IL CINEMA SECONDO DI LEO – TRA EROTISMO PERVERSO E NOIR PRE TARANTINO 12

IL FASCINO PERVERSO DI UNA LOLITA

La seduzione (1973)

Sarebbe riduttivo definire La seduzione (1973) un ottimo film erotico. Certo, è anche questo. Ma non solo. La pellicola riprende il discorso sui rapporti coniugali iniziato con Brucia ragazzo brucia e Amarsi male, lo attualizza, lo inserisce in un contesto provinciale alla luce dell’esperienza di Malizia (1973) e lo fa sconfinare nel più cupo melodramma.

La seduzione deriva dal romanzo Graziella di Ercole Patti (Bompiani) ed è sceneggiato da di Leo con la collaborazione di Luisa Montagnana, Marino Onorati e dello stesso Ercole Patti. La fotografia è del solito Franco Villa e il montaggio del collaudato Amedeo Giomini. Le scenografie sono di Francesco Cuppini e le belle musiche di impronta sicula dell’ottimo Luis Enriquez Bacalov. Ricordiamo la suggestiva Mi votu e mi arivotu cantata da Rosa Balistreri che accompagna i titoli di testa e le sequenze più drammatiche del film. Aiuto regista è Alberto Salvatori. Produce Daunia 70 rappresentata da Armando Novelli. Interpreti: Lisa Gastoni, Maurice Ronet, Jenny Tamburi, Pino Caruso, Graziella Galvani, Barbara Marzano, Rosario Bonaventura, Giorgia Dolfin e Antonio Guerra.

Il film è ambientato a Catania e per certe scene si è fatto ricorso agli Stabilimenti Palatino, anche se di Leo preferisce interni realistici che conferisco un tocco di genuinità maggiore. Si pensi alle parti girate nella bottega di un barbiere siciliano e tra i tavoli di un bar di piazza, vero ritratto di ambiente capace di conservare la memoria del passato. Nelle prime scene di Leo costruisce un bello spaccato di provincia siciliana grazie alla fotografia pulita e luminosa di Franco Villa e alle suggestive musiche di Bacalov. Giuseppe Laganà (Ronet) torna a casa dopo quindici anni di lavoro a Parigi come giornalista, incontra l’amico spaccone Alfredo (Caruso) che gli organizza un incontro con Caterina (Gastoni), il suo primo amore. Caterina è rimasta vedova, ha una figlia adolescente di nome Graziella (Tamburi) e anche lei non ha mai dimenticato Giuseppe, dice di non aver mai provato con altri le sensazioni che provava con lui. Pino Caruso dà vita a un personaggio interessante e divertente da latin lover di provincia che stempera la tensione erotica della pellicola e i momenti drammatici. Alfredo vorrebbe far credere di essere circondato da donne che tratta con sufficienza e disprezzo, ma in realtà viene preso in giro da Luisa (Galvani) che se ne serve per tradire il marito e fa di lui quel che vuole. Di personaggi come Alfredo è piena la provincia e ogni bar che si rispetti possiede il suo bravo contaballe in fatto di avventure sessuali. Jenny Tamburi, invece, si presenta sulla scena sfoggiando un vestitino celeste da collegiale e calzettoni neri che fanno intuire doti da Lolita. L’attrice ha vent’anni, ma ne dimostra meno e può interpretare una ragazzina adolescente dal fascino inquieto e perverso. La madre si libera della figlia per poter conquistare il suo uomo e di Leo ci concede la prima parte erotica di un certo rilievo mostrando un rapporto inteso tra Ronet e la Gastoni. Il sesso è importante, ma anche la situazione melodrammatica con i ricordi d’amore non va sottovalutata e conferisce un aspetto poetico alla pellicola. “Nelle altre ho cercato solo te” dice Giuseppe che pare proprio innamorato e contento di aver ritrovato un sogno del passato. Di Leo descrive un rapporto erotico romantico e tratteggia bene il carattere di Caterina, una donna che ritrova il grande amore e spera di poterlo godere fino in fondo. A questo punto si inserisce nel menage romantico la seduzione della ragazzina maliziosa nei confronti dell’uomo di mezza età che cade in una rete fatta di ammiccamenti. La ragazzina si scopre donna, controlla lo sviluppo del seno, spia la madre quando fa l’amore con l’amante e alla fine passa all’azione. Prima si fa trovare da Giuseppe completamente nuda sul letto, poi mette in scena un tango sensuale con l’amica Rosina (Marzano) e le due ragazze si scambiano carezze e baci ironici. La provocazione più estrema avviene sul divano mentre la ragazzina legge un fotoromanzo. La scena è molto maliziosa, mostra Graziella che allunga le gambe fino a toccare il grembo di Giuseppe, lui tenta di fare l’indifferente ma poi cede, le carezza un ginocchio e la coscia. Un torbido erotismo si fa avanti, il regista mostra l’uomo che allunga le mani, massaggia il sesso della ragazzina e avanza fino alle gambe, prima di essere interrotto dall’arrivo di Caterina. La seduzione continua quando la mamma esce per la messa e Graziella ne approfitta per infilarsi nel letto di Giuseppe ed eccitarlo. Un’altra parte erotica intensa vede la Tamburi passare lo straccio, mostrare le gambe, gli slip neri quando si china e infine mettersi accanto all’uomo sul divano per farsi baciare e carezzare il seno. La seduzione è giunta a compimento. Il regista insiste sulle gambe della ragazza, Giuseppe la spoglia e fa l’amore con lei, ma alla fine è roso dalla gelosia perché comprende che la sua Lolita ha avuto rapporti con altri ragazzi. “Sì, ma con te è stato diverso. Tutto è più bello” dice Graziella. L’uomo maturo è in completa balia della ragazzina, comincia a seguirla per controllare se frequenta ragazzi della sua età. Caterina continua a essere innamoratissima e a non sospettare niente della tresca che si sviluppa sotto il suo tetto. “Non ti merito, Caterina” dice Giuseppe. Ed è proprio vero, ma lei non può saperlo. Caterina scopre tutto una notte che Giuseppe e Graziella spingono il gioco troppo oltre. Un rumore sveglia Canterina che assiste inorridita alla terribile scena della figlia che fa l’amore con il suo uomo. Questa parte del film è molto ben fatta e risulta melodrammatica al punto giusto, soprattutto per la musica che sottolinea l’intensità del dolore di una madre. Lisa Gastoni è superlativa in una parte da donna disperata tradita dal suo uomo e dalla figlia che vede svanire il sogno di un amore e perde la fiducia nella sua bambina. Il dialogo madre – figlia è molto intenso e le due attrici sono brave a calarsi nei rispettivi ruoli. Lisa Gastoni esprime benissimo con il volto e con le parole un miscuglio di odio, schifo, vergogna, disperazione e delusione. Jenny Tamburi è un concentrato di malizia e di perfidia che pensa soltanto al gioco perverso che ha messo in scena. Lisa Gastoni dà vita al personaggio di una donna amareggiata che non sa cosa fare e il regista si mette ancora una volta dalla parte della donna. “Voi uomini non capite mai niente! Ragionate soltanto con quello! Graziella no. Era la mia bambina. E adesso?” grida. Graziella ha tradito la fiducia della madre. “Se ci fosse tuo padre…” dice Caterina. “Se ci fosse mio padre non ci sarebbe Giuseppe!” ribatte Graziella. Nella battuta si comprende il motivo profondo per cui la ragazzina si è invaghita di Giuseppe. Non perdona il nuovo amore della madre che tradisce la memoria del padre. Graziella pretende l’amore di Giuseppe, è convinta che lui la difenderà, non comprende il dolore della madre e vuole che tutto torni come prima. “Come quando non era successo niente” dice Graziella. “Niente torna come prima. Le cose lasciano sempre il segno” risponde la madre. Vince la ragazzina e Giuseppe torna in casa, anche se non può essere come prima. Giuseppe non comprende l’esasperazione di Caterina e dice che con la ragazzina è stato soltanto un gioco, ma il suo amore è tutto per lei. Non è così. Giuseppe e Graziella si frequentano ancora e l’uomo sprofonda in una crisi totale, perché ama la madre, ma cerca pure il rapporto con la figlia. Caterina si rovina i nervi in un menage a tre insostenibile e con la figlia è guerra continua per il possesso dell’uomo. Si logora in una duplice sofferenza da madre ansiosa e amante tradita e alla fine decide di pensare soltanto alla figlia. “Non essere cattivo con Graziella” implora a Giuseppe. E si mette fuori gioco. Il finale è davvero imprevedibile. Rosina, l’amica di Graziella, provoca Giuseppe esibendo un florido seno da ragazzina e finisce a letto con lui. L’uomo si dimostra ancora una volta debole e privo di personalità, si lascia sedurre e mette in piedi una nuova storia ancora più pericolosa. Graziella viene a sapere tutto e va a sfogarsi dalla madre. Per Caterina il dolore diventa insostenibile. Si cambia, si trucca, esce in strada e va da Giuseppe, ma non per riprenderselo e fare l’amore con lui, come ci si attenderebbe. Giuseppe è stato cattivo con Graziella e per questo Caterina lo giustizia sul portone di casa sparandogli contro tre colpi di pistola. Un finale melodrammatico, per niente consolatorio, sconvolgente e che rifugge da situazioni stereotipate.

La seduzione riporta in auge una grande attrice come Lisa Gastoni che dopo il successo di Grazie zia di Salvatore Samperi (1968) era caduta un po’ in ombra. Per la ventenne Jenny Tamburi (Luciana Tamburini) rappresenta l’ingresso nel cinema importante dopo aver interpretato Splendori e miserie di Madame Royale con Ugo Tognazzi per la regia di Vittorio Caprioli, anche se in un primo tempo la produzione aveva pensato di affidare la parte a Ornella Muti. A di Leo piace molto la Muti, dotata di un fisico e un volto giovanile che poteva rappresentare bene la seduzione e il fascino della Lolita. Lisa Gastoni non è d’accordo, perché teme che la bellezza di Ornella Muti possa offuscare la sua presenza sullo schermo e alla fine la produzione cede. Di Leo ha sempre affermato nelle interviste rilasciate alla stampa specializzata che non ha mai rimpianto questa scelta e che la Tamburi non l’ha deluso. Ornella Muti sarebbe stata una presenza troppo ingombrante, mentre alla storia serviva una bellezza più tranquilla e meno prorompente che la Tamburi rappresenta bene. Lo scontro madre – figlia ne esce valorizzato e la seduzione messa in atto dalla minorenne maliziosa è maggiore. Un piccolo ruolo erotico è ricoperto dalla debuttante Barbara Marzano, l’amica di Graziella che balla un tango sensuale in odore di lesbismo e alla fine seduce Giuseppe mettendo in mostra un seno invidiabile. Barbara Marzano non è un’attrice professionista, ma in quel periodo fa la commessa in una boutique di Roma. Jenny Tamburi era una promessa del cinema. A diciassette anni prende parte al musical Aggiungi un posto a tavola di Gino Landi con Johnny Dorelli e poi debutta sul grande schermo. Ci lascia nel 2006, all’età di 53 anni, vittima di una malattia che non perdona, tra l’indifferenza dei media più importanti. Il suo funerale si svolge alla Chiesa degli artisti, luogo che le spetta di diritto, anche se da tempo non fa cinema, ma lavora come direttrice di casting e dirige una scuola di recitazione. La Tamburi lega il suo nome al filone erotico malizioso, ma interpreta pure gialli morbosi come Il sorriso della iena e Sette note in nero. Liquirizia resta il suo miglior film, ma è un’attrice eclettica e anche ne La seduzione mostra tutta la bravura di interprete acerba ma efficace. Altri titoli interessanti del suo curriculum sono Peccati di famiglia (1975) con Michele Placido, Giovannino (1976) con Christian De Sica, E vissero felici e contenti (1978) con Enrico Montesano e Amedeo Nazzari. Una grande perdita per il cinema di genere italiano. Jenny Tamburi dice del regista: “Fernando rappresenta uno di quei casi inspiegabili di registi geniali e di successo, che non si capisce per quale ragione a un certo punto si sono fermati. Oltretutto, lui era non solo un regista molto valido ma un intellettuale nel senso più completo del termine e anche un bravissimo scrittore. Io non posso che avere un ottimo ricordo di lui e del film, nel quale sono entrata all’ultimo momento per sostituire Ornella Muti. Con la Gastoni i rapporti erano tesi, anche perché lo schiaffo che mi diede sul set era vero. Il problema credo fosse che Lisa è sempre stata una donna molto bella e non accettava di invecchiare. Mi sono trovata invece molto bene con Maurice Ronet, m’ero pure presa una cottarella per lui. La seduzione è stato il mio primo lavoro importante e incassò un sacco di soldi. E se poi la mia carriera è stata quello che è stata, lo devo certamente a Fernando e a questo film” (da Nocturno Cinema – Dossier di Leo). Fernando di Leo ricorda Jenny Tamburi e Lisa Gastoni nel bel volume 99 Donne di Manlio Gomarasca e Davide Pulici: “Jenny fece un numero considerevole di film dopo il mio. Ricordo che le consigliai di darsi una calmata, cosa che non fece per motivi economici e così la sua stagione fu breve. La Gastoni era nevrotizzata dal non lavoro e quando la contattai la liberai dagli incubi. Ma era una nevrotica e affrontò il film da nevrotica. Solo il successo la liberò – successo di cui ero sicurissimo dato l’argomento socialpopolare del film. Diventammo amici, mi confidò le sue nevrosi. Era una donna veramente sexy”. La seduzione presenta altre due affascinanti interpreti femminili, meteore del cinema di genere italiano. Di Leo le ricordava così: “Graziella Galvani era ed è un’eccellente attrice di teatro. Forse al cinema non ha avuto altri exploit, ma la sua carriera teatrale è continuata a brillare. Barbara Marzano era una debuttante… ha interpretato altre pellicole con produzioni minori… aveva un seno stupendo e soprattutto naturale”. (da 99 Donne).

Di Leo gira La seduzione al termine della sua parabola migliore, quella dei film violenti e crudeli ambientati nel mondo della malavita. Il regista torna al sesso, all’erotismo inquietante e morboso che è stato il suo primo amore cinematografico con Brucia ragazzo brucia e il successivo flop di Amarsi male. Prende il soggetto dal romanzo Graziella di Ercole Patti e lo rende in maniera fedele, a parte l’inserimento del personaggio di Alfredo, reso benissimo dal cabarettista Pino Caruso, che ha tutte le caratteristiche per impersonare il playboy di provincia un po’ fanfarone. Alfredo è un personaggio indovinato che stempera la drammaticità della trama e permette a di Leo di allargare il discorso sulla vita di provincia e sul modo meridionale di intendere i rapporti uomo – donna. Di Leo modifica anche il periodo storico, ambienta la vicenda negli anni Cinquanta, mentre il romanzo si svolge negli anni Trenta ed evita di fare cenno alle prime esperienze sessuali di Giuseppe. Le vere protagoniste della pellicola sono le due donne e al regista interessa analizzare il rapporto madre – figlia, complicato da un inatteso menage a trois. Di Leo punta sul rilancio di Lisa Gastoni e scopre una giovanissima Jenny Tamburi per tentare di bissare il successo di un film come Malizia (1973), ma va oltre la descrizione del turbamento dell’uomo di mezza età di fronte alla ragazzina maliziosa. A di Leo interessa l’universo femminile, la complessità di un rapporto che diventa improvvisamente ingestibile per colpa di una comune passione amorosa. Il regista trascura la componente maschile, si limita a descrivere il turbamento di fronte alla provocazione della ragazzina, evidenzia la debolezza dei sensi, ma non ne approfondisce la psicologia. Di Leo pare condividere la frase che fa pronunciare alla Gastoni: “Voi uomini ragionate soltanto con gli istinti più bassi”. Nella componente maschile non c’è molto da indagare, sembra dire il regista, perché la complessità è femmina. Lisa Gastoni interpreta uno stupendo personaggio che racchiude la disperazione della donna tradita e il dolore di una madre che sta perdendo la figlia. Di Leo approfondisce il personaggio di Caterina che per amore materno rinuncia a tutto, persino al sogno d’amore che viene dal passato. Non solo. Per amore materno uccide Giuseppe nell’ultima inaspettata sequenza. Non è l’amante gelosa e tradita quella che commette il delitto, ma la madre che vendica la figlia perché Giuseppe aveva promesso di trattarla bene e invece si è lasciato vincere da un altro capriccio. Il personaggio di Graziella rappresenta la gioventù, la spensieratezza, l’erotismo acerbo, l’inquietudine adolescenziale, la scoperta dei sensi, la malizia e la perversione. Non è poco per una quasi debuttante come Jenny Tamburi che se la cava molto bene e ne esce da trionfatrice. Il suo personaggio deve far venire alla luce il lato negativo maschile, capace di ragionare solo con il basso ventre.

Paolo Mereghetti nel suo Dizionario afferma che dopo Brancati non ci può essere molto di nuovo da dire sulla psicopatologia del maschio siculo, ma salva il regista perché la messa in scena della seduzione è elegante e mai corriva (anche se l’esibizione di epidermidi, ai tempi, richiamava gli spettatori a frotte), l’analisi dei personaggi abbastanza crudele, e l’inevitabile finale tragico ritardato con intelligenza. Marco Giusti su Stracult definisce il film più un melodramma siculo che un vero sottoprodotto di Malizia e insiste con ragione sull’ottima interpretazione di Jenny Tamburi, vera rivelazione. La seduzione ebbe problemi in commissione censura, ma alla fine ottenne il visto (dopo qualche taglio) e riscosse un incredibile ma meritato successo di pubblico.

(12 – continua)

Gordiano Lupi