R. MAPPLETHORPE, SENZA TITOLO (1978)

Se è vero che Adamo possedette gli animali dando loro il nome, fin dall’inizio di “Pornografia” possiamo credere a buon diritto di essere padroni del protagonista del racconto (compreso in Fra le lenzuola); l’incipit suona infatti così: “O’Byrne”, gesto verbale che pare fissare una volta per tutte il personaggio. In realtà, a voler essere precisi, questo è soltanto il suo cognome: il fratello, stavolta lo sappiamo subito davvero, possiede un nome, un cognome e persino un soprannome: Harold O’Byrne detto Tappo, così come hanno nome e cognome anche le amanti di O’Byrne: Lucy Sheperd e Pauline Drew.

La questione non è affatto pedantesca e neppure oziosa, dal momento che Mc Ewan stesso sottolinea con il frequentissimo uso della ripetizione “O’Byrne” — quando potrebbe benissimo usare un altro sostantivo o un pronome — ciò su cui vuole che si appunti l’attenzione del lettore. Alcuni esempi daranno la misura di tale ridondanza: “Qualche minuto dopo passarono davanti a un pub, e Harold spinse O’Byrne nel locale umido e deserto dicendo: – Dato che ti sei beccato lo scolo ti pago da bere –. Il barista lo sentì e guardò con interesse O’Byrne. Bevvero tre whisky a testa, e mentre O’Byrne stava pagando il quarto giro Harold disse: — Ah, senti ha telefonato una di quelle due infermiere con cui esci –. O’Byrne annuì e si pulì le labbra […] O’Byrne sorrise e le passò un braccio attorno alle spalle. Si sentì pervadere da un senso di magnanimità e di perdono. Tenendosi stretti tornarono in camera da letto. O’Byrne si spogliò e giacquero di nuovo vicini, O’Byrne sul dorso, Pauline con la testa appoggiata alla sua spalla […] O’Byrne rise senza controllo. — Dire bugie…dire bugie, — farfugliò. Lucy si fece dare la bottiglia da Pauline e la portò alle labbra. O’Byrne si riprese” (corsivi miei). A questo punto conviene sospendere le illazioni onomastiche, ma soltanto per potervi tornare in seguito con elementi decisivi a dimostrazione della fondamentale importanza di esse nell’economia del racconto.

Harold possiede un negozio di articoli e riviste porno a Soho, e O’Byrne lo aiuta nelle vendite. I rapporti di quest’ultimo col sesso sono tutt’altro che mediati, lo provano a sufficienza le sue due amanti: quel che gli manca, invece, è un’adeguata riflessione sui propri desideri erotici. Harold non pensa che al negozio e, nonostante lo scarso entusiasmo del fratello, lo rinnova con le riviste più costose. “Il magazzino della House of Florence [la casa editrice che rifornisce Harold] era una chiesa sconsacrata […] L’acquasantiera era diventata un grande portacenere nella sala d’aspetto”; due frasi che ne fanno venire in mente per riflesso condizionato una terza, da lungo tempo divenuta un luogo comune: le ragioni di “Famiglia Cristiana” e quelle della pornografia sono le medesime, quindi la seconda può sostituirsi alla prima ma non senza un resto negativo, lo si chiami celato (più o meno bene) senso di colpa verso la sessualità oppure — ed è questo il caso di “Pornografia” — paura di conoscerne il volto fino in fondo (come i lettori non conoscono il nome del protagonista). Si tratta di una paura che O’Byrne sperimenta appieno: “Era inorridito, nauseato, all’idea che potesse piacergli essere sopraffatto, come gli invalidi nelle riviste di suo fratello”; è Lucy, la sua prima amante (non a caso un’infermiera, come del resto anche Pauline), a fargli da guida nella scoperta di questa sessualità masochistica e autodistruttiva costringendolo a guardarla in faccia: fa l’amore con lui cavalcandolo e proibendogli di muoversi; nel caso si permetta di trasgredire ai suoi ordini, lo schiaffeggia con violenza; gli insulti sono all’ordine del giorno; dulcis in fundo, un dulcis in fundo solo temporaneo, gli orina addosso ricevendo come risposta da O’Byrne un involontario orgasmo.

L’incontro con l’altra amante, Pauline, si verifica subito dopo l’ultimo episodio citato: è trasparente, in questa nuova avventura amorosa, la volontà da parte del protagonista di cancellare Lucy grazie a una relazione più “normale” (sostituendo l’infermiera “cattiva” da film klinik con quella “buona” che gli curi l’anima; il porno con “Famiglia Cristiana”): l’uomo, insomma, teme la prima amante, o meglio ancora teme che essa riveli O’Byrne a O’Byrne. Tuttavia, poiché ci si possono negare le proprie ossessioni solo fino a un certo punto, egli continua in parallelo anche la sua relazione con Lucy. Nel corso di un nuovo incontro, lei lo invita a orinare sulla sua biancheria, ottenendone un netto rifiuto; in seguito, egli non può però sottrarsi a un amplesso a base di insulti e strangolamenti incompiuti. “Il tuo guaio, — disse Lucy, — è che hai paura di quello che ti piace”: tutta la saggezza del racconto è contenuta in questa affermazione. Non sorprende dunque che, quando Lucy e Pauline — venute a conoscenza l’una dell’altra — sono sul punto di castrarlo (i taglienti effetti del porno e di “Famiglia Cristiana” sono identici data la loro comune origine: la dico-tomia), non sorprende, dicevo, che lui, pur essendosi parzialmente liberato dalle corde, non si decida a reagire: “Fra tanta paura O’Byrne provò un brivido di eccitazione, di nuovo quell’eccitazione terrorizzata” che gli provoca un’erezione.

Ora, dopo aver ripercorso quasi per intero “Pornografia” si può tornare all’onomastica: infatti è solo nelle ultime righe che viene svelato il nome — il nome segreto — di O’Byrne, e naturalmente non può che essere Lucy a pronunciarlo: ” — Stai giù, Michael, tesoro — “. Dunque O’Byrne non era tanto il cognome di Michael, ma un vero e proprio altro nome, il nome di colui che ancora non conosceva, o meglio il nome di chi non voleva conoscere fino in fondo, i propri desideri — da intendersi qui come pulsioni di morte in senso stretto. Se all’inizio del racconto il lettore può credere di essere intimo del protagonista, in seguito si rende conto di esserlo quanto un impiegato allo sportello lo è con un utente qualsiasi, che chiama con voce asettica per cognome. D’altro canto neppure O’Byrne comunicava troppo bene con sé stesso. Ma alla fine Michael è libero — sia nel senso letterale del termine (le corde che lo trattenevano hanno ceduto del tutto), sia in quello psicologico (le corde mentali che lo legavano si sono strappate) — ed egli ora può decidere se accettare o meno la castrazione come summum bonum senza ritorno.

La foto di Mapplethorpe che dà il titolo al mio pezzo rappresenta un membro e dei testicoli frutto d’una evirazione in ambiente s/m.

Gianfranco Galliano