IL CUSTODE DEL CASTELLO DELLA PELLAGRA 06 – IL CICLO MEDIEVALE

- Markus è arrivato?

Aurora ed Olive erano davanti al castello, piuttosto lontano dall’ingresso, per non farsi vedere dal custode. Erano certe che spiasse dalle finestre e che ci vedesse molto bene, nonostante la fitta nebbia.

- No, mi ha mandato un messaggino vocale per dirmi che sta arrivando. Deve aver trovato traffico. Tu poi hai sentito quegli avvocati che ti dovevano dei favori?

- Sì sì! Mi hanno detto che se non ha un contratto in mano, puoi sbatterlo fuori anche oggi senza tanti complimenti.

- Bè, vorrei essere gentile con lui, dargli il tempo di trovare un’altra sistemazione, tipo un mese al massimo, ma se rompe le palle con quel suo fare seccato dell’altra volta sarò meno tollerante anche io.

- Ehilà!

Markus era arrivato. Olive provvide alle presentazioni di rito e poi, belli compatti, si avviarono al castello a piedi. Markus era eccitato come un bambino che per la prima volta si reca allo zoo: armato di fotocamera e blocchetto per appunti, aveva intenzione di fare un resoconto ben preciso di tutto quello che era possibile fare in quella giornata.

- Sono tanti gli affreschi, Markus? – chiese Aurora.

- Sulla carta sì, poi è da vedere in che condizioni sono, se sono leggibili e tutto il resto. C’è pochissima documentazione sul castello e anche sull’abbazia precedente, la sua storia è tutta da scrivere. Io oggi vorrei occuparmi del ciclo dell’ala ovest, che secondo la bibliografia a nostra disposizione è la più antica.

Olive ed Aurora si guardarono sorridendo.

- Dite che il vegliardo non sarà d’accordo?

- Bah, lo scopriremo solo vivendo.

 

Lodovico Antinori non si aspettava la visita. Il suo viso incartapecorito e azzurrognolo si deformò quasi in una smorfia e Olive pensò bene, vista la reazione, di evitare di spiegargli gentilmente che la visita odierna era una ricognizione scientifica.

- Signor Antinori, le chiederei cortesemente di lasciarci soli nel castello fino al pomeriggio, se non le spiace.

Al vecchietto quasi venne un colpo. Si ricompose, tirò fuori dal suo repertorio di facce quella più falsa che prevedesse un sorriso e andò a prendere il soprabito. Poi uscì dal portone, augurando a tutti un buon lavoro. Ad un centinaio di metri di distanza il signor Antinori non c’era più e un piccolo pipistrello stava tornando indietro verso l’antica dimora.

 

- Cominciamo?

L’eccitazione di Markus non si poteva più contenere.

- Ok, ricordo che ci siamo passate in quell’ala, era pieno di affreschi quattrocenteschi… vado a spanne eh, mi ricordavano quelli del Pisanello, che mi ricordano le illustrazioni delle fiabe. Poi mi dirai te: sei l’esperto!!! Erano scene cavalleresche…

Un piccolo portone venne aperto e, nonostante la giornata non fosse luminosa, la stanza era illuminata e le pareti coperte da cicli facilmente leggibili.

- Il vecchietto deve aver lasciate le luci accese per noi, quando è andato a prendere il suo soprabito.

Markus iniziò a dare un’occhiata interessata, ogni tanto si accovacciava per terra, scattava qualche fotografia rigorosamente senza flash e scriveva sul suo taccuino. Olive ed Aurora sembravano un po’ annoiate, così decisero di fare un giretto nelle vicinanze, intanto che Markus finiva il suo lavoro.

Nella torre orientale, a nord, si trovava una piccola pusterla, un’apertura semi nascosta che permetteva di scappare in caso di assedio del castello. L’ambiente che si trovava tra la pusterla e l’arco, che permetteva di entrare nella corte interna, era il rivellino ed aveva funzione di trappola: con le grate che venivano azionate nei due ingressi a quel vano, quest’ultimo poteva diventare una prigione per gli assaltatori.

- Guarda come sono diverse le pietre del muro…

- Si chiama trama muraria!

Markus aveva finito e aveva raggiunto le ragazze.

- Da queste pietre poco sbozzate e legate con poca malta è possibile capire che questa è la parte più antica della fortezza, quella che una volta era l’abbazia. Proviamo ad aprire quella porticina.

La porticina non era sbarrata e all’interno del piccolo locale non vi era nessuna luce. Markus frugò nel suo zaino e tirò fuori una torcia. Quello che trovarono sulle pareti era sorprendente: come in un grande fumetto, striscie narrative erano sovrapposte e raccontavano di cavalieri e di nobiluomini che varcavano le Alpi insieme all’imperatore.

- Caspita, è la prima volta che vedo una cosa del genere. Delle discese imperiali si sa solo attraverso le cronache, non grazie a narrazioni visive. Deve essere un ciclo molto antico, è solo da capire chi è l’imperatore in questione, se ne sono spostati molti fra XII e XIII secolo… guardate!

Markus aveva trovato la rappresentazione dell’imperatore che donava ai monaci benedettini il monastero.

- La vecchia abbazia era una fondazione imperiale, lo sappiamo dalle fonti. Era un modo per gli imperatori e per i nobili molto ricchi per “comprarsi” un posto in paradiso. Quest’abbazia era molto importante ed un centro culturale fiorente, lo sapevate?

- Sì – fece Olive – avevo trovato in alcuni libri delle informazioni e si parlava di una ricchissima biblioteca, composta da manoscritti medievali, incunaboli e cose così.

- Un tempo sicuramente c’erano, ma è andato tutto disperso con la soppressione di san Carlo.  I volumi di questa raccolta sono stati divisi ed ospitati in diverse istituzioni culturali e, neanche a dirlo, i codici medievali si sono come volatilizzati.

Si presero del tempo per guardare con occhi estasiati il ciclo: era davvero un ritrovamento entusiasmante. Olive pensava come sfruttare, anche commercialmente, quella scoperta. Era una cosa che non poteva non fare! Persa nei suoi pensieri quasi non sentì Aurora che, ridendo, disse:

- Ehi, guardate il monaco che riceve il modellino dell’abbazia: non vi sembra il custode molto più giovane?

Tutti si concentrarono su quel viso, poi risero insieme. Era vero! Sembrava proprio il vecchio Antinori! Si dimenticarono presto di quel dettaglio, perché trovarono una porticina chiusa con un lucchetto. Markus frugò ancora nel suo zaino e tirò fuori un lungo spillone che gli permise di farlo saltare. Al di là della porta c’era un scala a chiocciola in pietra e i ragazzi neanche si accordarono, semplicemente salirono in religioso silenzio. Il buio spaventava un po’ , era davvero fitto,  ma la curiosità era davvero tanta. Questa non aveva permesso loro di notare una cosa. Gli occhi del monaco, quello che assomigliava al custode, erano di un rosso vivido e fiammeggiante.

(6 – continua)

Roberta Lilliu