LA RAGAZZA SUL MAGGIOLONE GIALLO 05

La ragazza sul maggiolone giallo

- A domani, Gianni – fa con un cenno della mano una bidella all’ingresso della scuola, appoggiando il manico della scopa alla spalla.

- A domani, Rita. -

Gianni si infila nella sua Micra verde scuro e parte con disinvoltura. Dalle casse dell’automobile sale una canzone ritmata, che sa di Las Vegas e notti brave sull’Interstate, a volare sul contachilometri. Il bidello passa una mano sulla testa rasata, fissa la strada che collega Olcenengo e Strella. Il cielo al tramonto ha il colore di una pesca ben matura. Il sole sopra le risaie, una calma oblunga che solo la grande pianura ti può dare.

- Pare di essere a Miami – pensa Gianni guardando il tramonto sui campi allagati.

- Chissà se Mutu ha ancora la casa a Miami… – e subito dopo prova a cacciar via quel pensiero un po’ infantile con una smorfia.

Gianni trascorreva diversi momenti della sua vita a scacciare via i pensieri legati al suo passato calcistico. Non potendo eliminare dalla sua vista tutti i campi da calcio, si accontentava di escluderli completamente dalla sua vita. Quando trasmettevano una partita in tele, Gianni cambiava canale. A volte, gli piaceva provare a pensare che quell’infortunio non era arrivato per caso. Forse, la sua vita era destinata a qualcosa di ancora più grande che la carriera calcistica. Poi, Gianni si guardava attorno: la strada polverosa di Strella, la sua casa con il muro pieno di muffa, le aule della scuola cariche di gesso. Scuoteva la testa, in quei casi. La verità era che Gianni si era dovuto adattare a quella vita mediocre, senza aspettative, senza colpi di fantasia. Si era adattato a fare la vita del paesano, fatta di tanti piccoli rituali e prolungati riposi. Ed era diventato, in tutto e per tutto, un paesano. Aveva accettato l’incarico di bidello alla vicina scuola di Olcenengo (grazie, ovviamente, alla raccomandazione di un lontano parente), il che era ovviamente meglio che andare a finire a lavorare in fabbrica. Cos’altro poteva volere un tipo come lui, uno che non ha studiato e non possiede, calcio a parte, doti particolari? E allora tanto meglio scacciare in fretta i sogni, adattarsi al nuovo copione, seppellire senza tante storie gli antichi propositi. Era uno di quei vinti senza appello, uno di quegli esclusi senza ricompense. Un uomo mandato al confino, obbligato a restare di stanza in un paese senza gloria.

I pioppi all’ingresso di Strella oscurano per alcuni istanti il sole che si sta incassando dietro le case. La Micra supera rapidamente le prime case e si ferma davanti alla Trattoria dei Due galli.

- Ciao Jaaan! – gli urla un vecchio ubriaco al tavolo.

- Pinot! – replica Gianni alzando il braccio, come a fare il gesto del brindisi.

Si siede ad un tavolo fuori dalla trattoria. Allontana un poco il tavolo da sé, distende le gambe e porta le mani dietro il collo, scrollando la stanchezza di dosso. Se ne sta lì per un tempo imprecisato, cacciando via la stanchezza del lavoro dal corpo.

Un’automobile compare all’ingresso del paese. E’ gialla ed appartiene senza dubbio ad un forestiero. Gianni assiste alla scena, curioso. L’auto va piano e, quando si avvicina alla trattoria, svela il conducente all’interno: una ragazza con i capelli ricci neri. La ragazza guarda a destra e a sinistra di sé, affaccendata come se stesse cercando una via o una casa. A fianco al volante c’è un enorme girasole finto. Ancora qualche metro e l’automobile si accosta alla trattoria.

- Scusi, via Cascine Strella 57…? – dice una voce sottile da dentro l’abitacolo del maggiolone giallo.

Gianni tentenna un attimo. La ragazza ha occhiali da sole e una folta chioma che le attorciglia tutto il collo. Il bidello stacca le mani da dietro il collo, per un attimo si sente stupido e impacciato.

- Poco più in là sulla destra… -

La ragazza si gira verso il punto indicatole.

- C’è solo questa strada qui – aggiunge Gianni, provando un sorriso.

La ragazza si volta di nuovo verso Gianni.

- Ah, grazie. – con un sorriso di cortesia.

Gianni non stacca lo sguardo dal maggiolone. L’auto prosegue per una trentina di metri, poi si ferma davanti al numero civico 57, casa di Silvia Giacomina.

(5 – continua)

Daniele Vacchino