LA COSA NEL CAMINO

1.

Il traghetto volava sopra le onde, scavalcando il mare agitato dello stretto. Era già mezzanotte, e ancora più irrequieto del mare, Teodoro R. osservava le stelle dalla prua. Il vento scompigliava i suoi capelli e alcune gocce di salsedine gli imperlavano la fronte. Niente, in ogni caso, si sarebbe mai potuto opporre al suo piano. Devo assolutamente riconquistare Christina! Ci devo riuscire, fosse l’ultima cosa che faccio! Pensava. Non ha alcun senso che finisca così: so che posso riconquistarla… la devo riconquistare! Ed è proprio quello che farò nei prossimi giorni. Cascasse il mondo! Cascasse il mondo…

L’ultima traversata del giorno procedeva spedita verso il suo approdo. Quando Teodoro cominciò a scorgere le prime fievoli luci provenienti dall’isola, molti altri pensieri e propositi cominciarono a oltrepassare quasi all’unisono la sua mente: arrivarono come stelle comete di rasserenante ottimismo, sostarono alcuni secondi nel suo cervello, giusto il tempo di strappargli un malandato tentativo di sorriso, e subito scomparvero, così come erano arrivati, nell’oscurità del mare, apparentemente molto più buio e profondo del cielo carico stelle. Erano pensieri troppo repentini e felici per poter essere conservati a lungo nell’animo del ragazzo, disincantato già di sua natura, e adesso per di più turbato dal mal d’amore. Dopo pochi secondi, però, quelle fievoli luci all’orizzonte si fecero più intense e cominciò a delinearsi, nel nulla, il contorno settentrionale dell’isola. Ancora pochi minuti e sarò arrivato. Si disse. Un quarto d’ora col fuoristrada e finalmente… l’avventura avrà inizio!  Mentre pensava questo, i suoi occhi andarono nella direzione opposta, a Sud, dove sapeva che trovarsi la sua destinazione finale. In una zona quasi del tutto disabitata dell’isola.

Il cellulare squillò.

- Ciao, Teo! Come stai?

Era Christina.

- Ciao, Chris!

Rispose Teodoro con voce sinceramente sorpresa.

- Non speravo mi chiamassi così presto!

- Ma certo, amore! Come potevo non chiamarti dopo la splendida sorpresa che mi hai fatto? Un weekend intero in quella splendida villa sull’isola, Teo, ma è magnifico! Non vedo l’ora di arrivare domani lì da te e… Domani mattina presto! Col primo traghetto…

Quell’”amore” e quel “da te”, così inaspettati e detti a bruciapelo, avevano fatto sobbalzare il povero Teodoro, tanto che, credeva, sarebbe potuto finire in mare dalla felicità.

Ma non lo scossero abbastanza da impedirgli di puntualizzare:

- Ehm… Come domani? Ma non avevi detto che saresti venuta fra un paio di giorni?

Prima che lei potesse rispondere qualsiasi cosa, però, aggiunse:

- Ma certo! Domani va benissimo! Prima vieni e meglio è! L’ho organizzata per noi due questa piccola vacanza. Non vedo l’ora di… ehm… riabbracciarti… amore. Solo il tempo di sistemare casa e di preparare qualcosa di buono per il tuo arrivo… A proposito: non andremo nella villa dello zio Berto, come forse avevi capito: andremo invece a stare nella torre… credo di avertene parlato una volta… sai, è molto bello laggiù… non c’è nessuno e potremo finalmente starcene un po’ da soli…

- Ok, ok…

La voce di Christina era leggermente incerta, ma non infastidita.

- Faremo come desideri tu… Certamente! Mi ricordo che una volta me l’hai anche fatta vedere, quell’antica torre così strana. Mi ricordo benissimo dove si trova! Uh, uh, uh! Non vedo l’ora… Teo! Davvero non vedo l’ora! Uh, uh…

- Bene!

Disse Teodoro raggiante.

- Ci vediamo domani, allora! Col primo traghetto. Quello delle… 6?

- Sì, sì! Proprio quello! Alle 6 precise! Uh, uh, uh!

Esplose Christina incontenibile.

- Bene. Un’ora di traversata e dovresti essere qui per le 7. Poi una ventina di minuti con la tua auto… Beh, a domani allora!

- Ciao, amore, a domani!

Teodoro chiuse la comunicazione. 

Era andata meglio del previsto. Molto meglio del previsto, a essere sinceri (e con se stesso Teodoro lo era quasi sempre). Christina sembrava davvero non stare nella pelle davanti alla prospettiva di arrivare l’indomani. E molto probabilmente era elettrizzata anche all’idea di rimettersi con lui. Bene, bene… Non c’era ormai che da aspettare. Aspettare e preparare un po’ la casa all’arrivo della sua ex-fidanzata, ormai non più tanto “ex”. L’unico, vero amore della sua vita (amore, da te, amore, aveva ripetuto Christina al telefono!), fra tanti dubbi, di questo Teodoro era assolutamente convinto. Chris era e sarebbe per sempre stata la sua donna. Si sfregò le mani pensando a come Chris avrebbe reagito alla vista della splendida sistemazione che avrebbe trovato. La casa… La vecchia casa degli zii…

2. 

Il traghetto decelerò. Le onde, che fino a un attimo prima erano parse rincorrere a fatica il natante, ora lo stavano raggiungendo e lo sorpassavano, si infrangevano a turno contro il molo scarsamente illuminato. Non prima, però, di avere preso a schiaffi lo scafo del natante, come per dirgli: Hey! Hai corso così tanto… ma a che è ti servito? Hai visto che alla fine ti abbiamo preso lo stesso!

Ad attenderlo al porto, in piedi accanto al fuoristrada, c’era lo zio Berto.

- Ciao, zio! Come stai?

- Oh, Teo! Che piacere rivederti dopo tanti anni!

Disse l’anziano uomo mentre dava la mano al ragazzo. Intanto continuava a rimanere appoggiato al cofano della vettura. Poi porse in avanti la gamba destra, in modo che l’altro potesse rendersi conto di chissà che cosa, servendosi di raggi X che di certo non possedeva.

- Eh! Questa maledetta artrite! Non mi molla mai, sai? Beati voi giovani…

E dallo sportello aperto dell’auto tirò fuori un lungo bastone da passeggio.

- Vedi come sono ridotto?

- Suvvia, zio…

Disse Teo, poggiandogli amichevolmente una mano su una spalla.

- …vedrai che le cose ora ti andranno meglio! Adesso che ti sei trasferito in pianta stabile sull’isola! In quella splendida villa… 

Lo zio Berto fece la faccia da cane bastonato e si lasciò sfuggire dalla bocca un piccolo sbuffo:

- Ma adesso saliamo in macchina e partiamo, che è tardi…

Il 4×4 sfrecciava sull’asfalto della zona portuale. Lo zio Berto sembrava tutto tranne che un povero invalido, almeno quando si trattava di mettersi al volante. Dopo essersi immessa in una stradina di campagna e poi attraverso una lunga serie di tornanti, l’auto sembrava andare ancora più veloce.

- Ehi!

Non poté evitare di protestare Teo.

- Quanta fretta…

- Oh, Teo… scusa… vado troppo veloce? Ma sarai esausto… Volevo solo portarti a casa… perché tu… potessi riposare…

Teo sentiva nelle orecchie il continuo infrangersi del pietrisco sollevato dal pesante fuoristrada. Sotto la carrozzeria, lo sbattere di quei minuscoli sassetti assumeva i contorni sonori di vere e proprie smitragliate. 

Dopo una breve pausa lo zio riprese la parola:

- A proposito, Teo, te lo volevo dire prima, ma non me ne hai dato il tempo: tu e la tua bella (so che stai facendo tutto questo per lei)…

Si girò verso il ragazzo facendogli l’occhiolino in una maniera che il giovane giudicò assolutamente ridicola per un uomo di quell’età.

-  …non alloggerete alla villa: lì ci sto io da solo; per voi ho fatto sistemare la vecchia torre di famiglia. Spero di non aver rovinato i vostri piani!

- No, zio, non me li rovini! E comunque questa cosa me l’avevi già detta. Non devi preoccuparti, vedrai.. Staremo benissimo!

Disse Teo soddisfatto.

- Davvero te l’avevo già detto? Eh, comincio proprio a perdere i colpi… E a voi va bene lo stesso?

- Ma certo, zio! Anzi, mi pare che così tu ci abbia voluto fare l’ennesimo regalo inaspettato!

Teo fece una risatina sinceramente compiaciuta.

- Ah, ah, ah! Teo… Non ti devi meravigliare per una gentilezza fatta da un parente! Mai! Anche se non ci vediamo da un po’ di tempo, questo non vuol dire che io ti abbia dimenticato! Dopotutto sei o non sei l’unico parente che mi rimane?

Teo ammutolì all’improvviso. I suoi occhi presero a muoversi insistentemente per trovare qualcosa che si trovava fuori dal finestrino.

- Oh, no, zio, lo so che mi vuoi bene. E pensi a me…

- Esatto. Io penso a te. Molto, ragazzo mio. Staremo benissimo!

Teo e suo zio si scambiarono con lo sguardo un affettuoso gesto d’intesa, forse il primo delle loro vite.

Per non pensare più allo zio che continuava a guidare come un pazzo, Teo concentrò tutti i suoi pensieri sulla casa… Quella casa, in verità, era un’antica torre risalente al Medioevo – o a tempi addirittura antecedenti -, la cui proprietà i suoi antenati si erano tramandati, ristrutturandola e restaurandola di volta in volta secondo i gusti dominanti nelle varie epoche. Il suo primo utilizzo doveva essere stato quello di torre di avvistamento contro i pirati e i corsari che battevano le acque che circondavano l’isola. Il suo aspetto attuale era ”semplicemente” quello di un bellissimo immobile d’epoca in granito e pietra arenaria. Non spaziosissimo, ma di prestigio. E, in ogni caso, di grande valore (non solo storico), dovuto anche a una vista da sballo sul grande golfo attraverso il quale era possibile ammirare praticamente tutta l’isola.

Nonostante tutti i suoi sforzi, però, nel cervello di Teo si insinuò di nuovo la figura, forte e insieme malinconica, di suo zio: Brutta storia quella dello zio Berto e della zia Rose… Lui, così gentile, eppure così sfortunato… Dopo più di trent’anni di felice matrimonio, un bel giorno lei se n’era andata. Così, all’improvviso… Si diceva con un americano… Puf! Sparita! Si sa come funziona… Non mi meraviglia che una cosa del genere possa essere accaduta anche a persone non proprio più giovanissime come lo zio Berto e la zia Rose. Del resto… stava succedendo anche a me e a Chris di lasciarci per un nonnulla dall’oggi al domani… Noi due, che stiamo insieme sì e no solo da tre anni… Figurati cosa può succedere a una coppia ormai anziana! Sai che noia dopo trent’anni e passa sempre assieme! No, no… non mi sorprende per niente… La zia Rose si era stufata dello zio e l’ha mollato col primo uomo elegante e raffinato che ha trovato… Un americano… Dopo trent’anni! Dopotutto la zia aveva sangue anglosassone nelle vene… E trovare un uomo elegante e raffinato su quest’isola non deve essere stata certo un’impresa facile…

L’automobile si inerpicava al di sopra di uno strapiombo frastagliato di rocce e, più sotto nel mare, di scogli aguzzi. Il cielo notturno, rischiarato da una brillante luna piena, sembrava quasi azzurro. Di lì a un paio di tornanti, sia lo zio Berto che Teodoro avrebbero potuto intravedere la sagoma di una costruzione verticale, che si sarebbe potuta benissimo scambiare per un faro se non fosse stata completamente immersa nel buio.  

3.

Tutto sommato… Pensò Teodoro mentre sistemava le sue cose nell’unico armadio della casa. …non c’è molto da lavorare qua dentro. Ci troveremo bene, Chris e io, qui. Certo, la torre non è un palazzo, ma ha tutti i comfort che ci si può aspettare da una casa sul mare… e forse anche qualcosa in più. I pavimenti sono puliti (meno male che lo zio ha mandato qualcuno ieri a fare le pulizie -Dio benedica quel piccolo uomo sfortunato! – perché io odio fare questo genere di cose)… il letto è comodo… e a due piazze… nell’armadio c’è abbastanza spazio per tutte le nostre cose (spero che Chris non si sia portata sei valigie come un anno fa a Ibiza!)… il cucinotto mi sembra che funzioni (domattina ricevo Chris, stappiamo la bottiglia di Moet Chandon che mi sono portato dietro… ci facciamo due coccole e vado subito a comprare due cose sfiziose per domani sera… ostriche e pesce spada! – ma sì… ce li meritiamo proprio!)… mi sembra invece che il telefono non funzioni… ma per fortuna hanno inventato i cellulari… la TV non c’è, ma in compenso ho visto di là uno stereo da paura, e… e… la terrazza è proprio sopra la mia testa. Non vedo proprio l’ora di salirci domani con Chris e prendere il sole insieme a lei (forse ci scappa anche qualcos’altro!)… Anzi, mi sembra proprio di avere intravisto una scala di fuori! Forse ci salgo già stasera a vedere com’è la situazione… Sai che romanticismo! Chris ne andrà matta! Che bello… Ho fatto proprio bene a chiedere allo zio Berto se potevo venire qui… Che bel posto… Che bella casa… Che fortuna…

Già… La casa… O, meglio… la torre. Era un edificio tutto sommato di dimensioni modeste: la base non misurava più di quattro metri per quattro, e questa era anche la dimensione di tutte le stanze superiori. Stanze che occupavano tutta la superficie dei piani in cui si trovavano, i quali erano tre, più il terrazzo. Al pian terreno c’era l’ingresso e il cucinotto. Al secondo piano si trovava una saletta con una poltrona e un tavolo di legno. Al terzo piano c’era la camera da letto, arredata in maniera non sfarzosa ma di gusto. Per passare di stanza in stanza si doveva utilizzare una vecchia scala a chiocciola in stile liberty posizionata all’esterno della torre. Non vi erano altre vie di fuga.

Teodoro era così eccitato all’idea di quello che avrebbe fatto l’indomani con la sua bella Christina che il tempo volò letteralmente dopo li suo arrivo alla torre. Si era ormai fatta l’una passata, ma il testosterone nelle vene del ragazzo continuava a pompare e non gli permetteva assolutamente di prendere sonno. Così scese nella saletta al secondo piano, accese lo stereo di marca dello zio, vi introdusse l’ultimo cd degli Iron Maiden e lo fece andare a tutto volume. All’incirca alla sesta traccia, la bocca del ragazzo cominciò a prendere strane forme, di dimensioni via via sempre più gigantesche. Teodoro si guardò attraverso lo specchio sulla parete e si accorse che stava sbadigliando in continuazione, dando fra l’altro una nuova e interessantissima interpretazione dell’Urlo di Munch. Al che decise che era proprio l’ora di andare a dormire. Il letto era comodo e spazioso e Teodoro non ebbe difficoltà a prendere sonno.

A un certo punto della notte, Teo spalancò gli occhi. Uno strano fruscio, come uno strusciare di qualcosa contro un muro, si avvertiva provenire da dietro la parete di fronte al letto. Sembrava provenire proprio da dietro la cappa del camino. Teo in un primo momento tentò di non curarsene: era talmente stanco che gli sarebbe andato bene di dormire anche con la finestra spalancata sopra il rumore di un’autostrada nell’ora di punta… Ma lì, purtroppo, non c’era nessun’autostrada e non c’era nemmeno alcuna finestra aperta: c’era soltanto una piccola stanza, annegata nel buio della notte, e un muro, dietro al quale si avvertiva il rantolo di qualcosa che moriva… Teo rimase in ascolto ancora per qualche minuto, tentando di figurarsi cosa mai potesse essere. Poi, improvvisamente, il rumore svanì.

Ricominciò dopo un imprecisabile lasso di tempo, più forte e insistente di prima. Il ragazzo si alzò, profondamente insonnolito. Accese la luce. Sbadigliò, sdegnato e alquanto preoccupato. Il “fruscio” continuava imperterrito, proprio dietro il camino in muratura e, anzi, sembrava aumentare di intensità di secondo in secondo. Non era più nemmeno un fruscio: era diventato il rumore come di qualcosa che raschiava contro le pareti. Un crepitare di qualcosa di… affilato… come i denti… come gli artigli di un animale imprigionato. Di qualcosa che lottava contro una materia solida e impenetrabile come la roccia.

Teo, ancora in piedi, mezzo intontito, si accostò al camino per esaminarlo. Era un comunissimo camino, probabilmente ristrutturato in epoche piuttosto recenti. Il braciere, sembrava annerito dal fuoco e dalla fuliggine, anche se da moltissimo tempo nessuno doveva averlo più usato. Teo se ne accorse perché i segni della polvere erano sbiaditi e ormai tendenti al grigio. La cappa era chiusa con una lamina di ottone. Da un lato sporgeva dal muro, appeso a un chiodo, un lungo attizzatoio di ferro. Teo, non senza un po’ di timore, si mise a tamburellare sulla chiusura d’ottone della cappa…. Quell’orribile sfregamento di parti vitali continuava: c’era sicuramente qualcosa di vivo o di moribondo che si muoveva al di là di quello spesso strato di cemento e pietra! Teo passò le dita della mano destra dall’ottone fin sopra l’intonaco, poco più in alto. Si immaginò gli unghioli di un gufo intrappolato nel comignolo da giorni. O di qualsiasi altro rapace. Ma non si sentiva nessuno sbattere di ali…  Ma come mai non l’aveva sentito prima, quel rumore, quando era ancora sveglio? Forse la sua presenza aveva risvegliato la voglia di vivere dell’animale, il quale aveva riposto in lui e nel suo respiro notturno le sue ultime speranze di rivedere il mondo esterno?

Improvvisamente ci fu silenzio. I polpastrelli di Teo cominciarono a sfregare sul muro, in su e in giù, per istigare la bestia selvatica, o qualsiasi cosa si potesse nascondere là dentro, a ripetere i propri movimenti… Niente… L’animale non dava più alcun segno. Teo insistette e bussò più volte sulla lamina d’ottone che chiudeva ermeticamente la cappa del camino… Nulla ancora una volta… I segnali di soccorso, quello strano SOS animale che poteva essere stato l’allucinante sfregare notturno, non si ripetevano più. Teo tornò al suo letto, si rimise sotto le coperte e chiuse gli occhi.

Dopo un minuto (secondo la stima che Teo stesso fece nella sua testa) il rantolo ricominciò. Adesso era un sibilo: il fruscio che si era sentito fino a poco prima, adesso era più forte e continuo. Sembrava quasi il rumore del vento quando rimane intrappolato in uno stretto passaggio. Ma la differenza sostanziale era che, fra un sibilo e l’altro, adesso si avvertivano anche come dei… battiti… Di coda? E se fosse un serpente ? Si domandò Teo inorridito. Aveva sempre odiato i serpenti. E tutti i rettili, per dire la verità. Non li sopportava. Non li poteva vedere nemmeno nei documentari in televisione… Ricordava ancora con orrore la volta che sua madre lo aveva portato allo zoo a vedere il serpentario… Teo, fra i brividi, riaccese la luce. Si avvicinò in punta di piedi al camino. Avanzò ancora verso la lastra d’ottone che fungeva da tappo. E in un impeto di collera con la punta delle dita cercò di fare forza per farla scendere, per vedere finalmente quale orrore nascondeva… Ma… non riuscì a farla scendere nemmeno di un millimetro. Quando il sibilo cessò di colpo, Teo, sperando che sarebbe stata l’ultima volta, spense nuovamente la luce.

Il sibilo quindi riprese. Ma più piano. Eh, no, non mi freghi! Pensò Teo mentre si rincalzava per bene le coperte intorno alle gambe e ai piedi. Vuoi che venga lì a luci spente… e poi chi sa che diavolo hai in mente, essere immondo!  Bestiaccia schifosa che non sei altro! Oppure… bestiacce! Teo si immaginò non un solo serpente intrappolato nel camino, ma un’intera nidiata… di cobra reali… vibranti e furiosi per la cattività. I pensieri del ragazzo stavano prendendo una piega del tutto inaspettata. Il sibilo, d’improvviso, quasi scemò del tutto: ora si sentiva soltanto il tum! tum! attutito di un qualcosa che cercava di liberarsi da chissà dove. Il battito di coda di prima… Teo infilò la testa sotto al cuscino. No, no, non è possibile! Che notte orrenda è mai questa?! Non lo sopporto! Cos’ho fatto di male… Cazzo… Merda.. Cazzo… Merda…

Queste imprecazioni mentali alternate avrebbero potuto andare avanti ancora per un bel pezzo se il ragazzo non avesse messo la testa fuori dal cuscino per tendere nuovamente il suo orecchio. Niente… Non si sentiva più niente… Teo aveva passato un bel po’ di tempo (gli sembrava, gli pareva, ne era quasi sicuro…) sotto il guanciale snocciolando ogni possibile insulto, e quando l’aveva ritirata fuori, a mo’ di testuggine dal guscio… non si sentiva più niente! Niente di niente! Erano passati molti minuti da quando aveva messo la testa sotto e l’aveva tirata fuori, no? E ora non accadeva più niente! Il rumore orrendo era cessato! Cessato de-fi-ni-ti-va-men-te! Hurrà! Gioì Teo fra sé e sé nel suo letto, mentre con le dita quasi strappava lembi di coperte dalla gioia. Finalmente silenzio!

Teo si assopì all’istante. Sognò una voce di donna molto melodiosa che cantava in mezzo ai flutti. La voce era accompagnata da una musica celestiale. Lui era su una piccola scialuppa che governava con l’aiuto di un solo remo, mulinandolo da una parte all’altra muovendolo come fosse una pagaia. Raggiunto lo scoglio da dove proveniva quel canto soave, Teo intravide una sirena: era di spalle e cantava. Cantava e il suo canto era tanto più bello e cristallino e puro quanto più lo si ascoltava e si rimaneva concentrati sulla sua frequenza d’onda. La sirena stava ancora volgendogli le splendide spalle nude che sembravano di marmo bianco quando lui riuscì a sbarcare al volo su quello scoglio. Le si avvicinò e, visto che la creatura era seduta sullo scoglio, si inginocchio dietro di lei. Teo poté vedere che con le esili mani la sirena si carezzava i capelli: li tendeva, sfiorandoli fra le dita, come fossero i fili di un’arpa. Era da quei magnifici crini che proveniva il bellissimo accompagnamento della sua voce soave! Teo le toccò una spalla e quella si voltò: il suo viso era sfigurato, contornato da mille denti di squalo. Teo balzò all’indietro. Il canto, prima così melodioso, si fece più roco e intenso e a Teo sembrò che si fosse tramutato nelle distorsioni di una chitarra elettrica. Anche i suoi decibel  erano aumentati e Teo ora cercava disperatamente di turarsi le orecchie con le dita delle mani per non impazzire dal dolore. Dai suoi timpani cominciava a defluire il sangue… Seguito, qualche secondo dopo, da un liquido giallognolo e disgustoso… Fu a quel punto che Teo si svegliò.

Era madido di sudore e gli ci volle quasi un minuto per frenare gli spasimi del suo cuore e ricominciare a respirare normalmente. Nella completa oscurità, il ragazzo si voltò verso dove sapeva che si trovava la cappa del camino. Non vide niente. Ma sentì - o gli parve di sentire - un …Sono qui… provenire dal luogo dove ore prima aveva immaginato la prigione allucinante di bestie sfigurate e infette… Non è possibile… si ripeteva Teo nella sua testa. Non è possibile… Non è possibile…

Continuando a negare a se stesso quello che aveva udito, Teo arrivò lentamente a convincersi di non avere davvero sentito una voce femminile sospirare. No… non l’aveva sentita. Non era possibile… E quindi non l’aveva sentita.

Rimase immobile come una mummia, catatonico, sul letto. Le lenzuola, le sentiva, erano un altopiano amorfo pieno di gibbosità, punteggiato di caverne senza fondo in cui ristagnava il salmastro di laghi eterni.

Crrrrratt! Crrrrratt! Adesso dal camino proveniva questo suono. Teo era fuori di sé per il terrore, stremato da quell’esperienza che sembrava non dover avere mai una fine. Era un fascio di nervi pronto a esplodere in qualsiasi momento. Accese l’interruttore tastando il muro con la foga di un tossicodipendente che scarta la sua ultima dose. Allungò incerto il braccio, come se qualche orrenda “cosa”, rimpiattata nel buio, avesse potuto intuirne i suoi movimenti e precederlo, e lui si fosse potuto trovare nella spiacevole situazione di poggiare la mano su un polso caldo e peloso. Visto che, con suo grandissimo sollievo, intorno al letto Teo non aveva trovato niente, il giovane sgattaiolò fuori dalle coperte, schizzando fuori della porta, verso la scala a chiocciola all’esterno. Fuori: nessun rumore. Eccetto il frinire costante dei grilli.

Oh, se solo fosse già l’alba… Si scoprì a pensare Teo. …almeno avrei la luce del sole dalla mia parte… Potrei dire addio a quella cella immonda…

4.

Una rampa si scale più in basso, aperta la porta, Teo si trovò nel salottino. Fortunatamente la sera prima, stanco com’era per il viaggio, aveva buttato il cellulare sulla poltrona. Lo afferrò come farebbe un templare dopo aver ritrovato il Santo Graal. Consultò la rubrica e fece partire la chiamata.

- Pronto… zio Berto? Scusami tanto se ti chiamo a quest’ora…

Disse con voce tremante mentre buttava un occhio all’orologio a muro. Con una mano si dette da solo una sberla tremenda sulla fronte quando vide che erano le 4 di notte.

- Che cos’è questo rumore?

Si sentì dall’altra parte.

- Sì… cioè volevo dirti che qui va tutto bene… Non ti devi preoccupare…

- Come non mi devo preoccupare, Teo? Mi chiami a quest’ora… Qualcosa dev’essere successo! Non credo che ti piaccia svegliare la gente solo per dire che va tutto bene!

- Ma no, ma no…

Disse Teo ancora confuso.

- …E’ che… sì, insomma volevo ringraziarti ancora: volevo dirti che sei stato molto gentile a prestarmi la casa, la… torre, per qualche giorno… nonostante quello che è successo con la zia…

Berto rimaneva in ascolto.

- Sì, insomma, lo so che questa è stata la vostra prima casa, che vi siete praticamente conosciuti qui e che ci eravate… che tu ci sei molto affezionato. E mi ha stupito che tu mi abbia fatto venire qui, anche solo per qualche giorno, a così breve distanza dalla… scomparsa della zia… Volevo dirti che lo apprezzo e che… ti voglio bene.

Pausa.

- Anch’io ti voglio bene…

Proseguì lo zio in tono più conciliante.

- Teo. Sei il mio unico nipote, lo sai! Io e Rose di figli non ne abbiamo avuti. Ora lei… non c’è… si starà facendo una nuova vita altrove, che ti devo dire? Lontano da questo vecchio rompipalle… Con qualcuno un po’ più giovane e con più voglia di vivere e magari di girare il mondo di me… Io non la biasimo mica, sai?

Teo ascoltava affascinato il discorso di suo zio.

- Beh, sì, all’inizio – forse lo sai anche tu – ci ho sofferto molto, ma poi… me ne sono fatta una ragione… Non è stato facile… ma dopo molti tentativi… adesso posso finalmente dire che… è acqua passata. Ci sono voluti quasi cinque anni…

- Lo so, zio, certe cose necessitano di molto tempo per… cicatrizzare. I rapporti fra le persone sono spesso difficili e… misteriosi. Per questo ti volevo tanto ringraziare per l’opportunità che hai dato a me e a Christina. Come sai, ci stavamo allontanando, ma grazie a questa vacanza credo che andrà tutto bene…

- Ne sono molto contento, Teo. Io ti sono molto affezionato, lo sai. Anche Rose ti voleva tanto bene prima che…

Teo si accorse che lo zio Berto stava piangendo.

- Zio?… Zio?

- No, Teo, lasciami continuare. Noi ti volevamo tanto bene. Siamo soli al mondo. Sia io che tu. I tuoi genitori – che Dio li abbia in gloria - hanno lasciato questa valle di lacrime in quell’incidente spaventoso… Ma noi due, Teo… noi siamo ancora qui… e… dobbiamo combattere…

- Zio… non volevo farti rattristare…

- Non ti preoccupare, Teo.

Pausa.

- Ma… dimmi… non credo che tu mi abbia chiamato a un’ora così tarda di notte per ringraziarmi…

- Ehm… Sì. Hai ragione ,zio…

- Che c’è dunque che ti turba, figliolo?

- C’è…

Teodoro non sapeva se si poteva fidare.

- Oddio, zio… è pazzesco… Mi sento un perfetto cretino a dirti questo…

- Cosa, Teo? Che cosa mi vuoi dire?

Insisté Berto.

- Beh, zio…

Pausa.

- Io non credo che stare qui mi faccia molto bene…

- Cosa intendi dire?

Lo incalzò lo zio.

- …Che ho sentito dei rumori… dei rumori molto strani…

Silenzio da entrambe le parti.

-  …e dei versi, dei suoni, delle cose orribili… ti giuro… orribili… Vibrazioni che ti entrano dentro il cervello e te lo stringono… come in una morsa… senza lasciarti scampo!

Pausa.

- Ecco, adesso mi crederai pazzo…

- Ma no, Teo, mio piccolo Teo… Perché dovrei considerarti pazzo? Lasciami riflettere, eh? Vuoi? Un attimo che riordino le idee… Ma… dimmi… questi rumori, queste vibrazioni che “non lasciano scampo”, come dici tu, da dove provengono?

Teo accusò il colpo. Nel tono dello zio c’era un che di canzonatura. Più che dargli sui nervi, questo particolare lo destabilizzò ulteriormente. Sentire ripetere le sue stesse parole, “vibrazioni che non lasciano scampo“, che aveva detto in un momento di assoluto squilibrio emotivo… da una persona molto più adulta di lui, poi… lo fece sentire piccolo piccolo… quasi insignificante. Si mortificò ancora di più constatando mentalmente che in effetti poteva sembrare una frase presa dal “Corriere dei Piccoli” o da “Topolino”.

- Ma… ma…ma… Veniva… Veniva dal camino!

Si giustificò Teo. Più che altro perché non sapeva cos’altro dire. Lo zio, si capiva, esitava a proseguire la conversazione. Teo credette di sentirlo ridacchiare sommessamente da una parte. Anche se forse era solo la sua immaginazione…

- Non hai pensato che forse…

Lo zio mise molta enfasi su quel “forse”.

- …era solo il rumore dei grilli?

Pausa.

- Guarda, Teo, io ho dormito per tanti anni in quella casa e ti posso dire che, laggiù dove sei, il rumore dei grilli si sente molto forte di notte…

- Non era il rumore dei grilli quello che ho sentito io!

Asserì il ragazzo, in un rigurgito di amor proprio. Ma la verità era semplicemente che si stava arrampicando sugli specchi nel disperato tentativo di non sembrare uno sciocco o, peggio, un folle agli occhi di suo zio.

- I grilli li ho sentiti molto bene, una volta che sono uscito dalla torre… Ma non prima! Prima, dentro la casa, non si sentivano affatto… I grilli…

- Ma, figliolo, hai detto che il rumore proveniva da dentro il camino, no?

- Sì!

- E allora non potrebbe essere semplicemente che tu abbia sentito il frinire dei grilli da dentro la casa, amplificato dalla cappa di quel vecchio camino? Pensaci…

- N-no… Cioè, sì… è… forse… possibile.

Si arrese Teo, che faceva di tutto per dare ragione allo zio. Si sentiva sfinito e svuotato di tutto. Il panico, la disperazione che prima aveva sentito, però, fortunatamente sembravano andati per il momento via: in questo senso, la chiacchierata con lo zio gli era già stata d’aiuto.

-  …E non hai udito o visto nient’altro di insolito, laggiù, Teo?

Domandò Berto con un’aria molto incuriosita.

- In che senso, zio?

Chiese Teo mentre con la bocca faceva uno sbadiglio che sembrava un leone.

- Beh… mistero risolto, allora!

Fece lo zio in tono allegro.

- Mi raccomando! Cerca di stare tranquillo e non pensare più a queste cose.. a questi rumori… che sono solo il frutto della tua fantasia!

Teo udì distintamente sghignazzare lo zio Berto. Forse il vecchio credeva di aver coperto il ricevitore del telefonino con una mano, non riuscendoci. Poi lo zio Berto parlò chiaramente al nipote:

- Ragazzi… Siete proprio la fine del mondo! Cosa non inventano le vostre giovani menti per farvi passare qualche oretta di svago!? Magari ce l’avessi io una fantasia come la vostra! Non avrei più bisogno di niente! Nemmeno di tutti i soldi che mi ha lasciato tua zia quando se n’è andata!

E continuò:

- Beata lei… avrà trovato un tizio messo così bene da non aver nemmeno bisogno di tutti i soldi che… lo sai bene… erano suoi e della tua famiglia: io sono solo uno zio acquisito… Ma farei di tutto, anche dare via tutto il mio patrimonio, per tornare come prima!

- Sì, sì, lo so, zio…

Disse Teo annoiato. Era veramente sfinito e sperava solo di trovare un cantuccio sicuro e caldo dove trascorrere quel poco che restava della nottata.

- Beh! Su, ragazzo, adesso non mi trattare come fossi un rompiballe qualsiasi! Dopotutto sei tu che mi hai telefonato nel cuore della notte!

- Uh, già, è vero!

Fece solo in tempo a dire Teo, fra uno sbadiglio e l’altro, prima che lo zio gli chiudesse il telefono in faccia.

Che figuraccia che ho fatto…. E pensare che lo zio si è sempre dimostrato così buono nei miei confronti!  Teo non si capacitava di quello che aveva appena vissuto durante la notte. Quel rumore atroce, le varie congetture di animali feriti, morenti, disposti a tutto pur di uscire da quella trappola maledetta… Tutte le immagini, una più atroce dell’altra, che si era forgiato nella testa… E quell’incubo orrendo della sirena…

Ancora meno riusciva a credere di essere stato capace di quella… confessione telefonica allo zio Berto. Ma davvero pensava che lo zio potesse fare qualcosa? Per lui? In quella situazione? No… era tutto certamente frutto della sua infinita stanchezza, psichica e fisica, che si trascinava sulle spalle ormai da troppe ore.

E fu per questo che, come in un sogno, a Teo non parve strano il fatto di riprendere la via della scala esterna e di ritrovarsi nello stesso letto disfatto e umido di prima. Si appisolò senza neanche accorgersene.

5.

Un bercio malefico lo svegliò di soprassalto. Un incrocio fra un belato e il pianto di un bambino. La sua testa rimbombava ancora a causa del tremendo, acutissimo suono quando la sua mano calò sull’interruttore dell’energia elettrica, accendendolo. Adesso basta! Pensò il ragazzo, scaraventandosi giù dal letto e inginocchiandosi di fronte al camino. Afferrò l’attizzatoio e con un unico, fulmineo movimento cercò di infilarlo in mezzo fra la lastra di ottone e il muro. Ma… senza riuscirci: non c’era proprio gioco tra il metallo e la parete. Allora prese la pala di ferro che stava accanto al chiodo e la infilò dove aveva tentato di mettere l’attizzatoio, stavolta riuscendo nel proprio in tento. Fece forza con entrambe le mani. La lamina di ottone lentamente si scostò e rientrò verso l’alto. Adesso la cappa del camino era aperta per circa venti centimetri e vi si sarebbe potuto introdurre un braccio dentro. Teo, accecato dall’ira che covava ormai da troppe ore, prese l’attizzatoio e lo infilò nella cappa del camino. Centimetro dopo centimetro, l’arnese di ferro penetrava, oscillando di qua e di là nella gola del camino. A ogni oscillazione dell’arnese, sempre più polvere, cenere e piccole scaglie di roccia scivolavano giù dal pertugio. L’effetto era pazzesco: sembrava di trovarsi davanti a uno scavo archeologico alla rovescia. A un certo punto, una nuvola di fuliggine e di residui più pesante delle precedenti piombò sulle spalle di Teo. Lui, però, non si diede affatto per vinto: anzi, cominciò a menare fendenti verso l’alto sempre più forti e convinti, servendosi di quella povera arma come se si fosse trattato di una nuova Excalibur.

E allora accadde: una pioggia di topi, dalle dimensioni per nulla piccole, prese a ruzzolare sulla schiena del ragazzo. La “valanga” durò almeno cinque o sei secondi. I roditori erano così numerosi che le spalle di Teo si incurvarono sotto il loro peso e il giovane finì faccia a terra. Rialzandosi di scatto per lo schifo, col viso imbrattato completamente di nero, Teo fece un balzo indietro gridando:

- Eccovi! Vi ho trovato! Eravate voi, allora, schifosissime e lordissime bestiacce!

Dalla contentezza di aver scoperto finalmente cosa celava il camino di quella stanza degli orrori improvvisò anche un balletto tipo madrigale saltellando ora sull’una, ora sull’altra gamba.

- E ora… Gran finale!

Esclamò mentre apriva la porta-finestra che dava sulla scala esterna, impugnando ora la paletta come fosse stata il ferro 3 di un golfista. I topi che non riuscirono a scappare con le loro zampe furono “gentilmente” invitati a uscire da Teo, che seguitava forsennatamente a scaraventarli fuori a colpi energici e ben indirizzati della sua improvvisata mazza . A seconda della traiettoria dei colpi e delle loro dimensioni, alcuni roditori si schiantavano contro le inferriate della scala liberty, formando per terra una poltiglia rossa e marrone, mentre altri, più piccoli ma non più fortunati, superavano a tutta velocità la recinzione, e, dopo un volo di molte decine di metri, si perdevano nel buio, confondendosi col nero panorama della notte.

- Adesso non fate più rumore, eh? Maledetta feccia schifosa!

Teo esultava come se avesse appena battuto cento homerun a baseball tutti in una volta. Si sentiva felice come Rambo che scende giù dal monte dopo aver eliminato tutti i poliziotti corrotti che gli davano la caccia.

Finita la carneficina, incurante della poltiglia grigia incastrata negli spazi del ferro battuto della scala a chiocciola, Teo si ritirò nuovamente nella sua stanza per godersi il riposo del guerriero. Ci penserò domani a sistemare quel casino. Si ripromise di fare fra sé e sé. E anche se lo vede Chris… sono sicuro che capirà… E sprofondò in un sonno senza sogni.

6.

Teo si ridestò di soprassalto. Il campanello di casa suonava a ripetizione. Si rivestì in fretta, uscì sulla scala ancora cosparsa di corpicini accatastati, arrivò al pian terreno e guardò l’orologio dello stereo: le 7 e 20 del mattino!

- Christin…

Aveva cominciato a dire mentre spalancava la porta d’ingresso. Attraverso il buio opaco della notte Christina si fece avanti sorridendo:

- Sorpresa!

Ma Christina no nera sola: dietro di lei comparve affannato anche lo zio Pietro:

- Buon giorno, – Uff! figliolo, – Uff! hai dormito bene? – Uff!

Teodoro diede un grandissimo abbraccio a Christina.

- Eccoti, finalmente!

Poi, facendola entrare in casa, la tenne per mano, voltò le spalle al parente e cercò di fare finta di nulla:

- Ma sì, zio! Come un ghiro!

Lo zio Pietro si infilò in casa preceduto dal suo bastone da passeggio. Si guardò attorno. Poi si avvicinò al nipote squadrandolo da capo a piedi.

- Dici?

-  Oh! Forse…

Disse Teo arrossendo mentre dava una fuggevole occhiata a Chris.

-  … ti riferisci a quel… problemino di stanotte? Non ti preoccupare… tutto risolto! Non era niente di che poi alla fine…

- Non era… niente di che, eh? Fammi un po’ vedere… Voglio proprio rendermi conto di questo “niente di che” che dici!

Teo lo condusse al terzo piano, dove poche ore prima si era consumata la battaglia campale dalla quale era emerso vincitore. Chris li seguì incuriosita e senza proferire una parola. Davanti ai due nuovi ospiti, come un novello Cesare che aveva appena messo in ginocchio la Gallia, il ragazzo si mostrò così soddisfatto dei modi spicci con cui si era liberato dell’orrenda invasione che mancava solo che si mettesse in posa per le foto di rito davanti alle carcasse delle sue piccole prede.

- Perbacco! Un bel macello!

Fece lo zio stupefatto.

-  Oddio… che schifo!

Fu il gridolio di Christina.

- Eh, sì. Tutto da solo!

Ripeté Teo, battendosi fiero il petto dall’alto delle sue occhiaie color violetto.

- Ma… davvero non hai notato nient’altro di strano?

Chiese lo zio indicando il camino semiaperto.

- No, zio. Che c’è di strano? Erano quei maledetti topi a fare tutto quel fracasso infernale ieri notte… Solo loro… Nient’altro…

- Uh, bene…

Lo zio fece per tirare un sospiro di sollievo. …

- Perché… sai… queste vecchie case nascondono un sacco di magagne… Non vorrei che questo tuo… sterminio avesse… malauguratamente (e scandì malauguratamente molto bene fra i denti) causato danni irreparabili alla struttura…

- Danni irreparabili alla s… No… no, zio, io mi sono limitato a fare la pulizia che vedi.

- E la vedo!

Disse Berto facendo un cenno in direzione della poltiglia, accompagnando il gesto con un moto di disgusto. Christina aveva smesso di guardarsi attorno, cercando così di non vomitare.

- Ma andiamo di sotto… Là mi racconterai meglio tutto senza problemi…

I tre scesero al piano inferiore.

- Zio… io ho fatto l’unica cosa che si poteva fare… Come facevo a sapere che… Anzi, dovresti quasi ringraziarmi…

- Ringraziarti… di che?

Disse lo zio e d’un tratto il suo tono di voce era cambiato: era come più autoritario, più meschino.

-  …Di avere liberato la tua casa, la tua splendida torre, da quei roditori!

-  Ah già, già! E’ vero…

Berto disse in maniera troppo accondiscendente, come se stesse soppesando se credere o meno alla versione del nipote, che continuò:

- Senti, io sono pronto a…

Mentre Teo diceva questo, uno scoppio, seguito da un gran tonfo di mattoni arrivarono dal piano superiore. Teo, grazie ai suoi quasi quarant’anni in meno dello zio, guizzò in piedi e in un attimo era per le scale, lasciando Berto indietro. Quello, da par suo, tentò di acciuffarlo, servendosi del manico ricurvo del suo bastone. Ma senza riuscirci.

-  Aspettami, Teo!

Gridò Berto. Ma il ragazzo era già di sopra e quando lo zio finalmente arrivò Teo aveva finito già da un pezzo di esaminare l’accaduto.

- E’ stata una piccola esplosione! Guarda là sul muro se non è così… Proprio attorno alla bocca del camino!

- Via! Via, ragazzo! Seguimi! Usciamo subito da qui: non si sa mai che possa essercene un’altra!

Disse lo zio, mentre brandiva il suo bastone con entrambe le mani, neanche fosse l’unica, possibile, ancora di salvezza in quel frangente particolare. Teo notò che assomigliava un po’ a Mosè subito prima di attraversare il Mar Rosso. Teo si voltò verso lo zio, come se avesse voluto uscire dalla stanza. Christina rimaneva ammutolita qualche passo più indietro. Proprio in quell’istante Teo udì un crepitio alle sue spalle. Si volse di nuovo verso l’apertura: attraverso il nuovo squarcio del camino penzolavano quelli che avevano tutta l’aria di essere i resti di un braccio umano. Teo si avvicinò ancora:

- Zia Rose!

-  Che orrore!

Gridò Christina.

Qualcosa afferrò Teo a una spalla.

- Sì, Teo! E’ proprio lei… La mia… a-do-ra-ta mogliettina Rose!

Disse Berto bloccando il nipote con una mano su una spalla.

- Per caso hai riconosciuto l’anello di famiglia?

E proruppe in una risata insana e ossessivamente lunga.

- Ma…

Fece solo in tempo a dire Christina. Berto si voltò verso di lei, colpendola con forza col bastone su una spalla.

- Maledetto! No!

Gridò Teo, ma lo zio gli sferrò una randellata nello stomaco.

- E adesso è meglio che mi segui!

E indicò al nipote le scale che portavano al terrazzo.

Il terrazzo, ultimo piano della torre, era un quadrato delle stesse dimensioni dei locali sottostanti, completamente sgombro, se si faceva eccezione per il comignolo del camino che si trovava al centro di uno dei lati.

Il ragazzo, come in stato catatonico, aveva seguito lo zio senza fiatare. Per grande sorpresa di quest’ultimo, però, e anche di se stesso, fu lui il primo dei due a parlare:

- Come hai potuto fare questo?

Lo zio si voltò sorpreso verso il ragazzo.

- Come ho potuto?

Ripeté il più vecchio in falsetto, come a schernire il più giovane.

- E chi ti ha detto che sono stato io?

Teo guardò lo zio negli occhi, forse per la prima volta da quando questo era entrato in casa. Per un attimo, un barlume di speranza si accese negli occhi del ragazzo.

- No, no, non farti illusioni, Teo…

Ammise l’anziano, scorgendo la scintilla nel volto di Teo.

- …è tutto vero: sono stato proprio io!

-  Ma… allora… Tu… la zia… La sparizione… Quell’americano…

-  Tutte balle!

Sghignazzò l’uomo.

- Era tutta una messinscena per sviare le ricerche! Non c’è nessun americano, nessuna fuga d’amore, nessun inconsolabile zio Berto!

Teo si guardò le mani. Avrebbe mai potuto, lui che era rimasto per una notte intera in balia di una nidiata di topi, di un incubo aberrante e fantasioso e di chissà cos’altro, trovare la forza per fare del male a un suo stesso parente, a una persona che, seppur completamente diversa da quella che si era immaginato e da quella che aveva sempre pensato che fosse, fino a quel momento non gli si era mai rivelata ostile? Tutto quello che riuscì a dire fu:

- Io… Io ti odio…

- Non è come credi!

Gridò allora lo zio.

- Ah, no? E com’è allora? Hai appena ammesso di averla uccisa tu, la zia…

Seguì una lunga pausa.

- Sì… l’ho uccisa io… ma non è come credi.

Teo voltò la testa verso il mare. Non era ancora giorno, ma i raggi dell’alba stavano cominciando a tingere di violetto le nuvole più prossime all’orizzonte.

- Non è come credi, ti dico!

Insisté lo zio.

- Io amavo tua zia Rose! Lei era tutto per me! Quando l’ho conosciuta… Oh, se ero innamorato di lei! Era la ragazza più bella di tutta l’isola, Teo! Di tutta l´isola! E io mi sentivo così solo… Fu un colpo di fulmine! Io avrei dato qualsiasi cosa per tua zia Rose! Solo… che non avevo niente. Questo ben lo sai… Era lei quella ricca, non io! Anche se… magari… me lo sarei meritato più di lei…

- E infatti…

Lo interruppe Teo, trattenendo a stento un amarissimo sorriso.

- …E infatti.. sì… hai perfettamente ragione… Teo, infatti io l’ho sposata! Perché era quello il mio destino! Era il nostro destino… il destino di tutti noi! Il destino del ramo “sano” della famiglia!

- ”…Il ramo… sano… della famiglia”? Oh, tu uxoricida orrendo ti poni di fronte a me chiamandoti “ramo sano della famiglia”? Che Dio ti fulmini, maledetto demonio.

- No… Teo… “Che il diavolo mi fulmini, maledetto Dio!” forse volevi dire…

- Non farmi anche bestemmiare, carogna!

- Teo, sto cercando di spiegartelo… Non sono io quello che ha sbagliato… Non per primo, almeno…

- Ah no?

- No! Io amavo tua zia…

- Ancora…

-  Sì! Sì! Sì! Sì! E ancora sì! Io amavo Rose, e per lei avrei fatto di tutto. Ma quello  no…

- E che cosa sarebbe “quello”?

- ”Quello” è l’omicidio di un debole! “Quella” è la perdita di una vita! “Quello”… è il sacrificio di un innocente! “Quello”…

- Aspetta! Aspetta! Cosa stai dicendo? Non sono queste tutte cose che tu invece hai fatto?

- No, Teo… non è così. Guarda per un attimo coi miei occhi di vecchio e forse, io… forse comprenderai!

Pausa.

- Devi sapere…

Proseguì lo zio.

- …che questa torre una volta era una torre di avvistamento contro i pirati e i corsari.

- Questo già lo sapevo…

- Non mi interrompere.  Ma non sapevi come gli abitanti di quest’isola riuscivano, di fatto, a tenere veramente lontani i pirati e i corsari!

Pausa.

- Pensi che quei demoni, quelle belve umane, pur individuati dall’occhio vigile di una vedetta, non avrebbero comunque trovato il modo per mettere a ferro e fuoco e quindi derubare l’unico villaggio che qui c’era allora? Davvero lo credi? E credi che poi non sarebbero comunque riusciti a raggiungere, fare a pezzi, stuprare gli isolani che nel frattempo si erano messi in salvo sulle montagne? Davvero lo credi? Sei così ingenuo? Ma certo che questo sistema di avvistamento, da solo, non sarebbe bastato! Ed è per questo che i villici dell’isola, per difendersi da ogni invasore, escogitarono diversi sistemi di difesa, numerose… “barriere” che avrebbero tenuto i nemici il più lontano possibile. Barriere… Teo, non ti viene in mente niente?

- No…

-  Povero stolto uomo moderno. Non vedi più lontano davvero del tuo naso e di quello che i più osano chiamare senza motivo “ragione” o “fede”… Barriere, Teo…

Pausa.

- Circa cinque anni fa tua zia Rose scoprì un libro. In esso era spiegata la vera funzione di questa struttura difensiva e del suo… camino. Teo… il camino che tu vedi al centro di questa torre in verità non è un semplice camino, e non è stato costruito in tempi relativamente recenti: è invece antichissimo ed è il risultato di precisi studi alchemici… Nel linguaggio degli alchimisti questo camino è una “fornace”!

- Una… fornace? Qual è il suo scopo?

Lo zio a questo punto rise, ma quando si accorse che Teo lo fissava e vide distintamente i propositi vendicativi che gli occhi del ragazzo gli lanciavano, il suo riso cessò di colpo.

- Sacrifici, Teo! Sacrifici umani!

Il ragazzo rimase senza parole.

- Quando tua zia Rose scoprì che questo era lo scopo di questa torre, e che la torre apparteneva alla nostra famiglia praticamente dall’alba dei tempi, e che quindi la nostra famiglia aveva avuto un ruolo fondamentale nella difesa dell’isola all’insegna della salvaguardia della sua prosperità, e che questa prosperità c’era davvero stata e si era protratta nei secoli per la nostra gente… Teo, perché, da che l’uomo ha una memoria, da che esiste questa torre, perché, secondo te, non c’è un membro della nostra famiglia malato, o… povero, o… pazzo!

- Nessuno… tranne te!

Lo interruppe Teo in maniera quasi incosciente.

- Eh, eh, eh, eh! E sia… Nessuno… tranne me! Hai ragione! Di fatto, io non faccio parte del filone principale della tua famiglia. Tu, sì, ne fai parte, e a buon diritto. Non io…Purtroppo. E per questo mi sono dovuto arrangiare…

- Facendo sacrifici umani?

- Ma che dici!

Disse lo zio realmente incollerito.

- Tua zia Rose ne faceva! Anzi, ne ha fatto uno…

Teo era combattuto fra il desiderio opprimente di saltare addosso allo zio per impedirgli di portare avanti le sue assurde farneticazioni e la voglia di saperne ancora di più, per vedere se, in cuor suo, qualcosa dentro di lui avrebbe potuto dirgli se quello che stava dicendo Berto, o parte di esso, avrebbe potuto corrispondere al vero.

- Ricordi la nostra vecchia governante? La Signora Greta?

Continuò Berto.

- Indovina chi è stata la prima e unica vittima del rinato impulso omicida di tua zia Rose?

Teo ascoltava lo zio con aria inebetita dal terrore.

- Non importa chi viene sacrificato. Uno vale l’altro! basta che i sacrifici si ripetano esattamente ogni cinque anni. E’ l’unica regola. E che la Cosa in fondo alla fornace possa raggiungere la sua preda…

- La Cosa… in fondo alla fornace? La Cosa… in fondo alla fornace?

Ripeté Teo come un mantra, ma senza capire davvero cosa stava dicendo.

-  Ma certo, Teo! C’era qualcosa di vero dopotutto in quello in cui tua zia Rose credeva! Quel manoscritto alchemico che lei aveva ritrovato spiegava che esiste qualcosa nella fornace, qualcosa che rimane in eterno annidato fra il mondo dei vivi e quello dei morti. Qualcosa, un demone, se così lo preferisci chiamare, che attende pazientemente ogni sacrificio, e che solo allora si manifesta. E questo finora è avvenuto sempre, Teo, ogni cinque anni!

Teo stava per dire qualcosa, ma lo zio, preso dal fervore della sua rivelazione, lo interruppe.

- Sempre… ogni cinque anni… tranne cinque anni fa…

Teo si riscosse.

- Quando hai spinto giù zia Rose nel comignolo?

- Ah, ah, ah! Vedo che comincia a esserti tutto più chiaro adesso! Bene! Vuol dire che non sei così stupido come sembri! E’ proprio così: ho eliminato tua zia proprio nel modo che tu hai descritto! Ma non l’ho fatto per rispettare antichi patti medioevali, né per proteggere questo schifo di isola – Xabaras l’affondi! – né tanto meno per una folle fedeltà a una demonio imprigionato ormai non si sa più nemmeno da chi, e di cui la nostra famiglia sarebbe l’eterna guardiana… L’ho fatto per un motivo, se vuoi, molto più semplice… per qualcosa per cui vale veramente la pena di battersi e di ingannare e di sposarsi e di avere una progenie che porta il tuo nome. Oggi come ieri. L’ho fatto…

- …per il denaro. Completò la frase Teo.

- Bravo! Un altro punto per il nostro ragazzino ora non più forse tanto ragazzino!

- Ora mi è tutto chiaro…

- Complimenti! Era ora! E… sai dell’americano? Esisteva davvero! E’ stato lui il primo che ho buttato là sotto! Ben dieci anni fa !

Teo rimaneva in silenzio per paura di perdersi anche solo una parola di quelle farneticazioni.

- Che cosa credi…

Proseguì lo zio.

- …che sia successo a tua zia? Lei era troppo grassa per scendere giù fino al cuore della fornace… Sembra assurdo… ma è andata proprio così… Quella cicciona…Le ho sempre detto che tutto quel grasso addosso le avrebbe fatto del male alla fine, che ne andava della sua salute… ma lei … niente, non mi dava mai retta! Io… avevo a disposizione un unico sacrificio da poter fare esattamente cinque anni fa (guai a sbagliare le date, figliolo, ecco perché tengo tanto alla puntualità!) e l’ho sprecato con una grassona che non è nemmeno riuscita a scendere in fondo a quel maledetto buco! E… quella Cosa… in questo modo non ha potuto completare… il suo pasto! Rose si è incastrata a metà strada: è morta asfissiata di sicuro… o per un malore…

Lo zio discorreva dell’orribile morte della propria moglie come si potrebbe parlare della dipartita di un piccolo animale da compagnia idrofobo o della soppressione di un asino azzoppato.

- …Ecco cos’è successo! E’ la pura verità: la tua cara zia Rose rimane lì… a metà strada… finché non se la spolpano ben bene i topi, e il suo dolce nipotino, cinque anni dopo, per puro caso non sente degli “inquietanti rumori” provenire dalla cappa del camino, si spaventa, la apre e scopre la zietta morta! Che bella storiella, eh? Sembra quasi un Hansel & Gretel in versione dark, ma è la realtà, Teo, è la nostra realtà, e tu e io ci siamo dentro fino al collo!

- Ma.. ma.. ma…

-   Ma… ma… ma…

Gli fa eco lo zio, togliendogli anche l’ultimo rimasuglio di dignità.

- Il sacrificio di tua zia non è andato a buon fine! Perché credi che io negli ultimi tempi facessi una vita così appartata?

- Pensavamo, io e Christina, che tu fossi in lutto…

-  In lutto un corno: ero senza un quattrino! Sono ancora adesso senza il becco di un quattrino! Col sacrificio fallito ho perso tutto! Cinque anni sono stati sufficienti! Ogni mio investimento finanziario, da allora, si è rivelato disastroso. Mi è rimasta solo la villa! Quella.. e questa torre, che mi sono guardato bene dal vendere. …E il bello è che la sciagura, prima o poi, si sarebbe abbattuta anche su di te, caro Teo, era solo questione di tempo: prima i membri più anziani, poi i più giovani della famiglia! Dovresti ringraziarmi per averti messo a parte della situazione!

- …Ecco il motivo della crisi fra me e Chris…

Disse Teo trasognato. Poi si scosse:

- Ma io quei rumori, quei versi orrendi, quei colpi e sibili… Io li ho sentiti per davvero!

- Certo che li hai sentiti! Te l’ho detto: il Demone esiste veramente! Non che a me interessi il lato spiritistico-religioso implicito nella faccenda… Non me ne frega niente a me di cosa sia quell’… affare chiuso nella fornace. A me interessa solo… quello che fa!

- …E anche l’incubo che ho avuto… Doveva essere la zia che voleva avvertirmi di qualcosa!

- Ah, nemmeno di incubi mi intendo, non posso aiutarti, mi spiace! Credo che tu ne sappia già molto più di me…

Così dicendo, lo zio sfoderò dal suo bastone un lungo coltello e cominciò ad avvicinarsi a Teo.

- Eh, eh, eh, eh! Pensavi forse che sarei venuto disarmato? O magari che sarei venuto con una pistola? Naaa… troppo rumore: qui siamo lontani da tutto e da tutti, ma non così  lontani!

E proseguì:

- E’ giunto il momento, ragazzo. E’ ora di farti vedere il vero motivo per cui ti ho permesso di venire qui!

- Volevi sacrificarmi, vero? Ero io il tuo viatico per la ricchezza e il successo per i prossimi cinque anni!

- Proprio così, ragazzo!

- Poi sarebbe toccato a qualcun altro…

-   Naturalmente! La piccola esplosione che c’è stata nella tua camera poco dopo che sono arrivato l’avevo proprio progettata per risvegliare quella Cosa… per creare un varco attraverso il quale ti avrebbe potuto ghermire più facilmente! Sai… Teo… non ho davvero più l’età per portare i corpi della gente fino in cima alla torre, io! Con quelle scale così ripide! E poi col bel “regalino” che mi ha lasciato tua zia Rose a questa gamba…

- Allora è stata lei!

- Eh, sì, Teo, giusto un attimo prima di finire giù!

Berto fece una risata sommessa, permeata da una nota di malinconia.

- No, no… non mi è proprio più possibile! Così ho dovuto escogitare questo piccolo… escamotage! Ma adesso che sei qui, per me sarà tutto più semplice. Anzi, ti ringrazio per essere stato così accondiscendente e di avermi seguito fin qui.

Berto cominciò a menare terribili fendenti che facevano ululare l’aria là dove la tagliavano. Teo non poteva fare altro che cercare di resistere alla meglio e sperare di fuggire il più a lungo che poteva. Adesso i due si trovavano proprio sotto l’imboccatura del camino.

- Povero pazzoide!

Gridò Teo nell’estremo tentativo di far infuriare lo zio così tanto da fargli commettere un qualche errore. All’offesa del nipote, lo zio affondò la prima vera stoccata mortale. Teo si fece scudo con un braccio: la lama penetrò parzialmente nella carne dell’avambraccio e qualche goccia del sangue del ragazzo cadde giù nella gola della fornace. A Teo, che era finito per terra, in attesa del colpo di grazia dello zio, non rimaneva altro che cercare di farsi scudo con le mani disarmate.

-  E’ finita, giovanotto. Ormai non c’è più niente che puoi fare! In fondo, lo sto facendo anche per te! Se non vuoi morire, pensa ai tuoi figli! Pensa al loro futuro e come ti ringrazieranno di averglielo garantito, ricco e fortunato… per i prossimi cinque anni…

Poi lo zio si interruppe:

- Oops! Scusa, dimenticavo che di figli tu ancora non ne hai! Ah! Ah! Ah! Ah!

Ormai Berto era proprio sopra il suo avversario e stava per elargirgli il colpo finale. Proprio in quel momento, dalla nuca dello zio si propagò un cupo Toc!  Un’asta metallica calata con estrema violenza sulla testa del vecchio uomo gli aveva fatto cadere a terra, privo di sensi.

Christina gettò a terra l’attizzatoio. Si gettò sull’ex-fidanzato (ormai non più tanto ex) e lo aiutò a sollevarsi.

- Oh, Teo, come sono contenta di rivederti! Ti amo tanto!

- Oh, Chris… E io no? Anch’io ti amo! Come non ho fatto mai, e probabilmente non farò mai più in tutta la mia vita!

- Uh, uh, uh! Mi fai ridere! Ma come fai a scherzare sempre? Anche adesso…

- Dammi una mano…

Le disse Teo. E i due passarono accanto al corpo dello zio, ancora incosciente.

- Non ho potuto sentire cosa ti stava dicendo lo zio…

- Sì…

Disse Teo con rassegnazione, reggendosi l’avambraccio che gli mandava il dolore a ondate.

- Era impazzito!

Disse Chris piena di sdegno.

- Questi vecchi… Che pena mi fanno! Ma tua zia Rose non era fuggita con un americano?

- No. E’ di sotto. L’hai vista anche tu…

- Non posso crederci! L’aveva uccisa lui gettandola nel camino. Che cosa terrificante!

- Hai pienamente ragione. Adesso però… fai la brava… vai di sotto e aspettami…

Chiese Teo a Christina.

- Che cosa hai intenzione di fare?

Gli domandò Christina allarmata.

- …devo solo prendere una cosa a quest’uomo. Poi lo lascerò andare via per sempre. Sono sicuro che non si farà più vedere. Gli dirò che se torna chiamerò la Polizia. Vedrai, avrà paura. E sparirà. E allora sarà davvero finita…

I due innamorati si scambiarono un lungo sguardo pieno di comprensione e di fiducia reciproca.

- D’accordo….

Christina obbedì e scese di sotto senza protestare.

Teodoro si avvicinò allo zio e con uno sforzo sovrumano se lo issò su una spalla. Zoppicando, fece pochi passi e si fermò col corpo del vecchio fra le braccia, cercando di sollevarlo il tanto che bastava per farlo precipitare nel camino. Ma senza riuscirci. Un’altra goccia del sangue del ragazzo cadde allora nell’imboccatura. Una specie di ululato, come un ringhio incredibile confuso con un muggito, risalirono la gola della fornace, riecheggiando sopra la testa di Teo. Un’oscena zampa munita di artigli afferrò lo zio Berto, sollevandolo dalla spalla del giovane e la trascinò nell’oscurità, dentro ai mattoni, grugnendo soddisfatta.

- Nooooooooooooo! Non… ioooooooooo!

Urlò l’infame stregone mentre veniva tirato all’interno dell’antro della Cosa.

In cielo era già l’alba.

Quasi cinque anni dopo. Dentro la torre.

- Ciao Teo, tesoro, è andata bene la tua giornata?

Chiese Christina appoggiando le chiavi della sua Maserati nel portaoggetti d’argento dell’ingresso.

-  Magnificamente, amore mio!

Rispose Teo, comodamente seduto sulla poltrona. Il giornale fra le mani, in un momento di totale relax.

- E la tua?

- Non poteva andare meglio! Oggi mi hanno promosso a vicedirettore! Comporta un considerevole aumento di stipendio, sai?

- Oh, caro! Quanto ti amo! Ho sposato proprio un vincente! Ti adoro! E adoro anche la nostra bellissima casa!

- Lo puoi dire forte!

Christina gettò uno sguardo incantato in direzione del box dove due gemellini stavano serenamente giocando fra loro:

- Promettimi che anche i nostri figli da grandi avranno almeno la metà del successo che hai tu!

- Te lo prometto!

Disse Teodoro, sinceramente soddisfatto.

- Oh, caro! E cosa vorresti mangiare questa sera per cena?

- Non saprei… Fammi una sorpresa, ok?

- Senti…

Cominciò Christina cercando le parole.

- …ma mi vuoi spiegare perché non possiamo mai accendere il caminetto? Se il problema è che non c’è tiraggio, potremmo farlo sistemare… Dopotutto la bomba con cui quel tuo folle zio cinque anni fa cercò di ucciderti non può averlo danneggiato per sem…

Christina si interruppe quando vide l’occhiata torva del marito.

- Oh… Scusa, Teo! Dimenticavo che non vuoi sentirne più parlare…

- E’ proprio così, Chris! Non voglio più sentire nemmeno nominare quel povero mentecatto! E ti avevo lungamente pregato di non parlarne più neanche tu… se ti ricordi!

- Hai ragione, amore mio! Non lo farò più, va bene?

Teo annuì senza dire niente.

- Va bene? Mi perdoni?

- Ti perdono!

I due si guardarono con aria innamorata.

- Comunque…

Riprese il discorso Teo dopo averci riflettuto brevemente su.

-  …se proprio vuoi risistemare il camino… per me va bene.

-  Oh, Teo, sei magnifico!

Christina era al settimo cielo, e buttò le braccia al collo di Teo.

- Sei di gran lunga il miglior marito che si possa desiderare! In assoluto! Ho una gran voglia di arrostire qualcosa… sai?

- Ne sei sicura?

- Certo che ne sono sicura!

Squittì Chris raggiante.

- D’accordo, allora: è giunto il momento.

Disse Teodoro con aria accondiscendente.

-  Anche io ho proprio voglia di arrostire qualcosa.

Giuseppe Conti