PAESAGGIO VERCELLESE CON ZOMBI 10

10.

MARTEDI’ 26 GENNAIO 1994

(DAI CANALI)

Il Panasonic trentapollici era acceso e vomitava immagini.

Sandro ci stava davanti. Era sulla sua nuova sedia a rotelle cromata.

Mangiava un barattolo da un chilo di gelato alla fragola. Ci affondava dentro un cucchiaio da minestra e lo portava alla bocca come un automa. Dietro di lui, Silvana passeggiava attorno al tavolo di ciliegio della cucina. Indossava la vestaglia a fiori piena di macchie e fumava una merit dietro l’altra. Una treccia di capelli neri le oscillava sulla schiena come la coda di un brontosauro.

Sandro la sentiva respirare a fatica e sbuffare. Provò un senso di vertigine. Allora trangugiò un cucchiaio di gelato. La vertigine scomparve. Cercò il telecomando. Cambiò canale.

Rai Uno. Alba Parietti mostrava le sue gambe chilometriche ad un leghista in camicia verde.

- Ce l’ha sempre duro? – chiese la soubrette.

Cambiò canale.

Rai Due. Corrado Augias intervistava una donna che aveva evirato il marito ed era scappata in auto.

- Non potevo girare il volante, così l’ho gettato dal finestrino, – disse piangendo.

Frushh frushh…

Sandro fece una smorfia. Il segnale era disturbato. Strane immagini si muovevano sotto la faccia della donna. Ombre.

Cambiò canale.

Rai Tre. Tgì regionale. Non c’erano più politici. Li avevano arrestati tutti. Non c’erano più partiti. Li avevano smantellati. C’era solo Mel Brooks nello studio pieno di bambolotti da sartoria. Rideva e ripeteva in continuazione che c’era un uomo nuovo nella politica italiana. Poi due infermieri lo trascinavano via.

Frushh frushh…

Il segnale era disturbato. Sandro passò alle private.

Italia Network. Ambra ballava con un diavoletto di cartoon.

- Mantenetevi in equilibrio. Sulla cresta dell’onda, – disse Ambra.

- Muovetevi, ballate o la vecchiaia vi acchiappa. Non fatevi inghiottire.

Un odore d’immondizia uscì dal televisore.

Sandro fece un’altra smorfia.

Dietro di lui, Silvana continuava a girare in tondo e fumare.

Frushh frushh…

Silhouette nere si sovrapposero in trasparenza sulla faccia sudata di Ambra. Le silhouette aprirono delle bocche grandi e larghe.

Sandro distolse lo sguardo. Un senso di nausea gli salì allo stomaco.

Dalla camera di sua nonna venne una litania bassa e costante.

Cori di voci che recitavano il padrenostrol’avemariailcredol’attodidoloreilgesùgiuseppeemariaeccet-eraeccetera. Una moltitudine di voci penetrarono nei muri di burro.

Un jingle. La voce dello speaker. Radio Maria.

Sandro immaginò sua nonna stesa sul copriletto. Le mani giunte sul grembo. Il rosario tra le nocche. Gli occhi sigillati.

L’immagine lo inquietò come il grattare dei topi negli interstizi dei muri. Trangugiò altro gelato alla fragola. L’inquietudine scomparve.

Frushh frushh…

Cambiò canale.

Rete n.4. Emilio Fido e Gianfranco Funari giocavano a morra cinese in una specie di trincea. Intanto Emilio Fido parlava della chiesa di satana.

L’odore di grasso caldo uscì a zaffate dal Panasonic.

Qualcosa si agitò tra i pixel.

Voleva uscire.

Frushh frushh…

Sandro ingurgitò altro gelato.

Le ombre scomparvero per un attimo.

Finì il gelato e si girò con fatica verso sua madre.

Lei strizzò gli occhietti e prese un altro barattolo dal congelatore.

Il telefono squillò minaccioso.

Silvana sparì nel corridoio.

Sandro riprese a mangiare di gusto. Non gli importava un fico sapere se era per lui. Ormai non lo cercava più nessuno (chi doveva cercarlo?). Solo quella scocciatrice di Cinzia (era quello il suo nome, vero?) continuava a chiamare.

Sentì sua madre borbottare contro qualcuno, urlare di lasciarli in pace, sbattere giù la cornetta e tornare in cucina come niente fosse.

Sandro la vide sorridere e notò la somiglianza con quel viso costellato di efelidi. Di nuovo la vertigine. Un cucchiaio di gelato. La somiglianza scomparve.

Cambiò canale.

Il n.5.

Il viso di Valeria Golia a tutto schermo. La intervistavano. Parlava del nuovo film. Una zoommata all’indietro la mostrava accanto ad un ragazzo alto e robusto.

- Profilo greco, spalle da nuotatore, – diceva l’attrice.

Sandro guardò il ragazzo nella tv. Sembrava una sua copia. Poi si guardò i fianchi. Una cintura di lardo gli era cresciuta attorno alla vita. Anche la faccia e le braccia s’erano gonfiate a dismisura. No. Il ragazzo della tv non centrava più niente con lui.

Un peso eterno gli schiacciò il torace. Dei ricordi confusi screpolarono il soffitto del suo cervello, infiltrandosi come macchie di umidità.

I ricordi squarciarono per un attimo i veli artificiali delle medicine.

Vide delle facce. Micol. Rubino. Valeria. Cinzia. Mancava qualcuno? Non ricordava. Non riusciva più a concentrarsi. Un muro caliginoso gli impediva di vedere oltre. Centrava forse una maschera di gomma con un machete di plastica? Probabile. Ma cosa?

Il peso al torace aumentò. La nausea aumentò. La testa prese a girare.  Un’ansia felpata come uno stuolo di cani randagi gli morsicò i nervi. Il cuore prese a pompare fiamme.

Sandro chiuse gli occhi e recitò le formule magiche.

- Va tutto bene. Va tutto bene. Va tutto bene. Devo calmarmi. Calmarmi. Calmarmi…

La nebbia di Valium, Xanax, Halcion cancellò tutto.

La Golia continuò a parlare ma le parole divennero indistinguibili.

Frushh frushh…

Ombre antiche e spietate deformarono le immagini.

La Golia aprì la bocca. Era grande e larga.

Sandro trangugiò il gelato.

La Golia scomparve.

Anche i disturbi.

Frushh frushh…

Le immagini divennero flou, le luci morbide, i contorni sfumati.

Di colpo, si sentì a posto. Tranquillo.

I nervi, la testa, i muscoli, tutto a posto.

Un omino in mezzobusto lo guardava dal teleschermo.

L’omino era seduto dietro una scrivania enorme e sorrideva lupesco.

Indossava un doppiopetto Carapaci.

Sandro smise di ingoiare il gelato. Non ne aveva più bisogno.

Era catturato dai colori sfavillanti e armoniosi.

Anche sua madre smise di girare e fissò lo schermo.

Le voci di Radio Maria si interruppero.

Tutto si fermò.

L’omino aprì bocca. Le ombre dentro la sua testa aprirono la bocca.

- L’Italia è il paese che amo, qui ho le mie radici, le mie speranze e i miei orizzonti…

Sandro provò a concentrarsi sulle parole. Non ci riuscì.

Allora studiò la faccia dell’omino. Flash velocissimi gli affiorarono alla mente.

- Qui ho imparato da mio padre e dalla vita il mio mestiere di imprenditore. Qui ho appreso la passione per la libertà…

Uomini in nero.

L’aria bollente.

Il cielo rosso.

Grida.

Fiamme.

Niente di personale ragazzo.

Fumo.

Fumo.

Fornace.

Brandelli.

Niente di personale ragazzo.

- Ho scelto di scendere in campo perché non voglio vivere in un paese illiberale governato…

Sandro si asciugò la fronte.

Trangugiò un cucchiaio di gelato.

I flash scomparvero.

La nebbia di Valium, Xanax, Halcion, cancellò ogni cosa.

Andava tutto bene. Tutto bene. Bene.

- …da forze immature e da uomini legati a doppio filo ad un passato storicamente ed economicamente fallimentare…

Mano a mano che l’omino parlava, un senso di appagamento solleticò i coglioni di Sandro. L’appagamento gli afferrò le budella e salì verso il petto, su, su fino al cervello. Ebbe un’illuminazione.

L’uomo coi trampoli. Il clown. Il domatore di leoni. L’uomo che aveva aspettato tanto a lungo era finalmente arrivato.

Era lì davanti a lui.

Allora si sentì felice. Felice. Felice.

Vercelli, Gennaio – Aprile 2006

(10 – fine)

Davide Rosso