SCAMBIO DI TESTE 20

20.

Il telefono squillò in Centrale di buon mattino. Era la sezione scientifica di Antares. Dovevano comunicare gli ultimi risultati dell’autopsia. Gerardo Abril raccolse i dati per telefono e rimuginò sui pochi elementi che avevano in mano.

     Niente che possa servire – pensò – a parte la storia delle mutandine e quel vecchio omicidio di sette mesi fa…

Ormai pensare a quel caso era diventato parte della sua vita,   un’abitudine che l’ispettore Abril avrebbe volentieri eliminato ma che per adesso gli prendeva ogni momento della giornata. La sua mentalità da orientale sempre in cerca di tranquillità stava subendo gravi colpi. Non era più sereno. E soprattutto non riusciva a trovare il tempo per sé e per la sua famiglia. Quella maledetta storia di omicidi stava riempiendo ogni istante della sua vita.

Squillò di nuovo il telefono. Rispose contrariato, pensando che quella mattina non c’era davvero un attimo di pace. All’altro capo del filo c’era il capo della pattuglia che sorvegliava la spiaggia di Bacuranao.

“Capo, brutte notizie” annunciò.

“Cos’è accaduto?” chiese Abril a bruciapelo.

Ma già se lo immaginava cosa poteva essere successo, purtroppo.

“Abbiamo trovato il corpo di una ragazza mulatta sotto il ponte della spiaggia di Bacuranao”.

“È stata uccisa?” chiese l’ispettore.

“Pare proprio di sì. La corrente l’ha riportata a riva ma aveva dei segni rossi sul collo e graffi su tutto il corpo”.

“Vengo subito” concluse l’ispettore.

Appena riagganciato il telefono Gerardo Abril si portò le mani alla testa e la strinse con forza. Il caso si stava facendo sempre più complicato e lui non aveva la più pallida idea da dove cominciare. Si alzò dalla scrivania, indosso il cappello e mise la pistola a tracolla, richiuse le carte della pratica che aveva aperto sulla scrivania e si apprestò a uscire.

     Tocca a me, c’è poco da fare, pensò.

E si avviò in direzione di Bacuranao.

 

La playa di Bacuranao era situata a un chilometro dal centro di Alamar, incastonata tra un paesaggio di palme e un vecchio rudere abbandonato che forse un tempo era servito da stabilimento balneare. La sua forma a ferro di cavallo mostrava un lato sabbioso e l’altro composto da scogliere e da un ponticello in cemento armato che una volta permetteva alle barche di attraccare. Adesso il ponte era inutilizzabile e la sua unica funzione era quella di fare da trampolino per lanciarsi in acqua come se la spiaggia fosse una piscina. Era una spiaggia per cubani, certo. In un posto come quello nessun turista si sarebbe mai avventurato neppure per errore. Non c’erano intorno né ristoranti, né bar, l’unico servizio era fornito da un ragazzo in bicicletta che si ingegnava vendendo panini con salsiccia, bottigliette di birra e bibite di contrabbando.

“Se l’assassino si è spinto sin qui vuol dire che uccide a caso. Che siano cubane o straniere per lui non c’è differenza” disse l’ispettore Abril al collega che aveva rinvenuto il corpo.

“Su questo non ci sono dubbi. Uccide chi capita e soprattutto senza motivo” confermò l’altro.

Gerardo Abril si avvicinò al corpo della ragazza che la corrente aveva trascinato sulla battigia e lo esaminò con cura. Soliti segni di lotta sul collo, rigature rosse e graffi sulla pelle, il corpo era gonfio e macerato dall’acqua. Quando giunsero sul posto i medici legali della sezione scientifica da Antares i primi responsi sembravano una fotocopia dei precedenti omicidi.

“È la stessa mano” concluse il capo dei medici legali..

“Da che cosa lo deduce?” chiese l’ispettore.

“Dobbiamo fare l’autopsia in laboratorio e quindi per essere più preciso mi riservo di vedere le analisi complete, ma molti elementi confermano che è ancora il nostro uomo”.

“Qualcuno credo di averlo intuito anch’io. Il luogo del delitto, per esempio”.

“Sì, pare chiaro che il killer ha una predilezione per le spiagge e per il mare…”.

“Ma c’è dell’altro, no?”.

“Indubbiamente sì. I rapporti sessuali con la vittima, il successivo annegamento e le mutandine che non si trovano…”.

“Potrebbero essere state portate via dalla corrente…”.

“Tutto è possibile, ma la corrente quel che prende restituisce e come ci ha ridato il corpo avrebbe riportato anche le mutandine”.

L’ispettore Abril concluse che era proprio così, soprattutto che con questa erano cinque le vittime del killer mentre lui si trovava ancora al punto di partenza. Mentre a bordo della sua volante faceva rientro alla Centrale pensava che aveva davanti un periodo ancora peggiore e che avrebbe avuto gli occhi di tutti puntati sul suo lavoro. E la cosa che più lo preoccupava erano le pressioni governative.

“Siamo nel pieno della stagione turistica. La gente deve sentirsi tranquilla” gli aveva detto un funzionario al telefono.

“Me ne rendo contro” aveva risposto.

“Allora si dia da fare. Serve un colpevole. L’Avana deve tornare quella di sempre”.

Darsi da fare. Facile per loro. Gerardo Abril era comunista, un comunista rispettoso che non si sarebbe mai sognato di contraddire un ordine che veniva da un funzionario di partito. Soltanto che un ordine come quello era molto più facile darlo che eseguirlo. E lui non poteva arrestare qualcuno a caso soltanto per compiacere un dirigente governativo. Soprattutto perché il killer avrebbe continuato a colpire.

 

     Silenzioso come un vento di mare ho avvolto tra le mie braccia i ricordi d’una ragazzina. Mi sono lasciato cullare dal movimento delle onde. L’ho vista allontanarsi sotto il ponte dopo aver strinto forte a me il suo sorriso. In attesa che si perdesse nella corrente ho ammirato la notte. Tranquilla, come un’estasi d’amore.

     Sono rimasto in attesa che il suo corpo senza vita  sparisse dai miei occhi. Perché sapevo che l’amore che le avevo regalato era eterno e che lei non avrebbe più avuto bisogno di altro.

     Era una ragazza fortunata perché aveva incontrato sulla sua strada l’unico che poteva farle conoscere la profondità dell’amore.

Un amore che ha due volti e che si fa riconoscere soltanto alla fine di tutto, quando la vittima grida e si dispera e non comprende.

     Non è facile capire l’amore. Non lo è mai stato.

     Io sono qui per questo. Per spiegare. Per chiarire.

     Per farmi ponte di speranza tra la vita e la morte.

(20 – continua)

Gordiano Lupi