ORGOGLIO E PREGIUDIZIO E ZOMBIE

“Bisogna copiare,
perché chi ha qualcosa dentro non può copiare”
(R. Radiguet)

In copertina, il dipinto di Sir William Beechey “Ritratto di Maria Fox”, non molto noto ma esemplare per l’epoca, e la sua zombificazione (“zombification cover”) a opera di Doogie Horner (parassitaria senza connotazioni negative, anzi) propongono a livello grafico esattamente quanto avviene a livello letterario: non riscrittura quanto piuttosto insertamento, carotaggio. L’esperimento, o se volete il cocktail, dell’ “autore” si compone in effetti di un 85% della Austen e di un 15% di Grahame-Smith. Questa forma di macrocitazionismo non è affatto comune nell’ambito della letteratura, mentre lo è assai di più in pittura, per esempio con L.H.O.O.Q. (la Gioconda coi baffi) di Duchamp o con i collage che formano “Una settimana di bontà” di Max Ernst. In campo musicale, ricordo “Circo Massimo” dei Death in June, brano composto semplicemente dall’ossessiva iterazione di una versione strumentale della fascista “Giovinezza”, ripetuta per ben sei volte con effetti più umoristici che propagandistici.

A quanto si desume dalle voci di Wikipedia che riguardano OPZ e il suo autore, prima Grahame–Smith aveva scritto solo libri saggistici e grazie al loro discreto successo era riuscito a ottenere il permesso dalla propria casa editrice di impegnarsi nella composizione di un testo letterario. E a questo punto, come vedremo, arriva immediatamente il tipico pragmatismo americano. L’idea di unire un classico della letteratura con il genere horror venne a Jason Rekulak, il suo curatore editoriale presso la casa editrice Quirk Books; egli sottopose la sua idea a Grahame-Smith sottolineando: Se ti appoggi a qualcosa di classico non devi pagare i diritti all’autore. Al che lo scrittore di Rockville Centre copiò sul proprio pc il libro della britannica e poi procedette a inserirvi testi scritti di proprio pugno evidenziandoli con un colore diverso. La casa editrice Quirk Books all’inizio fu riluttante all’idea di pubblicare il romanzo, temendo reazioni negative da parte degli amanti del classico della Austen piuttosto che gli strali dei cultori del genere “zombie”, fenomeno in larghissima parte legato al cinema. Secondo l’aneddotica corrente, infine, a Grahame-Smith in realtà non piaceva il romanzo della Austen, ma per la storia dei diritti fece di necessità virtù. Questa sì che è vera avanguardia! Necessità pura e semplice di uno scrittore alle prime armi (che con ogni probabilità si sentiva incapace di affrontare il genere novel con le sue ancora immature forze e come il paguro bernardo necessitava di una conchiglia protettrice), nessun velleitarismo o decorativismo. Insomma,“solo quello che ti serve e prendi su”, come direbbe il Dutch Schultz di Burroughs.

Senza aver presente alcun programma teorico di riferimento, con l’incoscienza e la sana  mancanza di complessi intellettuali tipica degli americani, eccoci servito un piatto formalmente rivoluzionario in un momento storico in cui più che mai un romanzo invece deve essere di genere o, il che è molto molto peggio, un luogo di identificazione psicologica, spesso e volentieri penosa, per anime che si credono belle. Prima parlavo di insertamento e carotaggio, ma ora è venuto il momento di essere più precisi: l’interpolazione che campeggia in OPZ è tesa a creare un ossimoro: letteratura per signorine (il romanzo della Austen) unita a letteratura per stomaci forti (sempre giovani. Ma estremi). Cosa c’è di più opposto al Romanzo Femminile per eccellenza degli zombie? Avanguardistica nella sua mancanza di originalità (intesa in senso positivo) anni ’70, si può intendere l’opera come una risposta alla classica domanda steampunk, lievemente parafrasata circoscrivendola a un solo aspetto del futuro: “Come sarebbe stato il passato se l’horror del ‘900 fosse venuto prima” ? Infine, il libro della Austen è il cadavere del 1813 (cadavere quanto ad aspetti storico-sociali, non certo perché dimenticato come romanzo) al quale Grahame-Smith ridà una parvenza di vita: non un libro che parla di zombie, bensì un libro-zombie. Ma qual è l’esistenza che gli viene restituita?

Facciamo un po’ di esempi, e chi sta leggendo ci arriverà da solo. – Elizabeth brucia gli zombie e non permette che Jane spari loro: “Lasciali bruciare”, disse. “Che abbiano così un assaggio di eternità.” – il colonnello Fitzwilliam diverte Elizabeth discutendo con lei di armi e dei suoi metodi preferiti per  uccidere gli zombie – la sorella di D’Arcy, Georgiana, “è la più bella signorina che ci sia, e così compita! Ha decapitato il suo primo innominabile”, eufemismo dal sapore vittoriano che sta per “zombie”, “meno di un mese dopo aver compiuto undici anni! Confesso che Mr Darcy aveva incatenato la vile creatura a un albero, ma è stata ugualmente un’impresa degna di nota.” – Mrs. Gardiner confessa che farebbe volentieri tutto il giro del parco di Pemberley, su “un calessino con un bel paio di zombie catturati, sarebbe l’ideale.” E la nipote Elizabeth le fa eco: “La vostra idea del calessino con gli zombie è deliziosa. Andremo su e giù per il parco ogni giorno, frustandoli finché non perderanno le membra. Sono la creatura più felice del mondo.” – Trappola per zombie: come esca dei cavolfiori che lo zombie scambia per dei cervelli, mentre poco lontano si trovano dei cacciatori nascosti nel campo sotto un mucchio di rami. Quando lo zombie allunga il braccio per prender il cavolo, la trappola si chiude e i cacciatori lo picchiano col calcio del fucile, gli sparano e gli danno fuoco – Mrs Bennet consiglia come passeggiata alle proprie figlie e ai loro spasimanti i centri di cremazione di Oakham Mount: “E’ una bella e lunga passeggiata e Mr. Darcy non ha mai visto le fiamme.”. Serve altro?

Se vivessimo in un regime nazista e dunque esistesse una letteratura nazista, OPZ ne farebbe parte integrante, così come “Fanteria dello spazio” farebbe parte a pieno titolo di una cinematografia nazista: in entrambi i casi, infatti, con l’evolversi della narrazione, nella nostra società costruita su basi educative opposte all’hitlerismo, a lungo andare si parteggia per i mostri: ricordate le torture alle quali vengono sottoposti gli Aracnidi nel film di Verhoeven? Dopo averle viste faremmo a pezzi la fanteria dello spazio così come, a fine lettura, squarteremmo volentieri i protagonisti di OPZ. E tuttavia, contemporaneamente, non esiste alcun barlume di speranza né alcuna possibilità di dialogo con le masse indistinte degli alieni e degli zombie. Anche le rare eccezioni a tanta crudele naiveté alla “Fargo” (Elizabeth non uccide una zombie col bambino in braccio, o piange quando vede cadaveri di donne uccise dagli zombie che stringono al petto i propri figli; durante la trasformazione di Charlotte in una zombie, mentre si ciba di un cervello in lei s’insinuano ragionamenti ancora umani) risultano quasi irridenti nel mare magnum nazista di una simile epopea a base di violenza tutta pizzi e merletti. Sì, perché quello dell’opera di Grahame-Smith è un distopico universo in cui le donne sono le indiscusse dominatrici, universo che lascia intravedere altrettanto indiscutibili tratti misogini.

Totale: OPZ è privo, nel senso più radicale del termine, di eroi o antieroi maschili o femminili che siano e quindi della possibilità di improvvide immedesimazioni da parte del lettore: tutti i suoi personaggi sono insopportabili per la loro assoluta mancanza di coscienza, dagli zombie (che sono e restano mostri, sia pure senza colpa) fino ai signorotti e alle aristocratiche. Niente coscienza, niente empatia. Anche in questo senso il testo è un testo d’avanguardia, pur mantenendo una totale leggibilità: non abbiamo neppure uno straccio di uomo, e tanto meno di donna, senza qualità a cui guardare. Si tratta d’una sorta di “1984” senza neanche un’opposizione perdente, come invece accade nel libro di Orwell. Grahame-Smith, semmai, cerca di tenerci su in tanta apocalisse continuata col suo humour cimiteriale più inglese che americano, il sollievo dell’acqua mescolata all’aceto per far sì che il torturato non svenga durante i tormenti e si riprenda un po’: -“A parte l’aggressione” degli zombie “la serata, tutto sommato, era trascorsa piacevolmente per tutta la famiglia” – “Un soldato era stato frustato per essersi abbandonato ad atti osceni con un cadavere decapitato” -  Bingley “sarebbe tornato il mattino seguente per andare a caccia dei primi zombie autunnali” – Elizabeth dà prova di capacità ginniche inaudite camminando sulle braccia, poi si ferma su un solo polpastrello, quindi cammina sui polpastrelli: “Su richiesta dei gentiluomini,” ai quali aveva dato dimostrazione della sua abilità “rimase sui polpastrelli finché la carrozza di Sua Signoria non fu pronta per ricondurli a casa” -“Baciami Cervo” è un gioco che consiste nell’avvicinarsi di nascosto a un cervo, atterrarlo e baciarlo: lo scopo, militare va da sé, è quello di migliorare la forza dei piedi e delle braccia – Fra Lydia e Wickham non c’erano “segni di reciproco interesse,”dice Elizabeth,“ a eccezione di quando Lydia si è incisa il nome di Wickham sul ventre col pugnale. Ma è una sua abitudine.” – Mrs Bennet: “Ammiro tutti e tre i miei generi”, disse con un sorriso astuto, “Anche se forse Wickham è il mio favorito, perché si agita meno di tutti.”, dato che è paralizzato: insomma, l’ideale di marito – Lady Catherine De Bourgh, la più grande sterminatrice di zombie, indignata per il matrimonio del nipote Darcy con Elizabeth, risponde alla lettera che annuncia le nozze non “per iscritto, bensì sotto forma di un attacco a Pemberley [dimora della coppia] da parte di quindici ninja.”. Puntualmente, ritroviamo condensato quanto abbiamo tentato di dimostrare per via di esempi in una lapidaria dichiarazione di Grahame-Smith: “Per quanto io scriva con ironia, vorrei davvero anche spaventare i lettori” (intervista a “La Repubblica” di Alberto Sebastiani), il che, occorre dire, con OPZ gli riesce perfettamente.

Gianfranco Galliano