone in pericolo e voi ve ne state lì impalato! Inoltre… Ida vi ricompenserà se la salverete, ne sono sicuro. Le ho visto indosso un pendaglio di giada molto particolare: potreste chiederlo in cambio del vostro aiuto.’
Lo stregone fece uno scatto, parve soppesare una qualche tipo di informazione per pochi istanti e alfine parlò: «Vada per il pendaglio: fuori di qui!»
Non ebbe neppure finito di parlare che balzò in mezzo a un campo e allungò una mano in direzione del cielo. Una manciata di secondi e un’enorme poiana oscurò la luce solare mostrando l’intenzione di planare al suolo. Quando il volatile carezzò le spighe facendole flettere dolcemente, il mago, con agilità insospettabile, compì un gesto da atleta e saltò sull’animale.
‘Basi della magia anche queste?’
«Eh eh, qui sono andato un poco oltre, autore. Guardate là piuttosto: sembra un esperimento magico finito male.»
Pezzi di legno costellavano il piccolo dirupo che separava il castello dai campi a ridosso del fiume. A lato del cantiere in uno spiazzo c’era il deposito attrezzi: scomparso, solo rovine. Dalle macerie partivano due sentieri: l’uno scendeva verso le coltivazioni, l’altro saliva verso uno dei tanti valichi montani per cui Ponte Tremante era famoso. Numerosi cavatori erano distesi a terra su entrambe le diramazioni stradali: alcuni avevano abiti lacerati, altri nuotavano in modo goffo in pozze di sangue.
‘E’ una tragedia! Cosa ha causato tutto questo?’
«Senza volerlo Lady Ida ha svelato il mistero» il rapace virò. «E il segreto scoperto eccolo: lui, là!»
‘Oh mio Dio e quello cos’è?’
Vicino all’ingresso della cava di piagne Ida e Sir Gar stavano proteggendo un gruppo di minatori così terrorizzati da essere divenuti un tutt’uno con la parete rocciosa. Di fronte agli esseri umani un lupo col colore del fango e una lunga fila di artigli neri sul dorso, stava acquattato pronto a sferrare l’attacco.

«Un mannaro, autore: un essere umano divenuto lupo o meglio ancora un insieme fra lupo e uomo.»
‘A me sembra un cane… certo un grande cane, ma…’
Quasi avesse udito la conversazione, la bestia a quattro zampe voltò il muso allungato verso la cupola celeste e senza indugi spiccò un balzo più alto della collina stessa. Il mago venne sbalzato dalla cavalcatura aerea e cadde al suolo, ferito a una spalla dall’uomo lupo; il licantropo tornò a terra, le zampe divennero braccia, il dorso schiena e le mani neri artigli lucenti. Il volatile, ferito e intontito, provò a riprendere l’aria, ma l’uomo lupo lo finì con un taglio netto.
‘Accidenti, spero la poiana sia stata finzione come il cavallo! Mago? Siete vivo?’
Lo stregone approfittando del duello fra gli animali, gattonò ansimando sino alle gambe di Sir Gar e Lady Ida andò subito a sostenerlo. Una strana espressione apparve allora sul volto dell’incantatore: ergendosi in tutta la sua statura digrignò i denti in un sorriso, allungò una mano sul seno della donna, salì sino al pendaglio e glielo strappò dal collo.
«Molte grazie milady» bisbigliò l’illusionista avvicinando la bocca a quella di Ida.
La donna, smarrita per terrore e stupore, non ebbe il tempo di reagire e poté solo assistere impotente alla goffa fuga del mago.
‘Non posso crederci: mai visto un codardo egoista come voi. Tornate qui! Oh, possa la miniera crollarvi addosso!’
Il mannaro intanto rimanendo sulle due gambe valutò quale nemico attaccare. La bava colò sulle piume della poiana ormai inerte e pochi istanti dopo un violento fendente colpì l’armatura del distratto Gar.
Lady Ida ridestatasi dalla rapina subita, urlò di impotenza, corse verso i cavatori e gesticolò come meglio poté. Il paladino alzò d’istinto lo scudo a proteggere la parte di corpo rimasta senza difesa, ma nessun metallo pareva immune agli artigli della bestia. In un batter di ciglio il mannaro strinse la zampa libera attorno al cavaliere, lo sollevò e lo gettò con violenza fra i resti del deposito. Un ringhio poderoso evolse in un ululato da brividi: l’uomo lupo aveva vinto.
«Autore fate qualcosa vi prego» implorò la donna singhiozzante, raccogliendo pietre da terra.
‘Sì milady, ottima idea: lo terrete occupato. Tirate!’
E come se tutti i cavatori avessero udito la voce del vento, lanciarono all’unisono colpendo il licantropo in più punti del corpo.
L’ululato cessò, il mannaro restò immobile e prese a grugnire in modo scomposto: stava ridendo.
«E adesso? Autoreee» invocò Lady Ida.
‘Dobbiamo stare calmi e pensare.’
«Ditelo voi a quella bestia allora!»
‘Pensare, pensare. Milady: perché lo stregone vi ha portato via il pendaglio? Non sono forse d’oro quei bracciali ai polsi? Insomma, tra oro e giada io avrei scelto l’oro…’
«Vi sembra il momento di badare ai miei gioielli?! Autore fate qualcosa vi prego. AAAH…»
Nonostante il lancio di rocce non avesse mai avuto tregua, il licantropo aprì le fauci mostrando i canini lunghi come un dito e iniziò ad avanzare lentamente in direzione dei minatori.
‘…eppure, milady, c’è qualcosa di strano vi dico. Sentite voi possedete solo il pendaglio di giada?’
«E’ ovvio: siete impazzito; la paura gioca brutti scherzi» mormorò Ida costernata.
‘No no, coraggio rispondete, ve ne prego.’
«Non ho solo il pendaglio. C’è anche… ehi aspettate un attimo: faceva tutto parte di un regalo. Lo zio Pil! Avete ragione autore!»
Il lupo balzò addosso a uno dei cavatori; l’uomo urlò, allungò le braccia, cercò di difendersi come poté, ma dovette soccombere e gli altri sopravvissuti ebbero solo il coraggio di assistere alla scena.
‘Quale regalo?’
«Questo» esclamò a gran voce la donna mettendo una mano nel vestito e traendone un quadrato perfetto di giada. «Da usare solo nei momenti di difficoltà, disse lo zio. Uomini, dietro di me!»
‘Usarlo? E come?’
«Co-sì» gridò Ida quasi stesse pronunciando una formula magica.
Il mannaro chinato sull’ennesima preda ormai inerme, volse il capo solo per vedere Ida lanciare un piccolo tassello di giada nella cava.
Non lo ritenne interessante e tornò a dedicarsi al malcapitato.
‘Ah bene, ottimo: ora sì che siamo salvi…’
«Non so bene perché, ma credo sia stata la cosa giusta da fare…»
‘Se lo dite voi milady…’
Dall’interno della cava provenne un rombo tale da far tremare il terreno, quindi un polverone fitto come nebbia ne fuoriuscì a coprire l’intera collina. I presenti rimasero immobili ad attendere il fato e quando il campo di battaglia fu di nuovo libero un’altra creatura poderosa come il lupo mannaro fece la sua comparsa, portando sulle braccia la sagoma di Sir Gar. Il nuovo giunto sembrava un portento di uomo ricoperto da un’armatura fatta da tanti piccoli quadrati di giada. Calvo, al posto degli occhi due orbite vuote e le dita erano un tutt’uno, come se indossasse guanti e scarpe. Diversi spuntoni d’oro luccicavano sul corpo tenendo uniti i tasselli dai mille colori.
L’uomo di giada avanzò passeggiando, raggiunse Ida e adagiò vicino a lei il suo campione. Il mannaro non perse tempo e colse l’occasione per attaccare alle spalle il nuovo nemico: con uno scatto felino raggiunse la spalla del guerriero di giada e la morse con tutta la forza che possedeva. Un crac secco e due denti andarono in frantumi, mentre il licantropo perse la presa, scivolò e capitombolò al suolo.
L’uomo di giada, sicuro nei movimenti, afferrò per la collottola il lupo dolorante e lo schiantò di testa contro la parete di roccia. La rabbia dell’uomo lupo sfociò in un ringhio malefico e dalla bocca non uscì bava, ma sangue. Seppur a fatica il mannaro tornò in piedi barcollando, ma l’armatura di giada non rimase impressionata e avanzò verso l’avversario. L’uomo lupo non attendeva altro: si arrampicò sulla parete di roccia, scorticò un grande masso dalla collina e lo lanciò sulla testa del nemico. Ida e i cavatori si ripararono le orecchie per l’incredibile frastuono prodotto dall’urto; la roccia esplose in mille pietruzze senza scalfire neppure il possente guerriero. Anzi, quest’ultimo caricò un colpo e lo sferrò con violenza inaudita alla collina. Nulla franò, a parte il licantropo che cadde al suolo in malo modo. L’uomo di giada allora chiuse uno degli avambracci, alzò il gomito e lo lasciò ricadere sulla schiena del lupo, infilzandolo coi suoi stessi artigli. Il mannaro indietreggiò,
provò a tornare sulle quattro zampe senza riuscirvi e infine cadde su un lato, mentre due rivoli di sangue uscirono dalle orecchie irsute e appuntite.
I cavatori alzarono le braccia al cielo e corsero felici verso il guerriero di giada. Costui girò verso Ida, abbassò le braccia e collassò al suolo, come se la magica forza che lo sosteneva fosse svanita all’improvviso. I tasselli di giada divennero un tappeto e cominciarono a ripiegarsi uno sull’altro, non cumulandosi ma assorbendosi. Quando ne rimase soltanto uno, tutto si placò e Lady Ida si avvicinò, lo raccolse e lo rimise nella tasca interna del vestito.
‘Grazie zio Pil, ci ha salvati tutti e d’ora in poi non cercherò mai più un mago per risolvere questioni importanti.’
«Dunque era questa la protezione di cui parlava lo zio Pil» considerò fra sé e sé Lady Ida.
Preoccupata da qualcosa, la nobildonna si volse in direzione della miniera e corse verso l’ingresso. La galleria crollata era dominata dal buio pesto animato soltanto da un bagliore poco distante: il diadema del mago.
‘Era un codardo, ma non meritava di morire.’
Ida raccolse il prezioso con le mani, lo strinse e uscì di nuovo all’aria aperta per scrutare la vallata, pensierosa.

‘Milady? Tutto bene?’
«Sì autore, certo» commentò la donna poco prima che un rantolo emesso da Sir Gar attirasse la sua attenzione. «Bene, sembra comunque che avrete una storia da narrare autore. Addio e grazie.»
‘Sì, proprio così. Grazie a voi milady e badate a Gar.’
«Ah ah, autore: lui deve badare a me, non il contrario!»
Quella fu una notte di festeggiamenti per Ponte Tremante: i vicoli bui si illuminarono, ballerini e mangiafuoco animarono le strade e un corteo mascherato celebrò Ida e Gar, il campione ferito.
‘…e finalmente io potrò andare a dormire. Buonanotte!’