SERGIO STIVALETTI

Ultimo appuntamento con le interviste che riuscimmo a raccogliere durante la seconda edizione del Dylan Dog Horror Fest nel lontano 1990: questa volta è il turno di Sergio Stivaletti, noto soprattutto per i sui effetti speciali, anche se in questi anni non ha disdegnato a volte di mettersi dietro la macchina da presa con buoni risultati (“La maschera di cera” e “I 3 volti del terrore”, giusto per citare qualche titolo). Fortunatamente anche in questo caso l’intervista fatta con lui risulta essere ancora attuale nonostante il tempo trascorso (a parte il consueto paio di domande datate che abbiamo quindi omesso), per cui non indugiamo oltre e sentiamo cosa ci disse.
COS’E’ SECONDO TE L’ORRORE?
Penso che sia qualcosa di relativo, non di assoluto, perché dipende dal contesto e può anche subire delle modifiche, diventando comico, splatter o altro ancora. Orrore significa parlare della morte, dello sconosciuto, dell’aldilà attraverso delle immagini Il concetto è molto legato alla vita oltre la morte, a qualcosa che va al di là della materia.
QUALI SONO LE TUE PAURE?
Non ho delle fobie particolari, ma la morte mi fa paura, eppure nello stesso tempo mi attrae, con curiosità.
QUAL E’ STATO L’EFFETTO PIU’ DIFFICILE CHE HAI REALIZZATO?
Le difficoltà negli effetti speciali spesso sono causate dal troppo poco tempo che si ha. Comunque i più complessi sono stati finora il demone Menelik e quello del film “La chiesa”.
COME TI COMPORTI QUANDO DEVI REALIZZARE UN EFFETTO NUOVO?
Dapprincipio faccio dei disegni. Poi, dopo aver apportato le eventuali modifiche, inizio la scultura del mostro. L’importante penso che sia decidere fin dall’inizio se si tratta di un effetto ottico o meccanico.
 
Originariamente pubblicato sul numero 1 EXTRA FUORISERIE de LA ZONA MORTA, giugno 1990
Corretto e ampliato per il sito LA ZONA MORTA, febbraio 2007

11/03/2007, Davide Longoni