NOCTURNIA PRESENTA 02: NON SI SEVIZIA UN PAPERINO (1972)

Proseguiamo dopo una lunga pausa la nostra partnership con l’ottimo blog “Nocturnia” del bravissimo Nick Parisi, grazie a questa collaborazione, che rientra in un più ampio progetto denominato inizialmente “Pax Sf” e che ora si è tramutato in “Cosmolinea B-Log”, sulla Zona Morta pubblichiamo un altro interessante articolo del blog di Parisi che poi ci ricambierà prossimamente nell’ottica di una lunga, efficace e proficua collaborazione tra veri appassionati e tra siti che si rispettano, animati da quella “Passione” con la “P” maiuscola che da sempre alimentiamo e che fa da motore a ogni nostra iniziativa.

Per cui mettetevi comodi, allacciate le cinture di sicurezza e cominciate a leggere… per continuare questo lungo viaggio di fratellanza, parleremo di qualcuno che aveva fatto del fantastico il proprio pane quotidiano… Lucio Fulci.

Questo articolo è dedicato alla memoria di Tomas Milian

Accendura.  Basilicata. Nelle vicinanze di una moderna e trafficata autostrada la natura brulla e selvaggia domina ancora i paesaggi.  Una mano femminile scava tra le rocce, estraendone fuori lo scheletro di un neonato. Poco distante alcuni bambini del paese, appena usciti dalla locale chiesa si divertono a spiare l’attività di due prostitute. La stessa mano femminile che aveva disseppellito il corpicino morto adesso compie alcuni riti di magia nera nei confronti di alcuni pupazzi dalle fattezze infantili.  Uno dopo l’altro i bambini di Accendura vengono uccisi in maniera sempre più brutale. I sospetti si concentrano esclusivamente nei confronti di una “maciara”, una donna ritenuta colpevole di stregoneria e per questo esclusa dal resto della cittadinanza. Il caso assume ben presto una rilevanza nazionale focalizzando l’attenzione delle grandi testate giornalistiche del Nord Italia.  Andrea Martelli, uno dei cronisti di “nera” giunti in paese comprende quasi subito che gli omicidi nascondono qualcosa di molto diverso e molto più grande. L’unico però che sembra dargli ascolto è il giovane prete del paese. I carabinieri infatti preferiscono concentrare tutte le loro indagini nei confronti di Patrizia, la giovane e bella figlia di un industriale milanese, con alle spalle un passato da tossicodipendente. Ma il paese ha già parlato, i contadini sono convinti di aver già individuato il vero colpevole delle morti.  Tutti gli indizi sembrano portare alla “maciara”.

Nel 1972, Lucio Fulci crea uno dei suoi film più riusciti, una pellicola che lui stesso considererà “tra le sue più riuscite” e di cui si riterrà più soddisfatto  In quell’anno con Non si sevizia un Paperino il regista romano gira un thriller a tutti gli effetti che però col passare del tempo sarà molto apprezzato soprattutto dagli appassionati  horror. Non si sevizia un Paperino è infatti principalmente un thriller, uno di quelli duri e cattivi all’interno del quale “il Terrorista dei Generi” si diverte però, per l’ennesima volta, a rimescolare le carte, ad infrangere ti cliché della materia  trattata. Ma anche a rompere con i canoni “argentiani”, che all’epoca, non solo erano di moda  ma che venivano quasi considerati come i soli possibili.
Fulci trasporta infatti l’azione dalle grandi città del Centro- Nord quali Roma o Torino ad un piccolo borgo rurale del Sud Italia, da luoghi aperti e cosmopoliti ad una minuscola, infinitesimale comunità chiusa dove vigono regole immutabili da secoli. Inframmezza la sceneggiatura di rimandi e tentazioni degne di una pellicola del terrore e soprattutto mette in scena una vicenda carica di sadismo e violenza estrema. Certo, per farlo si basa su alcuni casi di cronaca realmente accaduti, in particolare ai delitti di Bitonto ma Fulci e i suoi co-sceneggiatori Clerici e Gianviti rendono propria la materia, gestendo in maniera perfetta un tema, quello della violenza nei confronti dei bambini, che in altre mani meno capaci o meno attente sarebbe franato come terra friabile scadendo nel becero più scabroso. O peggio nel ridicolo.
Ma Non si sevizia un Paperino è anche uno dei film “fulciani” ad avere creato più grattacapi al suo regista, ad aver attirato l’attenzione della censura su di lui; questo a cominciare dallo stesso titolo nato originariamente senza l’articolo indeterminativo e cambiato in corso d’opera per non incorrere in beghe di copyright con la Disney e la Mondadori che pubblicava in Italia gli albi del colosso  statunitense fino allo stesso argomento trattato con diverse accuse riservate ai momenti delle varie morti delle giovani vittime.
Fu però una scena in particolare, quella di un nudo frontale totale offerto da una giovanissima Barbara Bouchet qui davvero all’apice della sua bellezza,  davanti ad uno dei bambini a scatenare le ire della censura costringendo il regista e l’attrice a dover comparire nelle aule dei tribunali italiani. Per la cronaca il regista ne uscì pulito in quanto dichiarò davanti ai giudici di aver girato la scena in momenti diversi in modo da non far mai incontrare la Bouchet nuda con l’attore bambino . Inoltre il regista dimostrò di aver anche utilizzato come controfigura, nei momenti in cui il bambino veniva ripreso di spalle, un adulto talmente di bassa statura da poter essere tranquillamente confuso con un minore.
Sempre per la cronaca la controfigura in questione altri non era che Domenico Semeraro, di professione imbalsamatore, un contatto di Fulci , meglio conosciuto come “il nano della stazione Termini” a causa della sua altezza di un metro e trenta. Semeraro anni dopo fu vittima e protagonista di un caso di cronaca (di cui prima o poi parleremo su Nocturnia) che fece molto scalpore e che diede spunto a Matteo Garrone per il suo film L’Imbalsamatore. Questo elemento aggiunge dettagli in più sul clima che vigeva nell’Italia di quel periodo. E anche sul suo Cinema. Non nascondiamocelo, il tema è uno di quelli che disturba, ancora oggi, nonostante tutta l’assuefazione al male da cui siamo costantemente bombardati, nonostante il fatto che sappiamo che stiamo osservando solo un film eppure mettere in scena l’omicidio di un gruppo di bambini è un qualcosa che fa veramente male. Perfino ai recensori più incalliti. Eppure, anche in questo, Fulci dimostra la sua bravura, anche nel suo scegliere soluzioni creative per rendere il tema il meno ostico possibile. Tanto per cominciare per i ruoli delle vittime del misterioso assassino sceglie bambini dai volti il più possibile lontani dallo stereotipo dell’ “infante innocente“, i bambini del suo film hanno tutte facce da adulti, inoltre li tratteggia come figure brutte, sporche, perfide e già corrotte nell’animo. Perfino i loro atteggiamenti lo sono, dal momento che risultano crudeli, sadici, pieni di tutta la cattiveria della loro giovane età: risulta difficile solidarizzare con personaggi come questi. Eppure rimangono bambini, immolate ad un mondo più grande di loro. Fulci non smette mai di ricordarcelo.
Il regista romano mette in scena un mondo di poveracci, di figure moralmente ambigue, di sadismo e pedofilia, però lo fa alla sua maniera, utilizzando la sua “poetica”; non è un caso che alcune delle scene più violente siano accompagnate – quasi per contrappasso – da Quei Giorni assieme a Te, una delle canzoni più dolci mai cantate da Ornella Vanoni ( scritta dal compositore Riz Ortolani e dalla sceneggiatrice Iaia Fiastri) cosa che finisce per conferire un aspetto straniante a tutta la pellicola.
Barbara Bouchet e Tomas Milian Due intrusi nella società di Accendura

Nel farlo, nel mettere in scena la sua “umana commedia” il cineasta si affida ad un parterre di attori internazionali, un cast cosmopolita fatto di volti all’epoca molto popolari nel nostro paese; alcuni di questi avevano già lavorato col regista romano, altri ci avrebbero ancora lavorato in futuro. Ma nel farlo, nello sceglierli ancora una volta Fulci utilizza una personale sensibilità privilegiando attori di estrazione mediterranea come i francesi Marc Porel e George Wilson e la greca Irene Papas; o comunque latina come la brasiliana Florinda Bolkan o il cubano Tomas Milian. L’unica eccezione pare rappresentata dalla scelta di una attrice e modella nata nell’ Europa dell’Est come Barbara Bouchet nel ruolo della ricca ed annoiata Patrizia, quasi a volerne rimarcare la lontananza del per personaggio dalla società e dalla realtà di Accendura. E la sua estraneità dai ritmi di vita del paese dove è costretta a vivere.Certo, non deve essere stato un effetto voluto, dal momento che alcuni ruoli all’inizio erano stati pensati per ben altri attori, però è comunque interessante che l’effetto finale sia stato questo.

Ma sono in particolare Florinda Bolkan e Tomas Milian ad esprimere la reale cifra stilistica del film, la prima nel ruolo della “maciara“, la strega del paese si permette di andare contro le iniziali disposizioni del regista che avrebbe desiderato per quel personaggio un trucco da donna povera, sciatta, sporca e gretta mentre l’attrice Sudamericana preferì optare per una mise che, pur lasciando intravedere la povertà economica del personaggio, ne lasciasse intatta tutta la bellezza. Il risultato fu che le espressioni allucinate ma comunque sensuali e selvagge della Bolkan risultano  tra le cose che si ricordano meglio di tutta la pellicola ancora adesso.
Marc Porel nel momento più emblematico di tutta la pellicola.

Milian, dal canto suo, si trovava allora nel pieno della sua esperienza italiana ma ancora lontano anni luce dai personaggi der Monnezza e di Nico Giraldi  che l’avrebbero quasi imprigionato in quei ruoli(che, ripetiamolo, nonostante qualcuno lo creda  sono due personaggi molto diversi). La sua è  ancora una recitazione molto  misurata, direi perfino in sottotraccia, quasi per sottrazione. Milian con buona professionalità veste bene i panni del reporter Andrea Martelli, forse l’unico personaggio davvero lineare di tutta la vicenda, uno dei pochi che cerchi di conservare una parvenza di umanità dal primo all’ultimo istante. Certo, si tratta di un Milian ancora grezzo, che magari non sente il film fino in fondo, ma che riesce comunque a fornire una buona prova recitativa, reggendo molte scene sulle sue spalle finendo così nel mettere in ombra tutto il resto. Anche quello in fondo è una testimonianza del grande talento dell’attore e dell’uomo Milian.

Non si sevizia un Paperino mette in scena due universi diversi, due modelli di  società apparentemente inconciliabili, da un lato l’ Italia del boom economico, che nel 1972 stava vivendo una delle sue ultime stagioni, dall’altro quella dell’ Italia rurale, dei borghi contadini chiusi su sé stessi e dominati da regole ferree ed immutabili. Mondi antitetici che, nel film difficilmente riescono ad incontrarsi se non in rari casi. Uno può essere rappresentato dalla figura dolente del maresciallo dei carabinieri interpretato da Ugo D’Alessio, certamente uomo delle  istituzioni, rappresentante di quello stesso mondo “di fuori” da cui provengono le autostrade, le leggi; il boom economico ma che vivendo in quel mondo rurale ormai da anni conosce (e comprende) i cuori e le menti degli abitanti del piccolo mondo antico e marcito di Accendura. Magari senza condividerle, magari senza giustificarle ma conoscendole sicuramente. Ma, rimaniamo comunque oltre il tempo massimo e-a suo modo- con Non si sevizia un Paperino Lucio Fulci confeziona e testimonia il suo personale de profundis ad entrambi quei modelli di società.

BONUS  CARD:  IL RICORDO DI DAVIDE PULICI

Per l’occasione ho chiesto a Davide Pulici  della rivista Nocturno un ricordo testimonianza su Milian e sul film. Pulici ha acconsentito di buon grado e per questo lo ringrazio. Nocturno senza ombra di dubbio è ” la rivista” di Cinema e sul Cinema di genere per antonomasia, la vera bibbia del settore, se cercate informazioni su un attore, un autore, un film o un genere ben preciso Nocturno è il luogo dove troverete tutte le risposte che cercate. Davide Pulici, è stato uno dei fondatori della storica rivista nata nel 1994 e ne è tuttora il vice-caporedattore, specializzandosi su quelle pagine in particolare nel campo dei Misteri cinematografici e nella creazione di numerosi dossier tematici. E’ un grande piacere ospitarlo qui su Nocturnia.

Davide Pulici: Non si sevizia un paperino lo si può inserire tra i film di routine fatti da Tomas Milian, tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio dei Settanta. Il suo non è un ruolo che richieda particolare carisma o attenzione. Fa il maschio, bello e buono, ed è un nome di chiamata da mettere accanto al personaggio di Barbara Bouchet. Niente di stratosferico, come interpretazione richiesta. Mi sono sempre domandato, peraltro, come mai Fulci non avesse usato Tomas per il personaggio del prete, spostando Porel sul protagonista buono. Non riesco a immaginare che cosa sarebbe riuscito a tirare fuori Tomas da quel pretino convinto che per preservare i bambini dal peccato l’unico modo fosse ammazzarli. Tra l’altro, Tomas aveva appena incarnato un prete in quello straordinari e assurdo film che fu The Last Movie – Fuga da Hollywood, girato in Perù con Dennis Hooper. Ma forse Fulci cercava un giovane con una faccia pulita (pare che prima dell’attore francese avesse pensato a Massimo Ranieri). Comunque, per il film in cui richiamò Tomas a lavorare con sé, I 4 dell’Apocalisse, Fulci capì che un attore di razza come Tomas avrebbe dato il meglio in una corsa difficile e quindi gli affidò la parte dello spregevole Chaco, con il risultato eccezionale che tutti conosciamo.”

Nick Parisi