LA CACCIATRICE DI SPIRITI 03: IL POTERE STREGONESCO

Sono stati dei giorni abbastanza penosi quelli successivi alla vicenda del sicario. Ho passato quasi tutta una settimana a letto, stanca, distrutta, senza la forza neanche di tirar su la testa per mangiare il brodino. Non riuscivo a leggere e non potevo nemmeno incidere i miei diari sonori. In quelle giornate interminabili l’unica cosa che mi riusciva di fare era dormire e durante quelle impareggiabili dormite sognavo, eccome. Idropante si faceva sempre vedere: ovviamente non mi parlava e se ne stava lì ai piedi del mio letto guardandomi, con un’espressione per me impossibile da decifrare. L’ho sognato in tutta quella settimana di immobilità tranne un giorno: mi pare che fosse un mercoledì e fuori faceva molto caldo, erano le due del pomeriggio e me ne stavo a letto con le tapparelle abbassate in una sorta di torpore. La radio gracidava a volume molto basso e, proprio nel momento in cui la spensi perché volevo farmi un sonnellino, vidi uno strano bagliore davanti al mio letto. Oh cavolo, mi dissi, non ce la faccio, chissà cosa mi aspettavo ed invece mi comparve davanti una giovane dalla lunga chioma nera annodata in più punti da diverse trecce, incastonate da perline grigio metallico. Il suo abito era lungo e leggermente aderente, che permetteva di riconoscere al di sotto un fisico asciutto. Le mani avevano lunghissime dita e alle braccia e al  collo si trovavano diversi amuleti, tra i quali spiccava una croce d’argento con una pietra verde al centro. La cosa che più di tutto mi colpì di lei furono gli occhi, grigi con delle velature violacee. Mi misi a sedere sul letto. Non so perché ma tutti noi, anche voi che state ascoltando questo nastro, sicuramente quando pensiamo ad una strega ce la immaginiamo vecchia e brutta, magari a cavallo di una scopa. Ecco, siamo tutti fuori strada. La giovane e bellissima ragazza che mi apparse quel pomeriggio era un strega, più precisamente quella che aveva predetto al mio antenato quale sarebbe stato il futuro della sua discendenza. Di lei non si sapeva il nome, non era stato tramandato nel libro di famiglia, ma lei me lo disse. Senza muovere un solo muscolo, lei mi parlò.

Si chiama Shamandala ed è una creatura eterna. Appartiene ad una stirpe di streghe e stregoni che sono stati creati da blocchi di ghiaccio dell’Artide. Lei ha visto nascere la mia famiglia e ha il compito di indirizzarci nella via più semplice per eseguire la nostra missione o anche, semplicemente, per farci capire quanto accade. Con Idropante ha fatto entrambe le cose: gli ha predetto la missione e gli ha spiegato quanto gli succedeva. Con me la questione  fu molto più semplice. Non si dilungò in grandi discorsi, solo mi disse di indagare sulla natura del mio potere soprannaturale che, ricordiamo, non era presente nel pacchetto “cacciatore di spiriti”. Detto questo, svanì e non la rividi per un bel po’. Dunque: osservata da due spiriti muti, almeno uno qualche suggerimento me lo dava, anche se tutto era da decifrare. E quel pomeriggio afoso non era proprio l’ideale per riflettere.

La natura del mio potere soprannaturale: cosa voleva dire? Era un potere positivo o dovuto alla magia nera? Ero una strega anch’io? Non mi veniva in mente niente di positivo se andavo a ripensare a quanto successo con quel sicario. Ad un certo punto del combattimento ricordo di essermi sentita come quando si fanno quei viaggi extra corporali. Mi sono vista da fuori, mi sono vista arrabbiarmi moltissimo e staccargli il braccio, crescere e urlare con una voce quasi da uomo. Mi sono vista distruggerlo e incenerirlo, poi nient’altro che me, la solita Isadora con i capelli biondi e arruffati, sdraiata e sfinita sulla strada.

No no, un cambiamento del genere doveva per forza avere qualcosa di stregonesco. Mi tenni questi dubbi e quando fui tranquilla e mi fui ripresa, sentii che dovevo andare a parlare col nonno. Ecco in cosa consisteva avere un Vegliardo proprio dietro casa: qualsiasi problema o dubbio avessi, non era necessario inviare lettere.

Lo trovai intento ad aggiustare il suo vecchio pendolo. Aveva smontato il marchingegno che si trovava all’interno del quadro e lo ispezionava con attenzione, pulendo gli ingranaggi con un panno ingrassato. Durante la mia convalescenza si faceva vedere qualche volta, bisbigliando con mio padre sulla porta. <<Oh Isa! Stai meglio, vedo! Hai riacquistato le tue forze?>> gli sorrisi e risposi alle sue domande. Mi sedetti sul divano e mentre bevevo un tè freddo, gli domandai se sapeva di che natura fosse il potere soprannaturale che avevo sviluppato. Si fermò e mi osservò un momento, in silenzio, e poi sospirò. Praticamente non sapeva cosa rispondermi: nella profezia della strega lei non aveva aggiunto altro, quindi sarebbe stato compito mio scoprire quale fosse la natura del mio dono.

<<Nonno, perché ho incenerito lo spirito del sicario? Ho paura che ci sia qualcosa di stregonesco in questo, no? Nel senso: avrei potuto immobilizzarlo per poi incastrarlo nella scatola…>>. Mi guardava con occhi pieni di interrogativi, davvero, neanche lui immaginava la natura della mia forza.

<<Pensi che dovrei chiedere udienza agli altri Vegliardi?>>

<<Non lo so. Solitamente le informazioni di un Vegliardo sono quelle che possiedono tutti. Sai che tra di noi c’è comunione d’intenti, pertanto ciò che sa uno lo sanno tutti. Ma se può farti sentire meglio, senti pure il parere di qualcun altro.>>.

Il parlare col nonno non aveva di certo fatto chiarezza fra i miei dubbi. Che intendeva dire con quel “dovrai scoprire te quali sono le origini del tuo potere”? Avrei dovuto fare una ricerca familiare? Analizzare gli alberi genealogici di mamma e papà? Aiuto.

Ero sconvolta se pensavo alla mole di lavoro che mi attendeva. Sapete, alle volte sono davvero pigra. Dovevo staccare un momento da tutta questa situazione, così decisi che un bel giretto in bicicletta avrebbe potuto distrarmi. Nonostante l’intenzione fosse quella di non pensare a quanto accadeva, come un’automa, andai a casa a recuperare la mia scatola. Dopo la vicenda del sicario avevo deciso di portarla sempre con me.

Con gli auricolari nelle orecchie pedalavo canticchiando a mezza voce, godendomi la campagna circostante. Granturco alto e verde si stava preparando per essere mietuto, il sole era alto nel cielo e scaldava mica male, il fiume scorreva in fondo dietro ai campi, il suo rumore faceva venire voglia almeno di bagnarsi i piedi.

<<Che meraviglia di giornata!>> mi dissi. Mi sentivo quasi felice, le preoccupazioni erano state archiviate, almeno per il momento. Purtroppo, ad un tratto, la mia contentezza svanì. In un attimo il cielo divenne livido, il sole era come se si fosse nascosto fra i campi e a me venne un mal di testa atroce, tanto che dovetti scendere dalla bici e sedermi sul ciglio della strada. Dal mezzo di quest’ultima si alzò un vecchio, aveva una corona insanguinata sulla testa e, avvicinandosi verso di me, sputava i denti che aveva perso in battaglia. Aveva i piedi completamente girati su se stessi. Il re rantolava verso di me e io sapevo già cosa fare. Mi alzai da terra scuotendomi di dosso la polvere della campagna, tirai fuori dallo zaino la scatola e iniziai con la mia solita litania: << Spirito ferito, fermati nel tuo eterno peregrinare! Sono la Cacciatrice, ti ordino di entrare nella scatola!>>. La aprii davanti allo spirito che, rantolando, la guardò e venne risucchiato dentro. Chiusi subito la scatola, inforcai la bici e corsi subito presso la pieve di Rivolta d’Adda, la più vicina a casa mia. Mentre pedalavo furiosamente mi dicevo che era strano, tutto era andato bene e al solito modo. Sentivo il re che saltava dentro la scatola, quindi accelerai nella pedalata. Forse avevamo preso tutti un granchio: forse non ero io la cacciatrice della profezia ed evidentemente era stato tutto un caso. Anche l’apparizione della strega Shamandala, si era trattato di un sogno.

La pieve di Rivolta d’Adda si trova proprio al centro del paese. E’ stata costruita a partire dall’ XI secolo quando Gaiardo, nipote di Ariberto da Intimiano, arcivescovo di Milano, decise di espandere i propri territori d’influenza. Si tratta di una chiesa molto bella, che ha conservato in buona parte il suo aspetto romanico, scampando ai rinnovamenti anche architettonici voluti da San Carlo Borromeo. Era ancora aperta quando arrivai e mi nascosi subito dentro un vecchio confessionale. Appena fui sicura di essere sola, uscii dal mio nascondiglio e riposi la scatola in una fessura del presbiterio, esattamente sotto gli affreschi absidali. Riposta la scatola, decisi di rimanere per qualche minuto per vedere se succedeva qualcosa: il re aveva scalpitato per tutto il tempo. Chiamai mio padre per avvertirlo che forse non sarei tornata per cena quando la scatola cadde dalla fessura aprendosi. Il re storpio, arrabbiatissimo, venne verso di me farfugliando qualcosa che non capivo. Brandiva un candelabro che aveva trovato lì intorno, voleva farmi la festa. Recuperai la scatola e gliela aprii  davanti, ma lui le diede un colpo con la sua arma e la fece volare via. <<Oh cavolo>> mi dissi <<altro che tutto bene!>>. Pensai che se ero davvero la cacciatrice della profezia questo era il momento buono per uscirne con un superpotere. Lo spirito intanto svolazzava ululando e facendo roteare la mia scatola fra le navate: era tutta ammaccata, voleva romperla, era chiarissimo. Ad un certo punto il re storpio iniziò a ingigantirsi: mi guardava con occhi iniettati di sangue, con i capelli che gli rimanevano ritti sulla testa, le sue mani venivano verso di me. <<Ahi qui si mette male mi sa, vuole uccidermi!>>. Chiusi gli occhi. Lo spirito mi stava per mettere le grinfie addosso quando sentii dentro di me quella forza ancestrale che proveniva dalle mie viscere. Divenni grande quanto lui, gli urlai che era spacciato con una voce ancora una volta tonante, che faticavo a riconoscere mia. Lo presi per il collo, piantandogli gli artigli nella gola e trascinandolo verso la scatola, ammaccata e ormai immobile. A forza lo rinchiusi dentro, urlandogli che quello era il suo posto. Una volta chiusa la scatola un’altra litania venne fuori dalla mia bocca: in un momento una catena dorata chiuse la scatola d i madreperla, che continuava ad agitarsi. Quando tornai alle mie fattezze naturali la nascosi nella fessura del presbiterio, rimasi ad aspettare e mi accorsi del passaggio nell’aldilà del re storpio era avvenuto perché la catena si dissolse nel nulla.

Tornai a casa tardi quella sera, tutti erano in ansia e mi aspettavano. Papà si era molto preoccupato: il telefono mi era caduto proprio mentre parlavo con lui ed era rimasto ad ascoltare tutto quello che avveniva senza poter intervenire. Mi sedetti e raccontai loro quanto accaduto. Dissi loro che anche il passaggio dello spirito era avvenuto in brevissimo tempo, conseguenza all’incantesimo della catena. Nessuno disse niente: era chiaro che non sapevano cosa dire e per me la questione della natura dei miei poteri diventava sempre più impellente.

Quella notte dormii come un sasso. Mi bastò poggiare la testa sul cuscino per riposare nel modo più appagante possibile. Il giorno dopo mi sentivo bene: rilassata e pronta ad affrontare una nuova giornata, decisamente in modo diverso rispetto al giorno dopo la battaglia col sicario. Ma non mi ero certo dimenticata del problema che mi urgeva di più risolvere, la natura dei miei poteri. Stregoneschi? Infernali? Non avevo nemmeno idea da chi iniziare o da cosa, ma sentivo che questo lavoro andava fatto. Volevo scendere a fare colazione, volevo andarmene in biblioteca per starmene un po’ tranquilla. Tolsi il pigiama e mi vestii, massaggiandomi l’avambraccio dove avevo tatuato lo stemma di Idropante. Era un paio di giorni che mi prudeva più del solito. Appena scesi in cucina trovai la mamma, presa dalle sue mille faccende domestiche. Mi sorrise chiedendomi se era tutto ok,  poi mi disse di mangiare la torta che aveva appena fatto. Mentre ne sgranocchiavo una fetta, con molta noncuranza la osservai. Era stata una figlia dei fiori e aveva mantenuto col tempo alcuni degli aspetti di quella sua vita passata. Non aveva mai tagliato i suoi capelli biondi, ormai lunghissimi, che teneva legati in crocchie intrecciate. Portava collane e bracciali di pietre dure e dai colori con cui usava vestirsi, presupponevo che fosse felice di come stesse andando la sua vita.

Esatto, presupponevo, perché alle volte nei suoi occhi verdi vedevo una velatura di tristezza. Solitamente pensavo che fosse perché non aveva più nessuno  al mondo della sua famiglia d’origine…

…quando fui in biblioteca ecco che ebbi l’impressione di essere arrivata alla soluzione di quanto mi crucciava: quanti di voi hanno dei parenti morti? Penso che tutti, nella loro vita, abbiano avuto un lutto, la scomparsa di una persona cara vicina o lontana nel tempo. Scommetto che tutti voi andiate al cimitero a trovarli, solo per pulire la tomba, o per portare un fiore, o per cercare conforto, se il lutto è recente. Ecco, io non mi ricordo di aver mai fatto niente di simile con mia madre. Ho sempre sentito solo dire che la mamma aveva a male che le si domandasse della sua famiglia, come se i rapporti si fossero interrotti in modo brusco e lei non avesse avuto modo di riappacificarsi. Pensai di essere ormai grande e matura per poter chiedere alla mamma di parlarmi della sua vita prima di papà.

La ritrovai intenta a preparare il brasato: affettava le carote e guardava un programma alla TV, come non farsi fregare dalle banche che propongono investimenti ultra mega vantaggiosi. Mi sorrise appena, era impegnata e non voleva essere disturbata. Andai nell’altra stanza a poggiare la borsa. Cavoli, mi dicevo, come faccio ad affrontare la questione con la mamma? A pranzo papà non c’era, era impegnato a Brescia in una sorte di riunione di allevatori. Io e la mamma mangiammo in silenzio, come al solito, ascoltando le notizie del telegiornale. La osservavo tentando di non dare nell’occhio ma quando finimmo e lei stava caricando la lavastoviglie io spensi la TV e le dissi, forse un po’ troppo bruscamente: <<Mamma, parlami della tua famiglia.>>. Lei sbiancò, quasi le cadde un bicchiere dalle mani. La feci sedere e glielo richiesi, le dissi che doveva parlarmi di questo perché io volevo capire quale fosse la natura del mio potere. 

<<Beh, io cosa centro col tuo potere?>> rispose, quasi stizzita. <<Mamma, ricordo che una volta, quando ero piccola e stavo giocando in cortile, mi misi a correre verso papà che rientrava dai campi col trattore. Quasi stavo finendo sotto una ruota quando mi sono sentita spostare di peso, come dal vento, e messa al sicuro. Ricordo di averti visto in piedi, con le mani sui fianchi e una specie di aurea rossa tutta intorno. Ho sempre pensato di essermela sognata, ma credo proprio che sia successo davvero, o no?>>. Lei  torturava uno strofinaccio che aveva fra le mani, sembrava a disagio. Aveva di nuovo negli occhi quella velatura di tristezza. Le richiesi se quell’episodio era un sogno e lei, messa davanti alla realtà, fu costretta a raccontare.

<<No, non è stato un sogno Isa. Sono una strega. Lo sono sempre stata e ancora adesso possiedo i miei poteri, solo che ora, al massimo, li uso per finire prima le faccende domestiche. Come tuo padre appartiene ad una famiglia di cacciatori di spiriti, io discendo da streghe e stregoni. Il mio nome prima di cambiare vita era Jana e il mio potere è legato alla forza del fuoco, lo stesso che hai sviluppato anche tu. Sai, non ero tanto convinta che anche tu avresti avuto quello che, di fatto, è un dono, perché comunque io ti ho concepito insieme ad una persona che con la magia non ha niente a che fare. Invece, con mio sommo stupore, il potere lo hai ereditato anche tu. E dovresti sapere che volevo parlarti di questa faccenda, stavo solo aspettando che tornasse tuo padre. Per me è pesante parlartene da sola. Ma ora che ci siamo…mi sembra inutile girarci intorno, no?>>. Decisi che forse era il caso di preparare un caffè, magari l’atmosfera si rilassava un pochino. La mamma ricominciò:

<<La mia famiglia d’origine è ancora esistente, abitano in una cascina nei pressi del Serio Morto. Non li vedo da più di vent’anni. Mio padre, Olaf, è uno stregone. Legge il futuro nei fondali dei fiumi e nelle nuvole dei temporali, non fa incantesimi da molto tempo ma, se dovesse essere messo in discussione, è capace di scatenare delle guerre tremende. Sai, si sente al di sopra di tutti e forse lo è. Mia madre, Vlore, è una strega ed è lei che ha passato il potere a me e le mie sorelle. Il suo potere è talmente forte che è in grado di sradicare una quercia dal suo terreno. E’ infinitamente cattiva, sai? Molto tempo fa, in questi territori, c’erano molte più persone che avevano a che fare con la magia. Molto spesso erano discendenti delle Fate Bianche e la loro magia non aveva alcunché di malefico. I discendenti delle Fate Bianche bonificavano la campagna, regolavano il flusso dei fiumi con l’aiuto della loro magia e, cosa fondamentale, stavano cercando di prosciugare gli acquitrini del lago Gerundo. A lei questo però non andava bene. Era come se volesse instaurare un “regno del terrore” dove i discendenti delle Fate Bianche non dovevano avere spazio. Relegarli in un’altra zona era troppo facile: Vlore doveva dimostrare tutta la sua forza e allora scatenò nelle menti degli umani la tempesta della rabbia e dell’invidia. Le conseguenze furono disastrose e i discendenti delle Fate Bianche furono uccisi e Vlore riusciva a tenere tutti sotto la schiavitù della paura, facendo saltar fuori dai loro putridi nascondigli gli spiriti, che si comportavano da scagnozzi, andando a spaventare gli umani.

Dall’unione di Olaf e Vlore sono nate quattro figlie femmine e tutte loro hanno ereditato il potere stregonesco della madre. Ognuna di loro ne ha sviluppato uno legato a una forza della natura, che cresce man mano che cresce l’immortalità della strega. Questo aspetto l’ho tralasciato:essendo Vlore e Olaf immortali, lo sono anche le sue figlie, quindi anch’io. Le figlie si chiamano Tahalla,Yoles e Gurmenta, poi c’ero io, Jana. I poteri sono rispettivamente legati all’acqua, al vento e alla terra, il mio al fuoco. Se Vlore è tremenda, lo sono anche le sue figlie, te l’assicuro. Anche loro si sono scelte come compagni di vita degli stregoni e seguono gli insegnamenti della loro madre: alla bisogna sono capaci di scatenare qualsiasi cosa per conservare il loro potere…>>

<<Ma tu perché hai rotto con loro? Cos’è successo?>>

<<Non ti voglio nascondere com’ero, Isa. Ero cattiva, all’inverosimile, e anch’io dovevo mantenere l’ordine costituito da mia madre. Mettevo terrore alle persone, non solo perché era il mio compito, ma perché mi piaceva. Mi divertiva far cadere fulmini nei granai e fare in modo che il fuoco si propagasse per i villaggi di casupole. Sentire il terrore delle persone quando si trovavano davanti gli spiriti che io risvegliavo mi inebriava. Solo che tuo padre si era accorto che i fantasmi uscivano dai loro nascondigli perché chiamati, l’aveva annotato anche nel libro. Quando capì che li chiamavo io ci fu una grossa battaglia, Vlore e Olaf insieme alle loro figlie ingaggiarono il conflitto con i Vegliardi dell’Ultima Notte e questi ultimi ebbero la meglio. Relegarono dove sono ancora adesso i due stregoni, dispersero le figlie e presero me in ostaggio. Era nei patti che, in caso di sconfitta, chi avesse perso avrebbe ceduto in ostaggio un membro del proprio gruppo e questo successe a me. I Vegliardi mi portarono incatenata presso la loro sala e volevano tenermi nella prigione, quando tuo padre chiese di poter essere il mio tutore. Ricordo che rimasero tutti abbastanza straniti, ma acconsentirono, a patto che mi venisse fatto un incantesimo. La strega che sorvegliava i Capofreccia, Shamandala, rimase con me per quattro giorni, spalmandomi addosso unguenti e recitando sortilegi. Dormii per un giorno intero e quando mi svegliai la mia cattiveria era svanita. Nel giro di qualche anno quello che era il mio tutore diventò mio marito e poi sei nata tu che, fortunatamente, non hai preso la cattiveria caratteristica della mia stirpe. Abbiamo appurato che hai ereditato il mio potere…sul fatto che tu possa essere immortale…bé, verificheremo.>>

<<Ma mamma, se Vlore e Olaf sono praticamente rinchiusi in una cascina e le tue sorelle sono disperse chissà dove, chi risveglia i fantasmi?>>

<<Non sappiamo. C’è da dire che gli ultimi anni del mandato di tuo padre di spiriti in giro non se ne vedevano molti. Poi sia chiaro: Vlore e Olaf fanno parte di un disegno molto più ampio. Ci sono ancora molti stregoni che hanno interesse a svegliare gli spiriti e sono un po’ ovunque nella regione. Ma te l’ha detto tuo padre: i cacciatori di spiriti sono numerosi e agguerriti.>>.

Ero felice che mia madre si fosse aperta con me. La ricordavo da sempre come una persona infinitamente buona, ma mi domandavo se in questi ultimi vent’anni avesse qualche ricaduta nel suo passato. Glielo domandai e, sorridendo, mi disse che Shamandala la marcava davvero stretta. Non aveva proprio modo di sgarrare. Ero molto curiosa. Vlore e Olaf…chissà cosa sarebbe successo se li avessi conosciuti. Sapevo che avrei fatto un torto alla mamma e sapevo che avrei potuto mettermi nei guai. Solo che gli spiriti erano sempre più turbolenti ed io cominciavo a pensare che ci fosse qualche disegno sotto…non so, che si stesse preparando una nuova battaglia?

Roberta Lilliu